Alla vittima pasquale, si innalzi il sacrificio di lode,l'Agnello ha redento il gregge,Cristo l'innocente ha riconciliato i peccatori col Padre.
Victimae Paschali
Dal Vangelo secondo Giovanni 10,22-30.
Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perché non siete mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Il commento
Creati a immagine e somiglianza di Dio, conosciamo solo la voce dell'unico nostro Pastore. Il Pastore che si e' fatto agnello, il più piccolo, muto e umile di fronte ai suoi tosatori. L'Agnello condotto al macello, immolato perche' la nostra Pasqua sia autentica, e definitiva. E' Lui il vero Agnello che ha tolto il peccato del mondo, l'Agnello che ha redento il suo gregge: Egli e' Pastore proprio perche' e' Agnello. e conosce cosa significhi vivere come un agnello, ne conosce per esperienza dolori e speranze, il desiderio profondo del suo cuore. Per questo i discepoli di Giovanni non possono resistere al suo fascino e lo seguono, e desiderano vedere dove abiti questo amore capace di perdonare e ridonare la vita. Sono sue pecore da sempre, come ciascuno di noi, conoscono la sua voce, l'unico che parla davvero la loro lingua, aspettavano quell'incontro. Attendevano il perdono dei peccati, l'opera di Gesù che lo costituisce unico Pastore, l'unico a cui possiamo consegnare la nostra vita, perche' e' l'unico che capace di riconsegnarcela redenta. Il contesto nel quale Gesù oggi ci parla, è quello della festa di Hanukka'h, della Dedicazione, che celebrava la riconsacrazione del nuovo tempio ad opera di Giuda Maccabeo, dopo la profanazione di Antioco Epifane. E' la hanukka'h (consacrazione), detta in greco enkainía (rinnovazione) (cfr 1 Macc 4, 54-59; 2 Macc 1,8; 2,16; 10,5). In questa festa, secondo i rabbini e la tradizione ebraica, tra i tanti, vi sono due elementi che crediamo essere fondamentali per l'intelligenza delle parole di Gesù:
"Il decreto promulgato dai Greci Siriani, era di far "dimenticare la Tua Torà e violare i decreti della Tua volonta'" agli Ebrei. I Greci adoravano la conoscenza. A loro non importava se gli Ebrei apprendevano la saggezza della Tora'. Ciò che obiettavano violentemente era l'idea che la Tora' provenisse da Dio - "la Tua Tora'"... Per questa ragione i Greci contaminarono l'olio nel Beit Hamikdash". "La radice Hanukkah, da cui derivano Hanukkah e hinnukh (educazione), significa anche "educare".
Gesu', nel mezzo di questa festa, passeggia nel tempio, sotto il portico di Salomone. Passeggia come Dio nel paradiso, alla ricerca di Adamo. La sua presenza e le sue parole sono per ciascuno un interrogativo: "dove sei?". E' lui che interroga, e denuda: per questo la reazione e' scomposta, e sembra che le domande del Signore ci tolgano la vita. In greco infatti invece di "fino a quando ci terrai con l'animo in sospeso" si puo' leggere anche "fino a quando ci toglierai la vita?". Confessiamo che e' proprio quello che tante volte ci ritroviamo a pensare, quando ci sembra che il Signore resti muto di fronte alle nostre angosce. In fondo non e' vero, come non era vero per i giudei, che siamo con l'animo in sospeso. La verita' e' che nel cuore abbiamo deciso, ed e' chiara ai nostri occhi l'immagine del salvatore di cui abbiamo bisogno. E non ci rendiamo conto che stiamo aspettando e desiderando un mercenario, un estraneo, uno a cui di noi non importa nulla. Ma appare oggi l'Agnello di Dio, e la sua voce ci trafigge il cuore. Siamo suoi fratelli, creati in Lui, la nostra identita'' autentica e' quella di un agnello preparato per il sacrificio. Il gregge di cui parla il Signore infatti, e' quello del tutto speciale che si trova nel Tempio, nel quale erano allevati gli agnelli per il sacrificio e l'olocausto. Ogni parola del Signore sul Buon pastore e sul gregge è da inquadrare in questo contesto: Lui e' la porta delle pecore, quella situata nel tempio, attraverso la quale gli agnelli erano condotti al sacrificio: la porta della Croce; chi, quando si avvicina a noi per parlarci, consigliarci, persuaderci, non entra attraverso la Croce, e' un mercenario, dice menzogne e sofismi, per ingannarci e farci rinnegare Cristo, e allontanarci dalla pace e dal riposo, la volonta' del Padre alla quale si accede solo passando per la soglia della Croce. Attraverso di Cristo, invece, si trova il pascolo autentico, il cibo che non perisce, la volonta' di salvezza per ogni uomo che si compie nell'offerta della nostra vita. E' questa l'unica voce che il nostro intimo puo' riconoscere, perche' solo essa fa vibrare l'elezione deposta in ciascuno di noi, la primogenitura con la quale, agnelli del suo gregge, siamo segnati dall'eternita' per l'eternita'. E' Lui il Buon Pastore, l'Agnello che marcia dinanzi a noi sulla via del sacrificio, perche' conosce la Via Crucis che ci attende ogni giorno, attraverso la quale passare alla vita abbondante, che non si esaurisce mai, quella con cui amare e sfamare ogni uomo. La cura del Pastore e' tutta orientata a preparare gli agnelli per il sacrificio: Gesu' ci nutre, ci guida, ci parla attraverso i sacramenti e la Parola, la guida amorevole di catechisti e pastori della Chiesa, perche' essa cresca in noi la fede sino a divenire adulta, capace cioe' di spingerci ad offrire, senza condizioni, la nostra vita sull'altare preparato ogni giorno in famiglia, al lavoro, a scuola, ovunque. E' la primogenitura degli agnelli dell'ovile di Cristo, allevati all'ombra del Santo dei Santi, illuminati dal suo amore, nutriti della sua misericordia perche', al tempo opportuno, possano essere offerti in riscatto di questa generazione.
