Vetera et nova
L’arcivescovo Rodríguez Carballo sull’anno della vita consacrata
(Nicola Gori) Vetera et nova: ruota intorno a questo binomio l’Anno della vita consacrata, che inizierà il 30 novembre prossimo e si concluderà il 2 febbraio 2016. Un periodo ricco di iniziative, che servirà non solo a fare un bilancio della situazione attuale della vita consacrata, ma anche a individuare e affrontare le sfide per il futuro. Ce ne parla in questa intervista l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.Il programma per l’Anno della vita consacrata indetto da Papa Francesco si svilupperà in un arco di oltre 14 mesi. Quali sono i suoi obiettivi?Nella programmazione dell’Anno della vita consacrata abbiamo voluto tener presente il camino della Chiesa alle soglie del nuovo millennio.
Per questo abbiamo pensato di proporre come obiettivi principali gli stessi che Giovanni Paolo II indicò alla Chiesa nella Novo millennio ineunte: fare memoria grata del passato, vivere con passione il presente, aprirci con fiducia al futuro. In relazione al primo obiettivo, vogliamo guardare soprattutto a questi cinquant’anni trascorsi dal concilio. Crediamo che il Vaticano II sia stato un dono grande per la Chiesa e per la vita consacrata e perciò vogliamo avvicinarci a questo periodo di tempo con gratitudine. In questo Anno, in modo particolare, noi consacrati vogliamo “ridirci” quanto è bello seguire Gesù nella vita consacrata e “gridare” al mondo e alla stessa Chiesa questa bellezza, ravvivando così la pastorale vocazionale. Per tutto questo Anno tenteremo di riflettere sul tema: «Vita consacrata: Vangelo, profezia e speranza nella Chiesa».
Quali saranno i momenti più significativi di questo Anno?Ci sono diverse attività in programma. Innanzi tutto conviene ricordare che l’Anno della vita consacrata inizierà il 30 novembre prossimo, prima domenica di Avvento. Questa data è stata scelta appositamente, considerando che l’Avvento è il tempo della speranza per eccellenza: tutto l’Anno sarà programmato, e vogliamo sia vissuto, a partire dalla speranza che deve caratterizzare la vita consacrata sempre, ma specialmente in questa circostanza. La conclusione è fissata il 2 febbraio 2016, Giornata mondiale della vita consacrata. Nel corso dell’Anno avremo diverse attività in Roma, alle quali inviteremo i rappresentanti di tutti i consacrati. Durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani abbiamo programmato, dal 22 al 24 gennaio 2015, un incontro ecumenico di religiosi e religiose; nel corso della settimana di Pasqua, dall’8 all’11 aprile, convocheremo tutti i formatori e le formatrici; nell’ultima settimana di settembre, dal 23 al 26, avremo un incontro per le giovani e i giovani consacrati; nell’ultima settimana di gennaio 2016 si terrà contemporaneamente un incontro con membri degli istituti secolari, dell’ordo virginum, dei religiosi di vita apostolica, e con le presidenti delle federazioni di contemplative. In tutti questi atti il Papa si farà presente, o con una celebrazione eucaristica o con una udienza speciale, come lui stesso ci ha manifestato. Chiederemo anche la collaborazione di altri dicasteri o Pontifici Consigli della Curia romana, come pure delle unioni di superiori e delle superiore maggiori. Inoltre stiamo vedendo come coinvolgere le Pontificie Università per vari seminari su questioni attuali della vita consacrata. Questo Anno sarà introdotto dalla plenaria della Congregazione, che si svolgerà dal 25 al 29 novembre, avendo come guida il testo evangelico di Marco «Vino nuovo in otri nuovi». In ascolto dei cammini dello Spirito si tenterà di discernere e orientare la vita consacrata nella fedeltà creativa: vetera et nova. Vorrei precisare che l’Anno non si ridurrà solo a queste iniziative a Roma organizzate dalla nostra Congregazione in collaborazione con le due unioni dei superiori generali: esse devono essere completate con altre iniziative organizzate dalle conferenze nazionali e regionali dei consacrati.
L’incontro ecumenico con la partecipazione di religiosi anche di diverse confessioni cristiane potrà essere un’occasione per riscoprire la realtà della vita consacrata presente in altre forme?L’Oriente ha un grande tradizione di vita monastica e anche in altre Chiese, dove si svilupparono atteggiamenti critici nei confronti della vita consacrata, oggi la stanno riscoprendo. Vogliamo incontrarci per arricchirci reciprocamente e, al tempo stesso, approfondire il cosiddetto «ecumenismo spirituale». Come consacrati possiamo offrire un grande contributo alla Chiesa in questo cammino.
Il Papa invita spesso a prestare attenzione alla formazione. In quale modo avete accolto il suo invito?Come si può vedere dal programma, ci sarà un incontro con formatori e formatrici. Vogliamo vedere a che punto si trova la formazione, quali sono le sue lacune e il cammino positivo che bisogna continuare a potenziare. Posso dire che un momento importante sarà riservato alle dimensioni umana e cristiana della formazione. In nessun caso possono essere messe in discussione le indicazioni che ci vengono dal Vaticano II: queste sono un punto di partenza obbligato per tutti i consacrati. Anche durante la plenaria della Congregazione si rifletterà su questo.
