Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 28 agosto 2013

Sant’Agostino






Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine.
Grande silenzio perché il Re dorme: l
a terra è rimasta sbigottita e tace
perché il Dio fatto carne si è addormentato
e ha svegliato coloro che da secoli dormivano.
Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.
Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita.
Egli vuole scendere a visitare
quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte.
Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze
Adamo ed Eva che si trovano in prigione.
Sorgi, allontaniamoci di qui.
Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso.
Io invece non ti rimetto più in quel giardino,
ma ti colloco sul trono celeste.

Da un'antica omelia sul Sabato Santo




Dal Vangelo secondo Matteo 23,27-32. 

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità. 
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti. Ebbene, colmate la misura dei vostri padri! 

Il commento


La doppia vita di un ipocrita è una tomba. I suoi pensieri sono quelli di chi, senza fede, va a rendere visita ai morti: i ricordi si confondono con i rimpianti nell'incapacità di vivere, autenticamente, il presente. Il problema dei farisei e degli scribi ipocriti non era l'iniquità, perché tutti siamo peccatori. Tutti abbiamo un "esterno bello a vedersi" perché abbiamo un "interno" pieno di "ossa di morti e di ogni putridume". E' quello che, splendidamente, afferma Chesterton: "certe volte credo che i criminali abbiano inventato l’igiene. O forse i riformatori dell’igiene hanno inventato il crimine. Tutti parlano di stanzette puzzolenti e sudici tuguri in cui si può scatenare il crimine, ma è proprio il contrario. Sono definite luride non perché vengono commessi delitti, ma perché i crimini vengono scoperti. E’ nei luoghi netti, candidi, ordinati, puliti, che il delitto può scatenarsi: non c’è fango per trattenere le orme” (G.K. Chesterton). E quanti delitti senza impronte, nelle nostre famiglie senza fango per trattenere le orme: quanti regali a nostra suocera, ma che cosa pensiamo di lei? E di quel collega? Ogni giorno lo facciamo a fettine, con giudizi che sembrano laser di precisione, ma prendiamo il caffè con lui discettando di calcio e politica. E accade anche con i figli, anche se non lo ammetteremmo mai... Parole, predicozzi, amici per la pelle, e cinema insieme, ma in fondo li vorremmo diversi, e uccidiamo in noi quello che di loro non accettiamo. Non si contano i cadaveri putrefatti delle persone che da anni abbiamo cancellato, e ora giacciono in un angolo del cuore, apparentemente dimenticati. 


Magari nostro marito o nostra moglie. Sono anni che non ci lasciamo neanche sfiorare, e viviamo ormai come fratello e sorella, incapaci di vedere nell'altro il volto di Cristo, la persona alla quale abbiamo consegnato, in Dio, la nostra vita per tutta la vita. E tutto era iniziato senza chissà che crisi: il lavoro, il denaro, il prestigio, la carriera, la vanagloria; il mondo, la carne e il demonio, avevano attaccato alle radici, come l'acqua che, giorno dopo giorno, marcisce ogni cosa. Senza rendercene conto ci siamo volti a mammona, prima con timidi abboccamenti, e poi sempre più intimamente, dimenticando che "non si può servire Dio e il denaro. Si amerà l'uno e si odierà l'altro". E così, intontiti dalle menzogne, siamo scivolati in un odio verso Dio sordo, celato e latente. Sono cresciute le mormorazioni, le invidie, le gelosie, il nervosismo e l'ira. E ora ci ritroviamo con un matrimonio tanto carino da esporre in vetrina, ma è solo una lapide tirata a lucido. Dietro vi sono due cadaveri, putridi e maleodoranti.


