Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

martedì 22 ottobre 2013

Beato Giovanni Paolo II° ... Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli....


PAPA GIOVANNI PAOLO II
KAROL WOJTYLA


Collegamento in diretta con la tomba del Beato Giovanni Paolo II
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Preghiera per chiedere l'intercessione del Beato Giovanni Paolo II

O Trinità Santa, ti ringraziamo per aver donato

alla Chiesa il Beato Giovanni Paolo II
e per aver fatto risplendere in lui la tenerezza
della tua paternità, la gloria della Croce
di Cristo e lo splendore dello Spirito
d’amore. Egli, confidando totalmente nella
tua infinita misericordia e nella materna intercessione
di Maria, ci ha dato un’immagine
viva di Gesù Buon Pastore e ci ha indicato
la santità come misura alta della vita
cristiana ordinaria quale strada per raggiungere
la comunione eterna con Te. Concedici,
per sua intercessione, secondo la tua volontà,
la grazia che imploriamo, nella speranza
che egli sia presto annoverato nel numero
dei tuoi santi.
Amen.








Uno sguardo alla storia per discernere





Chagall. Lo sposo e la sposa del Cantico




La notte, in ultima analisi, è simbolo della morte,
della perdita definitiva di comunione e di vita.
Gesù entra nella notte per superarla
e per inaugurare il nuovo giorno di Dio nella storia dell’umanità.


Benedetto XVI, Omelia nel Giovedì Santo, 5 aprile 2012


Dal Vangelo secondo Luca, 12, 35-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».


Il commento


Come tante ragazze povere, ingannate e fatte schiave da aguzzini travestiti da benefattori, anche noi, sedotti da una menzogna, abbiamo vissuto obbligati a “servire” un “padrone” crudele. L'esperienza che ci definisce con più evidenza è proprio quella di Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso, stranieri e schiavi. Per quanto pensiamo, progettiamo e facciamo, non siamo a casa, non ci sentiamo mai liberi, ed è insopportabile. Ma, proprio la lontananza dalla nostra patria e dalla nostra casa, proprio la dura schiavitù che regola da dietro le quinte la nostra vita, proprio questa ferita è il seno benedetto dell'amore. Il Vangelo di oggi ci svela che, dall'istante in cui Adamo ed Eva, tu ed io, ciascun uomo di ogni generazione, si è destato al di qua del Paradiso, ha cominciato ad amare, a desiderare di poter amare. Sembra assurdo, eppure l'amore autentico nasce sempre da un'attesa, dalla nostalgia di casa, come appare evidente nel figliol prodigo. Come mai Matteo e Zaccheo, come mai gli stessi apostoli sulle rive del Mare di Galilea, hanno "aperto subito" al Signore? Apparentemente non aspettavano nulla, come anche Abramo per esempio. Ma se scaviamo un po' ci renderemo conto che non è così. Matteo e Zaccheo erano stranieri in patria, odiati e rifiutati per il loro lavoro; gli apostoli non avevano pescato nulla, pur faticando tutta la notte; Abramo era senza figlio e senza terra. Tutti lontani, tutti insoddisfatti, tutti perduti "nel mezzo della notte", tutti con un'attesa incipiente nel cuore; forse neanche loro sapevano di aspettare qualcosa, eppure un dolore premeva sul petto, una sensazione strana affiorava a volte nel loro stomaco, come un'insoddisfazione, ma non ci davano peso. Eppure in quella nostalgia era deposto l'amore della sposa del Cantico dei Cantici, pronta ad alzarsi per aprire al suo Sposo quando avrebbe bussato. La storia, infatti, la nostra, quella vissuta sino ad oggi, e quella che si compirà in questo giorno, ogni persona, ogni evento, tutto cesella in noi l'attesa. Come uno scultore che segue i segni nascosti della figura che ha in mente di realizzare scolpisce il marmo grezzo, così i dolori, i fallimenti, le difficoltà, la precarietà, le malattie, tutto plasma a poco a poco in noi l'attesa, perché quando appaia Gesù essa si vesta di speranza, l'abito bello dell'amore che possono i peccatori scacciati lontani dal Paradiso. Non sappiamo che cosa significhi amare. Per questo balbettiamo erotismo e ci sporchiamo con la pornografia; cadiamo nell'egoismo e nella gelosia, perché non siamo a casa, e fuori dal paradiso l'amore è sfregiato dal peccato, non può nulla di diverso che quello che detta la concupiscenza. Il Vangelo raccoglie questa incompiutezza che degenera spesso in peccato, ad esempio nelle figura della vedova, così ricorrente. E' sposata, ma ha perso il marito. Non è completa, attende un ritorno, improbabile per la carne, ma certo per quel germe di vita divina che il peccato non ha potuto cancellare. Una vedova assediata da un avversario, il demonio, che l'ha derubata: questa è l'immagine del "servo che attende il ritorno del suo padrone". Come tutti noi, egli serve male altri padroni, ma attende l'unico autentico padrone. Ha nostalgia delle sue parole, appartiene a Lui e a nessun altro. 