Siamo nati per perdere la vita, per amare, come Lui, in Lui, per Lui. Abbiamo sofferto tanto vivendo schiavi di mercenari che ci hanno rubato l'anima e la gioia. Abbiamo buttato la vita cercando inutilmente di difenderla. Oggi appare Cristo dinanzi a noi, e possiamo riconoscere in Lui la nostra immagine perduta. Lo guardiamo e scopriamo che Lui, e solo Lui, e' carne della nostra carne, ossa delle nostra ossa. E' Lui che il nostro intimo conosce, e' Lui che, Pastore perche' agnello, ci puo' educare, riconciliare, ricondurre alla Verità, ad una vita spesa per amore. Forse l'olio dello Spirito Santo, quello della sapienza della Croce, e' stato profanato, e oggi giace inutilizzabile e ci troviamo come le vergini stolte, impossibilitate ad entrare al banchetto; forse non abbiamo seguito il Pastore e ci troviamo incapaci di amare chi ci e' vicino, di perdonare, di avere pazienza, e non troviamo erba fresca e acqua di vita per sfamarci e dissetarci. Abbiamo forse dimenticato la Parola che abbiamo ricevuto, consegnando il tempio della nostra vita agli idoli e al principe di questo mondo. Per questo la parola del Vangelo di oggi e' proprio per noi, ed è una buona notizia. E' la sua voce, quella per la quale siamo nati, per la quale siamo stati creati. E' il Pastore vero, bello, l'unico idoneo e legittimo, come spiega l'originale greco tradotto con "buono", capace di strapparci dall'inganno, perche' lo ha distrutto nella sua morte. E' Lui che riconsacra il suo tempio, la nostra vita. E' Lui che ci attira nella stessa intimita' divina, nel Santo dei Santi, il cuore di Dio. E' Lui che si fa nostro condottiero, che torna a guidare le nostre menti e i nostri cuori per i cammini della giustizia, della sapienza crocifissa. E' la sua voce che schiude le menti e gli occhi sulle sue opere, i segni dell'amore di Dio nella nostra vita. E' la sua voce colma delle sue parole che ci dona la fede per credere e ottenere la vita che non muore, vita in abbondanza per noi e per chi ci e' prossimo. E' la sua mano trapassata dai chiodi che ci tiene stretti per l'eternita'. Sono stati i nostri peccati a scrivere, a tatuare con il sangue i nostri nomi nelle mani del Signore. Si', le nostre debolezze, i difetti e i peccati ci hanno legati eternamente a Lui: e' il paradosso del cristianesimo, la Notizia sconvolgente che hanno ascoltato e visto gli apostoli la sera di Pasqua, nelle ferite luminose di misericordia del Signore risorto. Gesu', infatti, con il suo sangue, ha scritto i nostri nomi in Cielo, e nulla e nessuno potra' piu' cancellarli per l'eternità; questa e' la verità, l'unica fonte di vera gioia, il pascolo che ci sazia perche' ci dona il perdono eterno, per il quale non saremo mai separati da Cristo: e' la conoscenza di Dio in questo amore sperimentato mille volte, la conoscenza della misericordia nell'intimita' che ci fa sue pecore, gregge del suo pascolo. La conoscenza crocifissa, che e' la stessa sapienza con la quale guardare ogni istante della storia come una nota sullo spartito della sinfonia d'amore che Dio sta eseguendo per tutto il creato. E la nostra vita, il nostro corpo, il nostro cuore, la nostra mente, costituiscono cosi' il nuovo tempio riconsacrato per il culto nuovo, quello della Chiesa, quello del Figlio: la lode di una vita perduta per amore. Seguendo il Pastore, insieme al Pastore. Perche' nessuno, nel mondo vada perduto.
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