Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 3 maggio 2014

III^ Domenica del Tempo di Pasqua. Anno A "due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus"


QUI il Commento al Vangelo della III Domenica di Pasqua. Anno A

L'ANNUNCIO
Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
(Dal Vangelo secondo Luca 24, 13-35)


"Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?"



La Pasqua è il trionfo della libertà. Il Vangelo di questa Domenica descrive la pedagogia divina, che educa l'uomo accompagnandolo sin dove la sua libertà schiava della carne lo conduce; e qui, trasformarlo nell'amore in un figlio di Dio, libero davvero per convertirsi, ovvero per ritornare "senza indugio" nel cuore della comunione e della Verità. 
E' il Vangelo dei lontani! In piena Pasqua è il Vangelo di chi non capisce e rifiuta la Pasqua. Perché c'è anche questo, c'era nella Chiesa primitiva, c'è stato durante la storia della Chiesa, c'è oggi. E c'è una Pasqua anche per quelli che, pur avendo ascoltato che "Gesù è vivo", non hanno celebrato nulla, incamminati in direzione opposta al Cenacolo. 
Il cammino dei due discepoli di Emmaus, infatti, è il cammino di quanti si allontanano dalla Chiesa, forse insoddisfatti perché le promesse e le aspettative sono state deluse: "Noi speravamo che Gesù fosse colui che avrebbe liberato Israele". Noi speravamo che Dio ascoltasse le nostre preghiere, e invece niente, papà è morto, mio figlio non ha lavoro, di un fidanzato neanche l'ombra. 
Noi speravamo che nella Chiesa ci fosse amore e carità, e invece il parroco pensa solo ai soldi, le persone sono ipocrite, le messe una sentina di giudizi e ostentazione. Noi speravamo che, anche se divorziati, potessimo essere accolti e fare la comunione, e invece qui ci impediscono di ricevere proprio Colui che dicono ami tutti. 
Noi speravamo, ce lo avevano insegnato a catechismo, che esistesse Dio e che Gesù fosse risuscitato, ma erano tutte chiacchiere ingannevoli; a scuola sì che il professore di storia e filosofia ci ha schiarito le idee: crociate, inquisizione, potere temporale, e poi lo Ior e i preti pedofili, e tutte queste leggi omofobe e sessuofobe che sembrano fatte apposta per frustrare i sentimenti e i desideri più diversi. La ragione con la sua scienza accidenti, solo questa può spiegare quello che nessun prete è stato in grado di chiarire.
Noi speravamo, e in questo "noi" ci siamo tutti, tu ed io innanzitutto, e poi i nostri figli che dopo la cresima hanno salutato la Chiesa, i parenti, gli amici, i colleghi. Tutti quelli che abbiamo avuto un contatto con Cristo e la sua Chiesa e, per un motivo o per un altro, ce ne siamo allontanati. 
Chi da molto tempo, ed è ormai preso dai tentacoli del mondo e dai suoi criteri; e chi giusto il tempo per far causa a un vicino di casa, o per chiudere la porta del cuore alla moglie, o per farsi giustizia, visto che "sono passati tre giorni" e da Dio nessuna risposta.
Ed è proprio in tutta questa confusione e ignoranza che risplende la Pasqua; proprio "mentre" siamo "in cammino", ciascuno diretto al proprio "villaggio di nome Èmmaus", o Roma, o Tokyo: o verso le idee e le ideologie tolleranti e inclusive, abbracciando i giudizi sui preti e su Dio stesso; o in direzione della discoteca dove evaporare la gioventù, o qualsiasi luogo "distante circa undici chilometri da Gerusalemme" che è immagine della Chiesa, dove cerchiamo ragione del dolore, consolazione per i fallimenti, pace per le nevrosi, e senso che ci liberi dai complessi.
Sì, anche ogni cammino che ci allontana da Dio avviene "in quello stesso giorno", il giorno di Pasqua! La resurrezione di Cristo ci abbraccia proprio "mentre", come i due discepoli, "conversiamo e discutiamo" cercando di capire ma senza discernimento, nell'impossibilità di accettare il piano di Dio, che la via alla felicità e alla vita piena passa per la Croce.
