Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 9 agosto 2014

XIX Domenica del Tempo Ordinario. Anno A


Agosto BLOG sempre aperto

XIX Domenica del Tempo Ordinario. Anno A






L'ANNUNCIO
Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.
Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.
I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «E' un fantasma» e si misero a gridare dalla paura.
Ma subito Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura».
Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque».
Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.
Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».
E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò.
Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!».
 (Dal Vangelo secondo Matteo 14, 22-33)
 
“Subito” dopo il segno dei pani e dei pesci, Gesù “ordina” ai suoi discepoli di “salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda”. Non aspetta neanche di farsi aiutare per “congedare” la bellezza di “cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini”.
Che cosa significa questa urgenza? E i discepoli? Immaginiamoli un momento. Probabilmente storditi per quello che i loro occhi avevano appena contemplato, non hanno neanche il tempo di fermarsi un momento, che Gesù li costringe a inoltrarsi nel amre, di sera, soli.
Nonostante questo essi obbediscono; è un dato importante, altrimenti non si comprenderebbe questo episodio. Gesù non ha “costretto” uno qualsiasi della folla, ma a coloro che avevano camminato con Lui. Potevano entrare nella “sera” perché avevano visto e sperimentato che Gesù ha il potere di riempirla di luce e di vita; potevano imbarcarsi perché Egli aveva saziato la “folla” e lo aveva fatto attraverso di loro.
Potevano obbedire perché ciascuno di loro era il frutto della sovrabbondanza di vita del Signore; non “furono portate via dodici ceste piene dei pezzi avanzati”? Eccoli allora i dodici “portati via” da Gesù verso un’altra esperienza. I discepoli, infatti, “salgono” sulla “barca”, e sono immagine di quanti erano stati accolti dalla Chiesa e avevano iniziato il percorso che li iniziava alla fede in vista del battesimo. Per obbedire ed entrare in quella situazione pericolosa e precaria occorreva aver fatto un tratto di strada  nel catecumenato.
Ed è quello che il Signore ha fatto con noi. Attraverso la Chiesa ci ha annunciato il Vangelo e ci ha accolto nel seno di una comunità concreta. Ci ha sfamato, accompagnandoci a sperimentare il suo amore mentre stava calando la “sera” dei nostri peccati sulla vita; abbiamo visto come la sua "benedizione” ha trasformato in "bene" ogni male.
Ma non basta, come non bastava a Pietro e ai suoi fratelli. La “barca” deve continuare la sua traversata, perché la storia ci aspetta con le sue difficoltà, e, per affrontarle e viverle da cristiani, c’è ancora molto da camminare.
Per formare i suoi apostoli Gesù doveva portarli in quella situazione. Altrimenti, di fronte alle persecuzioni, alla solitudine del governo della Chiesa, alle sofferenze dell’apostolato, sarebbero restati inpigliati nel “se sei tu” con cui Pietro, a nome della comunità, si è rivolto a Gesù.
E’ qui lo snodo fondamentale di ogni iniziazione cristiana. A questo potrai dire: ma scusa, guarda che sono già battezzato eh… Ah sì? Bene, allora vediamo se la fede in te è divenuta adulta: infatti, “che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere?” La fede, “se non ha le opere, è morta in se stessa” (cfr. Gc 2,14ss).
E quali opere? Quelle che mostrano la vita nuova e divina che alberga nel cuore di un cristiano. Le opere di chi ha discernimento e sa vedere l’amore di Dio anche nella notte di un mare in tempesta; i pensieri, le parole e gli atteggiamenti di chi ha la certezza che è Dio che lo sta portando lontano “qualche miglio da terra”, in preda del “vento contrario e delle onde”.
