Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 15 maggio 2014

Chi accoglie colui che manderò, accoglie me.

Giovedì della IV settimana del Tempo di Pasqua




L'ANNUNCIO
In verità, in verità vi dico: un servo non é più grande del suo padrone, né un apostolo é più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». 
  (Dal Vangelo secondo Giovanni 13, 16-20)


Possiamo essere "beati", e non è così difficile. Basta vivere secondo la natura che ci e' stata donata, nella Grazia della chiamata di Dio. Non dipende da noi, e scoprirlo è la prima beatitudine. E' un'opera dello Spirito Santo, che ci modella secondo la volontà di Dio, per farci conformi all'immagine di Cristo. Diventarlo, poco a poco, è il compimento della nostra vita, non ve ne sono altri. La semplicità di non pretendere nulla di più di quel che ci è donato, che e' tanto, infinitamente tanto, e non ce ne rendiamo conto. La vita di ora, il lavoro, la famiglia, gli amici, lo studio, e poi il carattere, l'aspetto fisico, le debolezze, specialmente le debolezze che ci aprono alla misericordia e alla potenza di Dio, tutto di noi fa di noi Cristo. Siamo legati a Lui e la nostra vita acquista senso e pienezza solo nel lasciar trasparire dai nostri sguardi, dalle parole, dai gesti, dalla vita, la sua presenza. Frasi del tipo "ho bisogno di tempo per me stesso", "devo cercare la mia identità", stonano con la vita rinnovata di chi ha "accolto" Gesù. La nostra parte di eredità è magnifica, appartenere a Cristo al punto di esserne una traccia deposta tra le pieghe della storia; ci è toccata una sorte deliziosa, questo giorno con la sua croce e la sua gioia. Sarebbe assurdo e innaturale voler vivere un'altra vita, cercare di cambiare la rotta che Lui ha tracciato per noi. "Saremo beati" se, "capendo" nel nostro intimo di essere la carne di Cristo che cammina nella storia, il suo amore seminato tra gli uomini, "metteremo in pratica", "faremo" secondo l'originale greco, quello che la natura divina di cui siamo diventati partecipi desidera compiere in noi. Egli "conosce quelli che ha scelto", ogni debolezza e contraddizione, e li ha attirati a sé costituendoli altri se stesso per gli uomini che incontreranno. Accogliere oggi la sua Parola che ci fa suoi apostoli è la nostra beatitudine, e coincide con la salvezza offerta al nostro prossimo. Per questo ogni incontro è prezioso, ogni parola detta, ogni gesto che scaturisce dall'intimità con Gesù è una scintilla dello Spirito Santo capace di salvare una vita: anche al bar, con la fidanzata, con i colleghi, con il vicino, sulla metro, al mercato, perché ogni persona che incontreremo oggi abbia, in noi, l'occasione di accogliere Cristo, e, con Lui, il Padre, Dio stesso. Ma, come in Gesù, anche in noi "si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno". Eccome se, anche oggi, qualcuno "leverà contro di noi il suo calcagno"! Ci aspetta, come Giuda ha aspettato Gesù; ci venderà, tradirà la fiducia, l'amore, traviserà i "segni" del "discepolo mandato" da Gesù. Proprio l'amico, lui per primo. Proprio chi "mangia con noi", tuo marito che ha un'amante, tua moglie che non si concede, tuo figlio che contesta violentemente ogni tua parola e criterio, tua madre, che forse ti ha abbandonato da piccolo. E' un mistero che spacca il cuore. Ma "si deve adempiere" nella nostra vita, altrimenti non si aprirebbe, nei luoghi ai quali siamo inviati, un cammino nella morte, proprio per chi ci rifiuterà. Deve arrivare l'umiliazione, perché altrimenti non potremmo "sapere", ovvero sperimentare, che Gesù è "Io sono", che Lui è Dio, l'Onnipotente che entra nella morte e vi esce vittorioso. Ce lo "dice fin d'ora, prima che avvenga", per farci partecipi del suo discernimento, della sapienza della Croce che guarda a ogni evento con gli occhi dell'amore. "Un discepolo non è più del Maestro" crocifisso, e "un apostolo non è più grande di Colui che lo ha inviato", umiliato e tradito. Un discepolo impara dai passi del Maestro, un Apostolo è inviato a seguire le orme del Signore. Solo così, chi ci incontrerà, potrà "accogliere" Cristo in noi; in ginocchio ai piedi di tutti per lavarli con lo stesso amore che ci ha salvato, servi che non esigono nulla, e che desiderano solo la salvezza di ogni uomo. E' il nostro "brand", inconfondibile. Lo è in quanto genitori, presbiteri, vescovi, perché lo è in quanto siamo cristiani. Chi ci è accanto ha bisogno della prova che siamo "mandati" da Cristo, ha diritto a vederci crocifissi. Come è accaduto, e accade ogni giorno per noi, che contempliamo nella nostra vita l'amore infinito di Cristo che ci accoglie e perdona i mille tradimenti con cui diciamo di non conoscerlo. Non è nel suo amore sperimentato nella Chiesa, nella confessione e nell'eucarestia, nella predicazione e nella comunità che non ci ha mai rifiutati, che abbiamo conosciuto il Signore, e, attraverso di Lui, il Padre della misericordia? Non c'è altro cammino allora, per noi, e per chi ancora non ha accolto Gesù nella propria vita, o lo ha rifiutato e ora soffre da morire. Non c'è altro cammino che quello della Croce preparata per noi.



QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI

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