Commento al Vangelo della XXX Domenica del Tempo Ordinario. Anno C
Takamatsu, 25 Ottobre 2013 (Zenit.org) Don Antonello Iapicca
Andare in Chiesa, frequentarla assiduamente, lustrarla e farci catechismo, anche pregarci tutti i giorni, può non voler dire nulla. Vi si può uscire esattamente come vi si è entrati... leggi tutto
Non maledirmi come il fico,
Anche se sono uguale all'albero sterile,
Per timore che il fogliame della fede
Venga essiccato con il frutto delle mie opere.
Ma fissami nel bene,
Come il tralcio sulla santa Vite,
Di cui si prende cura il tuo Padre celeste
E che, con la crescita, fa fruttificare lo Spirito.
E l'albero che io sono, sterile di frutti gustosi,
Ma fecondo di frutti amari,
Non sradicarlo dalla tua vigna,
Ma cambialo, scavando nel letame.
San Nersès Snorhali, patriarca armeno 1102-1173
Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9.
In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai».
Il commento
La sapienza consiste nel saper contare i propri giorni, ciascuno come un «kairos», un momento favorevole per «convertirsi». Come «questo preciso momento» in cui le notizie dal fronte della storia ci annunciano terremoti e crisi finanziarie nel mondo, gelosie, invidie e divisioni nei cuori. È vero, la «creazione geme e soffre» a causa del peccato, ma non è impazzita. La cronaca registra il dolore, ma è quello delle «doglie» che annunciano la vita per la quale Dio ha plasmato ogni cosa. Essa risplende come una primizia nei Figli di Dio «piantati» nella vigna del Signore. Nel seno della Chiesa, come pazienti «vignaioli», pastori e catechisti li hanno curati con «zappa» e «concime», la Parola che dissoda con la Verità, e i sacramenti che nutrono del Mistero Pasquale di Gesù. Una storia d’amore che ha accolto anche noi nel seno di una terra di misericordia e tenerezza, grazie e segni, correzioni e consolazioni. Il «terreno» fecondato dal seme benedetto del corpo del Signore, nel quale siamo stati chiamati a crescere e risuscitare con Lui, per presentare al mondo i «frutti» maturi della fede adulta, le opere che annunciano in noi la sua vittoria sulla morte. Il mondo ha bisogno dei nostri «frutti», é questione di vita o di morte. Accanto a noi qualcuno sta per abortire, divorziare, gettare al vento la propria dignità. Forse si tratta della persona più vicina, e non ce ne stiamo accorgendo. Forse è tua moglie, che la tua indifferenza e il tuo egoismo sta uccidendo, come in una lenta eutanasia: goccia a goccia, il disinteresse, la noia, il calo del desiderio asfissiano la relazione. Ti unisci a lei solo quando la carne lo reclama - e chissà perché lo reclama sempre meno, forse la pornografia sta prosciugando la tua anima? o l'attaccamento al denaro ha rapito il tuo cuore? - come quando hai fame e ti mangi un pezzo di pizza; ma per il resto neanche uno sguardo, di quelli speciali, che giungono al cuore per deporvi tenerezza e misericordia... E capita che ormai sono anni che non fate più l'amore, e le parole scivolano sul cuore come gocce di pioggia su un tessuto idrorepellente, e le attenzioni sono riversate su figli, lavoro, cose e denaro; e le ore insieme diventano noiose, con un bisogno d'evasione incipiente che si trasforma in quell'insoddisfazione perenne che ti allontana da tutto e da tutti... Il matrimonio è ferito e non te ne rendi conto; per questo non ricorri alla sua fonte; hai dimenticato che è un sacramento e che non è opera tua; non ti viene in mente che c'è un modo per salvarlo, anzi di risuscitarlo, perché Cristo ha il potere su ogni morte, anche su quelle che porti dentro e non vuoi vedere! Non ti importa