La fede è la consapevolezza che, attraverso la storia, il Signore ci conduce a staccarci dalle sicurezze umane per imparare ad entrare umilmente nei fatti “contrari”, che “agitano” l’esistenza.  Vediamo,  per caso oggi nella tua vita spira un “vento contrario”? “Onde” minacciose stanno “agitando” la tua famiglia, il lavoro, il fidanzamento, la salute, il conto in banca? Come stai reagendo alle opinioni “contrarie”? Che sguardo hai su quel fatto che ti sta travolgendo?Ti stai ribellando, non sai dove mettere le mani, forse stai giudicando il fratello, riternendolo responsabile delle tue sofferenze. Forse è sorto il rancore verso tuo marito, o tuo padre, causa di tutti i tuoi mali. Forse stai mormorando o imprecando contro Dio, che sta permettendo questo.
La verità è che, nonostante le esperienze della presenza misericordiosa del Signore, siamo ancora “fuori” dalla realtà. Perché la realtà non quella che appare superficialmente: c’è un disegno di Dio celato in ogni avvenimento, in ciascuna relazione. Solo chi sa riconoscerlo può entrare seriamente e autenticamente nella storia.
La realtà non è il mare increspato, non è neanche il vento contrario: Come sperimentò Elia sull’Oreb, “il Signore non era nel vento, non nel terremoto, non nel fuoco, ma nel mormorio di un vento leggero”.
Gli apostoli lo dovevano scoprire, e per questo il Signore gli “ordina” di inoltrarsi nel mare. Come tu ed io, irati e delusi, dobbiamo urgentemente salire sulla barca ed entrare nella storia. Lo possiamo fare oggi, se accogliamo l’aiuto della “barca”, cioè con la predicazione e i sacramenti con cui la Chiesa ci accompagna e ci aiuta a fare memoria dei miracoli che Dio ha compiuto con noi; così, appoggiati sui memoriali del suo amore, potremo obbedire.
Finalmente “lontani dalla riva” che cosa scopriamo? Che abbiamo “paura” e “cominciamo a gridare”. E cominciamo a comprendere che Gesù, come con i discepoli, ci ha solo spinti ad uscire dalla menzogna delle alienazioni perché i fatti ci obbligassero ad aprire gli occhi sulla verità di noi stessi.
Il problema non è la tempesta, ma il nostro cuore. E’ lì che la realtà comincia ad apparire per quello che non è. E' lì che il demonio, come fece con Adamo ed Eva, ci induce a spostare l’attenzione sulla superfice del mare, a fissare il vento e le onde, e accettare che sì, Dio non mi ama. Altrimenti non permetterebbe quello che mi sta capitando... E cominciamo a peccare per sfuggire alla morte, senza capire che, caduti nella tentazione, siamo già morti.
E' nel cuore, dunque, che il demonio semina la paura. Per questo Gesù dice oggi a ciascuno di noi “Coraggio! Sono io, non temete!”. Ci parla al cuore, Lui, che “è divenuto partecipe” della nostra carne, “per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che dalla morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb. 2, 14-15).
Per essere liberati dalla paura della morte Gesù ha dato quell’“ordine” ai discepoli; proprio in esso è nascosto l'amore di Dio che vuole ridare "ordine" alla nostra vita, ordinare i nostri passi in mezzo alla tempesta. Perché dove c'è disordine e caos, non c'è Dio, e ha potere il demonio.
Il Vangelo di questa domenica descrive, infatti, la ricreazione dell’uomo; l'ordine dato ai discepoli è lo stesso che Dio ha dato alla creazione, che proprio l'uomo è chiamato a dominare e governare. Il Targum neophiti traduceva così il versetto della Genesi: “E disse il Signore: “Sia la luce” e fu la luce secondo l’ordine della sua Parola”. E san Basilio commentava: “La parola divina donò ad ogni cosa un aspetto bellissimo e piacevolissimo”.