Quando Papa Francesco ripete di andare alle "periferie dell'esistenza" e di preoccuparsi di annunciare il Vangelo della misericordia prima di affermare i principi, ci sta indicando quanto accaduto sulla strada che conduceva a Emmaus! 
Su di essa transitano - "con il volto triste" perché lontano dalla Verità e dall'amore non c'è felicità - tutti gli "stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti", ovvero la Chiesa e i suoi pastori, i catechisti, i genitori, e coloro che annunciano il Vangelo. Verso Emmaus camminano tutti quelli che, ingannati dal demonio, son gonfi d'orgoglio e interpretano tutto secondo le leggi dure e senza pietà della carne e del mondo. 
Tutti quelli che l'incontro con Cristo aveva sedotto, innescando speranze, forse infantili, acerbe, sentimentali. Gesù è stato importante fintanto che si è mostrato "profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo". Ma quando "i capi dei sacerdoti e le autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso"ci siamo scandalizzati, perché la carne non può accogliere ciò che trascende la ragione; essa è schiava della superbia "originale" che rifiuta l'amore perché è lei a dire cosa e come Dio "deve" operare. 
Abbiamo sperato in Gesù, ma non in Gesù crocifissoE perché? Perché non ci conosciamo e non ci riconosciamo peccatori; perché chiunque si allontana da Gerusalemme non ha compreso che "bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria". Bisognava che entrasse nella morte dove il peccato ha spinto ogni uomo, nella tomba dove giace il tuo matrimonio o il rapporto con tuo figlio, altrimenti non avrebbe potuto salvarlo. 
Scappiamo da Gerusalemme perché la Croce non ci riguarda, questo è il punto. E non ci sono moralismi, battaglie ideali, campagne stampa, manifestazioni e referendum che tengano, se la Croce non mi riguarda personalmente anche Gerusalemme diventa un luogo opprimente, come la Chiesa e il suo Magistero. Senza l'incontro con Cristo risorto al fondo dei miei peccati, lì sul cammino verso Emmaus, è inutile ogni sforzo. 
Per questo Gesù dilata il suo Mistero Pasquale sino ai luoghi dove scappiamo delusi. Proprio qui, capito? proprio mentre discutiamo "di tutto quello che era accaduto", della Croce e dell'annuncio della Chiesa, "Gesù in persona si avvicina e cammina con noi". 
Gesù avanza accanto a noi proprio mentre ci allontaniamo come Adamo ed Eva - erano due anche loro... - quando si sono separati da Dio e hanno dovuto intraprendere il duro cammino fuori dal Paradiso. Come la nube della presenza di Dio che ha accompagnato il Popolo quando è dovuto andare in esilio. Come lo sguardo del Padre, che non ha mai abbandonato gli sbandamenti del figlio prodigo.
Lì dove si trova tua figlia caduta nel peccato, tuo marito che ti ha lasciato, dove sei tu, incatenato nel rancore, è oggi il Calvario, e il sepolcro dove nessuno è mai stato sepolto, e la pietra rovesciata e Cristo risorto che ci viene incontro.
Oggi e ogni giorno della storia è Pasqua, il primo giorno della settimana! Oggi la croce che mi scandalizza è già avvolta della gloria di Cristo risorto! Gesù era apparso lì in quell'istante con carne e parola, ma non aveva smesso un istante di essere con i due discepoli, il più familiare di tutti. 
No, Gesù non è "così forestiero", lontano dai nostri problemi, come pensiamo sedotti dalle menzogne che ascoltiamo ogni giorno. Gesù sa bene "quello che è accaduto a Gerusalemme", era il compimento della sua missione! 
Per questo Lui è dentro ogni avvenimento di croce che insanguina la storia, nelle nostre case, negli uffici e nelle scuole, negli ospedali e negli ingorghi. Gesù è nelle ansie e nelle difficoltà del matrimonio, nella fragilità dei figli, nel timore del fidanzamento, nella fatica del lavoro e dello studio, nella stanchezza della malattia. 