perché forse l'hai chiuso in una tomba sulla quale non versi più neanche una lacrima. Ma le persone che ti stanno accanto, moglie e marito, figli e amici, parenti e fidanzati, «soffrono e gemono» a causa dei tuoi peccati, dei miei ... brancolano nel buio, ce ne siamo accorti? Come il mondo, che non capisce, non sa, la morte e il dolore spaventa e si finisce con il fuggirlo. Tuo figlio scappa, l'hai capito? Gli spinelli, i piercing, sono messaggi che ti lancia. Il primo denuncia i suoi peccati e il suo orgoglio. Ma il secondo denuncia te... Il demonio lo sta ingannando e lo tiene per il collo mostrandogli la tua incoerenza, il tuo attaccamento al denaro e alla carriera... Non si tratta di diventare perfetti, di essere impeccabili, no. Si tratta solo di riconoscere la propria debolezza, i propri peccati, e chiedere aiuto a Dio, implorare il suo perdono, e annunciare così a tutti, anche a tuo figlio, la stessa misericordia. Per questo dovremmo chiederci se le persone che ci sono accanto troveranno oggi in noi il discernimento, la Parola di Verità, l’amore di cui hanno diritto? Forse no. Forse, come quei giudei, «abbiamo mangiato e ci siamo saziati» dei segni con i quali il Signore ha «moltiplicato» la nostra povera vita e abbiamo cominciato a «sfruttare» per noi stessi «il terreno» del Padrone. "Sono tre anni", è tanto che stiamo nella Chiesa, e forse ci stiamo approfittando del matrimonio, del ministero sacerdotale, della vita religiosa, dell’amicizia, di Dio stesso. La parabola descrive il tempo di catecumenato della Chiesa primitiva, che non durava però all'infinito. Non si può essere catecumeni a vita... Non si può essere sempre cristiani in prova: la Grazia non ci è data per essere dissipata. Per questo, nella Chiesa primitiva, il Vescovo si informava attraverso degli scrutini pre-battesimali per sapere come procedeva la preparazione del catecumeno. Purtroppo oggi questo non accade quasi mai, anzi, "informarsi, chiedere, correggere" sembrerebbe un giudizio verso i parrocchiani... Il "taglialo" poi, figuriamoci, in tempi di legge sull'omofobia sarebbe un attentato alla libertà di scelta. Tutto questo accade perché abbiamo messo da parte l'amore e la gratuità di Dio; non li conosciamo più, e la confusione regna sovrana. La fede poi, normalmente, è data per scontata. E così i pastori, solo perché la gente ancora frequenta la Chiesa, passano all'incasso chiedendo, a volte esigendo, i "frutti": cercano i catechisti, i lettori, il coro, i volontari per la festa patronale, per l'animazione dell'oratorio, e si buttano i parrocchiani nella girandola del fare, senza pensare che prima viene un essere. Ed è raro chi si chiede se i parrocchiani siano stati formati o no: l'albero non cresce e non fruttifica senza terra, acqua, sole, concime. Per questo è necessaria una pedagogia permanente, una iniziazione cristiana seria, che non dia per scontata la fede, ma che ne accompagni e curi la maturazione. E' fondamentale privilegiare l'incontro personale con Cristo che viene, con amore e per amore, a chiedere i "frutti" dello Spirito Santo in ciascuno di noi. Per aiutarci a vedere con chiarezza in noi, affinché possiamo riconoscerci peccatori e accogliere la "conversione" come una buona notizia. Comunque, anche se non esiste quasi più il catecumenato e una seria iniziazione cristiana degli adulti, Dio continua ad aiutarci: con le liturgie e l'aiuto di pastori e catechisti; o attraverso gli eventi e le persone che, senza aspettarcelo, Dio invia alla nostra vita nei "kairos" favorevoli. E ci chiede conto, per amore, dei "tre anni", del nostro tempo vissuto nella Chiesa.
