Santa Maria,

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...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 18 aprile 2014

Omelia del padre Cantalamessa Venerdì Santo 2014 Passione del Signore...

Celebrazione della Passione del Signore 2014. Omelia del padre Cantalamessa.(ITA/ENG/ESP)
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Nell’omelia del predicatore della Casa Pontificia durante la celebrazione della Passione del Signore. Il grande vecchio dietro le quinte del mondoCappella Papale

Celebrazione della Passione del SignoreBasilica Vaticana(Raniero Cantalamessa)

Dentro la storia divino-umana della passione di Gesù ci sono tante piccole storie di uomini e di donne entrati nel raggio della sua luce o della sua ombra. La più tragica di esse è quella di Giuda Iscariota. È uno dei pochi fatti attestati, con uguale rilievo, da tutti e quattro i vangeli e dal resto del Nuovo Testamento. La primitiva comunità cristiana ha molto riflettuto sulla vicenda e noi faremmo male a non fare altrettanto. Essa ha tanto da dirci.Giuda fu scelto fin dalla prima ora per essere uno dei dodici. Nell’inserire il suo nome nella lista degli apostoli l’evangelista Luca scrive «Giuda Iscariota che divenne (egeneto) il traditore» (6, 16). Dunque Giuda non era nato traditore e non lo era al momento di essere scelto da Gesù; lo divenne! Siamo davanti a uno dei drammi più foschi della libertà umana.Perché lo divenne? In anni non lontani, quando era di moda la tesi del Gesù «rivoluzionario», si è cercato di dare al suo gesto delle motivazioni ideali. Qualcuno ha visto nel suo soprannome di «Iscariota» una deformazione di «sicariota», cioè appartenente al gruppo di zeloti estremisti che agivano da «sicari» contro i romani; altri hanno pensato che Giuda fosse deluso dal modo con cui Gesù portava avanti la sua idea del «regno di Dio» e che volesse forzargli la mano ad agire anche sul piano politico contro i pagani. È il Giuda del celebre musical Jesus Christ Superstar e di altri spettacoli e romanzi recenti. Un Giuda che si avvicina a un altro celebre traditore del proprio benefattore: Bruto che uccise Giulio Cesare per salvare la Repubblica!Sono ricostruzioni da rispettare quando rivestono qualche dignità letteraria o artistica, ma non hanno alcun fondamento storico. I vangeli — le uniche fonti attendibili che abbiamo sul personaggio — parlano di un motivo molto più terra terra: il denaro. A Giuda era stata affidata la borsa comune del gruppo; in occasione dell’unzione di Betania aveva protestato contro lo spreco del profumo prezioso versato da Maria sui piedi di Gesù, non perché gli importasse dei poveri, fa notare Giovanni, ma perché «era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro» (12, 6). La sua proposta ai capi dei sacerdoti è esplicita: «Quanto siete disposti a darmi, se io ve lo consegno? Ed essi gli fissarono trenta sicli d’argento» (Matteo, 26, 15).Ma perché meravigliarsi di questa spiegazione e trovarla troppo banale? Non è stato forse quasi sempre così nella storia e non è ancora oggi così? Mammona, il denaro, non è uno dei tanti idoli; è l’idolo per antonomasia; letteralmente, «l’idolo di metallo fuso» (cfr. Esodo, 34, 17). E si capisce il perché. Chi è, oggettivamente, se non soggettivamente (cioè nei fatti, non nelle intenzioni), il vero nemico, il concorrente di Dio, in questo mondo? Satana? Ma nessun uomo decide di servire, senza motivo, Satana. Se lo fa, è perché crede di ottenere da lui qualche potere o qualche beneficio temporale. Chi è, nei fatti, l’altro padrone, l’anti-Dio, ce lo dice chiaramente Gesù: «Nessuno può servire a due padroni: non potete servire a Dio e a Mammona» (Matteo, 6, 24). Il denaro è il «dio visibile» (W. Shakespeare, Timone d’Atene, atto IV, sc. 3.), a differenza del Dio vero che è invisibile.Mammona è l’anti-dio perché crea un universo spirituale alternativo, cambia oggetto alle virtù teologali. Fede, speranza e carità non vengono più riposte in Dio, ma nel denaro. Si attua una sinistra inversione di tutti i valori. «Tutto è possibile a chi crede», dice la Scrittura (Marco, 9, 23); ma il mondo dice: «Tutto è possibile a chi ha il denaro». E, a un certo livello, tutti i fatti sembrano dargli ragione.«L’attaccamento al denaro — dice la Scrittura — è la radice di tutti i mali» (1 Timoteo, 6, 10). Dietro ogni male della nostra società c’è il denaro, o almeno c’è anche il denaro. Esso è il Moloch di biblica memoria, a cui venivano immolati giovani e fanciulle (cfr. Geremia, 32, 35), o il dio Azteco, cui bisognava offrire quotidianamente un certo numero di cuori umani. Cosa c’è dietro il commercio della droga che distrugge tante vite umane, lo sfruttamento della prostituzione, il fenomeno delle varie mafie, la corruzione politica, la fabbricazione e il commercio delle armi, e perfino — cosa orribile a dirsi — alla vendita di organi umani tolti a dei bambini? E la crisi finanziaria che il mondo ha attraversato e che questo Paese sta ancora attraversando, non è dovuta in buona parte all’«esecranda bramosia di denaro», l’auri sacra fames, (Virgilio, Eneide, 3. 