Chiunque è stato anche solo un giorno nella Chiesa, chi ha fatto il catechismo, chi ha pregato con la nonna da bambino, chi è stato a un funerale, ha potuto ascoltare l'annuncio delle "donne che hanno sconvolto" i discepoli di Emmaus: "si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo". 
E quel grido risuona, all'inizio flebilmente, ma poi imperioso, come un graffio che impedisce la felicità quando si è lontani dalla comunione d'amore con Cristo che si sperimenta nella Chiesa.
Le "donne delle nostre" sono la nostalgia di pienezza e amore che ogni uomo porta nel cuore, anche chi brancola nel buio lontano dalla Chiesa dove non è mai stato. Per questo il Vangelo di oggi è una buona notizia per tutti! 
E una chiamata a conversione per la Chiesa, perché non spenga mai l'annuncio delle donne, il Kerygma che sconvolge e lega indissolubilmente a Cristo la vita di ogni uomo, come brace viva sotto la cenere.
E Cristo è lì, come anche la Chiesa e i suoi apostoli sono chiamati a fare, accanto agli uomini che han visto incenerirsi la speranza. Cammina e ama, senza giudicare. E' presente nei luoghi di dolore e peccato, anche dove i "discepoli" hanno perduto la fede, e non teme di sporcarsi con lo stessa terra calpestata dagli "stolti". 
Non importa se, all'inizio, "i loro occhi sono incapaci di riconoscerlo". Importa che Lui sia lì, a soffiare parole di amore e verità su quella cenere, a "conversare con ciascuno lungo la via, spiegando le Scritture", sino a che non torni in loro ad "ardere il cuore".
Discreto e rispettoso della libertà di ciascuno, Gesù dialoga con tutti, non come in un talk show, ma, "cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiega loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui". 
Attraverso gli eventi della storia, i dolori e le gioie di ogni giorno, Gesù parla e rivela a poco a poco come tutto della storia di ciascuno ha avuto, da sempre, relazione con il suo amore. Il suo sangue, infatti, ha raggiunto ogni lembo di terra, ogni sussulto di vita, ogni peccato. 
E' stupenda la tenerezza di Gesù, l'unico esegeta (Frédéric Manns), l'Agnello immolato capace di aprire i sette sigilli della Scrittura, per rivelarne il senso e illuminare con essa la vita di ogni uomo: Gesù accompagna i passi nella Verità, e cioè che "Egli doveva morire" proprio per te e per me. 
Per farlo capire ai discepoli, il Signore trova e raccoglie nei tre libri (il Pentateuco, i Profeti e i Sapienziali) le tre perle della Scrittura che parlano di Lui e si confermano a vicenda: "La tradizione giudaica dice che chi è capace di trovare queste tre perle fa l'esperienza del Sinai. Che cosa è successo al Sinai? La Legge è stata data in mezzo al fuoco. I discepoli, quando sentono Gesù che fa esegesi con questo metodo giudaico, cosa dicono? "Non ardeva forse in noi il nostro cuore quando ci spiegava le Scritture?". Fanno anche loro l'esperienza del fuoco che riscalda, come gli ebrei ai piedi del Sinai" (Frédéric Manns).  
Gesù, dunque, si fa presente illuminando la sua vita consegnata per amore, cingendo di perle preziose ogni evento oscuro della sua e della nostra esistenza, perché tutti possano fare l'esperienza del Sinai, vedere Dio nella propria storia come un fuoco di misericordia che sigilla nel cuore le sue parole d'amore.
Il suo fuoco, l'unico, è giunto sin dentro la notte, il crepuscolo di ogni fuga. E Gesù "fa come se dovesse andare più lontano", ed è il colpo del ko... Proprio la possibilità di perdere quella presenza che aveva riacceso il cuore svela definitivamente la propria indigenza, ed è quando ci si scopre impauriti e soli nel buio della superbia. 
Ma Gesù è lì, pronto ad essere accolto ed "entrare per rimanere con loro" che hanno finalmente capito d'essere peccatori e bisognosi del suo perdono.