In tutti i modi la domanda è la stessa: che ne abbiamo fatto di tutto l'amore seminato nella nostra vita? Forse lo abbiamo pervertito, ed è divenuto questa poltiglia affettiva che abbiamo tra le mani: sempre impauriti, nevrotici, gelosi. Che nessuno ci porti via l'attenzione e la stima degli altri; che nessuno osi essere diverso da quello che abbiamo stabilito; che nessuno ci privi, oggi, della dose di affetto di cui abbiamo bisogno, sempre più massiccia, al limite dell'overdose. Che mio marito non creda di farla franca se non mi accompagna a comprare le scarpe; che la figlia non creda di passarla liscia con quell'atteggiamento supponente; che i miei figli non si illudano, non è possibile che sono già tre settimane che non mi vengono a trovare, che non si preoccupano della mia artrosi, dopo quello che ho fatto per loro. E' vero, stiamo per impazzire, imprigionati nell'impossibilità di ottenere l'affetto del quale ci sentiamo in diritto. Abbiamo tristemente scambiato i "frutti" che siamo chiamati a dare con quelli che esigiamo dagli altri. Per questo il Signore dice perentoriamente:«Taglialo»... E’ una scure questa parola, ed è rivolta a noi. Come mai ancora non è giunta sulla nostra vita per portarsela via? Forse siamo migliori del collega morto all’improvviso o della ragazza rapita, violentata e uccisa? Forse siamo migliori del cugino che ha lasciato moglie e quattro figli e si è messo con una ventenne, sventagliando una raffica di mitra sul cuore dei suoi familiari? Forse sei meglio di quella mamma che ha accoltellato suo figlio di un anno? O forse Dio è un mostro e fa preferenze e vibra la scure scegliendo chi colpire come in una lotteria? «No, vi dico, ma se non vi convertite», la morte sarà per voi un’ingiustizia senza senso come lo è per il mondo. Ecco, il punto fondamentale è, oggi, come ogni giorno, la conversione. Che significa ascoltare la predicazione e la Parola di Dio, accoglierla e lasciare che polverizzi i criteri mondani con i quali guardiamo e interpretiamo i fatti, quelli di cronaca come quelli della nostra storia. Convertirsi significa, soprattutto, permettere a Dio di "tagliare" oggi la mano, il piede e l'occhio che ci scandalizzano, che ci fanno inciampare e ci impediscono la libertà per discernere la volontà di Dio negli eventi. Anche oggi viene il Signore a "tagliare" la parte mondana e corrotta di noi. Gli apriamo? Ci mettiamo in ginocchio chiedendogli aiuto e pietà? O ci chiudiamo nell'orgoglio, difendendoci a spada tratta? Gesù non minaccia un castigo ma profetizza la triste conseguenza riservata a un cuore indurito. Si "perisce" tutti, ma il modo può essere diverso. Si può morire come chi non ha speranza ed è colto impreparato, o con il cuore di una sposa che attende il ritorno dello Sposo. Si può morire con e per amore, o chiusi nell'orgoglio e nell'egoismo che acceca e non ci fa capre nulla di quello che ci accade. Anche oggi può caderci addosso la torre di Siloe, basta una parola del marito... Ma non è detto che ci uccida come uccide chi non se l'aspetta: possiamo "convertirci", lasciare di guardare noi stessi e contemplare l'altro, nel quale è vivo Cristo; e accogliere la stessa parola cattiva con amore, morendoci dentro probabilmente, tanto è dura e ironica. Ma per amore, offrendosi all'altro come Cristo si è consegnato a noi, senza riserve. Allora la torre non ci schiaccerà nella disperazione, ma sarà un'occasione per donarsi e amare. Una bella differenza no? Non siamo migliori di nessuno, non abbiamo alcun diritto per morire santamente, nella