Santa Maria,

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lunedì 12 maggio 2014

"Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore"

Lunedì della IV settimana del Tempo Pasquale

Io sono la porta delle pecore.
Dal Vangelo secondo Giovanni 10,1-10 
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Parola del Signore


L'ANNUNCIO
Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».  
(Dal Vangelo secondo Giovanni 10,11-18)

"Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore"



Apparteniamo a Cristo, e a Lui soltanto. Ma viviamo come ostaggi di "mercenari", ed è questa la radice di tante nostre sofferenze. Siamo stati creati in Lui, per questo nel nostro cuore risuona come adeguata, perfettamente rispondente all'aspirazione profonda e autentica, solo la voce di Cristo. Non conosciamo nessun altro, eppure viviamo consegnati ai "mercenari" che ci usano per guadagnare sulla nostra pelle, le ideologie e il pensiero mondano che ci consegnano all'inferno. Non sono un inferno tante nostre relazioni? Non è un inferno il lavoro, lo studio? Non lo è il mondo, con la sua politica, con l'economia in mano all'avidità, con le guerre che, spesso in nome di Dio, insanguinano la terra? Lo sono perché ci siamo trasformati anche noi in "mercenari". Rubiamo, ci appropriamo, leghiamo le persone sperando ed esigendo guadagni affettivi, compensi esosi per l'esserci donati. E le relazioni appaiono per quello che purtroppo sono, mercimoni di affetti, mercati dove non esiste gratuità. "Il mercenario scappa davanti al lupo", al male, alla sofferenza, ai peccati. Quando il prodotto si rivela diverso da quello pubblicizzato si rispedisce al negozio; quando la moglie, il fidanzato, l'amico si rivelano diversi da quello che avevano lasciato intuire di essere, quando appaiono i lati oscuri del carattere, quando emergono i limiti, le debolezze, i peccati, quelli che proprio non si adeguano alle nostre capacità di accoglienza e accettazione, rifiutamo e "scappiamo". Merce avariata venduta da mercenari, questo è, spesso, l'amore. E "il lupo", il demonio che muove le fila delle nostre relazioni, "rapisce e disperde", ed è la nostra esperienza quotidiana. Quante volte assistiamo al naufragio di un fidanzamento, di un'amicizia, di un matrimonio, inciampati tutti nella debolezza e nei peccati! Ogni giorno sperimentiamo la precarietà dei nostri rapporti, cerchiamo di blindarli con una serie di compromessi, ma alla fine, all'apparire della verità, scopriamo quanto effimeri siano i nostri maldestri tentativi di rabberciare le cose. E tutto si disperde, come si disperde il seme quando usiamo della sessualità chiudendoci alla vita, sia con la masturbazione, sia con i rapporti prematrimoniali, sia con i rapporti matrimoniali ingabbiati nei metodi anticoncezionali; come quando si disperdono le parole, le azioni, i progetti faticosamente legati insieme da un laccio carnale, che è sempre egoistico, il laccio del mercenario. Il "lupo", infatti, è sempre in agguato; per questo occorre riconoscere a chi apparteniamo, e a chi appartiene chi ci è vicino, le persone che ci sono care. Siamo di Cristo, perchè Lui è l'unico che ci ama sino in fondo, che conoscendo perfettamente tutto di noi, ci ama senza riserve, senza esigere nulla, senza aspettarsi cambiamenti, non cerca neppure la nostra gratitudine. Cristo è, secondo l'originale greco, il "Pastore vero e bello" che "espone la sua vita" perché il "lupo" non ci sbrani. Ah, sono queste dunque la bellezza e la verità! In esse e per esse siamo stati creati! La bellezza di Colui che non aveva bellezza né splendore da attirare gli sguardi; la bellezza del Servo davanti al quale ci si copre la faccia, tanto era sfigurato appeso alla Croce. La Verità fatta carne in Cristo, che appariva castigato e fallito, mentre portava il peccato di tutti e intercedeva per i peccatori; la Verità che risplende nella Croce. Con quale bellezza, invece, ci ha sedotto il "mercenario"? Quale "verità" ci ha insinuato? Entrambe effimere, perché nemiche della Croce, dell'amore che non ruba ma "espone, dispone e depone" la propria vita per gli altri, secondo il senso dell'originale greco reso con "offre". Gesù è il "pastore bello e vero", perché, a differenza del "mercenario", ha "interesse" delle pecore; ciò significa che ha le pecore in sé, dentro al cuore, perché questa è l'etimologia del termine "interesse". Sa che Gli appartengono, le porta nella sua carne, "conosce le sue pecore". Conoscere - ghinôskô - nel linguaggio biblico, significa molto più di una conoscenza razionale; conoscere è donarsi, offire la propria vita, ed è anche una forma per indicare l'unione sessuale, come troviamo nelle parole della Vergine Maria rivolte all'angelo: "non conosco uomo". Cristo, dunque, è il "Pastore vero" perché ci conosce nella "verità" che non esclude nulla, di sè e di noi; ci conosce amandoci, "deponendo la vita", come il seme nella terra, nella nostra carne corrotta. Gesù ci conosce per quello che siamo anche in questo istante. Niente di "mercenario", ipocrita e falso; non una relazione superficiale che non fa mai entrare l'altro in sé, basata sull'apparenza; come accade a noi quando appare l'assoluta incompatibilità, e abbandoniamo anche colui per il quale abbiamo fatto di tutto, persino follie mascherate d'amore. Con Cristo, invece, tutt'altra cosa, una relazione che ha origine e compimento nella realtà di ciascuno. Lui è Dio sempre, anche quando noi siamo peccatori. Lui non ci respinge, non ci abbandona, mai. Attenzione che qui Gesù dice qualcosa di immensamente grande: "conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre". Come Gesù conosce il Padre? E come il Padre conosce Gesù? In un amore infinito, nel quale l'uno compie i desideri dell'altro; tra i due non vi è nulla di segreto, e tutto dell'uno appartiene all'altro. Così Gesù conosce ciascuno di noi, e