Allora, non sappiamo quando, ma sappiamo dove - proprio alla fine del viaggio, "vicini al villaggio dove siamo diretti" - forse attraverso un fatto, di certo per la presenza amorevole e misericordiosa della Chiesa e dei suoi figli, quel cuore tornato a scaldarsi può implorare Cristo come fece Abramo visitato dai tre angeli alla quercia di Mambre, perché non passi senza fermarsi: "Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto".
In quel crocevia decisivo si fa chiara l'esperienza che, scappando da Gerusalemme, ci si ritrova nella notte, come Giuda; e non vogliamo porre fine alle nostre vite come lui. La parola di Gesù ci ha destato a una speranza che credevamo perduta. La sua presenza, il suo esserci nonostante tutto, ha illuminato il nostro orgoglio: "noi speravamo" male, "discutevamo" ingannati dal demonio. 
Non è come pensavamo irretiti nelle menzogne che ci hanno insegnato nel mondo. "Resta con noi" perché abbiamo capito di non aver capito niente, della nostra storia, della Chiesa, dell'amore e di Te. Abbiamo però imparato che del tuo camminare con noi proprio non possiamo fare a meno.
In questo momento rivive l'incontro di Giuseppe con i fratelli che lo avevano venduto. Dopo tanti dialoghi e prove, nell'intimità, il figlio prediletto di Giacobbe si "fa riconoscere": "Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l'Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d'Egitto. Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: Dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l'Egitto... Ed ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniamino: è la mia bocca che vi parla!" Gen 45, 4 ss.).
Non c'è, dunque, da rattristarsi, perché nelle trame oscure che conducono l'uomo a tradire, scappare e peccare, Dio scrive una storia di misericordia. Ha "mandato" Cristo sulla strada di Emmaus prima dei discepoli, sulla Croce gli ha fatto sperimentare la lontananza prima di ogni lontano, perché possano "aprirsi gli occhi" di tutti sul suo amore. Ha consegnato suo Figlio alla morte per "assicurare" a tutti la vita e la salvezza.
Per questo, proprio dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la Grazia: i discepoli "riconoscono Gesù" perché hanno conosciuto se stessi nel suo corpo crocifisso e "spezzato" per amore. In quell'intimità ritrovata nel punto del cammino più lontano da Gerusalemme, appare la Chiesa, il culmine e la fonte della sua liturgia, il rendimento di grazie per l'amore infinito di Dio, l'Eucarestia. 
"A tavola" con Cristo ogni storia trova il suo senso; in quel "pane preso, spezzato e dato" trova pienezza ogni vita perduta. In Cristo ogni fallimento si trasforma in benedizione: anche i passi che ci hanno separato da Lui e dai fratelli, nella luce del suo amore, si scopre che stavano tracciando il cammino percorso per incontrarlo e non lasciarlo più.
Ora il cammino di purificazione è compiuto: Gesù è entrato per "rimanere" con i discepoli; anche se "sparisce alla vista" della carne, ormai Lui è in loro, come in chiunque abbia fatto questa esperienza, ed è finalmente libero. Libero dal peccato e dall'angoscia, come i fratelli di Giuseppe che, perdonati, si "affrettano" a tornare da Giacobbe a dare la buona notizia del fratello ritrovato. 
Così anche noi, con tutti quelli che si erano allontanati, possiamo convertirci, liberi di invertire la marcia e tornare sui nostri passi; liberi di cambiare modo di pensare e di vivere; liberi di fare "ritorno senza indugio a Gerusalemme", incontro ai fratelli per "narrare ciò che ci è accaduto lungo la via e come l’abbiamo riconosciuto nello spezzare il pane"; liberi di celebrare, nella comunione, la pienezza della Vita che non muore, perché «davvero il Signore è risorto!»
E da qui, liberi di donarsi e uscire per farci compagni di viaggio dell'infinita schiera dei "tristi" e delusi viandanti che ci sono accanto, per innescare in loro il fuoco della speranza.