storia di ogni giorno come quando esaleremo l'ultimo respiro: «No, vi dico, ma se non vi convertite», il mondo resterà senza speranza e ne chiederò conto a voi. «Convertirci» allora è ricordare che c’è un «taglialo» definitivo che ci aspetta e meritiamo, per i peccati commessi. Dovremmo essere tagliati in questo stesso istante, solo per la mancanza di carità di questa settimana... Ma il "taglialo" è fermo a mezz’aria per la pazienza magnanime di Dio che desidera che tutti si salvino. Lui ci ama follemente, sa tutto di noi, del nostro matrimonio, della nostra incoerenza, della corruzione del nostro cuore ipocrita e ingannato. Sa e non ci giudica; sa e proprio per questo ci ama incondizionatamente. Per questo ci concede ancora quest’«anno» di misericordia, la vita che abbiamo davanti come un giubileo, un tempo favorevole nel quale convertirci: i fratelli che ci amano, i presbiteri che ci accompagnano, la Chiesa intercede per noi, come San Francesco che ottenne dal Papa il primo anno santo per offrire a tutti l'opportunità di salvarsi; o come Mosè che ha interceduto per il Popolo ottenendo pazienza e misericordia. Il "vignaiolo" è pronto ancora "un anno" a "zappare attorno" alla nostra vita e "metterci il concime" per "vedere se porteremo frutto per l'avvenire". C'è ancora una Parola annunciata che illumina gli eventi rivelandoceli come colpi santi di zappa che stravolge le situazioni malate; c'è una Chiesa che ci accoglie e "concima" ogni ambito della vita con la correzione. C'è ancora un "oggi" dove non indurire il cuore, lasciare l'orgoglio e il peccato suo figlio, e abbandonarci all’opera del «vignaiolo».
QUI UN ALTRO COMMENTO
in attesa del commento da:
IL VANGELO DEL GIORNO
Uno sguardo alla storia per discernere
DA KAIRO'S
Se non vi convertite!
Vangelo di oggi, 26 ottobre 2013
Luca 13,1-9
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Luca 13,1-9
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Lettura
Da due fatti di cronaca, letti come segni premonitori del giudizio di Dio, Gesù prende spunto per rivolgere un invito alla conversione. Il primo riguarda un episodio di repressione violenta da parte di Pilato che avrebbe fatto uccidere un gruppo di pellegrini della Galilea, mentre si apprestavano a fare i loro sacrifici per il culto, nel tempio. Il secondo concerne, invece, una disgrazia probabilmente capitata a degli operai morti per il crollo di una delle torri delle mura di Gerusalemme. Gesù denuncia la corrispondenza tra peccato e castigo e invita tutti, farisei, zeloti, galilei e abitanti di Gerusalemme, alla conversione. La parabola del fico infruttuoso e della pazienza del padrone sottolinea l’atteggiamento di Dio e la necessità di non rimandare la decisione di cambiare.
Da due fatti di cronaca, letti come segni premonitori del giudizio di Dio, Gesù prende spunto per rivolgere un invito alla conversione. Il primo riguarda un episodio di repressione violenta da parte di Pilato che avrebbe fatto uccidere un gruppo di pellegrini della Galilea, mentre si apprestavano a fare i loro sacrifici per il culto, nel tempio. Il secondo concerne, invece, una disgrazia probabilmente capitata a degli operai morti per il crollo di una delle torri delle mura di Gerusalemme. Gesù denuncia la corrispondenza tra peccato e castigo e invita tutti, farisei, zeloti, galilei e abitanti di Gerusalemme, alla conversione. La parabola del fico infruttuoso e della pazienza del padrone sottolinea l’atteggiamento di Dio e la necessità di non rimandare la decisione di cambiare.
