Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 14 giugno 2013

Non commettere adulterio; ma io vi dico:

chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.



Il mio cuore ripete senza fine che voglio Te, Te solo! 
Tutti i desideri che ogni giorno e notte mi distraggono sono falsi e vani, 
fin nel profondo dell'anima. 
Come la notte cela nelle tenebre la brama che ha della luce, 
così nel profondo dell'essere mio, un grido risuona: 
Te, Te solo! 


R. Tagore


Dal Vangelo secondo Matteo 5,27-32.

Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.
E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.


Il commento

Lo sguardo sorge dal cuore, dove si annida il ricettacolo di veleni iniettati dal demonio, causa di ogni nostra sofferenza. Occhi e mani sono gli strumenti che il cuore guida ispirato dalla mente. L'uomo, infatti, non è una zuppa dove gli ingredienti sono gettati alla rinfusa. La persona, ciascuno di noi, è stata creata nell'armonia: "il corpo non sta accanto allo spirito come qualcosa di esteriore, ma è l'autoespressione dello spirito, la sua «immagine». Ciò che costituisce la vita biologica, nell'uomo è costitutivo anche della persona. La persona si realizza nel corpo, e pertanto il corpo ne è l’espressione; in esso si può vedere la realtà invisibile dello spirito. Dal momento che il corpo è l'aspetto visibile della persona, e la persona è immagine di Dio, il corpo è al tempo stesso, in tutto il suo contesto relazionale, lo spazio nel quale il divino si raffigura, diventa esprimibile e visibile" (J. Ratzinger, Mistero Pasquale e devozione al cuore di Gesù). Così è l'uomo "al principio", nella volontà creatrice di Dio. Ma sappiamo come satana si sia ribellato ad essa, inducendo nello stessa superbia Adamo ed Eva. Sulla soglia del peccato originale troviamo proprio la "concupiscenza", che nel vangelo leggiamo tradotta semplicemente con "desiderio", quello ferito e pervertito dal demonio. Il termine deriva dal greco "epithymia", che letteralmente significa: desiderio, brama, bramosia, e contiene, nell'etimologia, anche una connotazione di violenza, ira, scoppio della passione. "La «concupiscenza », nel senso etimologico, può designare ogni forma veemente di desiderio umano. La teologia cristiana ha dato a questa parola il significato specifico di moto dell'appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana. L'Apostolo san Paolo la identifica con l'opposizione della «carne» allo «spirito». È conseguenza della disobbedienza del primo peccato. Ingenera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l'uomo a commettere il peccato" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2515). Lucifero ne è l'araldo malvagio, l'ambasciatore nefasto; nell'episodio narrato da Isaia (14,13-14) leggiamo di lui: "Tu dicevi in cuor tuo: io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio". Il pensiero e il dialogo con se stesso, la solitudine del cuore, lo hanno condotto ad auto-convincersi di essere come o meglio di Dio, al punto di poter usurparne il trono. Tutti noi facciamo esperienza della stessa concupiscenza degli occhi e della carne, unita con la superbia della vita. Come diceva Papa Francesco, "non c’è bisogno di andare dallo psicologo per sapere che quando uno sminuisce l’altro è perché non può crescere, ha bisogno che l’altro vada più in basso per sentirsi qualcuno" (Omelia a Santa Marta, 13 giugno 2013). E chi, pieno di superbia, ha sminuito l'altro, lo guarderà immancabilmente con concupiscenza. La superbia, infatti, è un cancro che aggredisce le cellule buone e sane del cuore, lo svuota e lascia affamati. Come Lucifero, chi sperimenta nel suo cuore l'inganno suadente che insuperbisce, si ritroverà precipitato a terra, con i rantoli della fame per saziare la quale, con ira, con bramosia e passione, vorrà appropriarsi dell'altro, giungendovi prima con lo sguardo, poi con il cuore e, inevitabilmente con la carne. La lussuria, infatti, è sempre il segno visibile della superbia nascosta.



