Santa Maria,

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sabato 19 ottobre 2013

«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio;...

Uno sguardo alla storia per discernere

"Pregare incessantemente"


Takamatsu, 18 Ottobre 2013 (Zenit.org) Don Antonello Iapicca







Occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia
l’evento della morte e risurrezione di Cristo,
cuore del Cristianesimo,
fulcro portante della nostra fede,
leva potente delle nostre certezze,
vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione,
ogni dubbio e calcolo umano.


Benedetto XVI, Omelia a Verona, 1985


Lc 12,8-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».


Il commento



La preoccupazione non si addice a un testimone di Cristo. Non era preoccupato il Signore, sapeva bene che a Gerusalemme le «autorità» si sarebbero «radunate contro il Messia» per condannarlo unanimi alla Croce. Ma «proprio per questo» si avviava alla «sua ora», doveva farsi peccato per «riconoscere» come suoi fratelli davanti al Padre tutti noi peccatori che abbiamo «parlato contro» di Lui. Lo stesso destino attende anche noi, «riconoscere» il Signore e il suo amore dinanzi alle «sinagoghe» e ai «magistrati» che ogni giorno processano e condannano Dio scandalizzati dal male e dalla sofferenza. Se la prendono con i cristiani per prendersela con Dio. Preoccuparsi è pericoloso. Induce a cercare in noi o in altri la «colpa» per trovarci dinanzi a un tribunale. Proprio il "preparare che cosa dire" è il primo passo che condurrà a bestemmiare lo Spirito Santo, perché insinua la sua irrilevanza, sottolineando l'azione umana. Non serve l'azione soprannaturale dello Spirito vivificante, perché non è il peccato a far male all'uomo... No, sono le strutture, le situazioni, i condizionamenti dell'ambiente. Un bambino nato in una famiglia mafiosa sarà mafioso... E così, senza accorgersi, si fanno fuori in un colpo solo libertà e libero arbitrio, rendendo di conseguenza superflua l'opera di Dio. Questa è la bestemmia contro lo Spirito Santo, consegnataci bella e impacchettata e pronta all'uso dai mille falsi profeti che ci ingannano con le loro filosofie, ideologie e psicologie; i ricorsi umani e mondani sono le armi del delitto con cui satana vuole mettere fuori gioco Dio. Anche la Chiesa, purtroppo, è piena di bestemmiatori; anche le nostre famiglie... Sono quelli che si "preoccupano" con riunioni e piani pastorali, che si parlano addosso illudendosi di "preparare" bene che cosa dire a quanti, in fondo, vogliono la testa dei cristiani, il loro martirio. Sì, perché gli apostoli, i discepoli di Gesù, tu ed io, saremo condotti davanti agli uomini e ai loro tribunali: ogni situazione, anche quelle che non ci coinvolgono direttamente, ogni luogo e momento in cui appare il male Cristo è di nuovo condotto al giudizio del sinedrio e di Pilato. E' Dio ad essere sotto accusa, perché il demonio è dietro ad ogni situazione di dolore e morte. Riconosciamolo, abbiamo bestemmiato tante volte, e, nel fondo, abbiamo considerato anche la messa un pio teatro dove si rappresenta il sacrificio di Cristo che però, con me e con la mia famiglia, con i peccati dei miei figli non ha nulla a che vedere. 