Qual'è il segno che abbiamo ridotto la nostra vita a un "sepolcro imbiancato"? L'ammirazione superficiale di chi vi passa accanto; o, come riportato da Luca, l'indifferenza suscitata, l'irrilevanza del nostro matrimonio, che le persone calpestano senza rendersene conto, come si fa con il "sale che ha perduto il sapore". Il matrimonio cristiano invece è la vocazione a una missione, è sale sparso sulle ferite dell'umanità, non può non bruciare, non essere un segno di contraddizione. Innanzi tutto per i figli, e poi per i parenti e per tutti quelli che si incontrano e con cui si hanno relazioni. Quando un matrimonio non è un segno, anche se non sembra essere precipitato in chissà quale crisi, è ormai un sepolcro imbiancato. Domeniche a messa, i bambini a catechismo per carità, e una domenica al mese dai nonni. Ma dentro vi è solo putridume. Carni corrotte incapaci di donarsi; impossibile da vedere a occhio nudo, perché ogni dovere mondano è compiuto. D'altronde chi entra con i coniugi nella camera da letto? Chi può intercettare gli sguardi delusi del cuore, le piccole e grandi chiusure, le barriere invisibile che sbattono l'altro a migliaia di chilometri? Eppure.... è proprio l'altrettanto ipocrita ammirazione dei conoscenti - "che bella famiglia...." - il segno che ormai la nostra vita è ridotta a una tomba.


E così di un prete con il cuore attaccato al denaro, o schiavo di se stesso e del suo dover essere "prima donna" a tutti i costi. Bellissime omelie, chilometri ingoiati per salvare un'anima, liturgie curatissime.... Un prete fantastico, che "appare giusto all'esterno davanti agli uomini, ma dentro è pieno d'ipocrisia e d'iniquità". E non c'è niente da fare, l'ammirazione delle persone si ferma alla scorza, alla superficie delle sue belle parole e dei suoi incensi profumati; se lo contendono a cene e ricorrenze, lo cercano per mille consigli, ma.... niente, lui e le sue parole restano incredibilmente irrilevanti. Lo spirito dei parrocchiani "sente" che c'è puzza di cadavere, e se ne tiene lontano, freddo e sopito. La carne malata di affettività malsana di questo prete ha sedotto l'altrettanto malata carne delle persone, e il risultato è una marmellata di ipocrisie che non ha sostanza. Vanagloria sempre più vana, mentre la Croce, ovvero la storia che aspetta per essere vissuta e dove sperimentarvi la risurrezione di Cristo, restano lontanissime, come immagini sfocate. Un prete ipocrita, con una vita doppia, avrà così frustrato la sua missione e scandalizzato i piccoli a lui affidati, il tutto dentro una nuvola di incenso soave. 


Così anche delle vicende tristi della nostra storia. Le abbiamo rimosse e chiuse in un sepolcro. Abbiamo divorziato da quell'ingiustizia subita da piccoli, e guai a parlarne. Quella delusione con quel ragazzo? No, no, superata a costo di grandi sforzi, ma ora sto bene.... Il mio fisico? Che cosa vuoi, ormai non sono più giovane, un po' di palestra e sto bene con me stessa. Giovani o adulti, uomini o donne, non fa differenza. Viviamo in un cimitero di quelli dei paesi di montagna. Belli, non c'è che dire: i cipressi a dare pace, le tombe curate, i fiori sempre freschi, e ogni domenica, all'uscita della messa una visita e una preghiera. A destra è sepolta mia madre, insopportabile; a sinistra mio padre, evanescente e sempre al lavoro, non mi ha mai capito; un po' più indietro mia sorella, sempre brava a scuola, il fisico da favola e... beh lasciamo perdere, tanto insieme a lei ci ho sepolto pure quel ragazzo che mi ci aveva fatto credere, e alla fine si è sposato con lei. Poi, dietro il campanile quell'anno di seconda media, che incubo, tutti a prendermi in giro. E poi, amici, parenti, e fatti, tanti fatti dolorosi, sono tutti sepolti qui, sotto questi cipressi. Ma il vero problema che affligge la nostra vita non è che lavoriamo da anni in un'impresa funebre. 


Il problema è che, avendo "innalzato i sepolcri e adornate le tombe" proprio a ridosso della Chiesa, ci illudiamo di aver esorcizzato e risolto le situazioni. Crediamo di aver condotto il matrimonio in una posizione di equilibrio, certo la passione è svanita ma già è tanto se stiamo ancora insieme... Siamo convinti d'essere dei bravi preti, dentro quell'immagine così curata, e tutti gli impegni assolti... Insomma, occhio non vede, cuore non duole. Qualche lacrimuccia e un paio fiori, e passano paura e angoscia. Siamo così convinti d'essere a posto, a parte certo qualche peccatuccio, che so una bugia, una parolaccia, ma furti, imbrogli, omicidi, scherziamo??? Siamo così "correct" che non perdiamo occasione per onorare la memoria dei "profeti", sottolineando come noi mai e poi mai li avremmo uccisi. Noi siamo diversi! Gli altri invece, sempre loro, quelli del passato come quelli del futuro, ne hanno fatte e ne fanno di tutti i colori. Noi preghiamo, curiamo i sepolcri, ci sforziamo, non come l'inquilino di fronte, o come mia cognata che "Dio come tratta mio fratello"... E così "colmiamo la misura" dei peccati, proprio dentro a quell'indignazione così trendy, così cool e così perversa...