E il Padrone “giunge nel mezzo” della nostra “notte” di schiavitù, e ne fa anche oggi una Pasqua. Lui ha "aperto" il Cielo e si è fatto carne per "bussare" ad ogni nostra carne. Capite??? Si è fatto peccato per "bussare" ai nostri peccati e liberarci. Il suo battesimo e la sua croce sono il nostro battesimo e la nostra croce; sono il luogo dove il nostro bussare spesso inconsapevole perché ci sia riaperto il paradiso, ha incontrato il suo bussare alla nostra schiavitù. La sua attesa ha incontrato e incontra la nostra attesa. Bussa a noi perché ha udito il nostro bussare intriso di lacrime. Il suo amore ha trovato il nostro amore. Sì, è amore, un embrione di amore, ma è amore a Cristo quello che vagisce dentro di te, e magari fa i capricci, e cade e si sbuccia le ginocchia. E' amore quello di tuo figlio che scappa e disobbedisce, di tua moglie o tuo marito, del tuo vescovo e del tuo superiore, dei tuoi fratelli. Perché cresca e diventi amore adulto e capace di donarsi ha bisogno di ascoltare Gesù che bussa al suo cuore. Abbiamo tutti bisogno dell'annuncio del Vangelo, della predicazione della Chiesa. Di ascoltare e di annunciare, che sono i battiti di un cuore che attende, il cuore della Chiesa. Nel suo seno materno il “Padrone” autentico della nostra vita, ci è venuto incontro in fretta con i “fianchi cinti”, e ci ha comprati al caro prezzo del suo sangue, chinandosi a lavare ogni nostro peccato. Il suo “passaggio” in mezzo a noi ci ha liberati dal giogo del faraone e ci ha trasferiti nella Terra Promessa del suo Regno, dove il Primo si fa ultimo, e il Maestro fa “mettere a tavola” i suoi servi per “servirli”, donando gratuitamente quello che con cupidigia avevano creduto di poter rubare. Ci siamo nutriti del suo amore e non ne possiamo più fare a meno. Al solo pensiero che Egli ha dato la vita per tutti ci sentiamo spinti dal suo amore a non vivere più per noi stessi ma per Lui. Per questo lo "attendiamo" con gioia, vivendo ogni istante come una notte di Pasqua. “Beati” noi se il nostro cuore “veglia” nelle tenebre della storia attendendo il Signore che “torna dalle nozze” dove ha riscattato ogni uomo. “Beati” noi se saremo “svegli” per “aprirgli subito”, quando “arriva e bussa” per entrare nei momenti difficili del matrimonio, nel rapporto con i figli, con i colleghi, gli amici, il fidanzato. "Beati" noi se saremo “pronti” ad annunciare loro il Vangelo rinunciando ai criteri mondani; con “le vesti strette ai fianchi” dalla castità della carne e dello spirito, che lascia liberi e non si appropria di nessuno nell’“attesa” che sia Dio, con i suoi tempi, a parlare ai cuori; con “le lampade accese” di Carità nella Verità, senza compromessi. "Beati" noi se il Signore ci troverà così, celebrerà con noi e con tutti la sua Pasqua di vita e libertà. 






"Insonnia d'amore", il titolo d'un romantico film di qualche anno fa. Insonnia beata, secondo le parole di Gesù del Vangelo di oggi. La beatitudine di chi non riesce a dormire perchè il cuore batte forte in gola in un amore travolgente. Beati coloro che amano Cristo d'un amore incorruttibile. Che sono pronti ad aspettare, perchè ogni istante può essere quello buono.


