In alto in trono,
e in basso nella tomba,
tale ti contemplarono, o mio Salvatore,
gli esseri celesti e quelli sotterranei,
sconvolti dalla tua morte:
poiché tu, oltre ogni comprensione,
ti mostravi morto e suprema origine di vita.
Orthos, tropario dall'ode 1
Dal Vangelo secondo Giovanni 6,35-40.
Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno».
IL COMMENTO
Nessun respingimento sulle coste della Patria Celeste per chi cerca il Signore. Nessuno è scacciato fuori, ma è accolto con misericordia infinita. Noi, naufraghi della vita, sballottati dai marosi che imperversano e ci sovrastano, tentazioni, paure, angosce, dubbi. Peccati. Approdiamo in fin di vita sulle rive d'un Regno che abbiamo perduto, come clandestini che sfuggono ad un regime tirannico, feriti, malconci, un briciolo di speranza ci mantiene in vita. E il Signore è lì sulla riva della Vita, come quel giorno sulle sponde di Tiberiade, anche noi come gli Apostoli con un nulla tra le mani, i fallimenti di un'esistenza, ed un incontro capace di cambiare le sorti di ciascuno. Diceva Benedetto XVI ai giornalisti sull'aereo che lo stava conducendo a Malta: "Penso che il motivo del naufragio (di San Paolo) parli per noi. Dal naufragio, per Malta è nata la fortuna di avere la fede. Così anche noi possiamo pensare che i naufragi della vita possono fare il progetto di Dio e possono essere utili per nuovi inizi nella nostra vita". E ancora nel suo libroGesù di Nazaret scriveva:«Senza un morire, senza il naufragio di ciò che è solo nostro, non c’è comunione con Dio, non c’è redenzione».
E' questo lo sguardo di Gesù, che vede oltre e riconosce, sempre, la volontà del Padre. Come è stato per la sua stessa vita, che sembrava perduta tra una Croce ed una tomba, ed era invece incamminata verso la vittoria e la risurrezione. Ci vede da lontano, e con il suo sguardo è già presente in ogni evento della nostra vita. I suoi occhi scrutano il nostro arrancare tra le onde, non ci perde di vista un secondo, eppure lascia che le esperienze di sofferenza e fallimento quasi ci sommergano, rispettoso della libertà che ci fa uomini veri. Quante volte la vita che ci è data come una missione è stravolta dalle nostre menti, dai cuori e dalle mani che ne fanno un progetto idolatrico cui prostrarci, costi quel che costi.
Quanta stoltezza di fronte alle situazioni che cerchiamo di ammaestrare: la debolezza con i figli, ai quali siamo incapaci di dire no, di sederci accanto a loro per ascoltarne le ragioni sollecitandone l'intelligenza; il timore di perdere il loro affetto ci fa pavidi e nascondiamo loro il volto di Cristo, l'unico di fronte al quale un giovane può davvero esercitare la propria libertà. Occultiamo Cristo e così priviamo i nostri figli di vederlo ed avere la vita eterna. Ci perdiamo in moralismi astratti e soffocanti o compromessi lascivi che consegnano i ragazzi a sofferenze certe.
Chi vede Cristo e crede in Lui ha la Vita eterna; noi, i nostri figli, i colleghi di lavoro, la suocera, i nipoti, i condomini, la felicità di tutti si gioca dinanzi ad un volto; contemplare lo sguardo di Cristo e vedervi riflessa la nostra storia trasfigurata, perdonata, redenta. Vedere Cristo e credere per entrare, oggi, ora, nella Vita che non muore. Credere significa lasciarsi amare, guardare senza timore nel profondo del suo sguardo per sperimentare il suo perdono, l'unico capace di dare una svolta decisiva alle nostre vite. Come a quelle dei figli, delle persone amate, di chi ci è vicino. Mettere i figli davanti a Cristo, alla Verità che fa liberi, quando vogliono uscire in minigonna, quando esigono una nottata in discoteca, quando reclamano la vacanza con il fidanzato. Metterli davanti a Cristo, alla sua bellezza, al suo amore cui non si può resistere, senza paura, senza compromessi. Quante volte ci siamo prostrati dinanzi a Lui per accompagnare i nostri figli di fronte allo stesso sguardo? Sottrarre Cristo ai loro occhi è il peccato più grave. Condurli a Lui con il cuore innamorato, colmo del suo amore, sapendo che è il Padre a consegnarci e a donare ogni uomo al suo Figlio, perchè nessuno vada perduto. Poi la libertà di fare naufragio, ma con fissa nella memoria del cuore l'immagine indimenticabile del suo volto.