Ma il preoccuparsi insinua anche il dubbio su noi stessi, scatenato proprio dai tribunali ai quali siamo condotti quotidianamente. Perché non mi accettano? Ho fatto qualcosa di male o, come dicono tutti, il cristianesimo vissuto così radicalmente è solo un’intollerante fondamentalismo? E il dolore innocente? La Croce, la risurrezione, non sarà tutto un inganno? Preoccupandosi si finisce con il credere alla menzogna del demonio, la vita con Cristo diventa insopportabile sino a doverlo «rinnegare». Siamo invece chiamati a vivere senza timore, con parresia, che è un frutto dello Spirito Santo, il modo di esistere di chi è rinato in Cristo. Non può non "riconoscere Cristo davanti agli uomini" perché Cristo è vivo in lui. "Rinnegarlo" significherebbe rinnegare la sua opera in lui, negare il perdono dei peccati che lo ha salvato, la menzogna più grande, l'apostasia, la bestemmia contro lo Spirito Santo. Essa è imperdonabile perché chi "rinnega" Cristo si pone liberamente al di fuori del perimetro, infinitamente grande della sua misericordia. Eppure, ed è il mistero della libertà, resta pur sempre un perimetro: fin che siamo su questa terra siamo liberi di valicarlo e indurirci nell'orgoglio. Se così non fosse, la vita, a maggior ragione quella degli apostoli, sarebbe un grigio teatro, una finzione insopportabile. La bestemmia contro lo Spirito Santo nasce sempre dal lievito dei farisei che è l'ipocrisia. Molto prima che con le parole si rinnega il Signore nel cuore, indurendolo di fronte al suo amore, alle innumerevoli prove della sua fedeltà. Si rinnega Cristo bestemmiando la propria storia, l'elezione, la primogenitura, questa vita che abbiamo oggi tra le mani. Ipocrisia, rinnegamenti e bestemmie contro lo Spirito Santo sono parenti strettissimi, griffe inconfondibili del demonio. Vivere ipocritamente è rinnegare Cristo! Fingere di essere a posto, mentire sulla propria debolezza e peccabilità, presentandosi per quello che non si è, proprio questa falsità e doppiezza sbarra il cammino allo Spirito Santo. E significa maledire l'opera del Padre, affermare che non basta essere perdonati e amati deboli e peccatori; che si vuole essere liberati dalla precarietà spirituale, e divenire invulnerabili e inattaccabili, eticamente inappuntabili, moralmente illibati. Che follia, che superbia, che cecità... Così muore la fede e si chiude inesorabilmente la porta al perdono, perché Dio nulla può contro la libertà.

E' interessante notare che le dure parole di Gesù sui farisei e i dottori della Legge sono pronunciate durante il suo viaggio a Gerusalemme, nel contesto della missione della Chiesa. Essa a Lui deve guardare per compiere il mandato affidatole. Gesù venuto per dare testimonianza alla Verità. Tutta la sua vita è stata immersa nella parresia, la libertà di chi non difende nulla perché non era quella la sua preoccupazione: doveva annunciare l'unica Verità capace di salvare l'uomo. Altro che compromessi, strategie, trucchi e comitati; altro che pre-occupazioni snervanti su come e che cosa dire o fare, caratteristiche di chi è sempre ripiegato su stesso e tutto deve servire a lui. In Cristo, invece, che non viveva per se stesso, era lo Spirito a parlare, ad annunciare ai poveri la liberazione, ai ciechi e agli zoppi la guarigione. Non aveva tempo, era come il vento, libero, senza vincoli affettivi. Niente ipocrisie, solo la pura Verità: sì sì, no, no, perché il di più viene dal maligno. Sapeva che lo aspettavano i tribunali, i giudizi, le torture e la Croce. Sapeva che per la Croce era giunto sino all'ora di dare la sua vita. Era davanti a Pilato, a Caifa, e al Sommo Sacerdote sapendo che tutti, in fondo, lo aspettavano da sempre, da quel giorno in cui Adamo ed Eva si giocarono il paradiso... Era lì, con parresia, a giocarsi la vita perché il mondo avesse la vita; perché tu ed io, bestemmiatori e sbianchettatori dello Spirito Santo, potessimo tornare a "riconoscere" il Signore come l'unico Salvatore, perché l'unico che può davvero scacciare il demonio dalla vita delle persone. Così, risanati e finalmente liberi di rinunciare a satana e accogliere Cristo, possiamo discernere che anche tutto quello che vivremo ci aspetta da sempre... Esattamente come accadde a Lui, è preparato per noi un tribunale ogni giorno, perché siamo suoi testimoni. È vero, ci attendono catene, processi e condanne; davanti al ginecologo dopo essere rimaste incinta del quinto figlio; ai compagni di scuola che ci invitano all’ennesimo spinello; al ragazzo che vorrebbe allungare la mano; al marito ormai anziano e noioso, preoccupato più della sua dentiera che di ogni altra cosa, che esige, esige, esige e non ci degna di un sorriso; ai colleghi, amici e parenti. Sulla carne sentiamo i graffi del loro disprezzo, ci ferisce il loro rifiuto; ma proprio attraverso quanti ci perseguitano è lo Spirito Santo che «ci porta», cesellando in noi l’immagine del Signore perché sia «riconosciuta». Se ci rifiutano e perseguitano è segno che l’opera sta riuscendo bene; lo Spirito ci ha strappato alla paura e, mentre nel cuore «ci attesta che siamo figli di Dio», scioglie sulle nostre labbra davanti a tutti lo stesso abbandono obbediente del Figlio: «Abbà! Padre!», le parole che ci hanno salvato e che lo Spirito ci «insegna» facendo di ogni «momento» una buona notizia per il mondo.

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