Meditazione
Di fronte al male che imperversa nel mondo e alla sofferenza che non trova mai tregua, si è tentati di cercare capri espiatori cui attribuire le responsabilità, ritenendosi al contempo distanti da costoro, perché diversi da loro. Gesù deplora un modo simile di ragionare, che vorrebbe incasellare l’agire di Dio nelle logiche umane, favorendo così l’arroganza religiosa e il fanatismo. Al contrario, Egli invita tutti alla conversione, proponendo un percorso interiore che faccia i conti col male che è dentro ogni uomo, ma anche con l’offerta di grazia da parte di Dio, capace di trasformare la vita. Paradossalmente, proprio il nostro male è ormai il luogo della salvezza: «Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rm 5,20). Se un discernimento, pertanto, deve essere fatto, non può essere quello che tende a dividere i buoni dai cattivi in nome della giustizia; al contrario, occorre un discernimento che aiuti ad aprire gli occhi per far cambiare vita. L’invito di Gesù ad imparare a riconoscere i segni dei tempi tende proprio a questo: passare dalla sudditanza al male, alla scelta del bene, dal regno della paura a quello della libertà. Così il male perde la sua forza ed è dominato dalla libertà dell’uomo che si rivolge verso Dio, ma anche dalla sua misericordia che tende la mano verso l’uomo. La parabola del fico esplicita un tratto ulteriore dell’agire divino: la pazienza. Gesù ci fa conoscere un Dio che è sempre pronto per accordare all’uomo “ancora un anno” e che continua a prodigarsi per lui, perché lo ama. Di fronte a tanto amore, ciascuno è chiamato a riconoscere l’opportunità che gli è offerta di consegnarsi completamente a Dio, colmando il tempo della pazienza di Dio con passi concreti di conversione.
Di fronte al male che imperversa nel mondo e alla sofferenza che non trova mai tregua, si è tentati di cercare capri espiatori cui attribuire le responsabilità, ritenendosi al contempo distanti da costoro, perché diversi da loro. Gesù deplora un modo simile di ragionare, che vorrebbe incasellare l’agire di Dio nelle logiche umane, favorendo così l’arroganza religiosa e il fanatismo. Al contrario, Egli invita tutti alla conversione, proponendo un percorso interiore che faccia i conti col male che è dentro ogni uomo, ma anche con l’offerta di grazia da parte di Dio, capace di trasformare la vita. Paradossalmente, proprio il nostro male è ormai il luogo della salvezza: «Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rm 5,20). Se un discernimento, pertanto, deve essere fatto, non può essere quello che tende a dividere i buoni dai cattivi in nome della giustizia; al contrario, occorre un discernimento che aiuti ad aprire gli occhi per far cambiare vita. L’invito di Gesù ad imparare a riconoscere i segni dei tempi tende proprio a questo: passare dalla sudditanza al male, alla scelta del bene, dal regno della paura a quello della libertà. Così il male perde la sua forza ed è dominato dalla libertà dell’uomo che si rivolge verso Dio, ma anche dalla sua misericordia che tende la mano verso l’uomo. La parabola del fico esplicita un tratto ulteriore dell’agire divino: la pazienza. Gesù ci fa conoscere un Dio che è sempre pronto per accordare all’uomo “ancora un anno” e che continua a prodigarsi per lui, perché lo ama. Di fronte a tanto amore, ciascuno è chiamato a riconoscere l’opportunità che gli è offerta di consegnarsi completamente a Dio, colmando il tempo della pazienza di Dio con passi concreti di conversione.
Preghiera
Signore, rendi anche noi pellegrini nella fede. Ti chiediamo di convertirci a te. Cercheremo il tuo volto in ogni vicenda della vita e non abuseremo della tua pazienza misericordiosa.
Signore, rendi anche noi pellegrini nella fede. Ti chiediamo di convertirci a te. Cercheremo il tuo volto in ogni vicenda della vita e non abuseremo della tua pazienza misericordiosa.
Agire
Oggi sarò più consapevole che il volto di Dio posso scoprirlo negli uomini e soprattutto nei poveri.
Oggi sarò più consapevole che il volto di Dio posso scoprirlo negli uomini e soprattutto nei poveri.
Meditazione del giorno a cura di S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Castellaneta, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART.
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