11 maggio 2014 - La porta, il pastore
Al tempo di Gesù le pecore venivano radunate durante la notte e chiuse in un basso recinto fatto di pietre accatastate. A volte, ad aumentare un po’ la sicurezza, di aggiungeva una fila di rovi spinosi, in modo da impedire ai ladri e ai lupi di accedere e di fare scempio del gregge. Il recinto, normalmente, sorgeva nei pressi del villaggio e radunava le pietre di numerosi proprietari. A turno, poi, questi si alternavano per la veglia della notte: si ponevano nell’unica apertura del recinto di pietre e, seduti, si appoggiavano con la schiena ad uno stupite e con le gambe rannicchiate chiudevano il passaggio: diventavano loro stessi la “porta” del recinto. Impedivano così ai malintenzionati di avvicinarsi. Sul fare del mattino, quando arrivavano i singoli proprietari, bastava una voce per svegliare le proprie pecore che, a questo punto, venivano lasciate passare per andare a pascolare. Avendo ora davanti agli occhi questa immagine capiamo meglio l’allegoria usata da Gesù nel decimo capitolo del vangelo di Giovanni e che leggiamo ogni anno, dividendola in tre parti, durante la quarta domenica di Pasqua. La Porta Gesù è quel pastore che passa la notte a vegliare, accovacciato all’apertura del recinto di pietre, diventando egli stesso la porta che lascia passare solo chi ha a che fare con le pecore e tiene lontano i nemici, i briganti, i ladri. Le pecore fanno gola a molti, allora come oggi. Noi pecore, spesso, veniamo coinvolte da persone cui non stiamo a cuore. Dai ...
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