APPROFONDIMENTI


CONCORDANZE

Concordanze del Vangelo di Emmaus. Lc. 24, 13-35


COMMENTI


Ratzinger - Benedetto XVI. Catechesi sui discepoli di Emmaus
Ratzinger - Benedetto XVI. "Noi speravamo".... Leggere l'enciclica "Spe salvi" per meditare e approfondire il Vangelo
Ratzinger - Benedetto XVI. La Resurrezione è il fatto centrale della nostra fede, l'esempio dei discepoli di Emmaus
Don Divo Barsotti Apparizione ai due discepoli di Emmaus
P. R. Cantalamessa: la Parola di Dio è luce, incoraggiamento e vita
P. R. Cantalamessa: E' RISORTO IN VERITA'. Commento per la III domenica di Pasqua, anno A
P. Cantalamessa. Discepoli di Emmaus ed eucarestia.
P. R. Cantalamessa: Emmaus, una sola fede: Eucarestia e carità
Emmaus "icona" della lectio divina
G. Ravasi. GESU' DI EMMAUS

Giovanni Paolo II L'EUCARISTIA MISTERO DI LUCE NEL VANGELO DI EMMAUS
Giovanni Paolo II. Omelie per la III domenica di Pasqua anno A

C. Caffarra. Omelie sulla III domenica di Pasqua
Sulla Strada di Emmaus. Trovare la chiave che apre il significato delle Scritture.
Carlo Maria Martini, Partenza da Emmaus
I DISCEPOLI DI EMMAUS. Meditazioni di Eugenio Pramotton


COMMENTI PATRISTICI

Sant' Agostino. I due discepoli di Emmaus, uomini di fede debole.
Sant' Agostino. La fede dei discepoli di Emmaus e la fede di Pietro.


ARTE E LITURGIA

I discepoli di Emmaus. Lettura spirituale e teologica dell'opera di Duccio da Boninsegna, I pellegrini di Emmaus, Siena




αποφθεγμα Apoftegma



Gesù cammina con loro, ma loro sono tanto tristi, 
tanto disperati, che non lo riconoscono. 
Quando però  il Signore spiega loro le Scritture, 
perché comprendano che Lui doveva soffrire e morire per poi risorgere,
le loro menti si aprono e nei loro cuori si riaccende la speranza.
E questo è quello che fa lo Spirito Santo con noi: 
ci apre la mente, ci apre per capire meglio, 
per capire meglio le cose di Dio, le cose umane, le situazioni, tutte le cose.

Papa Francesco


04 maggio 2014 - Sciocchi    Paolo Curtaz
ANNO A
III DOMENICA DI PASQUA

Prima Lettura: At 2, 14a. 22-33 
Salmo Responsoriale: Dal Salmo 15 
Seconda Lettura: 1 Pt 1, 17-21 
Vangelo Lc 24, 13-35 