così siamo chiamati a conoscerlo. In una comunione che supera ogni limite, in una confidenza che non viene mai meno, in un abbandono sereno anche nelle "valli oscure" della vita. Capite? Apparteniamo a Cristo, in una conoscenza che ci depone nel cuore e nella vita stessa di Dio. Non ci sono più segreti, la storia, con i suoi Getsemani e i suoi Golgota, sono per noi già illuminati dalla luce della Pasqua. Possiamo vivere nella vita divina, amando senza riserve, oltrepassando gli steccati dell'egoismo e della concupiscenza. Possiamo essere sinceri perché nulla è segreto tra noi e Cristo, e in Lui, tra noi e il Padre. Gesù è proprio come il vino buono, il vino vero delle nozze di Cana, nel cui passo non a caso è usato "kalos", lo stesso termine: è Lui che infonde la gioia, il gusto, il senso e la pienezza alla nostra vita, trasformando l'acqua delle relazioni sterili ed egoistiche, nel vino nuovo della vita che abbonda al punto d'essere donata. E' il Pastore "bello", altro significato di "kalos", che fa bella la vita, che illumina la storia di ciascuno rivelando, nel suo amore crocifisso, che con Lui "non manchiamo di nulla (cfr. Sal 23). E ciò significa l'esatto contrario di ciò che fa il "lupo" al quale ci consegna il "mercenario", che "disperde". Per questo, solo riconoscendo la sua voce, sperimentando la nostra appartenenza a Lui possiamo conoscere l'amore autentico, e con esso la libertà. Appartenendo a Lui possiamo appartenere alla moglie, al marito, ai figli, al fidanzato, all'amico. Ogni appartenenza umana è inscritta in un'appartenenza più grande, che non si esaurisce, che non scappa e sfilaccia di fronte alla prova: "da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1 Gv 3,16). Perchè anche le persone più intime prima di appartenerci appartengono a Cristo, ed ogni rapporto vive solo in questa comune appartenenza a Cristo. Sino a vedere ogni persona come sua pecora: "Anche altre pecore ho che non sono di questo recinto. Anche quelle bisogna che io conduca. E ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo Pastore". Confessiamolo, pochissime volte abbiamo guardato così agli altri, quelli fuori da "questo recinto", sia esso la Chiesa o, più spesso, quello dei nostri criteri. I lontani della Chiesa, quelli che divorziano e abortiscono, il vicino che ci vuol far causa, il figlio che fa quello che vuole, il marito entrato in crisi che non ne vuol più sapere di Dio e dei preti, i parenti, i colleghi, i nemici. Ma se sperimentiamo davvero che Gesù ha "disposto" la sua vita perché potessimo vivere come sue pecore, beh allora i nostri occhi si aprirebbero e guarderemmo agli altri in modo diverso. Comincerebbero ad "interessarci", ad essere parte di noi, legati al nostro destino, perché il nostro cuore sarebbe lo stesso di Cristo. Smetteremmo di fare, come a volte accade nella Chiesa e nelle sue comunità, un muro invalicabile pieno di giudizi e pregiudizi, del "recinto" che ci sta gestando per uscire ad amare. "Conoscendo Cristo come da Lui siamo conosciuti" sapremo anche noi "esporci" ai pericoli per salvare la vita del prossimo; "disporre" il nostro tempo, gli impegni, il portafoglio, le comodità, per il bene dell'altro; e "deporre" tutto di noi, compreso l'onore e la stima, i criteri e le idee, per uscire con Cristo a "condurre" chiunque ci sia vicino verso il suo amore. Attraverso la sua Pasqua fatta carne e vita in noi tutti potranno "ascoltare" l'annuncio del Vangelo come dalla bocca del "Pastore bello e vero", perché "diventino un solo gregge, un solo pastore". Come ha scritto Silvano Fausti, "nel testo greco non si dice un solo gregge e un soloPastore con la congiunzione; neppure un solo ovile e un solo Pastore, ma si dice: un solo gregge virgola un solo Pastore. Cosa vuol dire quella virgola? Che Pastore e gregge sono la stessa cosa; non c’è bisogno di una “e” che li congiunga come fossero due cose, non c’è bisogno di metterli insieme perché sono distinti, sono un’unica realtà". Le persone che ci sono accanto appartengono già a Cristo, come noi. Hanno solo bisogno della sua Parola che li "conduca", "bella e vera" nella carne della Chiesa inviata sino ai confini della terra. Ciò significa, concretamente, che, con Cristo, nell'altro possiamo ritrovare e riconoscere sempre un fratello, anche quando la ragione, il sentimento, e l'esperienza ci spingono a chiuderci e a lasciar perdere. Perchè nell'altro vive Cristo, che ha "deposto la sua vita" per lui; per Lui è santo, da Lui è amato, e nulla si può disprezzare. Questo è il "comando" che Gesù ha "ricevuto dal Padre", amore allo stato purissimo. Nessuno, né noi, né chiunque altro, fosse anche il più grande peccatore, "ha tolto la vita" a Gesù: è Lui che, per amore di tutti, per l'amore del Padre che vibrava in Lui, "ha deposto la sua vita da se stesso" in un sepolcro. Ciò non significa minimizzare i peccati, ma solo far risplendere il suo amore, infinitamente più grande del più grande peccato. Per riscattarci dalla menzogna che ci ha ingannato su Dio, doveva apparire questo amore infinito, che si getta tra le braccia assassine senza riserve, prima ancora che si fossero mosse per uccidere. Un amore che ha armato la mano del nemico perché "spurgasse" sino in fondo tutto il male e lo raggiungesse. Gesù si è "esposto" al peccato per poterlo distruggere nel suo amore. Questo, infatti, è infinitamente più "potente" del demonio, e per questo Gesù, che è Dio, ha potuto "riprendersi" la sua vita, e con essa, anche quella di ogni uomo "rapito" dal "lupo". Anche tu ed io, come ogni altro uomo; per questo, una volta "ripresi" da Gesù, siamo inviati, ad "esporre" con Lui la nostra vita per "riprenderla" insieme a quella di quanti sono già pescati dalla sua Croce, ma ancora non lo sanno. A far risuonare la "sua voce", perché chi la ascolta cammini insieme a noi nell'unico gregge che si dirige verso il Cielo.



