Ma io vi dico questo: mettete le vostre vite nelle mani di Gesù.
Egli vi accoglierà e vi benedirà,
e farà un uso delle vostre vite che andrà
al di là delle vostre più grandi aspettative.
In altre parole, abbandonatevi, come tutti quei pani e quei pesci,
nelle mani potenti e affettuose di Dio
e vi troverete trasformati in “una vita nuova”;
in una pienezza di vita.
“Carica il tuo fardello sul Signore ed egli lo sosterrà”.
Giovanni Paolo II, Incontro con i giovani a Murrayfield (Gran Bretagna), 31 maggio 1982
Dal Vangelo secondo Giovanni 6,1-15.
Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade,
e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.
Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.
Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro:
«C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?».
Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.
E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».
Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!».
Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.
IL COMMENTO
Il segno che svela il Profeta, il Messia inviato da Dio, è la Vita moltiplicata e capace di saziare a sua volta, e per questo offerta gratuitamente all’umanità. Il segno del Profeta è la Chiesa, povera, debole, bisognosa di penitenza e conversione, eppure ricca della ricchezza che nessun altro nel mondo possiede: la Parola – i cinque pani, immagine dei cinque libri della Torah – unita al potere di Dio nella carne del suo Figlio – i due pesci, immagine delle due nature del Signore -; Il segno dato al mondo sono gli apostoli inviati a sfamare e molto di più, a saziare la vita d’ogni uomo. Filippo siamo tutti noi, spesso incapaci di guardare oltre, con il cuore appesantito dalla ragione imprigionata dall’unica evidenza che balza immediatamente agli occhi. Matematica imperfetta perché incapace di contemplare l’infinito che abbraccia e dà senso ad ogni numero. Cinque pani e due pesci sono molto più di quello che le mani sono capaci di afferrare. La creazione stessa obbedisce a precise formule matematiche, ma i numeri che la definiscono non sorgono dal nulla, da un big-bang riproducibile in laboratorio. Vi è un’evidenza nascosta eppure intuibile, il segreto tracciato di numeri che non hanno fine perché il loro stesso principio è puro mistero. Un computer, un telefono, una pila, tutto ci parla d’infinito, che si svela pienamente nel miracolo compiuto dal Signore. Il Messia atteso è Dio fattosi prossimo, l’origine d’ogni vita che si avvicina per ridestare ogni esistenza. E’ lui l’infinito che, raccogliendo tra le mani quel “cinque” e quel “due”, nel breve istante d’una Parola benedicente, li riconduce alla pienezza originaria, allo splendore del compimento. Quei due numeri che, ad una prima e piatta visione, non dicono altro che un contenuto definito e circoscritto, nelle mani e nelle parole di Gesù, scavalcano il limite imposto dalla ragione e acquistano il loro significato autentico. Sono numeri, segni d’una realtà ben visibile, eppure aperta, misteriosamente, all’infinito. Cinque pani e due pesci "sfamano e saziano una gran moltitudine", e avanzano per sfamare e saziare ancora, da quel pomeriggio sulle rive del Lago di Galilea sino a questo nostro giorno, sino alla fine del mondo, e più in là, sino all’eternità.
Così è di ogni numero che descrive e sembra limitare le nostre esistenze, la storia stessa del mondo. L’età, lo stipendio e il conto in banca, l’altezza, la taglia, le diottrie, i globuli bianchi e rossi, le piastrine, la capacità polmonare, i quozienti intellettivi, la forza, i metri cubi delle nostre case, gli anni d’una amicizia e di un amore, le distanze, i progetti, le mura che ci stringono e sembrano frustrarci e tenerci schiavi, e la chimica dei sentimenti, degli umori, delle speranze e delle delusioni. Ogni numero che fa di noi quel che siamo, la matematica che, fredda, sembra sospingere le nostre storie verso destini ineluttabili, attende invece una mano ed una Parola, quelle dell’Autore d’ogni matematica, d’ogni scienza, d’ogni vita. Le sue mani creano e ricreano e si fanno prossime a ciascuno di noi attraverso le mani e le parole dei suoi Apostoli. E’ la Chiesa che, da duemila anni, si piega sull’umanità, ne riconosce, nascosto, il seme divino impresso dal Creatore, e, per la Parola e il Sacramento, lo riconduce allo splendore del compimento. Ogni istante, ogni numero della nostra vita, anche quelli negativi, grigi, che sembra ci stiano schiacciando, non sono altro che i segni d’una porta dischiusa nell’attesa dell’infinito. Ogni grumo d’esistenza è gravido d’eterno. Ma solo l’incontro esistenziale, concreto, autentico con il Signore rende possibile quello che tutti speriamo. Solo il Signore, attraverso la sua Chiesa povera ma splendente, ci conduce ai pascoli d’erba fresca dove Gesù "ci fa sedere" e riposare da una vita spesa in calcoli ed esperimenti infruttuosi. Sì, è preparato per ciascuno di noi un prato verdeggiante, dove possiamo sederci e riposare dalle nostre opere per abbandonarci alla sua Opera. In Cristo oggi, e ogni giorno, la vita è trasformata e può esplodere in una sazietà che ci fa pregustare il Cielo, e ci fa capaci di allargare gli spazi del cuore e della mente e saziare chi ci si avvicina e ci chiede il pane e la vita che non ha. Ovunque vi è speranza, perché oltre ad ogni pane e ad ogni pesce v’è un orizzonte infinito di pienezza e pace, di libertà che si china su ogni uomo attraverso la nostra povertà, abbandonando schemi e moralismi, per rispondere all'imperativo urgente dell'amore, della misericordia e della gioia con cui saziare il mondo intero.
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