Ma poi - ed è l'amore indomito del Signore - avvengono fatti apparentemente insignificanti che ci scuotono come in un attacco epilettico. I figli sono investiti da uno tsunami, il coniuge assalito da ingiurie tra le più turpi, e tutto il candore sacerdotale se ne va a carte e quarantotto tra un eccesso di ira e fughe alienanti. Basta qualcosa che, anche solo lontanamente, ci mostri la vita per quello che l'abbiamo ridotta, e allora non bastano più le lacrime per piangere i morti che abbiamo sepolto. Il problema è l'ipocrisia, non l'iniquità; la menzogna e non il putridume. L'ipocrisia, infatti, impedisce a Cristo di avvicinarsi al sepolcro e di entrarvi. Essa è sempre l'esito amaro della libertà frustrata e pervertita. E' la corazza nella quale ci infiliamo per difenderci dalla verità, incapaci di capire che questa è sempre una declinazione dell'amore. 


Il Signore è entrato proprio nei sepolcri che abbiamo eretto. In tutti, nessuno escluso. Vi è sceso per riprendersi Adamo ed Eva, come noi e il nostro coniuge: "A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura" (Da un'Antica Omelia per il Sabato Santo). Gesù scende anche oggi e ci viene a prendere per mano, noi e tutti quelli che abbiamo trascinato con noi nel sepolcro: ci viene incontro perché tutti e tutto della nostra storia è opera delle mani di Dio, fatta a sua immagine. Il demonio ha sporcato tutto con la sua menzogna. Non occorrono psicologi, occorre Cristo che si inabissi nel nostro sepolcro a raccogliere tutto quello che vi giace senza vita e per risuscitarlo. Il suo sepolcro è il nostro, imbiancato e calpestato. E lì dentro Lui ha vinto davvero la morte! Lui può fare del nostro sepolcro il luogo più santo della terra, meta di pellegrinaggi da ogni dove, perché segno della sua vittoria e del suo amore. 

Sì, Lui ha, oggi, il potere di strappare dalla tomba il nostro matrimonio, e di donargli una vita che non ha fine; in Lui possiamo tornare ad unirci al nostro coniuge, a perdonare e a sperimentare la dolce fecondità che ci unisce al Cielo. Lui può darci Isacco, nonostante le nostre carni imputridite. Lui può fare del nostro matrimonio un segno così potente da attirare tutti a contemplare in esso la vita più forte della morte, come accade al Santo Sepolcro di Gerusalemme. Lui può aprire ogni tomba e ridonarci, vivi e trasfigurati, tutti gli eventi e tutte le persone che vi abbiamo rinchiuso. Lui fa nuova la nostra vita e ricrea ogni relazione. Lui fa della nostra vita un prodigio, un Mistero Pasquale "live" di fronte a chi ci è accanto. Lui opera il miracolo della risurrezione "in diretta" per il mondo, perché questo creda che Dio esiste e ama ogni uomo. Morti come siamo non possiamo far nulla, solo accogliere la sua voce che, anche oggi, ci richiama alla vita. Dio saprà come scuoterci e ridestarci per non rimanere nella menzogna; ci cercherà con piccoli e grandi eventi, forse molto dolorosi, perché ci ama e non ci lascerà diluiti nell'ipocrisia. Invierà a noi un apostolo, un segno, una Parola, e vedremo la luce della fede, della libertà e della verità: in essa potremo riconciliarci con gli eventi e le persone che avevamo rimosso; questa è l'unica, autentica guarigione, quella che solo Cristo risorto può donarci. Oggi, accanto al nostro sepolcro imbiancato, appare Gesù, il giardiniere capace di riconsegnarci la nostra vita come un giardino, con ogni aspetto trasfigurato nel suo amore; Lui è dinanzi a noi, per fare di ogni nostro sepolcro il suo Santo Sepolcro, e della nostra vita un giardino di delizie: "Al terzo dì, gli amici di Cristo vennero sul far del giorno a quel luogo e trovarono la tomba vuota e la pietra sepolcrale rotolata da un lato.Si resero conto in varia guisa del nuovo miracolo, ma non capirono che un mondo era morto quella notte. Quel che essi vedevano era il primo giorno di una nuova creazione, con un nuovo cielo e una nuova terra: e in sembianza di giardiniere Dio camminava nuovamente nel giardino, nel fresco non di una sera ma di un'alba" (G.K. Chesterton).

