Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 14 agosto 2013

... Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»

         Memoria di San Massimiliano Maria Kolbe

Massimiliano Maria Kolbe è entrato nell'elenco dei santi con i titolo di sacerdote e martire. La sua testimonianza illumina di luce pasquale l’orrido mondo dei lager. Nacque in Polonia nel 1894; si consacrò al Signore nella famiglia Francescana dei Minori Conventuali.
Innamorato della Vergine, fondò "La milizia di Maria Immacolata" e svolse, con la parola e con la stampa, un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia. Deportato ad Auschwitz durante la seconda guerra mondiale, in uno slancio di carità offrì la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Morì nel bunker della fame il 14 agosto 1941.
Giovanni Paolo II lo ha chiamato "patrono del nostro difficile secolo". La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte.
 







E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore 
ed ami me suo servo e tuo, 
se ti diporterai in questa maniera, e cioè: 
che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, 
che, dopo aver visto i tuoi occhi, 
non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede;
e se non chiedesse perdono, 
chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. 
E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, 
amalo più di me per questo: 
che tu possa attrarlo al Signore; 
ed abbi sempre misericordia per tali fratelli.


San Francesco, Lettera a un ministro


Dal Vangelo secondo Matteo 18,15-20. 

Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.
In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro». 

Il commento

La comunione è uno tra i beni più preziosi donati dallo Sposo alla Sposa; rivelando l'amore e l'unità tra i "fratelli", essa è il segno che Dio offre al mondo perché "creda": "Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Gv 17,23). 

La comunione non è il frutto degli sforzi dell'uomo, delle sue capacità di mediazione, non nasce dal voto di fiducia della maggioranza, non si stabilisce nei palazzi delle comunità internazionali, non si fonda sulle affinità umane o su comuni ideali. La comunione è un dono dello Spirito Santo, il soffio della vita eterna che, la mattina di Pentecoste, irruppe nel Cenacolo e prese dimora nella Vergine Maria e negli apostoli, dando alla luce la Chiesa. Da quel giorno, nel corso della storia, lo Spirito di Cristo risorto rompe le barriere di razza, lingua e cultura, e unisce i cristiani nel suo amore che ha vinto il peccato e la morte. 

I "fratelli" di Gesù non lo sono, dunque, in virtù di una parentela carnale o di una comunione umana; lo sono perché, in virtù dello Spirito che grida in loro "Abbà, Papà", compiono la sua volontà, ovvero che nessuno si perda. Allora, quando la Chiesa implora il Padre perché si "compia la sua volontà come in Cielo così in terra", essa sta pregando perché nessun "fratello" vada perduto; chiede che questo desiderio del Padre si compia in lei che cammina sulla terra, e che in essa non si sopisca mai lo zelo per "conquistare il fratello", costi quel che costi. 

E il costo è sempre il sangue di Cristo. E' Lui che "legando in terra ha legato anche in cielo", e "sciogliendo in terra ha sciolto anche in cielo". Lui è il Pastore che va in cerca della pecora "perduta" per riportarla all'ovile: la "scioglie" dai lacci del "peccato" e la "lega" di nuovo alla comunione con il Padre e con i "fratelli". 

Dalla sua Pasqua è nata la Chiesa, segno della comunione celeste nel mondo dilaniato dalla discordia e dall'inimicizia: "se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Perché vi sia la comunione è necessario morire per i peccatori; sulla terra, infatti, esiste il "peccato", perché "tutto il mondo giace sotto il potere del maligno" (1Gv 5,19).

Nel Vangelo di oggi vediamo come la Chiesa, sin dalle origini, si sia confrontata con il "peccato"; essa aveva la consapevolezza che il "peccato" ha il potere di distruggere la comunione e far perdere così il sapore al sale. Una comunità divisa perché qualche "fratello ha commesso una colpa" non può compiere la sua missione nel mondo, vale solo per essere calpestata dagli uomini. 

Per comprendere le parole di Gesù occorre rammentare l'episodio della battaglia di Ai, quando gli israeliti, sino allora vittoriosi ovunque nella conquista della Terra Promessa, fuggirono miseramente davanti agli abitanti della città: "Allora al popolo venne meno il cuore e si sciolse come acqua" (Gs 7,5). La Chiesa, corpo di Cristo, non può peccare, ma i suoi membri sì; e questo provoca, come per Israele, la fuga dinanzi alla responsabilità della salvezza del mondo, divenendo così scandalo per gli uomini. Per questo il peccato di uno solo non può rimanere nascosto; è un'illusione pensare che il mio peccato rimanga una questione tra me e Dio, o al massimo, tra me e un fratello. 

La vicenda del Popolo di Israele ce lo insegna. Così dice il Signore a Giosuè sconsolato: "Israele ha peccato. Essi hanno trasgredito l'alleanza che avevo loro prescritto e hanno preso ciò che era votato allo sterminio: hanno rubato, hanno dissimulato e messo nei loro sacchi! Gli Israeliti non potranno resistere ai loro nemici, volteranno le spalle ai loro nemici, perché sono incorso nello sterminio. Non sarò più con voi, se non eliminerete da voi chi è incorso nello sterminio... dice il Signore, Dio di Israele: Uno votato allo sterminio è in mezzo a te, Israele; tu non potrai resistere ai tuoi nemici, finché non eliminerete da voi chi è votato allo sterminio" (Gs 7,11-13).