56-57) da parte di pochi? Giuda cominciò con sottrarre qualche denaro dalla cassa comune. Dice niente questo a certi amministratori del denaro pubblico?Ma senza pensare a questi modi criminali di accumulare denaro, non è già scandaloso che alcuni percepiscano stipendi e pensioni cento volte superiori a quelli di chi lavora alle loro dipendenze e che alzino la voce appena si profila l’eventualità di dover rinunciare a qualcosa, in vista di una maggiore giustizia sociale?Negli anni Settanta e Ottanta, per spiegare, in Italia, gli improvvisi rovesciamenti politici, i giochi occulti di potere, il terrorismo e i misteri di ogni genere da cui era afflitta la convivenza civile, si andò affermando l’idea, quasi mitica, dell’esistenza di un «grande Vecchio»: un personaggio scaltrissimo e potente che da dietro le quinte avrebbe mosso le fila di tutto, per fini a lui solo noti. Questo «grande Vecchio» esiste davvero, non è un mito; si chiama Denaro!Come tutti gli idoli, il denaro è «falso e bugiardo»: promette la sicurezza e invece la toglie; promette libertà e invece la distrugge. San Francesco d’Assisi descrive, con una severità insolita, la fine di una persona vissuta solo per aumentare il suo «capitale». Si avvicina la morte; si fa venire il sacerdote. Questi chiede al moribondo: «Vuoi il perdono di tutti i tuoi peccati?», e lui risponde di sì. E il sacerdote: «Sei pronto a soddisfare ai torti commessi, restituendo le cose che hai frodato ad altri?». Ed egli: «Non posso». «Perché non puoi?». «Perché ho già lasciato tutto nelle mani dei miei parenti e amici». E così egli muore impenitente e appena morto i parenti e gli amici dicono tra loro: «Maledetta l’anima sua! Poteva guadagnare di più e lasciarcelo, e non l’ha fatto!» (cfr. San Francesco, Lettera a tutti i fedeli 12, Fonti Francescane, 205).Quante volte, di questi tempi, abbiamo dovuto ripensare a quel grido rivolto da Gesù al ricco della parabola che aveva ammassato beni a non finire e si sentiva al sicuro per il resto della vita: «Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?» (Luca, 12, 20)!». Uomini collocati in posti di responsabilità che non sapevano più in quale banca o paradiso fiscale ammassare i proventi della loro corruzione si sono ritrovati sul banco degli imputati, o nella cella di una prigione, proprio quando stavano per dire a se stessi: «Ora godi, anima mia». Per chi l’hanno fatto? Ne valeva la pena? Hanno fatto davvero il bene dei figli e della famiglia, o del partito, se è questo che cercavano? O non hanno piuttosto rovinato se stessi e gli altri? Il dio denaro si incarica di punire lui stesso i suoi adoratori.Il tradimento di Giuda continua nella storia e il tradito è sempre lui, Gesù. Giuda vendette il capo, i suoi seguaci vendono il suo corpo, perché i poveri sono membra di Cristo. «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo, 25, 40). Ma il tradimento di Giuda non continua solo nei casi clamorosi che ho evocato. Sarebbe comodo per noi pensarlo, ma non è così. È rimasta famosa l’omelia che tenne un Giovedì santo don Primo Mazzolari su «Nostro fratello Giuda». «Lasciate — diceva ai pochi parrocchiani che aveva davanti — che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro».Si può tradire Gesù anche per altri generi di ricompensa che non siano i trenta denari. Tradisce Cristo chi tradisce la propria moglie o il proprio marito. Tradisce Gesù il ministro di Dio infedele al suo stato, o che invece di pascere il gregge pasce se stesso. Tradisce Gesù chiunque tradisce la propria coscienza. Posso tradirlo anch’io, in questo momento — e la cosa mi fa tremare — se mentre predico su Giuda mi preoccupo dell’approvazione dell’uditorio più che di partecipare all’immensa pena del Salvatore. Giuda aveva un’attenuante che noi non abbiamo. Egli non sapeva chi era Gesù, lo riteneva solo «un uomo giusto»; non sapeva che era il Figlio di Dio, noi sì.Come ogni anno, nell’imminenza della Pasqua, ho voluto riascoltare la Passione secondo San Matteo di Bach. C’è un dettaglio che ogni volta mi fa trasalire. All’annuncio del tradimento di Giuda, lì tutti gli apostoli domandano a Gesù: «Sono forse io, Signore?» «Herr, bin ich’s?». Prima però di farci ascoltare la risposta di Cristo, annullando ogni distanza tra l’evento e la sua commemorazione, il compositore inserisce un corale che inizia così: «Sono io, sono io il traditore! Io devo fare penitenza!», «Ich bin’s, ich sollte büßen». Come tutti i corali di quell’opera, esso esprime i sentimenti del popolo che ascolta; è un invito a fare anche noi la nostra confessione di peccato.Il vangelo descrive la fine orrenda di Giuda: «Giuda, che l’aveva tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì, e riportò i trenta sicli d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: Ho peccato, consegnandovi sangue innocente. Ma essi dissero: Che c’importa? Pensaci tu. Ed egli, buttati i sicli nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi» (Matteo, 27, 3-5). Ma non diamo un giudizio affrettato. Gesú non ha mai abbandonato Giuda e nessuno sa dove egli è caduto nel momento in cui si è lanciato dall’albero con la corda al collo: se nelle mani di Satana o in quelle di Dio. Chi può dire cosa è passato nella sua anima in quegli ultimi istanti? «Amico», era stata l’ultima parola rivoltagli da Gesù nell’orto ed egli non poteva averla dimenticata, come non poteva aver dimenticato il suo sguardo.È vero che, parlando al Padre dei suoi discepoli, Gesú aveva detto di Giuda: «Nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione» (Giovanni, 17, 12), ma qui, come in tanti altri casi, egli parla nella prospettiva del tempo non dell’eternità. Anche l’altra parola tremenda detta di Giuda: «Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato» (Marco, 14, 21) si spiega con l’enormità del fatto, senza bisogno di pensare a un fallimento eterno. Il destino eterno della creatura è un segreto inviolabile di Dio. La Chiesa ci assicura che un uomo o una donna proclamati santi sono nella beatitudine eterna; ma di nessuno essa stessa sa che è certamente all’inferno.Dante Alighieri, che, nella Divina Commedia, colloca Giuda nel profondo dell’inferno, narra della conversione all’ultimo istante di Manfredi, figlio di Federico II e re di Sicilia, che tutti a suo tempo ritenevano dannato perché morto scomunicato. Ferito a morte in battaglia, egli confida al poeta che, nell’ultimo istante di vita, si arrese piangendo a colui «che volentier perdona» e dal Purgatorio manda sulla terra questo messaggio che vale