Francesco e Agostino

Sant’Agostino


(Nicola Gori) La passione evangelica, la predicazione avvincente, la carica umana, il desiderio di incontrare tutti, soprattutto i peccatori e i delusi, perché si sentano amati da Dio. C’è più di un tratto che accomuna lo stile pastorale dell’antico vescovo di Ippona Agostino e quello dell’attuale vescovo di Roma Francesco. Lo sottolinea l’agostiniano Bruno Silvestrini, parroco della Pontificia Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, in questa intervista in occasione della memoria liturgica del santo dottore della Chiesa, oggi 28 agosto.

L’antico vescovo di Ippona e l’attuale vescovo di Roma
È ancora attuale il messaggio di sant’Agostino? 

Liberi dall’ipocrisia



Vangelo di oggi, 28 agosto.
Matteo 23,27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
Lettura 
La Lettera di Paolo alla comunità di Tessalonica pone l’accento sulla significativa testimonianza che fu data “dai padri” all’intera comunità; non, però, per vana gloria, ma per ricordare, in un certo modo, che la testimonianza di chi ci ha preceduti deve spingerci a fare sempre meglio, orientandoci nel solco di amore che Dio ci ha consegnato. La Lettera di Paolo sembra quasi dire: “è possibile spendere la propria vita per il Vangelo”.
Meditazione
Ancora una volta ci troviamo nel lungo discorso di Gesù con i duri ed efficaci “guai a voi!”, “all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità”. È un versetto del Vangelo di Matteo di fronte al quale tutti, senza mezze misure, dovremmo elevare la nostra supplica di perdono a Dio. Infatti, dietro questo versetto si nasconde quello che è uno dei peccati e delle trappole in cui il cuore dei cristiani spesso è tentato di cadere: la “doppiezza”! Quante volte la gente lamenta la doppiezza, tra il dire e il fare; quante volte, invece, operiamo bene, ma dentro siamo bruciati da sentimenti tutt’altro che di bene; perché facendo questa o quella cosa abbiamo cercato solo il nostro interesse. Quante volte la nostra fede si riduce ad una fede di facciata, di apparenze, di vanità dietro cui si nasconde il vuoto del cuore. La doppiezza di vita: com’è brutta! Meditando questa pagina del Vangelo da un lato, proviamo davvero a chiedere a Dio perdono per tutte quelle volte che ci siamo rivestiti di tante apparenze; dall’altro, invece, proviamo a chiedere la Grazia che ci liberi dall’ipocrisia e da tutte le iniquità che affollano il nostro cuore. La doppiezza è il male più pericoloso per i cristiani; perché dove c’è apparenza il Vangelo si frena; dove c’è l’esteriorità il Vangelo non porta frutti; mentre lì dove c’è verità ed autenticità il Vangelo sconvolge, porta frutti di amore e converte.
Preghiera:
Signore, liberami da tutte le doppiezze del cuore! Tante volte ci casco, anche senza volerlo, eppure eccomi con un bel viso; ma con il cuore inquieto! Liberami, o Signore, da tutto ciò che appesantisce il cuore e concedi alle mie azioni di essere tanto buone e sante, nella misura in cui il mio cuore è buono, santo e “amico tuo”.
Agire:
In questa giornata vorrei impegnarmi a vincere tutte le mie doppiezze, e a far parlare più la vita che le apparenze.
Meditazione del giorno a cura di S.E.R. Mons. Domenico Cornacchia, Vescovo di Lucera-Troia, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART.

Nessun commento:

Posta un commento