Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

martedì 1 aprile 2014

"Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina"

 QUI IL COMMENTO AL VANGELO DELLA IV DOMENICA DI QUARESIMA. ANNO A 

Trentotto anni, una vita. Come la nostra, sino ad oggi, una vita per incontrare Cristo. Il fallimento umano, infatti, è il corteggiamento di Dio. Lui ha posto i suoi occhi su di noi, come su questo paralitico, gettato sul ciglio della vita, alla "porta delle pecore", confuso tra tanta sofferenza, tra gli animali destinati alla macellazione sacrificale. In "un sabato" che non è festa, quella vita che sembra andarsene a morire insieme a quella delle pecore, ma non è soave l'odore di quelle membra sacrificate. E' solo quell'uomo, come noi. Nessuno si accorge di lui. Quante volte lo abbiamo pensato; quante giornate trafelate a correr dietro a mille cose, e poi la cena, e i bimbi a letto che non vogliono dormire, e arriva lui, nervoso, neanche ti guarda, si getta sulla cena e poi sprofonda sul sofa. Quante volte ci siamo trovati sul bordo di quella "piscina", giusto mentre il vento ne agitava le acque, l'occasione attesa da tanto, per riconciliarci, per ricominciare, e niente, proprio quella mano che aspettavi non si è mai distesa. E sei ancora lì, sul bordo di mille speranze infrante, il cinismo a farti la corte, e perché non cedere alle lusinghe, in fondo è l'unico con cui ci intendiamo. E questa solitudine acida che corrode ogni speranza: "La vita dell'uomo si svolge laggiù, tra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in un letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa fatica e le stesse mancanze. E' un fastidio alla fine, Melete. C'è una burrasca che rinnova le campagne - nè la morte nè i grandi dolori scoraggiano. Ma la fatica interminabile, lo sforzo di star vivi d'ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino, fastidioso come le mosche d'estate - quest'è il vivere che taglia le gambe. Melete" (Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò). Siamo soli, conil fastidio di parlare ancora una volta, e discutere con chi non si accorge di noi; il fastidio di non riuscire mai ad immergersi nell'occasione giusta, perché proprio nel momento in cui "l'angelo agita le acque", quando la predicazione, la preghiera, un'ispirazione sembra "agitare le acque" della nostra vita, "qualcun altro arriva prima", con una menzogna, un'illusione, la paura e il peso del passato, e niente, non ce la facciamo, e le acque tornano alla stessa fatica e alle stesse mancanze. Ma c'è questo tempo, ed è l'annuncio della svolta: digiuno, elemosina, preghiera, ovvero fame, povertà e speranze, la Quaresima ci proietta la clip della nostra vita, sino a questo istante. Giusto "trentotto anni", o cinquanta, o diciotto; non un giorno in più, non un anno in meno. Oggi, perché è qui che la clip ha un sussulto, un volto di luce e una parola. Qualcuno si accorge di te, qualcuno si preoccupa di te: "Vuoi guarire?". Un'eco come una saetta, fin nelle giunture dell'anima. Di colpo si illumina tutto il passato, e non era quello che il demonio ci ha raccontato. Se il paralitico avesse avuto "qualcuno ad immergerlo", non avrebbe incontrato il Signore. Non avrebbe ascoltato la Sua voce. Si sarebbe immerso, forse sarebbe guarito, avrebbe trovato lavoro, una casa, un fidanzato, un bel matrimonio, un po' di salute, uno stipendio adeguato, non avrebbe perso il padre da piccolo, niente violenze, avrebbe studiato e si sarebbe laureato, sarebbe un pochino più bello e presentabile, la sua famiglia non sarebbe stata così povera, non avrebbe subito l'ombra del fratello maggiore. Non sarebbe stato crocifisso trentotto anni. Non avrebbe conosciuto il Signore. E non sarebbe stato felice. La Croce, il lettuccio e la tua vita distesa, prostrata, inutile agli occhi carnali, proprio tutta la tua storia sino ad ora, le frustrazioni, la solitudine, il fastidio e la fatica di vivere, tutto è stato per incontrare Lui. E' Gesù la piscina dove non è necessario che qualcuno ci immerga; le sue ferite sono per te, nessuno può passarti avanti. La tua storia sino ad oggi è il talamo preparato per la sua misericordia. "Alzati, risorgi, prendi il tuo lettuccio e cammina": è qui la novità, il segreto, la rivoluzione. Non basta immergersi e guarire, per una vita migliorata, ma pronta pronta a scivolare di nuovo nella paralisi. Gesù ci guarisce per "incominciare a camminare" in una vita nuova, in un percorso di conversione quotidiano, aggrappati nella comunione della Chiesa alla Parola e ai sacramenti, per "non peccare più". Chi ha conosciuto la gratuità del suo amore sa che tornare a dar credito al demonio e peccare, sarebbe l'accadere di "qualcosa di peggio". Gesù ci invia nella storia a conoscere ogni giorno di più il suo amore testimoniandolo a ogni fariseo che vorrà strapparci alla Grazia per schiacciarci con i moralismi; ad annunciare a tutti che Dio ha compiuto il "sabato" e ogni iota della Legge risorgendoci per imparare a camminare nella fatica e nel fastidio di vivere, portando la Croce che tutti rifiutano. Forse soli, senza che nessuno ci si accorga e ci aiuti, perché saremo noi ad immergere ogni paralitico che ci è accanto, nella misericordia di Cristo incarnata in noi.