anche per noi: «Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei» (Purgatorio, III, 118-123).Ecco a cosa deve spingerci la storia del nostro fratello Giuda: ad arrenderci a colui che volentieri perdona, a gettarci anche noi tra le braccia aperte del crocifisso. La cosa più grande nella vicenda di Giuda non è il suo tradimento, ma la risposta che Gesú dà a esso. Egli sapeva bene cosa stava maturando nel cuore del suo discepolo; ma non lo espone, vuole dargli la possibilità fino all’ultimo di tornare indietro, quasi lo protegge. Sa perché è venuto, ma non rifiuta, nell’orto degli ulivi, il suo bacio di gelo e anzi lo chiama amico (Matteo, 26, 50). Come cercò il volto di Pietro dopo il rinnegamento per dargli il suo perdono, chissà come avrà cercato anche quello di Giuda in qualche svolta della sua via crucis! Quando dalla croce prega: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Luca, 23, 34), non esclude certamente da essi Giuda.Che faremo dunque noi? Chi seguiremo, Giuda o Pietro? Pietro ebbe rimorso di quello che aveva fatto, ma anche Giuda ebbe rimorso, tanto che gridò: «Ho tradito sangue innocente!» e restituì i trenta denari. Dov’è allora la differenza? In una cosa sola: Pietro ebbe fiducia nella misericordia di Cristo, Giuda no! Il più grande peccato di Giuda non fu aver tradito Gesú, ma aver dubitato della sua misericordia.Se lo abbiamo imitato, chi più chi meno, nel tradimento, non lo imitiamo in questa sua mancanza di fiducia nel perdono. Esiste un sacramento nel quale è possibile fare una esperienza sicura della misericordia di Cristo: il sacramento della riconciliazione. Quanto è bello questo sacramento! È dolce sperimentare Gesù come maestro, come Signore, ma ancora più dolce sperimentarlo come Redentore: come colui che ti tira fuori dal baratro, come Pietro dal mare, che ti tocca, come fece con il lebbroso, e ti dice: «Lo voglio, sii guarito!» (Matteo, 8, 3).La confessione ci permette di sperimentare su di noi quello che la Chiesa dice del peccato di Adamo nell’Exultet pasquale: «O felice colpa che ci ha meritato un tale Redentore!». Gesù sa fare di tutte le colpe umane, una volta che ci siamo pentiti, delle «felici colpe», delle colpe che non si ricordano più se non per l’esperienza di misericordia e di tenerezza divina di cui sono state occasione!Ho un augurio da fare a me e a tutti voi, venerabili padri, fratelli e sorelle: che il mattino di Pasqua possiamo destarci e sentire risuonare nel nostro cuore le parole di un grande convertito del nostro tempo, il poeta e drammaturgo Paul Claudel:«Mio Dio, sono risuscitato e sono ancora con Te! Dormivo ed ero steso come un morto nella notte. Hai detto: “Sia la luce!” E io mi sono svegliato come si getta un grido! [...] Padre mio che mi hai generato prima dell’Aurora, sono alla tua presenza. Il mio cuore è libero e la bocca mondata, corpo e spirito sono a digiuno. Sono assolto di tutti i peccati, che ho confessati uno ad uno. L’anello nuziale è al mio dito e il mio volto è pulito. Sono come un essere innocente nella grazia che mi hai concessa» (P. Claudel, Prière pour le Dimanche matin, in Œuvres poétiques, Gallimard, Paris, 1967, p. 377).Questo può fare di noi la Pasqua di Cristo.L'Osservatore Romano*Following the tradition, the homily for this afternoon's Good Friday Service for the Passion of the Lord is preached by Capuchin Fr. Raniero Cantalamessa(a cura di p. Thomas Rosica)“JUDAS WAS STANDING WITH THEM” (John 18:5)In the divine-human history of the passion of Jesus, there are many minor stories about men and women who entered into the ray of its light or its shadow. The most tragic one is that of Judas Iscariot. It is one of the few events attested with equal emphasis by each of the four Gospels and the rest of the New Testament. The early Christian community reflected a great deal on this incident and we would be remiss to do otherwise. It has much to tell us.Judas was chosen from the very beginning to be one of the Twelve. In inserting his name in the list of apostles, the gospel-writer Luke says, “Judas Iscariot, who became (egeneto) a traitor” (Lk 6:16). Judas was thus not born a traitor and was not a traitor at the time Jesus chose him; he became a traitor! We are before one of the darkest dramas of human freedom.Why did he become a traitor? Not so long ago, when the thesis of a “revolutionary Jesus” was in fashion, people tried to ascribe idealistic motivations to Judas’ action. Someone saw in his name “Iscariot” a corruption of sicariot, meaning that he belonged to a group of extremist zealots who used a kind of dagger (sica) against the Romans; others thought that Judas was disappointed in the way that Jesus was putting forward his concept of “the kingdom of God” and wanted to force his hand to act against the pagans on the political level as well. This is the Judas of the famous musical Jesus Christ Superstar and of other recent films and novels—a Judas who resembles another famous traitor to his benefactor, Brutus, who killed Julius Caesar to save the Roman Republic!These are reconstructions to be respected when they have some literary or artistic value, but they have no historical basis whatsoever. The Gospels—the only reliable sources that we have about Judas’ character—speak of a more down-to-earth motive: money. Judas was entrusted with the group’s common purse; on the occasion of Jesus’ anointing in Bethany, Judas had protested against the waste of the precious perfumed ointment that Mary poured on Jesus’ feet, not because he was interested in the poor but, as John notes, “because he was a thief, and as he had the money box he used to take what was put into it” (Jn 12:6). His proposal to the chief priests is explicit: “‘What will you give me if I deliver him to you?’ And they paid him thirty pieces of silver” (Mt 26:15).But why are people surprised at this explanation, finding it too banal? Has it not always been this way in history and is still this way today? Mammon, money, is not just one idol among many: it is the idol par excellence, literally “a molten god” (see Ex 34:17). And we know why that is the case. Who is objectively, if not subjectively (in fact, not in intentions), the true enemy, the rival to God, in this world? Satan? But no one decides to serve Satan without a motive. Whoever does it does so because they believe they will obtain some kind of power or temporal benefit from him. Jesus tells us clearly who the other master, the anti-God, is: “No one can serve two masters. . . . You cannot serve God and mammon” (Mt 6:24). Money is the “visible god”  in contrast to the true God who is invisible.Mammon is the anti-God because it creates an alternative spiritual universe; it shifts the purpose of the theological virtues. Faith, hope, and charity are no longer placed in God but in money. A sinister inversion of all values occurs. Scripture says, “All things are possible to him who believes” (Mk 9:23), but the world says, “All things are possible to him who has money.” And on a certain level, all the facts seem to bear that out.“The love of money,” Scripture says, “is the root of all evil” (1 Tim 6:10). Behind every evil in our society is money, or at least money is also included there. It is the Molech we recall from the Bible to whom young boys and girls were sacrificed (see Jer 32:35) or the Aztec god for whom the daily sacrifice of a certain number of human hearts was required. What lies behind the drug enterprise that destroys so many human lives, behind the phenomenon of the mafia, behind political corruption, behind the manufacturing and sale of weapons, and even behind—what a horrible thing to mention—the sale of human organs removed from children? And the financial crisis that the world has gone through and that this country is still going through, is it not in large part due to the “cursed hunger for gold,” the auri sacra fames,  on the part of some people? Judas began with taking money out of the common purse. Does this say anything to certain administrators of public funds?But apart from these criminal ways of acquiring money, is it not also a scandal that some people earn salaries and collect pensions that are sometimes 100 times higher than those of the people who work for them and that they raise their voices to object when a proposal is put forward to reduce their salary for the sake of greater social justice?In the 1970s and 1980s in Italy, in order to explain unexpected political reversals, hidden exercises of power, terrorism, and all kinds of mysteries that were troubling civilian life, people began to point to the quasi-mythical idea of the existence of “a big Old Man,” a shrewd and powerful figure who was pulling all the strings behind the curtain for goals known only to himself. This powerful “Old Man” really exists and is not a myth; his name is Money!Like all idols, money is deceitful and lying: it promises security and instead takes it away; it promises freedom and instead destroys it. St. Francis of Assisi, with a severity that is untypical for him, describes the end of life of a person who has lived only to increase his “capital.” Death draws near, and the priest is summoned. He asks the dying man, “Do you want forgiveness for all your sins?” and he answers, “Yes.” The priest then asks, “Are you ready to make right the wrongs you did, restoring things you have defrauded others of?” The dying man responds, “I can’t.” “Why can’t you?” “Because I have already left everything in the hands of my relatives and friends.” And so he dies without repentance, and his body is barely cold when his relatives and friends say, “Damn him! He could have earned more money to leave us, but he didn’t.”How many times these days have we had to think back again to the cry Jesus addressed to the rich man in the parable who had stored up endless riches and thought he was secure for the rest of his life: “Fool! This night your soul is required of you; and the things you have prepared, whose will they be?” (Lk 12:20)!Men placed in positions of responsibility who no longer knew in what bank or monetary paradise to hoard the proceeds of their corruption have found themselves on trial in court or in a prison cell just when they were about to say to themselves, “Have a good time now, my soul.” For whom did they do it? Was it worth it? Did they work for the good of their children and family, or their party, if that is really what they were seeking? Have they not instead ruined themselves and others?The betrayal of Judas continues throughout history, and the one betrayed is always Jesus. Judas sold the head, while his imitators sell body, because the poor are members of the body of Christ, whether they know it or not. “As you did it to one of the least of these my brethren, you did it to me” (Mt 25:40). However, Judas’ betrayal does not continue only in the high-profile kinds of cases that I have mentioned. It would be comfortable for us to think so, but that is not the case. The homily that Father Primo Mazzolari gave on Holy Thursday 1958 about “Our Brother Judas” is still famous. “Let me,” he said to the few parishioners before him, “think about the Judas who is within me for a moment, about the Judas who perhaps is also within you.”One can betray Jesus for other kinds of compensation than thirty pieces of silver. A man who betrays his wife, or a wife her husband, betrays Christ. The minister of God who is unfaithful to his state in life, or instead of feeding the sheep entrusted to him feeds himself, betrays Jesus. Whoever betrays their conscience betrays Jesus. Even I can betray him at this very