Infatti, "nell'uomo, essendo un essere composto, spirito e corpo, esiste una certa tensione, si svolge una certa lotta di tendenze tra lo « spirito » e la « carne ». Ma essa di fatto appartiene all'eredità del peccato, ne è una conseguenza e, al tempo stesso, una conferma. Fa parte dell'esperienza quotidiana del combattimento spirituale... " (Catechismo della Chiesa Cattolica, n 2516). Per questo, nel Discorso della montagna che annuncia la comunità dei risorti con Cristo e "fotografa" il Regno dei figli nel Figlio, non vi è spazio per il sentimentalismo e il buonismo d'accatto. Nella Chiesa, i fratelli di Gesù, rinati nelle acque del battesimo, vivono ogni giorno un combattimento spirituale contro le insidie della superbia e del demonio, e per questo, quando c'è da tagliare si "taglia", per amore. Quando in uno Stato o un'impresa o una famiglia si spende senza discernimento, occorre intervenire drasticamente, per non morire di fame e non frustrare lo sviluppo. Ebbene, lo sguardo posato dal desiderio concupiscente su una donna è una spesa irragionevole che procura inevitabilmente un debito inestinguibile. La concupiscenza, infatti, è come una carta di credito senza garanzie di copertura, una pura menzogna. Muove gli ormoni, arriccia la pelle, getta lo scompiglio nella carne sino ad annebbiare testa e cuore. Ma, anche se sembra coinvolgere completamente l'uomo quasi innalzandolo oltre il grigio che scolora le giornate, in effetti è solo vanità, come tutti i suoi effetti, effervescenti quanto si vuole, elevati a diritto da questa stolta società, ma non per questo meno evanescenti del fumo di cui sono costituiti. La concupiscenza è la corruzione che si appropria dei territori incorrotti dell'uomo, fiaccandoli e polverizzandoli poco a poco: "Si può portare il fuoco sul petto senza bruciarsi le vesti, o camminare sulla brace senza scottarsi i piedi? (Pr. 6,27-28). Quanti sguardi macchiati, sbirciate di peccato dai finestrini dell’auto, dalla scrivania dell’ufficio, gli ochi calamitati dalla carne svenduta dai monitor del PC. E, con il cuore ormai ubriaco, inciampiamo sugli imprevisti, ira e nervosismo esplodono dinanzi alle contrarietà. Uno sguardo impuro macchia una giornata. Tutto diviene pesante, cerchiamo la pazienza e non la troviamo. E ne fanno le spese mogli, mariti, figli, colleghi, amici. E tutto per uno sguardo, occasione d’inciampo che ci fa guardare tutta la vita sottosopra. E ripudi, adulteri consumati o solo pensati. Infedeltà all’amore, ripudio della croce. Piccoli atti di ripudio di chi ci è accanto, del suo carattere, del suo pensare, del suo agire.

E' necessaria allora la purificazione dello sguardo che si compie nel cammino di conversione che schiude a poco a poco gli occhi sulla verità e la bellezza, messo in rilievo dall'utilizzo che, nei racconti della risurrezione, l'evangelista Giovanni fa del verbo vedere: "prima il verbo greco "bleso", che vuol dire scorgere, notare qualcosa. Poi "theorein" che troviamo per la Maddalena e vuol dire guardare attentamente, osservare. Poi il verbo "horan", al perfetto greco che esprime la forma perfetta del verbo vedere e che io tradurrei qui «ora vedo perfettamente, contemplo il senso profondo di ciò che vedo». Dunque dall'accorgersi di qualcosa alla contemplazione del Mistero di Dio nella realtà visibile, questa è la dinamica della prima fede cristiana, secondo i Vangeli" (Ignace de La Potterie). Così è di tutti noi quando "guardiamo" la persona che ci è di fronte: in essa vi è Cristo, ma dobbiamo riconoscerlo per contemplarlo profondamente e accoglierlo nell'amore e nella fede. Se ci fermiamo ad un primo sguardo con cui guardiamo per scorgere qualcosa, la passione ha buon gioco e si impossessa degli occhi, della mente e della carne, facendo dell'altro l'oggetto del nostro desiderio, "una donna", immagine della bellezza che ci è data per contemplare e conoscere Cristo attraverso di essa, come il Paradiso dove vivere la comunione con il Padre. Chi la guarda con concupiscenza "ha già commesso adulterio nel suo cuore" perché la persona è una unità. Non si può desiderare con concupiscenza e nello stesso tempo offrirsi con amore nella gratuità, pena la schizofrenia. L'adulterio, infatti, è il peccato che nasce dalla schizofrenia spirituale, che scioglie dall'unità "occhi e mani" facendone strumenti irresponsabili e schiavi della passione, a servizio dell'iniquità. Per questo occorre purificare potando, tagliando i rami secchi e "gettandoli via da noi", come ogni idolo e persona incontrata dagli Israeliti nelle Città che dovevano conquistare. Non si possono fare compromessi, ci attende la Terra Promessa, il ritorno al Paradiso, e siamo chiamati a mostrarne il cammino a questa generazione. L'unica medicina sono allora i chiodi inzuppati d’amore del Signore crocifisso. Lasciarsi amare, trafiggere dalla misericordia. Il taglio, la circoncisione del cuore e della mente, dello sguardo e della carne. La sua Croce. La nostra croce, quella di oggi, il taglio che ci dà vita.

Nessun commento:

Posta un commento