Martedì della IV settimana del Tempo di Quaresima


Che tirannia è mai questa? 
sono venuto alla vita – bene,
ma perché essa mi agita con le sue violente ondate? 
Voglio dire una parola audace, sì audace, ma voglio dirla: 
se non fossi tuo, o mio Cristo, quale ingiustizia! 
Nasciamo, deperiamo, giungiamo alla fine. 
Dormo, riposo, sto sveglio, cammino. 
Siamo ora ammalati, ora in salute, 
ora tra i piaceri, ora tra gli affanni. 
Abbiamo parte alle stagioni solari e ai frutti della terra. 
Moriamo e la nostra carne imputridisce: 
questa è la sorte delle bestie, 
che, per quanto ignobili, sono senza colpa. 
Cosa dunque ho più di loro? 
Niente se non Dio: se non fossi tuo, o mio Cristo, quale ingiustizia!

Gregorio Nazianzeno, A Cristo


Gv 5, 1-3. 5-16 
Era un giorno di festa per Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Vi è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzeta, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «E' sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio».
Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina». Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio». Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato

IL COMMENTO
Non avere nessuno per avere Cristo. Non avere nulla per avere Lui. Trentotto anni, una vita. In attesa. Una vita per incontrare Lui. Il fallimento umano è il corteggiamento di Dio. Lui ha posto i suoi occhi su di noi. Ci ha scelti. Per Lui. Quest'uomo, un paralitico, gettato sul ciglio della vita, alla porta delle pecore, confuso tra tanta sofferenza, tra gli animali destinati alla macellazione sacrificale. In un sabato che non è festa, è legge dura d'espiazione, e "l'espiazione è il miglior combustibile al fuoco della colpa" (S. Fausti, Una comunità legge il vangelo di Giovanni, I, Milano 2002, pag. 109). Odore di morte, acre, fumi grigi di sensi di colpa, e inutilità e impossibilità di salvezza. Odore di sangue. E una piscina agitata dal vento, pochi e fugaci istanti per guarigioni destinate a risolversi in altre, future infermità. E nessuno ad accorgersi di lui. Di noi. Soli con le nostre angosce, con le nostre sofferenze, con le nostre infermità. Una vita senza vita. Trentotto anni. E Lui. Il Suo sguardo, e la Sua voce: "Vuoi guarire?". Un'eco come una saetta, fin nelle giunture dell'anima. Che cos'è la vita. E questa solitudine acida che corrode ogni speranza. Cesare Pavese descrive l'invivibilità d'una vita che nulla attende:"La vita dell'uomo si svolge laggiù, tra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in un letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa fatica e le stesse mancanze. E' un fastidio alla fine, Melete. C'è una burrasca che rinnova le campagne - nè la morte nè i grandi dolori scoraggiano. Ma la fatica interminabile, lo sforzo di star vivi d'ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino, fastidioso come le mosche d'estate - quest'è il vivere che taglia le gambe. Melete" ( Dialoghi con Leucò). Questo è il vivere che sarebbe meglio non vivere, per il quale, con Geremia e con Giobbe, maledire il giorno della nascita. Nascere, perchè? Per Lui. Se il paralitico del Vangelo avesse avuto qualcuno ad