moment—and it makes me tremble—if while preaching about Judas I am more concerned about the audience’s approval than about participating in the immense sorrow of the Savior. There was a mitigating circumstance in Judas’ case that that I do not have. He did not know who Jesus was and considered him to be only “a righteous man”; he did not know, as we do, that he was the Son of God.As Easter approaches every year, I have wanted to listen to Bach’s “Passion According to St. Matthew” again. It includes a detail that makes me flinch every time. At the announcement of Judas’ betrayal, all the apostles ask Jesus, “Is it I, Lord?” (“Herr, bin ich’s?”) Before having us hear Christ’s answer, the composer—erasing the distance between the event and its commemoration—inserts a chorale that begins this way: “It is I; I am the traitor! I need to make amends for my sins.” (“Ich bin’s, ich sollte bü?en.”). Like all the chorales in this musical piece, it expresses the sentiments of the people who are listening. It is also an invitation for us to make a confession of our sin.The Gospel describes Judas’ horrendous end: “When Judas, his betrayer, saw that he was condemned, he repented and brought back the thirty pieces of silver to the chief priests and the elders, saying, ‘I have sinned in betraying innocent blood.’ They said, ‘What is that to us? See to it yourself.’ And throwing down the pieces of silver, he departed; and he went and hanged himself” (Mt 27:3-5).  But let us not pass a hasty judgment here. Jesus never abandoned Judas, and no one knows, after he hung himself from a tree with a rope around his neck, where he ended up: in Satan’s hands or in God’s hands. Who can say what transpired in his soul during those final moments? “Friend” was the last word that Jesus addressed to him, and he could not have forgotten it, just as he could not have forgotten Jesus’ gaze.It is true that in speaking to the Father about his disciples Jesus had said about Judas, “None of them is lost but the son of perdition” (Jn 17:12), but here, as in so many other instances, he is speaking from the perspective of time and not of eternity. The enormity of this betrayal is enough by itself alone, without needing to consider a failure that is eternal, to explain the other terrifying statement said about Judas: “It would have been better for that man if he had not been born” (Mk 14:21). The eternal destiny of a human being is an inviolable secret kept by God. The Church assures us that a man or a woman who is proclaimed a saint is experiencing eternal blessedness, but she does not herself know for certain that any particular person is in hell.Dante Alighieri, who places Judas in the deepest part of hell in his Divine Comedy, tells of the last-minute conversion of Manfred, the son of Frederick II and the king of Sicily whom everyone at the time considered damned because he died as an excommunicated. Having been mortally wounded in battle, he confides to the poet that in the very last moment of his life, “…weeping, I gave my soul / to Him who grants forgiveness willingly” and he sends a message from Purgatory to earth that is still relevant for us:Horrible was the nature of my sins, but boundless mercy stretches out its arms to any man who comes in search of it. Here is what the story of our brother Judas should move us to do: to surrender ourselves to the one who freely forgives, to throw ourselves likewise into the outstretched arms of the Crucified One. The most important thing in the story of Judas is not his betrayal but Jesus’ response to it. He knew well what was growing in his disciple’s heart, but he does not expose it; he wants to give Judas the opportunity right up until the last minute to turn back, and is almost shielding him. He knows why Judas came to the garden of olives, but he does not refuse his cold kiss and even calls him “friend” (see Mt 26:50). He sought out Peter after his denial to give him forgiveness, so who knows how he might have sought out Judas at some point in his way to Calavary! When Jesus prays from the cross, “Father, forgive them; for they know not what they do” (Lk 23:34), he certainly does not exclude Judas from those he prays for.So what will we do? Who will we follow, Judas or Peter? Peter had remorse for what he did, but Judas was also remorseful to the point of crying out, “I have betrayed innocent blood!” and he gave back the thirty pieces of silver. Where is the difference then? Only in one thing: Peter had confidence in the mercy of Christ, and Judas did not! Judas’ greatest sin was not in having betrayed Christ but in having doubted his mercy.If we have imitated Judas in his betrayal, some of us more and some less, let us not imitate him in his lack of confidence in forgiveness. There is a sacrament through which it is possible to have a sure experience of Christ’s mercy: the sacrament of reconciliation. How wonderful this sacrament is! It is sweet to experience Jesus as Teacher, as Lord, but even sweeter to experience him as Redeemer, as the one who draws you out of the abyss, like he drew Peter out of the sea, as the one who touches you and, like he did with the leper, says to you, “ I will; be clean” (Mt 8:3).Confession allows us to experience about ourselves what the Church says of Adam’s sin on Easter night in the “Exultet”: “O happy fault that earned so great, so glorious a Redeemer!” Jesus knows how to take all our sins, once we have repented, and make them “happy faults,” faults that would no longer be remembered if it were not for the experience of mercy and divine tenderness that they occasioned.I have a wish for myself and for all of you, Venerable Fathers, brothers, and sisters: on Easter morning, may we awaken and let the words of a great convert in modern times, Paul Claudel, resonate in our hearts:My God, I have been revived, and I am with You again!I was sleeping, stretched out like a dead man in the night.You said, “Let there be light!” and I awoke the way a cry is shouted out!My Father, You who have given me life before the Dawn, I place myself in Your Presence.My heart is free and my mouth is cleansed; my body and spirit are fasting.I have been absolved of all my sins, which I confessed one by one.The wedding ring is on my finger and my face is washed.I am like an innocent being in the grace that You have bestowed on me.This is what Christ’s Passover can do for us.