Sanno che Gesù è risorto: glielo hanno detto alcune discepole.Ma, si sa, sono donne, emotivamente instabili, facilmente suggestionabili.E la notizia dell’assenza del cadavere del Maestro è stata confermata da alcuni apostoli.Ma, si sa, loro sono stati talmente travolti dagli eventi che, probabilmente, vedono lucciole per lanterne.Tornano ai loro affari, i due discepoli.Alle loro occupazioni: hanno pensato che il Nazareno fosse il Messia, quello che avrebbe regnato per mille anni su Israele sbaragliando i suoi nemici. Invece è morto, nel peggiore dei modi.Si allontanano dalla comunità, come fanno molti di noi, delusi da Dio.Di uno di loro sappiamo il nome, Cleopa, un personaggio conosciuto nella primitiva comunità. L’altro, invece, non ha nome: ognuno metta il suo. Sono tristi, i discepoli, e parlano delle loro disgrazie.Tristi, e si caricano a vicenda, facendo a gara a chi si butta più giù, come si fa, a volte, fra persone scoraggiate. Come se ci fosse un premio da vincere: lo sfortunato del mese. Il loro cammino è di reciproca lamentazione, di progressivo affossamento. Sconcertante.È terribile avere a che fare con persone che, quando vedono che sei afflitto, invece di incoraggiarti iniziano anch’esse a fare l’elenco delle loro disgrazie.Mal comune non fa mai mezzo gaudio. Spesso, fa doppia tristezza.Compagno di viaggioGesù si avvicina e cammina con loro.Non se ne accorgono, come potrebbero?Non alzano lo sguardo da loro stessi per incrociare lo sguardo del Signore. Sono talmente pieni del loro santo dolore da non accorgersi che la ragione della loro sofferenza non esiste più! Sono incapaci di uscire dalla gabbia che si sono creati.E li prende per il naso.Perché quella faccia?MaleducatoSono offesi, ora, i discepoli. Da dove viene questo buzzurro? Non si vede a sufficienza che sono tristi? Non hanno il volto sufficientemente disperato? Come si permette questo sciocco straniero di interrompere le loro lamentazioni? Non sa della situazione mondiale? Del terrorismo? Della crisi economica?Ci rassicura, il dolore, ci dona identità, ci identifica.A volte, purtroppo, in un percorso insalubre e folle, finiamo col coltivare questa identità.Finiamo col coltivare il dolore.Ho perso un figlio. Sono un esodato. Mio marito mi ha lasciata. Ho avuto un’infanzia terribile.Diventiamo il nostro dolore.Questi diventa il nostro segno di riconoscimento: così ci presentiamo, così vogliamo che ci riconoscano, sperando, magari, in un cenno di benevolenza, in un gesto di compassione. Illusi.Quando capiremo che la gente fugge il dolore come la peste? È da abbandonare, il sepolcro, da superare, non da usare come segno di riconoscimento.Sono offesi, i discepoli restati orfani.Cosa è successo? Chiede il risorto.Parlano della sua croce, e Gesù nemmeno se ne ricorda.E pronunciano la frase più triste dell’intero vangelo.Noi speravamo.Tristezza La speranza è sempre rivolta al futuro. Declinarla al passato significa ammetterne il totale fallimento.È difficile accettare il fallimento di un progetto, di un’azienda, di un gruppo parrocchiale.Il fallimento della speranza porta alla morte interiore.Noi speravamo: che sciocchi siamo stati a seguire il Nazareno, a credere che fosse lui il Messia! Che ingenui! Noi speravamo: ci siamo illusi, siamo stati degli idioti abissali, non abbiamo giustificazioni!La speranza è morta su quella maledetta croce.È morta e sepolta con Gesù, nel sepolcro regalato da Giuseppe di Arimatea.Quanti ne conosco di discepoli così, tristi e rassegnati!Noi speravamo, dicono i discepoli.E intanto il Signore che credono morto cammina con loro.Rimbrotti diviniDescrivono con dovizia di particolari le vicende che riguardano il Maestro, i discepoli restati orfani.Si aspettano comprensione, compassione. Ottengono uno schiaffo in pieno volto.Sciocchi e tardi, dice loro lo straniero.La sua provocazione li scuote, li costringe ad alzare lo sguardo.Cosa sta dicendo questo maleducato? Come si permette?Sciocchi a tardi nel credere, insiste.Gesù spiega il senso di quella sofferenza, della sua sofferenza, e li aiuta a rileggere tutti gli eventi in una chiave diversa, più ampia, a leggere il dolore alla luce del grande disegno di Dio. Sono fermi alla croce, i discepoli del risorto.Possiamo continuare a fissare il bruco, senza accorgerci che sta per diventare una farfalla.Non sempre chi ti dà una carezza ti vuole bene.Non sempre chi ti dà uno schiaffo ti vuole del male.A volte una bella scrollata ci distoglie dal dolore e ci aiuta a vedere le cose in maniera diversa.Arde, ora, il cuore dei discepoli.Il loro dolore inutile, paradossalmente gratificante, è spazzato via dalla Parola che riscalda e illumina. Tutto acquista senso, una dimensione nuova. La loro vita, riletta alla luce del grande progetto di Dio, assume un colore completamente diverso.Ancora Buona Pasqua, cercatori di Dio.

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