Ma qualcosa è accaduto, un virus ha colpito il Dna, una malattia genetica ha mutato l'identità. Al posto dell'amore l'omicidio. Invece delle "opere di Abramo" quelle di "un altro padre", un tiranno assoluto che sottrae la libertà illudendo di offrirla a buon mercato: la libertà di uccidere Cristo, e con Lui la verità. Come accadde ai giudei, figli orgogliosi di Abramo: "Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio" (Papa Francesco). Ed è la nostra esperienza, superbi e perciò "schiavi" del demonio. Ci illudiamo di molte cose, esibiamo lignaggi che abbiamo sepolto sotto un cumulo di tradimentie e di peccati. Da tempo compiamo la volontà del principe di questo mondo, egoisti ovunque e con tutti, incapaci di donarci, "schiavi del peccato" perché tutto quello che è pensato e compiuto senza amore è peccato, porta in sé il germe della menzogna ed è destinato a corrompersi. Quando il demonio ha la meglio e ci induce a indurire il cuore "non possiamo più ascoltare la Parola di Gesù" e ci leghiamo a un'altra parola, quella del padre della menzogna. Sono una menzogna il rancore, il giudizio, la mormorazione, la passione, l'avarizia, la calunnia. Non sono nel Dna dei figli di Abramo. Per questo monta l'invidia che ci porta a uccidere il Figlio che ci ricorda chi siamo, che ci annuncia la Parola che ci può "far liberi davvero". Quante volte uccidiamo Cristo, nel marito, nella moglie, in chiunque contesti la nostra vita: la superbia ferita schiuma ira e l'ira compie quel che non vorremmo: uccidere Cristo! E' questa la radice velenosa dei nostri litigi, dei divorzi e delle separazioni, delle ribellioni e di ogni peccato. E' qui che deve arrivare la Pasqua di Gesù! Sulla Croce ha smascherato la menzogna del demonio, perdonandoci ogni peccato. Nella tomba ci ha presi per mano liberandoci dalla tirannia del nemico. Con la risurrezione ci ha raggiunti con una vita nuova, capace di ascoltare e accogliere la sua Parola che ci fa discernere in ogni persona una chiamata alla libertà di amare. E se uno ama significa che è stato rigenerato, che è figlio e "vive sempre nella casa di suo Padre". Ecco, la Pasqua fa di ogni nostra casa la dimora del Padre! In essa i figli di Dio sono liberi come il Figlio, non temono nulla perché nulla hanno da perdere. Come Abramo sperano in ogni circostanza contro ogni speranza; pur vedendo morta la propria carne per i propri peccati hanno conosciuto la misericordia che ridona la vita ai morti, non possono dubitare che DIo farà meraviglie. Stringono, infatti, tra le braccia Isacco, il figlio della promessa compiuta, la testimonianza della fedeltà di Dio: il matrimonio salvato, la pazienza con i figli, l'aver abbandonato droga e alcool, la vita nuova che lotta per la castità, la libertà dal denaro, la sincerità, e molti altri memoriali che ognuno conosce. Le loro mani stringono Cristo risorto, lo amano perché in Lui stringono la loro vita rigenerata, sono guariti dal virus malefico che li aveva deturpati, sono figli nel Figlio, e questo è tutto. Al punto che possono salire il Moria nella notte della fede, tremare e fissare negli occhi il cuore del loro cuore, quell'affetto, quella persona, quel desiderio, quel sogno, quel progetto; pronti a sacrificare tutto - a fare sacro, a separare e offrire a Dio - anche la persona più cara. I figli di Abramo hanno i suoi stessi occhi che fissavano Isacco sull'erta del sacrificio, come quelli di Dio fissi in quelli del Figlio sul crinale del Golgota. I figli di Abramo sono anche come Isacco, pronti ad essere essi stessi sacrificati, legati alla volontà di Dio come Cristo sulla Croce, perché in gioco c'è la salvezza del mondo, immensamente più importante della mia soddisfazione carnale e borghese. I figli di Abramo, come Isacco, come i figli di Dio, offrono la propria gola al Padre, entrano nell'assurdo estremo confidando che Dio sul monte provvede, sempre. I figli di Dio mostrano la fede sulla terra. Scriveva Franz Werfel: “per chi ha fede nessun miracolo è necessario, per chi non ha fede nessun miracolo è sufficiente”: il miracolo autentico, infatti, è la fede, e Isacco è il miracolo figlio dell'ascolto obbediente di suo padre, della fede che viene dalla predicazione. Per questo la libertà è sempre il frutto dell'ascolto e della fedeltà alla Parola. I figli ascoltano, lo Shemà è la loro stessa vita: "Ascolta Israele!", ascolta e vivrai. Ascolta e sarai libero. Ascolta e vedrai la Verità vincere la morte, la Parola fatta carne discendere negli inferi della menzogna e distruggere il suo potere e liberare dai suoi lacci, per uscire e annunciare a tutti l'amore di Dio. Un figlio di Dio non può che parlare sempre bene di suo Padre; vive nella sua intimità, ne sperimenta l'amore e, gettandosi nel mondo ad annunciarlo, gli "rimane fedele": "Per rimanere fedeli bisogna uscire. Rimanendo fedeli si esce, ed è il cuore della missione. Proprio se si rimane nel Signore si esce da sé stessi. Paradossalmente proprio perché si rimane, proprio se si è fedeli si cambia. Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita. Il Signore opera un cambiamento in colui che gli è fedele" (Card. Jorge Bergoglio)
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