*El Papa Francisco preside la celebración de la Pasión del Señor en la basílica VaticanaEl Papa Francisco preside la celebración de la Pasión del Señor en la basílica Vaticana, la tarde del Viernes Santo. Las meditaciones de este año están a cargo del Padre Rainiero Cantalamessa, predicador de la Casa Pontificia. P. Cantalamessa recordó que Judas fue elegido para “ser uno de los doce”. “Al insertar su nombre en la lista de los apóstoles, el 'evangelista Lucas escribe: «Judas Iscariote que se convirtió en el traidor» (Lc 6, 16). Por lo tanto, explica el predicador, Judas no había nacido traidor y no lo era en el momento de ser elegido por Jesús; ¡llegó a serlo! Estamos ante uno de los dramas más sombríos de la libertad humana”. La confesión, prosiguió el P. Cantalamessa, “nos permite experimentar sobre nosotros lo que la Iglesia canta la noche de Pascua en el Exultet: «Oh, feliz culpa, que mereció tal Redentor!» Jesús sabe hacer, de todas las culpas humanas, una vez que nos hemos arrepentido, «felices culpas», culpas que ya no se recuerdan si no por haber sido ocasión de experiencia de misericordia y de ternura divinas!”. “Tengo un deseo que hacerme y haceros a todos”, añade, “Venerables Padres, hermanos y hermanas: que la mañana de Pascua podamos levantarnos y oír resonar en nuestro corazón las palabras de un gran converso de nuestro tiempo”. (MZ-RV)Reflexión completa del Padre Rainiero Cantalamessa, predicador de la Casa Pontificia
«ESTABA TAMBIÉN CON ELLOS JUDAS, EL TRAIDOR»
Dentro de la historia divino-humana de la pasión de Jesús hay muchas pequeñas historias de hombres y de mujeres que han entrado en el radio de su luz o de su sombra. La más trágica de ellas es la de Judas Iscariote. Es uno de los pocos hechos atestiguados, con igual relieve, por los cuatro evangelios y por el resto del Nuevo Testamento. La primitiva comunidad cristiana reflexionó mucho sobre el asunto y nosotros haríamos mal a no hacer lo mismo. Tiene mucho que decirnos.Judas fue elegido desde la primera hora para ser uno de los doce. Al insertar su nombre en la lista de los apóstoles, el 'evangelista Lucas escribe: «Judas Iscariote que se convirtió (egeneto) en el traidor» (Lc 6, 16). Por lo tanto, Judas no había nacido traidor y no lo era en el momento de ser elegido por Jesús; ¡llegó a serlo! Estamos ante uno de los dramas más sombríos de la libertad humana.¿Por qué llegó a serlo? En años no lejanos, cuando estaba de moda la tesis del Jesús «revolucionario», se trató de dar a su gesto motivaciones ideales. Alguien vio en su sobrenombre de «Iscariote» una deformación de «sicariote», es decir, perteneciente al grupo de los zelotas extremistas que actuaban como «sicarios» contra los romanos; otros pensaron que Judas estaba decepcionado por la manera en que Jesús llevaba adelante su idea de «reino de Dios» y que quería forzarle para que actuara también en el plano político contra los paganos. Es el Judas del célebre musical «Jesucristo Superstar» y de otros espectáculos y novelas recientes. Un Judas que se aproxima a otro célebre traidor del propio bienhechor: ¡Bruto que mató a Julio César para salvar la República!Son todas construcciones que se deben respetar cuando revisten alguna dignidad literaria o artística, pero no tienen ningún fundamento histórico. Los evangelios —las únicas fuentes fiables que tenemos sobre el personaje— hablan de un motivo mucho más a ras de tierra: el dinero. A Judas se le confió la bolsa común del grupo; con ocasión de la unción de Betania había protestado contra el despilfarro del perfume preciosos derramado por María sobre los pies de Jesús, no porque le importaran de pobres —hace notar Juan—, sino porque "era un ladrón y, puesto que tenía la caja, cogía lo que echaban dentro» (Jn 12,6). Su propuesta a los jefes de los sacerdotes es explícita: «¿Cuanto estáis dispuestos a darme, si os lo entrego? Y ellos fijaron treinta siclos de plata» (Mt 26, 15).

Pero ¿por qué extrañarse de esta explicación y encontrarla demasiado banal? ¿Acaso no ha sido casi siempre así en la historia y no es todavía hoy así? Mammona, el dinero, no es uno de tantos ídolos; es el ídolo por antonomasia; literalmente, «el ídolo de metal fundido» (cf. Éx 34,17). Y se entiende el porqué. ¿Quién es, objetivamente, si no subjetivamente (es decir en los hechos, no en las intenciones), el verdadero enemigo, el competidor de Dios, en este mundo? ¿Satanás? Pero ningún hombre decide servir, sin motivo, a Satanás. Quién lo hace, lo hace porque cree obtener de él algún poder o algún beneficio temporal. Jesús nos dice claramente quién es, en los hechos, el otro amo, al anti-Dios: «Nadie puede servir a dos amos: no podéis servir a Dios y a Mammona» (Mt 6,24). El dinero es el «Dios visible», a diferencia del Dios verdadero que es invisible.
Mammona es el anti-dios porque crea un universo espiritual alternativo, cambia el objeto a las virtudes teologales. Fe, esperanza y caridad ya no se ponen en Dios, sino en el dinero. Se opera una siniestra inversión de todos los valores. «Todo es posible para el que cree», dice la Escritura (Mc 9,23); pero el mundo dice: «Todo es posible para quien tiene dinero». Y, en un cierto nivel, todos los hechos parecen darle la razón.