Ma il peccato ha deturpato la bellezza, e ha sovvertito l’ordine della creazione. Nel mondo come nella nostra vita la luce è braccata dalle tenebre, la verità è ricoperta di menzogna, il bene è diventato male e il male un bene.
Per questo, Gesù “ordina”, cioè incarna la sua Parola in quella barca mettendo ordine nella vita dei suoi discepoli perché, nel mare in tempesta, siano un seme di speranza per tutti, un segno dell'ordine che Dio vuol ridare ai peccatori. Per questo, l'esito sarà la “calma” che tornerà quando Gesù salirà sulla barca. E' una profezia della Pasqua, che riporta l'uomo in Cielo, nell'ordine di Dio.
Gli apostoli non sono soli sulla barca!
Per questo Gesù “salì sul monte, solo, a pregareE, “venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.   Lui è l'unico che è restato solo per non restare solo e portare frutto. Gesù è l'unico che è sprofondato nelle acque, non perché non avesse fede, ma "perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti”, e Pietro e ogni uomo non affogassero nel mare. I discepoli allora non sono soli. Gesù è con loro attraverso la preghiera, come sarebbe accaduto nel Getsemani, quando si sarebbero addormentati. E dopo, quando tutti lo avrebbero abbandonato, lasciandolo solo a pregare per loro sulla Croce.
Ma poi, “verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare”, ed è apparso loro trasfigurato, tanto che credevano fosse “un fantasma”, esattamente come la sera di Pasqua, quando, vedendolo risorto, i discepoli "stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma" (Lc 24,37).
Quella preghiera solitaria è la profezia del passaggio solitario di Gesù attraverso la morte per giungere alla’altra riva della vita eterna. Ora, alla fine dell’angoscia, al limite delle forze umane, può venire verso di loro. Sulla barca, infatti, tutti devono fare l'esperienza di Gesù, per scoprire di non essere Dio, e così frantumare la menzogna del demonio che ha indotto alla paura, e gridare a Lui per uscire dalla morte.
E' come un filmato in dissolvenza, nel quale la sua Passione si sovrappone all’episodio del Vangelo: Gesù ordina ai discepoli di entrare nella barca e il Padre "comanda" a Gesù di dare la sua vita, entrare nella croce (“questo comando ho ricevuto dal Padre mio”); i venti contrari e le onde si avventano sulla barca nella quale stanno i discepoli, e Gesù solo davanti a Pilato, alla folla, al flagello, agli sputi, agli insulti, inchiodato sul legno della Croce; la barca sembra affondare e Gesù è deposto nel sepolcro.
Ma qui la dissolvenza si chiude, perché Cristo risorge, ed ecco cammina sulle acque, mentre gli apostoli, come ciascuno di noi, sono ancora fermi nel mezzo del lago, in balia del mare e dei venti. Qui si dà il cuore dell'esperienza cristiana, senza la quale nessuno può diventare figlio di Dio.
E' troppo forte per i discepoli l'immagine di quell’uomo che cammina su ciò che gli stava togliendo la vita; è impossibile da credere! Allora Pietro ha uno slancio, così importante per tutti noi: lo slancio audace del quale siamo tutti chiamati a partecipare; in esso, infatti, c'è l'esperienza fondamentale e decisiva: Se sei tu...
Quel se deve emergere dal cuore per poter scomparire, altrimenti, pur vedendo Cristo risorto, continueremo a non credere, a pensare che essere cristiani sia difficile, impossibile, un'utopia. Perché, in fondo, che cos'è un fantasma? E’ l’uomo che vive il discorso della montagna, la vita nuova del cristiano, la vita celeste di chi cammina sulle acque.
Cos'è un fantasma per te e per me oggi? Guarda alla tua vita, alle onde e al vento. E' un fantasma inginocchiarsi di fronte a chi ti ha fatto del male. Umiliarsi di fronte al marito, restarle sottomessa mentre è un peccatore. Ma dai, c'è pura una legge contro il femminicidio, vuoi che io, nel mio piccolo, di fronte al "moglicidio" di un egoista non applichi la mia di legge?