immergerlo, non avrebbe incontrato il Signore. Non avrebbe ascoltato la Sua voce. Sarebbe guarito, forse, avrebbe trovato lavoro, una casa, un fidanzato, un bel matrimonio, un po' di salute, uno stipendio adeguato, non avrebbe perso il padre da piccolo, niente violenze, avrebbe studiato e si sarebbe laureato, sarebbe un pochino più bello e presentabile, la sua famiglia non sarebbe stata così povera, non avrebbe subito l'ombra del fratello maggiore. Non sarebbe stato crocifisso trentotto anni. E non avrebe conosciuto il Signore. E non sarebbe stato salvato. E non sarebbe stato felice. La CROCE, un lettuccio e la vita distesa, prostrata. Inutile. E la Sua Parola e all'istante la Gloria, la luce della vita nelle paighe sanguinanti. La salvezza, per sempre, e la gioia, e la pace, e la vita. E tutta la vita s'illumina di senso, e appare come un letto d'amore preparato per Lui. La Croce, il lettuccio, ogni aspetto della nostra vita, i più difficili, i più dolorosi, illuminati e trasfigurati come un talamo eterno per la Sua misericordia. Ogni istante passato disteso, inutile a sè stesso e al mondo, dimenticato, rifiutato, disprezzato. Solo, senza nessuno. Ogni istante "così", un passo verso di Lui. Ogni istante una fessura di noi aperta per Lui. Come i leviti che non hanno proprietè nella Terra, come la Vergine Maria. "Non conosco uomo", non c'è nessuno per concepire questo bambino. E' il segreto della verginità, il senso della nostra vita di figli. Lo Spirito Santo, Lui scenderà e ci coprirà con la Sua ombra, Lui concepirà in noi la Vita, quella che non muore, quella senza peccato, la salvezza e la pace per sempre. La nostra vita, il nostro corpo, come quello della Vegine Maria, da sempre PER IL SIGNORE. Lei nell'immacolatezza d'una concezione senza peccato, noi nelle pieghe della nostra debolezza, spesso tra le macerie d'una vita distesa su di un lettuccio di dolore. Ma allo stesso modo, misteriosamente, per il Signore. “In uno stato in cui nello stesso tempo essa (Maria) sa e non sa, in questa attesa che non può definire, essa vive per Dio nella confidenza. E’ l’atteggiamento già notato e che chiamerei propriamente “mariale”: la perseveranza davanti all’incomprensibile, attraverso il ricorso a Dio. Quando infine l’angelo porterà il suo messaggio, che Maria deve diventare Madre per la potenza dello Spirito Santo, la sua anima profonda dirà. “Era dunque per questo!” “ (Romano Guardini, La mere du Seigneur, Paris, 1961, pag. 35-37). Era dunque per questo, per essere madre, per essere figlio, figlio nel Figlio, figlia del suo Figlio. Si, la nostra storia, come quella di Giuseppe disceso in Egitto come schiavo, come quella di Maria è dunque per questo: per Lui. Per essere Suoi.

APPROFONDIRE:


SILVANO FAUSTI. COMMENTO AL VANGELO DEL PARALITICO GUARITO ALLA PISCINA PROBATICA

S. Agostino. Guarigione di un paralitico alla piscina probatica.


S. CIRILLO DI GERUSALEMME OMELIA SUL PARALITICO DELLA PISCINA PROBATICA


Il Dono nel Vangelo di San Giovanni


Dai Discorsi sul Cantico dei cantici di san Bernardo. Per meditare il Vangelo del paralitico alla Piscina Probatica


Visita alla Piscina Probatica

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