«El apego al dinero —dice la Escritura— es la raíz de todos los males» (1 Tm 6,10). Detrás de cada mal de nuestra sociedad está el dinero o, al menos, está también el dinero. Es el Moloch de bíblica memoria, al que se le inmolaban jóvenes y niñas (cf. Jer 32,35), o el dios Azteca, al que había que ofrecer diariamente un cierto número de corazones humanos. ¿Qué hay detrás del comercio de la droga que destruye tantas vidas humanas, detrás del fenómeno de la mafia y de la camorra, la corrupción política, la fabricación y el comercio de armas, e incluso —cosa que resulta horrible decir— a la venta de órganos humanos extirpados a niños? Y la crisis financiera que el mundo ha atravesado y este país aún está atravesando, ¿no es debida en buena parte a la «detestable codicia de dinero», la auri sagrada fames, por parte de algunos pocos? Judas empezó sustrayendo algún dinero de la caja común. ¿No dice esto nada a algunos administradores del dinero público?Pero, sin pensar en estos modos criminales de acumular dinero, ¿no es ya escandaloso que algunos perciban sueldos y pensiones cien veces superiores a los de quienes trabajan en sus dependencias y que levanten la voz en cuanto se apunta la posibilidad de tener que renunciar a algo, de cara a una mayor justicia social?En los años 70 y 80, para explicar, en Italia, los repentinos cambios políticos, los juegos ocultos de poder, el terrorismo y los misterios de todo tipo que afligían a la convivencia civil, se fue afirmando la idea, casi mítica, la existencia de un «gran Anciano»: un personaje espabiladísmo y poderoso, que por detrás de los bastidores habría movido fila los hilos de todo, para fines que sólo él conocía. Este «gran Anciano» existe realmente, no es un mito; ¡se llama Dinero!
Como todos los ídolos, el dinero es «falso y mentiroso»: promete la seguridad y, sin embargo, la quita; promete libertad y, en cambio, la destruye. San Francisco de Asís describe, con una severidad inusual en él, el final de una persona que vivió sólo para aumentar su «capital». Se aproxima la muerte; se hace venir al sacerdote. Éste pide al moribundo: «¿Quieres el perdón de todos tus pecados?» , y él responde que sí. Y el sacerdote: «Estás dispuesto a satisfacer los errores cometidos, devolviendo las cosas que has estafado a otros?» Y él: «No puedo». «¿Por qué no puedes?» «Porque ya he dejado todo en manos de mis parientes y amigos». Y así él muere impenitente y apenas muerto los parientes y amigos dicen entre sí: «¡Maldita alma la suya! Podía ganar más y dejárnoslo, y no lo ha hecho!"Cuántas veces, en estos tiempos, hemos tenido que repensar ese grito dirigido por Jesús al rico de la parábola que había almacenado bienes sin fin y se sentía al seguro para el resto de la vida: «Insensato, esta misma noche se te pedirá el alma; y lo que has preparado, ¿de quién será?» (Lc 12,20)! Hombres colocados en puestos de responsabilidad que ya no sabían en qué banco o paraíso fiscal almacenar los ingresos de su corrupción se encontraron en el banquillo de los imputados, o en la celda de una prisión, precisamente cuando estaban para decirse a sí mismos: «Ahora gózate, alma mía». ¿Para quién lo han hecho? ¿Valía la pena? ¿Han hecho realmente el bien de los hijos y la familia, o del partido, si es eso lo que buscaban? ¿O más bien se han arruinado a sí mismos y alos demás?
La traición de Judas continua en la historia y el traicionado es siempre él, Jesús. Judas vendió al jefe, sus imitadores venden su cuerpo, porque los pobres son miembros de Cristo, lo sepan o no. «Todo lo que hagáis con uno solo de estos mis hermanos más pequeños, me lo habéis hecho a mí» (Mt 25,40). Pero la traición de Judas no continúa sólo en los casos clamorosos que he mencionado. Pensarlo sería cómodo para nosotros, pero no es así. Ha permanecido famosa la homilía que tuvo en un Jueves Santo don Primo Mazzolari sobre «Nuestro hermano Judas». "Dejad —decía a los pocos feligreses que tenía delante—, que yo piense por un momento al Judas que tengo dentro de mí, al Judas que quizás también vosotros tenéis dentro».Se puede traicionar a Jesús también por otros géneros de recompensa que no sean los treinta denarios de plata. Traiciona a Cristo quien traiciona a su esposa o a su marido. Traiciona a Jesús el ministro de Dios infiel a su estado, o quien, en lugar de apacentar el rebaño que se la confiado se apacienta a sí mismo. Traiciona a Jesús todo el que traiciona su conciencia. Puedo traicionarlo yo también, en este momento —y la cosa me hace temblar— si mientras predico sobre Judas me preocupo de la aprobación del auditorio más que de participar en la inmensa pena del Salvador. Judas tenía un atenunante que yo no tengo. Él no sabía quién era Jesús, lo consideraba sólo «un hombre justo»; no sabía que era el hijo de Dios, como lo sabemos nosotros.Como cada año, en la inminencia de la Pascua, he querido escuchar de nuevo la «Pasión según san Mateo», de Bach. Hay un detalle que cada vez me hace estremecerme. En el anuncio de la traición de Judas, allí todos los apóstoles preguntan a Jesús: «¿Acaso soy yo, Señor?» «Herr, bin ich’s?» Sin embargo, antes de escuchar la respuesta de Cristo, anulando toda distancia entre acontecimiento y su conmemoración, el compositor inserta una coral que comienza así: «¡Soy yo, soy yo el traidor! ¡Yo debo hacer penitencia!», «Ich bin's, ich sollte büßen». Como todas las corales de esa ópera, expresa los sentimientos del pueblo que escucha; es una invitación para que también nosotros hagamos nuestra confesión del pecado.