E' un fantasma perdonare. E' un fantasma obbedire alla volontà di Dio che abbiamo accolto nel giorno del matrimonio: ho già tre figli, i soldi chi ce li dà, e poi... Beh ci siamo anche noi, avremmo diritto a qualche giorno di vacanza, come posso pensare a un'altra vita...
E' un fantasma vivere nella precarietà, mettere Dio al primo posto, davanti alla scuola e l'università, prima del lavoro e della partita di calcetto.
E' un fantasma Cristo, perché è di questo che stiamo parlando. E' Cristo o no? E' vivo e cammina sulle acque che mi stanno uccidendo o no? E' questo il punto fondamentale.E, per capirlo, non c'è altro cammino che quello percorso da Pietro. Chiedere a Gesù, con audacia, senza restare aggrappati alle proprie paure. Rischiare con Lui. Chiedere oggi di fare la stessa esperienza di Cristo, perché solo chi l’ha fatta è un cristiano. Non c’entra essere prete o vescovo, suora o missionaria, importa camminare sulla morte, che significa aver visto e conosciuto Cristo risorto, e aver creduto in Lui.
Ma per conoscerlo è ineludibile l’esperienza di Pietro. Per essere Pastore universale, ha dovuto scendere al fondo di se stesso e scoprire che, la domanda fondamentale, l'unica che schiuda alla rivelazione sull'autentica identità di Gesù, è la domanda che riguarda se stesso; è conoscere sino in fondo chi sia lui, Simone figlio di Giona.
Lui, che era convinto di non abbandonare mai quel profeta galileo che tanto amava, al capolinea della propria miseria ha incontrato quella mano tesa, la misericordia infinita. Nella sua debolezza ha sperimentato la potenza di Cristo; nello svelarsi della propria realtà Pietro ha conosciuto Gesù, l'amore di Dio fatto carne, tanto grande da polverizzare il peccato e la morte. 
Il cuore del Vangelo di oggi è dunque l'affondare di Pietro nella sua paura, nello scandalo della propria debolezza, e in quella mano tesa a rivestire di forza il suo niente; quella mano tesa a farlo risuscitare.
La sua realtà gli ha svelato l'identità di Gesù. La consapevolezza della sua povertà ha cancellato quel "se" che lo turbava: oltre le onde del peccato, il vento “vuoto” delle vanità del mondo, dietro all’apparenza che ci turba, c’è la mano di Dio. Otre il peccato c’è la misericordia.
Solo un cuore umiliato e contrito perché ha conosciuto se steso potrà tendere la sua mano e lasciarsi condurre da Cristo a compiere la volontà del Padre, dove solo c’è libertà, verità, pace e vita.
Solo un prete che sa di non avere nulla di speciale per poterlo essere, sarà libero di spendersi nella volontà di Dio senza seguire la propria. Solo un padre o una madre che hanno conosciuto la loro totale inadeguatezza, potranno affidare a Dio se stessi e i figli, docili alla storia di salvezza che Lui prepara per tutti. 
Allora nessun "se" ci ingannerà e, in virtù del cammino fatto nella barca, finalmente ci "prostreremo davanti" a Lui abbandonando il nostro orgoglio, per professare la nostra fede "esclamando: Tu sei veramente il Figlio di Dio!". E la fede ci farà "approdare a Genèsaret", che significa arrivare come figli di Dio risuscitati alle nostre città, al lavoro, a scuola, ovunque, dove accogliere "la gente del luogo".
In noi, infatti, essi "riconosceranno Gesù" e saranno proprio loro a "diffondere la notizia in tutta la regione". E così la Chiesa compirà la sua missione di sale, luce e lievito, e gli uomini "porteranno" a Cristo vivo in essa "tutti i malati" per "pregarlo di poter toccare almeno l'orlo del suo mantello", ovvero di ascoltare l'annuncio del Vangelo, perché "quanti lo toccheranno guariranno".