Da cosa possono restare affascinati i giovani che si avvicinano alla vita consacrata?Prima di tutto da Gesù. È sempre Gesù la persona che conquista e trascina i consacrati e quanti si avvicinano alla vita consacrata. Niente e nessuno può prendere il suo posto. Solo lui giustifica la scelta dalla consacrazione. Un altro elemento che attrae molto i giovani è la vita in comune, a condizione che questa sia realmente fraterna, umana e umanizzante. I giovani sono affascinati, inoltre, dall’opzione per i poveri e dalla radicalità evangelica, visibili nelle grandi e piccole scelte, attraverso le quali la vita consacrata manifesta la sua dimensione profetica e “risveglia” il mondo.
In che modo le congregazioni si inseriscono nelle espressioni culturali dei vari continenti?È questa una grande sfida per i consacrati: inculturare il proprio carisma e, vivendo il carisma, evangelizzare la stessa cultura. Credo che la maggior parte dei consacrati vivano il proprio carisma tenendo conto della cultura in cui si trovano. A ogni modo, questa inculturazione è ancora una grande sfida. Pure questo aspetto entrerà nella riflessione della plenaria.
In quale modo i contemplativi e le contemplative sono stati coinvolti nelle iniziative per questo Anno?Oltre all’incontro che avremo a Roma con le presidenti delle federazioni, stiamo programmando un corso di formazione in rete per tutte le contemplative. Questo corso considererà tanto gli elementi comuni a tutte le forme di vita contemplativa, quanto quelli caratteristici di ogni famiglia o ramo. D’altra parte vogliamo invitare i contemplativi a formare una catena di preghiera per la Chiesa, la vita consacrata e il mondo. Stiamo anche rivedendo, per attualizzarli, i documenti che si riferiscono direttamente a questa forma di vita consacrata.
L'Osservatore Romano
La lezione della santità.
Quello che oggi insegnano Cirillo e Metodio
Gli atti del convegno. L’ambasciata slovacca presso la Santa Sede ospita oggi, martedì, la presentazione del volume SS. Cirillo e Metodio tra i Popoli Slavi. 1150 anni dall’inizio della missione, che raccoglie, a cura del cardinale Jozef Tomko e dell’arcivescovo segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, Cyril Vasiľ, gli atti del convegno omonimo tenutosi nel febbraio 2013. Sull’argomento pubblichiamo un articolo dell’esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino residenti in Grecia.
(Dimitrio Salachas) I tempi e i contesti storici cambiano e si succedono, ma il messaggio di Cristo per la salvezza, trasmesso dalla Chiesa, resta perenne, sempre presente e attuale. In questo senso i santi Cirillo e Metodio restano sempre modelli e ispiratori della missione della Chiesa nel mondo. Anche perché l’influsso dell’insegnamento degli apostoli dei popoli slavi è stato indubbiamente incisivo sul magistero del Vaticano II e su quello post-conciliare. La loro visione ecclesiologica in rapporto all’ecumenismo, all’inculturazione del Vangelo, ai metodi di attività missionaria, come anche al loro apporto — proclamati co-patroni dell’Europa — per la nuova evangelizzazione; tutto ciò stimola a promuovere la continuità dell’idea cirillo-metodiana e le tradizioni dei popoli slavi nel loro contesto storico attuale.
Il contesto ecclesiologico della missione dei santi Cirillo e Metodio tra Bisanzio e Roma in un periodo in cui le Chiese d’occidente e d’oriente erano unite, offre oggi a queste stesse Chiese, impegnate nel dialogo ecumenico di verità e di carità, per ristabilire la loro piena comunione, la via dell’unità. Cirillo e Metodio sono stati ispiratori dei principi di ecumenismo stabiliti dai padri conciliari del Vaticano II per il ristabilimento dell’unità tra cattolici e ortodossi. Per Papa Giovanni Paolo II, «non sembra per nulla anacronistico vedere nei santi Cirillo e Metodio gli autentici precursori dell’ecumenismo, per aver voluto efficacemente eliminare o diminuire ogni divisione vera o anche solo apparente tra le singole comunità, appartenenti alla stessa Chiesa» (Slavorum apostoli, n. 14).
Il decreto Ad gentes del Vaticano II sull’attività missionaria della Chiesa, al n. 26, circa la formazione dottrinale e apostolica dei missionari è ispirato dalla visuale missionaria dei due santi fratelli. «Chiunque sta per recarsi presso un altro popolo, deve stimarne molto il patrimonio, le lingue ed i costumi». E poi: «Questi tipi di formazione poi vanno completati nelle terre di missione, in maniera che i missionari conoscano a fondo la storia, le strutture sociali e le consuetudini dei popoli, penetrino l’ordine morale, le norme religiose e le idee profonde, che quelli, in base alle loro tradizioni, si sono formati intorno a Dio, al mondo e all’uomo».
Il decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, al n. 14, descrive il carattere e la storia propria degli orientali, come effettivamente li hanno vissuti Cirillo e Metodio. «È cosa gradita per il sacro concilio, tra le altre cose di grande importanza, richiamare alla mente di tutti che in oriente prosperano molte Chiese particolari o locali, tra le quali tengono il primo posto le Chiese patriarcali, e non poche di queste si gloriano d’essere state fondate dagli stessi apostoli». Quanto alla “metodologia” nell’azione missionaria appare ammirevole come i santi fratelli, pur operando in situazioni tanto complesse, «non tendessero ad imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l’indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina», ma «adattarono alla lingua slava i testi ricchi e raffinati della liturgia bizantina» (Slavorum apostoli, n. 14).
L'Osservatore Romano
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