Per questo Gesù dice che, "se qualcuno ha peccato", non si può restare indifferenti, vi è di mezzo la conquista della Terra Promessa, il Cielo da schiudere agli uomini attraverso la Chiesa. Non si tratta di una semplice questione giudiziaria per salvaguardare l'ordine di una società. Gesù non offre la propria versione dei differenti gradi di giudizio di uno Stato. Egli mostra come il giudizio di misericordia del Padre che è nei cieli si realizza nella Chiesa che è sulla terra. 

A differenza del mondo che, a suon di intercettazioni spifferate nel nome di un presunto diritto di cronaca e di sapere, il primo approccio al "fratello" è quello "fra te e lui solo". Certo, sarebbe più facile restarsene tranquilli a farsi gli affari propri, ma l'amore di Cristo spinge prepotentemente a cercare il "fratello" perduto per "guadagnarlo" alla salvezza: "pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero... Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo, per diventare partecipe con loro" (1 Cor 9,19ss).

Tutto quello che il Signore ci indica è, dunque, per il Vangelo! Perché esso sia annunciato, prima alle pecore perdute della casa di Israele, ovvero ai "fratelli" che "hanno peccato", e poi a ogni uomo. Per questo ogni passo che Gesù indica alla Chiesa per "guadagnare il fratello" è l'attualizzazione nella storia e l'annuncio salvifico di quello che ha fatto Lui nella sua Passione: fattosi peccato, è stato accusato nell'assemblea e alla fine è stato gettato fuori, a morire crocifisso, "come un pagano e un pubblicano".Allo stesso modo vivono i cristiani la relazione con i "fratelli" che peccano: consegnano se stessi, li amano sino alla fine, non giudicano, ma fremono di compassione e misericordia, perché, "dopo aver visto i loro occhi, non se ne tornino via senza il loro perdono" (San Francesco).

Ogni fratello di Gesù vive la sua vita. Sa che "se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà". Per questo cerca il "fratello" e lo "ammonisce"; lo corregge smascherando il suo peccato, per illuminare profeticamente la sua situazione e così indurlo ad "accordarsi" con lui per domandare al Padre il perdono. Così la Chiesa ha, da sempre, annunciato il Kerygma, la Buona Notizia di Cristo Risorto: Pietro e Paolo, con coraggio e per amore, denunciavano il peccato degli ascoltatori per indurli a convertirsi. Così, all'ascoltare le parole della predicazione, si sentivano trafiggere il cuore e chiedevano cosa fare; allora gli apostoli potevano indicare loro il cammino della penitenza che conduce al battesimo.

Ogni correzione è, dunque, un annuncio del Vangelo. Per questo Gesù dice "se non ti ascolterà": la fede nell'amore e nel perdono viene donata, infatti, attraverso la stoltezza della predicazione. E perché il "fratello" possa ascoltare si fa di tutto: si coinvolgono i fratelli più vicini e con cui egli è più in confidenza, i pastori e i catechisti, che sono i "testimoni" dell'opera di Dio in lui e della sua misericordia; se il suo cuore è tanto duro da non ascoltare neanche loro allora si coinvolge l' "assemblea", perché l'amore di tutti sciolga le sue resistenze. In ogni caso è salvaguardata la dignità della persona, perché la Chiesa sa che "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". Tutto è sempre detto e fatto alla presenza di Dio, nella ricerca di come, con il "fratello", Egli voglia compiere la sua volontà.

A volte però è necessaria la massima severità, che è il segno della più grande misericordia. Se il "fratello" non ascolta neanche l'annuncio della sua comunità, e non accetta l'amore dei suoi fratelli e dei suoi pastori, allora non c'è altro cammino che quello del figlio prodigo, anche se fa spezzare il cuore. La Chiesa sa che Dio ha creato l'uomo libero, a differenza del mondo che si illude di offrire la libertà a buon mercato e slegata dalla responsabilità, perché tanto è stabilita per legge. La Chiesa tiene conto della libertà, perché proprio essa è la volontà di Dio rivelata quando ha creato l'uomo libero; sì, l'uomo è libero anche di uccidere suo Figlio, anche di ostinarsi sino alla fine nel peccato che non sarà perdonato in eterno, la disperazione che bestemmia lo Spirito Santo.

Proprio per amore della libertà, di fronte al rifiuto, non c'è altra soluzione che lasciare che il "fratello" la usi sino in fondo, sino alle sue più dolorose conseguenze. Il peccato rompe la comunione, e, non accogliendo il perdono e perseverando in esso, si torna a vivere come prima dell'incontro con Cristo, come prima del Battesimo: come "un pubblicano e un pagano".