APPROFONDIMENTI

XIX Domenica del Tempo Ordinario. Anno A <<<kairòs

Nella 19.ma Domenica del tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù cammina sulle acque. Pietro chiede al Signore di seguirlo, ma impaurito, comincia ad affondare, gridando a Gesà di salvarlo. Il Signore lo afferra con la mano e dice:«Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»Il Vangelo di oggi, nella sua semplicità, è sconvolgente: dice tutto di Cristo, e dice tutto di Pietro, di ognuno di noi. Troviamo gli apostoli in balia delle onde, sul mare di Galilea. All’alba Gesù, il Signore del mare e delle onde, cammina sulle acque verso di loro che credono di vedere un fantasma. Il Signore dice loro: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Pietro gli risponde: “Se sei tu, comanda anche a me di venire a te camminando sulle acque”. Il Signore gli dice: “Vieni”. Ma non è così semplice: la natura di Pietro – la mia e la tua natura – si rivela subito per quello che è. Davanti a ciò che ci supera, alla sofferenza, alla morte, ci scandalizziamo, non guardiamo più colui che ci chiama, non ci fidiamo più della parola del Signore: “Vieni!”. Sommersi dalla paura affondiamo. Eppure Pietro – come noi – scende dalla barca e comincia a camminare sulle acque. Siamo testimoni del potere della parola di Dio. Ma lì ci fermiamo. Il cielo si fa lontano. Camminare sulle acque fa paura. Eppure, il battesimo ci ha già strappato dalle acque di morte – e una volta per sempre –, e ci ha dato la natura di figli di Dio. Come Pietro, anche noi siamo “Oligopistoi” = poca fede. “O poca fede”, è il nome con cui Gesù chiama Pietro. Oggi, Pasqua della settimana, il Vangelo ci invita a guardare a Lui: non guardare a te, alle tue forze, se stai annegando in qualche problema, alza lo sguardo e grida con Pietro “Salvami, Signore” e il suo braccio potente ti solleverà dal profondo delle acque; Lui, il nostro Mosè, ti farà fare Pasqua.
(Don Ezechiele PasottiPrefe
tto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma).

