Celebrazione del Mandato agli operatori della catechesi
don Tonino Bello |
VIVERE DI TE PREGHIERA DEL CATECHISTA
Chiamato
ad annunciare la tua Parola, aiutami, Signore, a vivere di Te,
e ad
essere strumento della tua pace.
Assistimi
con la tua luce, perché i ragazzi che la comunità
mi ha
affidato trovino in me un testimone credibile del Vangelo.
Toccami
il cuore e rendimi trasparente la vita,
perché le
parole, quando veicolano la tua,
non
suonino false sulle mie labbra.
Esercita
su di me un fascino così potente, che, prima ancora dei miei ragazzi,
io abbia
a pensare come Te, ad amare la gente come Te,
a
giudicare la storia come Te.
Concedimi
il gaudio di lavorare in comunione,
e inondami
di tristezza ogni volta che, isolandomi dagli altri,
pretendo
di fare la mia corsa da solo.
Ho paura,
Signore, della mia povertà.
Regalami,
perciò, il conforto di veder crescere i miei ragazzi
nella
conoscenza e nel servizio di Te.
Fammi
silenzio per udirli.
Fammi
ombra per seguirli.
Fammi
sosta per attenderli.
Fammi
vento per scuoterli.
Fammi
soglia per accoglierli.
Infondi
in me una grande passione per la Verità
e
impediscimi di parlare in tuo nome se prima
non ti ho
consultato con lo studio e non ho tribolato nella ricerca.
Salvami
dalla presunzione di sapere tutto,
dall'arroganza
di chi non ammette dubbi,
dalla
durezza di chi non tollera ritardi.
dal
rigore di chi non perdona debolezze,
dall'ipocrisia
di chi salva i princìpi e uccide le persone.
Trasportami
dal Tabor della contemplazione,
alla
pianura dell'impegno quotidiano.
E se
l'azione inaridirà la mia vita, riconducimi sulla montagna del silenzio.
Dalle
alture scoprirò ì segreti della «contemplatività»,
e il mio
sguardo missionario arriverà più
facilmente
agli estremi confini della terra.
Affidami
a tua Madre.
Dammi la
gioia di custodire i miei ragazzi
come Lei
custodì Giovanni.
E quando,
come Lei, anch'io sarò provato dal martirio,
fa' che
ogni tanto possa trovare riposo
reclinando
il capo sulla sua spalla.
Amen. don
Tonino Bello
Testi tratti da Lumen Fidei
38. La trasmissione della fede, che brilla per tutti gli uomini di tutti i luoghi, passa anche attraverso l’asse del tempo, di generazione in generazione. Poiché la fede nasce da un incontro che accade nella storia e illumina il nostro cammino nel tempo, essa si deve trasmettere lungo i secoli. È attraverso una catena ininterrotta di testimonianze che arriva a noi il volto di Gesù. Come è possibile questo? Come essere sicuri di attingere al "vero Gesù", attraverso i secoli? Se l’uomo fosse un individuo isolato, se volessimo partire soltanto dall’"io" individuale, che vuole trovare in sé la sicurezza della sua conoscenza, questa certezza sarebbe impossibile. Non posso vedere da me stesso quello che è accaduto in un’epoca così distante da me. Non è questo, tuttavia, l’unico modo in cui l’uomo conosce. La persona vive sempre in relazione. Viene da altri, appartiene ad altri, la sua vita si fa più grande nell’incontro con altri. E anche la propria conoscenza, la stessa coscienza di sé, è di tipo relazionale, ed è legata ad altri che ci hanno preceduto: in primo luogo i nostri genitori, che ci hanno dato la vita e il nome. Il linguaggio stesso, le parole con cui interpretiamo la nostra vita e la nostra realtà, ci arriva attraverso altri, preservato nella memoria viva di altri. La conoscenza di noi stessi è possibile solo quando partecipiamo a una memoria più grande. Avviene così anche nella fede, che porta a pienezza il modo umano di comprendere. Il passato della fede, quell’atto di amore di Gesù che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memoria di altri, dei testimoni, conservato vivo in quel soggetto unico di memoria che è la Chiesa. La Chiesa è una Madre che ci insegna a parlare il linguaggio della fede. San Giovanni ha insistito su quest’aspetto nel suo Vangelo, unendo assieme fede e memoria, e associando ambedue all’azione dello Spirito Santo che, come dice Gesù, « vi ricorderà tutto » (Gv 14,26). L’Amore che è lo Spirito, e che dimora nella Chiesa, mantiene uniti tra di loro tutti i tempi e ci rende contemporanei di Gesù, diventando così la guida del nostro camminare nella fede.
39. È impossibile credere da soli. La fede non è solo un’opzione individuale che avviene nell’interiorità del credente, non è rapporto isolato tra l’"io" del fedele e il "Tu" divino, tra il soggetto autonomo e Dio. Essa si apre, per sua natura, al "noi", avviene sempre all’interno della comunione della Chiesa. La forma dialogata del Credo, usata nella liturgia battesimale, ce lo ricorda. Il credere si esprime come risposta a un invito, ad una parola che deve essere ascoltata e non procede da me, e per questo si inserisce all’interno di un dialogo, non può essere una mera confessione che nasce dal singolo. È possibile rispondere in prima persona, "credo", solo perché si appartiene a una comunione grande, solo perché si dice anche "crediamo". Questa apertura al "noi" ecclesiale avviene secondo l’apertura propria dell’amore di Dio, che non è solo rapporto tra Padre e Figlio, tra "io" e "tu", ma nello Spirito è anche un "noi", una comunione di persone. Ecco perché chi crede non è mai solo, e perché la fede tende a diffondersi, ad invitare altri alla sua gioia. Chi riceve la fede scopre che gli spazi del suo "io" si allargano, e si generano in lui nuove relazioni che arricchiscono la vita. Tertulliano l’ha espresso con efficacia parlando del catecumeno, che "dopo il lavacro della nuova nascita" è accolto nella casa della Madre per stendere le mani e pregare, insieme ai fratelli, il Padre nostro, come accolto in una nuova famiglia.
Nessun commento:
Posta un commento