APPROFONDIMENTI


CONCORDANZE

Concordanze di Gv. 10, 1-10
Percorso esegetico per scrutare il Vangelo della IV Domenica di Pasqua, anno A.


COMMENTI

Benedetto XVI. Io sono il Buon Pastore

Ratzinger - Benedetto XVI. Il Pastore (da Gesù di Nazaret)
RATZINGER - Benedetto XVI: Omelie sul Buon Pastore 
Giovanni Paolo II. Omelie sul Buon Pastore
P. R. Cantalamessa: IL BUON PASTORE
Josemaria Escrivà. IL BUON PASTORE
Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Daniel-Rops. La vita del buon pastore in Palestina ai tempi di Gesù



L'INIZIAZIONE CRISTIANA, IL BATTESIMO E IL BUON PASTORE


J Danielou. Il Sal. 23 e il Buon Pastore figure dell'iniziazione cristiana


ESEGESI


Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Schnackemburg. Gesù Buon Pastore
S. A. Panimolle. La porta delle pecore e il Buon Pastore
R. Fabris. Il pastore e le pecore
IL buon pastore... la porta... entrare.. uscire...
L'annuncio del buon pastore




COMMENTI PATRISTICI

Sant'Agostino. Il buon Pastore e i mercenari. (Giov. 10, 11-13)
Sant'Agostino. Omelia sul Buon Pastore
Sant'Agostino. Il buon Pastore dà la vita.
San Gregorio Magno. Cristo, il buon pastore
San Beda il Venerabile. Dall’Omelia II sul Buon Pastore
S. Cirillo di Gerusalemme. Dal Commento al Vangelo di Giovanni sul Buon Pastore


αποφθεγμα Apoftegma


Siete pecore di Cristo, acquistate a prezzo del suo sangue. 
Riconoscete il vostro prezzo, 
che non è versato da me, 
ma da me è annunciato. 
Se altri hanno dato la vita per il gregge, 
non l'han potuto fare senza il buon Pastore, 
il quale solo ha potuto fare questo senza di loro.

Sant'Agostino

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