Ora, la terra era deserte vuotadeserta di figli dell’uomo e vuota di ogni animale e la tenebra era sulla faccia dell’abisso uno Spirito di misericordia da davanti al Signore soffiava sulla faccia delle acque.
Targum
“Subito” dopo il segno dei pani e dei pesci, Gesù “ordina” ai suoi discepoli di “salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda”. Ed essi obbediscono. Gesù, infatti, non ha “costretto” qualcuno della “folla”, ma coloro che avevano camminato con Lui. Potevano inoltrarsi in quel mare nella “sera” perché avevano visto e sperimentato che Gesù ha il potere di riempirla di luce e di vita.
Potevano obbedire perché ciascuno di loro era il frutto della sovrabbondanza di vita del Signore; non “furono portate via dodici ceste piene dei pezzi avanzati”? Eccoli allora i dodici “portati via” da Gesù verso un’altra esperienza.
I discepoli, infatti, “salgono” sulla “barca”, e sono immagine di quanti erano accolti dalla Chiesa e avevano iniziato il percorso che li iniziava alla fede in vista del battesimo.
Ed è quello che il Signore ha fatto con noi. Attraverso gli apostoli ci ha annunciato il Vangelo e ci ha accolto nel seno di una comunità concreta. Ci ha sfamato, per sperimentare il suo amore mentre sulla nostra vita calava la “sera” dei peccati; abbiamo visto come la sua "benedizione” ha trasformato in "bene" ogni male.
Ma non basta. La “barca” deve fare la sua traversata, come noi il nostro cammino di fede, per sperimentare la risurrezione di Cristo, il suo potere sul peccato e sulla morte che i cristiani sono chiamati ad annunciare al mondo.
Non è cristiano, infatti, chi non è testimone e araldo del Vangelo. Per formare i suoi apostoli Gesù doveva dunque portarli in quella situazione. Altrimenti, di fronte alle persecuzioni e alle sofferenze, sarebbero restati impigliati nel “se” di Pietro.
Per questo Lui rimane a terra a pregare, solo. E “costringe” i discepoli ad entrare nel mare senza la sua presenza nella carne, profezia di ciò che sarà la navigazione della Chiesa nella storia. E sperimenteranno che non erano soli, perché Lui era lì con loro per mezzo della sua preghiera solitaria: i discepoli nella barca, e Lui intercedeva per loro. I discepoli lottavano con le onde e il vento, Lui combatteva contro il demonio.
E’ qui lo snodo fondamentale di ogni iniziazione cristiana. Per caso “onde” minacciose stanno “agitando” la tua vita? Come stai reagendo alle opinioni e ai fatti “contrari”?
Forse ti stai ribellando perché non accetti la tua situazione; non la capisci e mormori. Stai giudicando il fratello, ritenendolo responsabile delle tue sofferenze. Magari stai imprecando contro Dio, che sta permettendo questo.
La verità è che, nonostante le esperienze di Dio, siamo ancora “fuori” dalla realtà. Perché essa
non è solo la tempesta: come sperimentò Elia sull’Oreb, “il Signore non è nel vento, né nel terremoto e nel fuoco, ma nel mormorio di un vento leggero”. Il Signore è dentro gli avvenimenti come uno Spirito di vita più forte della morte.
Gli apostoli lo dovevano scoprire. Come tu ed io, irati e delusi, dobbiamo salire sulla barca ed entrare nella storia. E, finalmente “lontani dalla riva”, che cosa scopriremo? Che abbiamo “paura”. Il problema non è la tempesta, ma il nostro cuore. E’ lì che la realtà comincia ad apparire per quello che non è, perché, come fece con Adamo ed Eva, nel cuore il demonio semina la paura e ci induce a spostare l’attenzione sulla superfice del mare, a fissare il vento e le onde, e accettare che sì, Dio non mi ama.
Gesù dà quell’“ordine” per liberare dalla paura i discepoli e strappare al caos quella “barca” come una primizia nel mondo, perché nel mare in tempesta sia un sacramento di salvezza per tutti.
Proprio esso rivela l'amore di Dio che vuole ricrearci, ridare cioè "ordine" alla nostra vita, perché dove c'è disordine e caos, non c'è Dio ma il demonio.
Ascoltiamo il Vangelo, ci sembrerà un filmato in dissolvenza nel quale si sovrappongono la Passione e gli eventi del brano odierno : Gesù “ordina” ai discepoli di salire sulla barca, il Padre "comanda" a Gesù di salire sulla croce; i venti contrari e le onde si avventano sull’imbarcazione, Gesù è davanti a Pilato e alla folla, il flagello, gli sputi, gli insulti si abbattono su di Lui, e infine è inchiodato sul legno della Croce; la barca sembra affondare e Gesù è deposto nel sepolcro.
Ma qui la dissolvenza sfuma, perché Cristo risorge, ed ecco, “cammina sulle acque”, mentre gli apostoli sono ancora in balia della tempesta. Proprio qui si dà il cuore dell'esperienza cristiana:
per arrivare alla risurrezione il Signore doveva entrare nella morte, per questo gli apostoli e ognuno di noi, per giungere alla fede adulta deve passare per la tempesta.
Per questo Dio ci ha messo in questa storia concreta avvolta nella notte. Gesù sapeva che la “barca” sarebbe stata “agitata dalle onde”, come sa cosa ci attende in ogni istante della nostra vita. E proprio lì ci “viene incontro”, camminando su quello che ci fa paura.
Ma per i discepoli, ancora “uomini di poca fede”, l'immagine di quell’uomo che camminava sulle acque era contraria a ogni legge della natura; quella appunto dell’uomo vecchio, che ha ancora il pensiero del mondo.
E che cos'è per il mondo un “fantasma”? E’ l’uomo che vive il discorso della montagna, il cristiano che ha la vita celeste e cammina sulle acque della morte.
E per te e per me cos’è un “fantasma”? Sei tu che entri mite nella malattia, che accetti le ingiustizie, che ami il nemico. Tu che vivi la vita di Cristo.
In fondo, come per i discepoli, anche per noi Cristo è un “fantasma”. Di fronte alla storia ci chiediamo se sia Lui che cammina sulle acque che ci stanno uccidendo o se non sia un’allucinazione, frutto della cultura nella quale siamo nati o degli insegnamenti ricevuti.
Per saperlo, per aver fede, non c'è altro cammino che quello percorso da Pietro. Rischiare con Gesù e chiedergli di fare la sua stessa esperienza.
“Se sei tu, comanda che venga da te sulle acque”. Quel “se” deve emergere dal cuore per poter scomparire nel nuovo “ordine” di Gesù; altrimenti, continueremo a dubitare che essere cristiani sia possibile.
Gesù accoglie il “se” di Pietro, come anche i nostri dubbi. Non si scandalizza, e ci chiama. “Vieni!” cammina su quest’onda che sta travolgendo il tuo matrimonio. E Pietro cammina, e noi con lui: è tutto vero, è il Signore, ho perdonato mio marito, e che gioia. Ma…
Ma il vento è forte, e il demonio torna all’attacco, sollecitando la ragione e la sua carne. E’ impossibile camminare sull’acqua… Tuo marito ti ha tradito ancora, e di nuovo la voce satanica a sbatterti in faccia la tua debolezza: non ce la farai a perdonarlo un’altra volta, lascialo, divorzia…
E’ un attimo, Pietro lo ascolta e smette di fissare Gesù, e si ritrova di nuovo solo, con la sua debolezza. Ed eccoti pronta a mollare tutto, incapace di amare sino in fondo.
Ma proprio ora Pietro può gridare dal fondo del suo cuore, tendere la mano come Mosè, e incontrare quella di Gesù pronta ad “afferrarlo”.
In quel momento Pietro è immagine di ogni catecumeno giunto al momento decisivo del suo cammino di fede; esso coincide con la “fine della notte”, quando l’alba della risurrezione si fa strada con il suo chiarore. Pietro è sceso ormai nella vasca battesimale; è nudo, senza difese, e può lasciare nell’acqua il suo uomo vecchio per entrare nel giorno che non conosce tramonto.
Ora sul suo corpo afferrato dalle onde e sulla sua voce impaurita torna la dissolvenza di Gesù, inghiottito dalla morte e risuscitato. Come sulla nostra vita di oggi, sulla crisi del matrimonio, su ogni situazione.
Pietro stava facendo la stessa esperienza di Gesù. E come per lui, anche per noi solo l’estrema debolezza può conoscere la forza infinita del Signore risuscitato.
La sua realtà di “uomo di poca fede” gli ha svelato l'identità di Gesù. La consapevolezza della sua povertà ha cancellato quel "se" che lo turbava: sì, possiamo sperimentare che oltre le onde del peccato e il vento “vuoto” delle vanità del mondo, dietro all’apparenza che ci turba, c’è la mano di Dio. Che oltre il peccato c’è la misericordia.
E questo è proprio il primo passo, quello decisivo, dell’uomo nuovo: scoprirsi senza fede, per implorarla, giorno dopo giorno, istante dopo istante. Solo così potremo tendere la mano e lasciarci condurre da Cristo a compiere la volontà del Padre, per rientrare nella barca e vedere il “vento cessare”.
Ciò significa che sapremo vedere l’amore di Dio anche nella notte di un mare in tempesta, nella certezza; che è Dio a portarci lontano “qualche miglio da terra”, in preda del “vento contrario e delle onde”, secondo un disegno di salvezza per noi e per il mondo.
Allora nessun "se" ci ingannerà e finalmente ci "prostreremo davanti" a Lui abbandonando il nostro orgoglio, per professare, in ogni evento, la nostra fede "esclamando: Tu sei veramente il Figlio di Dio!". 










αποφθεγμα Apoftegma








TJI: Ora, la terra era deserte vuotadeserta di figli dell’uomo e vuota di ogni animale e la tenebra era sulla faccia dell’abisso uno Spirito di misericordia da davanti al Signore soffiava sulla faccia delle acque

Nessun commento:

Posta un commento