lectio 1 Corinzi |
Lunedì 28 ottobre 2013 – 1Cor 7,8-11
8 Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; 9 ma se non sanno dominarsi, si sposino: è meglio sposarsi che bruciare.10 Agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito – 11 e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito – e il marito non ripudi la moglie.
COMMENTO DI GIOVANNI
E’ bene ricordare che per il credente l’amore e la comunione d’amore tra noi è segno e celebrazione dell’amore di Dio e della nostra comunione con Lui. Da qui nascono le norme di tali legami d’amore. E qui Paolo precisa e distingue quello che viene da Dio stesso, e quella che è la sua personale esperienza spirituale.
I vers.8-9 sono appunto comunicazione e invito che egli rivolge a partire dalla sua personale vicenda di una vita consacrata all’amore e al servizio del Signore. Ed essendo l’indicazione frutto della sua esperienza interiore egli la comunica come tale, e vi unisce, al ver.9, una precisazione necessaria per non perdere, in ogni modo, il riferimento essenziale al comandamento dell’amore di Dio. E’ l’amore di Dio a guidare e a condizionare tutta la vita e l’esperienza del credente.
I vers.10-11 sono invece norma che viene dal comandamento divino: “ordino, non io, ma il Signore”. Il non separarsi anche nella difficoltà della relazione celebra in modo grande e profondo la “fedeltà” stessa di Dio, che non spezza la sua relazione d’amore con noi, anche nelle difficoltà che noi stessi arrechiamo alla relazione stessa con i nostri comportamenti, i pensieri, le devianze… Ma Paolo esamina anche l’eventualità che la difficoltà della relazione porti alla separazione. In tal caso la separazione non spezza la sostanza della relazione, che permane malgrado la separazione e resta aperta alla riconciliazione. Per questo Paolo afferma che, nell’orizzonte della presenza e del dono del Figlio di Dio, è proibito il ripudio. Ci domandiamo come e perché venga abrogata un’eventualità prevista dalla Legge divina. Per questo è utile e opportuno riprendere il testo di Matteo 19,3-12, dove si cita la prescrizione di Deuteronomio 24,1 a proposito del ripudio, e dove Gesù annuncia che ora Egli stesso ha donato ai suoi discepoli la pienezza della comunione con Dio, dono che si compie con il sacrificio d’amore della sua Pasqua, dono che celebra l’amore di Dio nella Croce di Gesù, e dunque eleva il matrimonio a celebrazione di quel sacrificio d’amore. I discepoli reagiscono dicendo che “se questa è la situazione dell’uomo riguardo alla donna, non conviene sposarsi”, e Gesù risponde che infatti “non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso”. Dove non c’è tale pienezza della fede, non c’è neppure tale norma suprema di fedeltà fino alla Croce. Non si possono imporre pesi che non sia possibile portare. E che non possano essere vissuti come dono e privilegio d’amore. Persino, malgrado tutto, con speranza e con gioia.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
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