Ma la Chiesa sa anche che considerare un "fratello" come un pagano non significa accertare la morte eterna della sua anima. La Chiesa prende atto della sua libertà, la rispetta sino in fondo lontano da buonismi d'accatto, al costo di morire di dolore per lui. La Chiesa ha la certezza che chi è stato raggiunto dall'amore di Cristo ed è divenuto partecipe della comunione della Chiesa non potrà mai perdere questa sua nuova identità, anche scappando per dilapidare l'eredità. Il carattere impresso dal battesimo è indelebile, anche se non è un salvacondotto per il Paradiso. 

Così anche noi siamo chiamati a non disperare mai, anche quando gli eventi e le persone ci inducono alla severità della verità. Essa è sempre sinonimo dell'amore e della libertà che Dio ha dato a ciascuno, e ne abbiamo esperienza... Così sapremo educare i nostri figli, ammonire il coniuge e i fratelli che peccano, nella speranza invincibile che la nostalgia di casa e la memoria struggente della comunione con il Padre e i fratelli, li faccia rientrare in se stessi per tornare, in un cammino di penitenza sincera, all'amore e all'unità. 




APPROFONDIMENTO SULLA COMUNIONE

Il termine greco koinonia (comunione) traduce l'ebraico khaburah; entrambi indicano, in origine, una cooperativa, una società, come quella dedita alla pesca composta da Pietro, Giacomo e Giovanni. Nell'ambiente giudaico contemporaneo a Gesù khaburah indicava, tra l'altro, la comunità di almeno dieci persone riunita per celebrare la Pasqua. Quindi anche gli apostoli riuniti con Gesù durante la sua ultima cena formavano una kaburah: la partecipazione al Mistero Pasquale del Signore gettava le fondamenta della comunione! 

Ma il termine ebraico si riferiva solo alla relazione tra gli uomini, non indicava quello tra l'uomo e Dio. Questo era reso dalla parola Berith, che significa Alleanza. Tra Dio e l'uomo non poteva sussistere comunione, perché non vi era uguaglianza tra di loro; Dio, pur essendo vicino, rimaneva comunque a una certa distanza: era Lui a stringere un'alleanza con il suo popolo, fondata nel suo amore a cui l'uomo può rispondere con la fedeltà.

Ma proprio nella Pasqua celebrata nel Cenacolo avviene qualcosa di assolutamente nuovo: Dio che s'era fatto carne, provocando scandalo e rifiuto, diviene tanto prossimo all'uomo da farsi carne da mangiare e sangue da bere. La comunione tra gli uomini si fonda nella comunione con Gesù; in virtù del suo Mistero Pasquale, il Figlio di Dio comunica se stesso ai suoi apostoli che, uniti a Lui, divengono così figli del suo stesso Padre. Da semplice khaburah, società riunita in una comunione di intenti e di fede religiosa, divengono allora "fratelli" tra di loro e di Gesù: "va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro" (Gv 20,17). Dal Cielo poi, il Signore invierà il suo Spirito che infonderà nei suoi fratelli la sua vita, quella del Figlio che obbedisce al Padre offrendo se stesso.


Messa della Vigilia della Assunzione della Beata Vergine Maria 


La solennità dell’Assunzione di Maria è una celebrazione della sua risurrezione. Per essere stata la Madre di Gesù, Figlio Unigenito di Dio, e per essere stata preservata dalla macchia del peccato, Maria, come Gesù, fu risuscitata da Dio per i gaudi della vita eterna. Maria fu la prima, dopo Cristo, a sperimentare la risurrezione. 

Tutti sono corruttibili, cioè, ogni essere umano è composto di carne e di sangue destinati a perire. Dopo la morte e sepoltura, avviene la decomposizione. Nel giro di pochi anni, rimane ben poco ad indicare che quel tale una volta camminava su questa terra. 

Tutti sono mortali, cioè, per ciascuno viene il giorno della morte. Nessuno vive per sempre. La medicina moderna e la tecnologia riusciranno forse a prolungare la vita fino a ottanta, novanta, o anche cento anni, ma, prima o poi, la sorte di ogni essere umano è quella di morire. La morte è un evento a cui nessuno riesce a sfuggire. 

Però, grazie alla risurrezione di Gesù, Dio ha trasformato ciò che era corruttibile e mortale in incorruttibile e immortale. Quando Dio ha risuscitato Gesù dai morii e gli ha elargito una nuova vita eterna, ha anche reso possibile che ogni essere umano fosse risuscitato dai morti e partecipasse alla vita nuova ed eterna. Il corpo umano morirà e si decomporrà, ma Dio ha dimostrato che questa non è la fine. 

Dio ha sconfitto la morte risuscitando Gesù dai morti. Ha rivestito il corpo risorto di Gesù di incorruttibilità e di immortalità. La morte ha perduto la battaglia; Dio ha riportato vittoria. Dopo Gesù, Maria è stata la prima a risorgere e ad essere rivestita della vita incorruttibile ed immortale di Dio. Quello che Dio ha fatto per Gesù e per Maria sarà fatto per ogni credente.

Lc 11,27-28
Beato il grembo che ti ha portato!

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre Gesù parlava alle folle, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

Parola del Signore

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