Ed il Signore è lì, sull'uscio dei nostri giorni, fremendo di zelo e d'amore, ma non tocca nulla, ci segue con trepidazione perchè la barca non affondi, ma lascia che le correnti mondane e carnali la gonfino sino a farla naufragare. Lui sa che il vento dello Spirito, il soffio del Padre è più forte d'ogni folata demoniaca. Lui sa che la Volontà di Dio ci sospinge comunque, misteriosamente, anche attraverso il naufragio, sulle rive della Verità. Ed è su quella battigia dove oggi ci troviamo, questo matrimonio che sembra andare in frantumi, il lavoro che ci soffoca o che abbiamo perduto, l'amore che ci ha lasciati, l'altro con cui non riusciamo a comunicare, la vecchiaia o la malattia, la precarietà economica o questo carattere che non riusciamo a domare, qui ora su questa sponda, con le onde che ancora ci inseguono, i polmoni strozzati e le forze spente, in questo confine tra morte e vita che la libertà nostra si fa piena. Andare a Lui o lasciarci risucchiare dal mare.
Gesù è lì ad un passo, il Padre ci ha condotti a Lui, come un dono, il più prezioso, per il suo Figlio. Basta guardarlo, dal profondo del cuore, fissarlo e siamo salvi, e saremo vivi in eterno. Non è male il naufragio, è purificazione, è la via che conduce alla vera comunione con il Signore, con la Vita che non finisce. Guardare Cristo ora, senza timore, abbandonando l'orgoglio che ci ha annichilito. Guardarlo perchè con lo sguardo vada a Lui anche la nostra vita, tutta, senza riserve. Lasciare che il Padre ci doni a Lui, per risuscitare ora nella Volontà di Dio, che è il riscatto e la santificazione d'ogni briciola della nostra storia. Nulla si butta, tutto è trasfigurato, anche il naufragio, anche i peccati. Sì, è questa la notizia che può trasformare oggi la nostra vita, non v'è nulla che impedisca il perdono, nulla eccetto l'orgoglio ostinato. Ma come buttar via un'occasione del genere, guardare Cristo e lasciarci guardare da Lui, e nel suo sguardo incontrare la nostra vita come una sinfonia d'amore.
Non v'è altra volontà in Dio che quella per cui niente e nessuno si perda. Può essere diversa la nostra volontà? Il Figlio è disceso dal Cielo per lasciarsi inchiodare ad una Croce e distruggere così l'opera di menzogna del demonio. Oggi possiamo sperimentare l'autentica libertà che spezza le catene dell'inganno, che ci risuscita a vita nuova, primizia della risurrezione definitiva, quella dell'ultimo giorno. "Dio non rifiuta nessuno. E la Chiesa non rifiuta nessuno", diceva Benedetto XVI ai giovani di Malta. Neanche noi, oggi siamo rifiutati. Anzi, siamo accolti come il dono preziosissimo del Padre al Figlio. Gesù ci attende oggi come Giuseppe attese i suoi fratelli. Da loro venduto era sceso in Egitto, fino al buio della prigione, per risalirne ricolmo di onori e potere. Nessun rimprovero, nessun respingimento per i fratelli che lo avevano respinto. Anzi, lo sguardo pieno di sapienza che ravvisava in tutto la volontà di Dio, la Provvidenza che lo aveva condotto in Egitto proprio per sfamare i suoi fratelli. Così Gesù, così le nostre vite. Morto era fonte ed è fonte di vita, pane capace di sfamare per l'eternità. Ed ora il Signore Risorto ci attende sulla riva del suo Regno per saziarci della sua misericordia e del suo amore.
Beato Giovanni XXIII (1881-1963), papa
OR 20/09/59
« Chi viene a me non avrà più fame »
Il problema economico costituisce l'incognita terribile della nostra epoca. Il problema del pane quotidiano, del benessere, è l'incertezza angosciosa che ci opprime in mezzo alle folle agitate ed insoddisfatte, ed a volte, purtroppo, affamate. È per noi un dovere unire i nostri sforzi, fare i sacrifici necessari secondo la dottrina cattolica nata dal Vangelo e le istruzioni chiare e solenni della Chiesa, per contribuire alla ricerca di una soluzione giusta per tutti. Ma invano ci sforzeremo di riempire di pane gli stomaci e di soddisfare gli altri desideri, a volte sfrenati, se non riusciremo a nutrire le anime col pane di vita, pane vero, sostanziale, divino ; a nutrirle cioè di Cristo, del quale hanno fame e per mezzo del quale soltanto, si potrà riprendere il cammino « fino al monte di Dio » (1 Re 19, 8).
Invano chiederemo agli economisti e ai legislatori nuove forme di vita sociale, se sottraiamo agli occhi del popolo, il sorriso dolce e materno di Maria, le cui braccia sono aperte per accogliere tutti i suoi figli. Sul suo seno, la superbia si abbassa, i cuori si placano nella santa poesia della pace cristiana e dell'amore. Congiungiamo i nostri sforzi affinché non siano mai separati dal cuore dell'uomo ciò che Dio, nella dottrina cattolica e nella storia del mondo, ha così meravigliosamente unito : l'eucaristia e la Vergine.
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