El Evangelio describe el fin horrible de Judas: «Judas, que lo había traicionado, viendo que Jesús había sido condenado, se arrepintió, y devolvió los treinta siclos de plata a los jefes de los sacerdotes y a los ancianos, diciendo: He pecado, entregándoos sangre inocente. Pero ellos dijeron: ¿Qué nos importa? Ocúpate tú. Y él, arrojados los siclos en el templo, se alejó y fue a ahocarse» (Mt 27, 3-5). Pero no demos un juicio apresurado. Jesús nunca abandonó a Judas y nadie sabe dónde cayó en el momento en que se lanzó desde el árbol con la soga al cuello: si en las manos de Satanás o en las de Dios. ¿Quién puede decir lo que pasó en su alma en esos últimos instantes? «Amigo», fue la última palabra que le dirigió Jesús y él no podía haberla olvidado, como no podía haber olvidado su mirada.Es cierto que, hablando de sus discípulos, al Padre Jesús había dicho de Judas: «Ninguno de ellos se ha perdido, excepto el hijo de la perdición» (Jn 17,12), pero aquí, como en tantos otros casos, él habla en la perspectiva del tiempo no de la eternidad; la envergadura del hecho basta por sí sola, sin pensar en un fracaso eterno, para explicar la otra tremenda palabra dicha de Judas: «Mejor hubiera sido para ese hombre no haber nacido» (Mc 14,21). El destino eterno de la criatura es un secreto inviolable de Dios. La Iglesia nos asegura que un hombre o una mujer proclamados santos están en la bienaventuranza eterna; pero de nadie sabe ella misma que esté en el infierno.
Dante Alighieri, que, en la Divina Comedia, sitúa a Judas en lo profundo del infierno, narra la conversión en el último instante de Manfredi, hijo de Federico II y rey de Sicilia, al que todos en su tiempo consideraban condenado porque murió excomulgado Herido de muerte en batalla, él confía al poeta que, en el último instante de vida, se rindió llorando a quien «perdona de buen grado» y desde el Purgatorio envía a la tierra este mensaje que vale también para nosotros:
Abominables mis pecados fueronmas tan gran brazo tiene la bondadinfinita, que acoge a quien la implora .He aquí a lo que debe empujarnos la historia de nuestro hermano Judas: a rendirnos a aquel que perdona gustosamente, a arrojarnos también nosotros en los brazos abiertos del crucificado. Lo más grande en el asunto de Judas no es su traición, sino la respuesta que Jesús da. Él sabía bien lo que estaba madurando en el corazón de su discípulo; pero no lo expone, quiere darle la posibilidad hasta el final de dar marcha atrás, casi lo protege. Sabe a lo que ha venido, pero no rechaza, en el huerto de los olivos, su beso helado e incluso lo llama amigo (Mt 26,50). Igual que buscó el rostro de Pedro tras la negación para darle su perdón, ¡quién sabe como habrá buscado también el de Judas en algún momento de su vía crucis! Cuando en la cruz reza: «Padre, perdónalos porque no saben lo que hacen» (Lc 23,34), no excluye ciertamente de ellos a Judas.¿Qué haremos, pues, nosotros? ¿A quién seguiremos, a Judas o a Pedro? Pedro tuvo remordimiento de lo que había hecho, pero también Judas tuvo remordimiento, hasta el punto que gritó: «¡He traicionado sangre inocente!» y restituyó los treinta denarios. ¿Dónde está, entonces, la diferencia? En una sola cosa: Pedro tuvo confianza en la misericordia de Cristo, ¡Judas no! El mayor pecado de Judas no fue haber traicionado a Jesús, sino haber dudado de su misericordia.Si lo hemos imitado, quien más quien menos, en la traición, no lo imitemos en esta falta de confianza suya en el perdón. Existe un sacramento en el que es posible hacer una experiencia segura de la misericordia de Cristo: el sacramento de la reconciliación. ¡Qué bello es este sacramento! Es dulce experimentar a Jesús como maestro, como Señor, pero aún más dulce experimentarlo como Redentor: como aquel que te saca fuera del abismo, como a Pedro del mar, que te toca, como hizo con el leproso, y te dice: «¡Lo quiero, queda curado!» (Mt 8,3). La confesión nos permite experimentar sobre nosotros lo que la Iglesia canta la noche de Pascua en el Exultet: «Oh, feliz culpa, que mereció tal Redentor!» Jesús sabe hacer, de todas las culpas humanas, una vez que nos hemos arrepentidos, «felices culpas», culpas que ya no se recuerdan si no por haber sido ocasión de experiencia de misericordia y de ternura divinas!Tengo un deseo que hacerme y haceros a todos, Venerables Padres, hermanos y hermanas: que la mañana de Pascua podamos levantarnos y oír resonar en nuestro corazón las palabras de un gran converso de nuestro tiempo:«Dios mío, he resucitado y estoy aún contigo!Dormía y estaba tumbado como un muerto en la noche.Dijiste: «¡Hágase la luz! ¡Y yo me desperté como se lanza un grito! [...]Padre mío que me has generado antes de la aurora, estoy en tu presencia.Mi corazón está libre y la boca pelada, cuerpo y espíritu estoy en ayunas.Estoy absuelto de todos los pecados, que confesé uno a uno.El anillo nupcial está en mi dedo y mi rostro está limpio.Soy como un ser inocente en la gracia que me has concedido».Este puede hacer de nosotros la Pascua de Cristo.


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