Ma noi quante volte, come i poveri discepoli al Getsemani, cadiamo distrutti dal sonno delle nostre fatiche senza risultati. Quante volte gli occhi si fanno pesanti senza sperare nulla. Il nostro amore per il Signore, è, nella migliore delle ipotesi, una grigia routine. L'amore di chi è ancora schiavo, di chi non ha conosciuto o ha dimenticato la notte della Pasqua. L'Egitto è come il Getsemani dei discepoli, angoscia senza speranza, qualcosa da cui scappare, come presi nella morsa della depressione che ti costringe a letto per non pensare, per non vedere, per anticipare la morte, unica plausibile via d'uscita al fallimento della vita. Un'esistenza che non attende è un'esistenza spenta, che scivola vegetando sui giorni. Chi non attende non ama, è schiavo dell'egoismo che lo sospinge ad offrire ogni cosa alla propria concupiscenza.


Anche noi spesso viviamo in Egitto, coccolando le sue cipolle, accontentandoci dell'unico, solito sapore, per paura e per abitudine, forse non rendendoci neanche conto di quello che ci stiamo perdendo e quello che stiamo soffrendo.


L'Egitto del Signore invece è ben altra cosa. E' angoscia gravida di speranza; Lui fa dell'Egitto una porta dischiusa sulla libertà. La Croce, il sonno di Cristo sulla Croce, la sua morte per noi, un sonno ben diverso da quello dei suoi discepoli, dal nostro dormire appesantito nello scoraggiamento.


Nel suo sonno è nascosta la nostra salvezza. Nel Suo sonno d'amore possiamo trovare la pace. Il suo sonno a saziare i nostri vuoti. Nell'incontro del nostro accidioso dormire con il suo sonno fecondo d'amore vi è l'unica possibilità di salvezza, di gioia, di pace e d'amore. E' il sonno dello Sposo che consegna completamente la sua vita per riscattare e liberare i suoi amati, ciascuno di noi. E' il sonno della Pasqua, quel sonno che ha vinto la morte da dentro il sepolcro, facendo dei nostri sepolcri, delle nostre notti un cammino di libertà. I giorni, le ore, il lavoro, lo studio, le malattie, le relazioni, tutto quello che ci sembra incatenarci ad un sonno di fuga e di abdicazione è, in Cristo risorto, il luogo dell'attesa.


Esattamente dove più stretta stringe la morsa della schiavitù, dove la notte dell'angoscia è più oscura, è preparata per noi la beatitudine più vera e autentica. E' la Pasqua del Signore che spezza l'assedio della morte e del buio, è la sua luce d'amore che ci viene a cercare, e l'attesa della liberazione, dell'incontro con il suo amore è la beatitudine più grande. L'attesa è già libertà, i fianchi cinti per la fretta e l'urgenza del momento dirigono già l'esistenza sul cammino della Verità. Vivere la vita come una lunga notte di Pasqua: ogni istante, ogni evento, tutto immerso nell'attesa innamorata e trepidante dell'Amato che viene a liberarci per fare, giorno dopo giorno, della nostra vita un'offerta gradita a Dio, amore puro nel dono libero di sé.


Il Suo amore ci tiene svegli e accende il nostro cuore destandolo dal peccato e dall'angoscia. Beato quel cuore in attesa tremante del suo Sposo; vedrà e sperimenterà, ad ogni notte di paura, la misericordia di Dio che trasforma l'Egitto e la sua angoscia in un banchetto di nozze e di libertà, dove sedersi e riposare amati e serviti da un amore eterno e incorruttibile.

“Gesù, confido in Te!”

 


“Sono Re di Misericordia…
Con la mia Misericordia inseguo i peccatori
su tutte le loro strade ed il mio Cuore gioisce quando essi ritornano da me.
Dimentico le amarezze con le quali hanno abbeverato il mio Cuore
e sono lieto per il loro ritorno…
Dì ai peccatori che li attendo sempre,
sto in ascolto del battito del loro cuore per sapere quando batterà per me”

(Parole di Gesù a Santa Faustina Kowalska)

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