Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 5 novembre 2015

L'amore autentico è l'amore per chi è perduto





αποφθεγμα Apoftegma

La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto,
era per i Padri della Chiesa un’immagine del mistero di Cristo e della Chiesa.
L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita
che, nel deserto, non trova più la strada.
Il Figlio di Dio non tollera questo;
Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione.
Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo,
per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce.
La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità, porta noi stessi.
Egli è il buon pastore, che offre la sua vita per le pecore.

Benedetto XVI, Omelia per l'Inizio del Pontificato



QUI IL COMMENTO AUDIO
    





L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 15,1-10.

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».



L'amore autentico è l'amore per chi è perduto 


L'invidia corrode nella «mormorazione» i cuori superbi. Come i «farisei e gli scribi» mastichiamo amaro nel vedere qualcuno che riteniamo peggiore di noi gustare gioioso l’amore di Dio, che si «protende ad accogliere» «tutti» i peccatori gratuitamente. Con noi, invece, i conti si fanno diversamente; anche il perdono ha un prezzo, almeno la promessa di cambiare, per contraccambiare. Il «pareggio di bilancio» noi l’abbiamo approvato senza che ce lo imponesse l’Unione Europea... Ma Dio no, Lui ha sempre i conti in rosso. «Lascia» i guadagni sicuri di «novantanove pecore» e si lancia alla ricerca di una, una sola pecora che s'è smarrita. Probabilmente la peggiore, la più egoista, una di quelle che è meglio perderle che trovarle. E giosce per lei, più che per le altre. È il folle cuore di Dio che non può rallegrarsi sino a che l’ultimo dei peccatori non sia stato «ritrovato» e «accolto». Nessuno di noi farebbe lo stesso. A scuola, nei posti di lavoro, tra gli amici, accade l’esatto contrario. Le teste calde sono espulse ancor prima di perdersi. Quando emerge quel difetto di tuo padre, o quel peccato di tua moglie, o quell'atteggiamento di tuo figlio, niente, è più forte di te, l'altro non lo possiamo "ricevere", ci è impossibile "mangiare con lui". Li disprezziamo, non abbiamo pazienza, figurati se riusciamo ad infilarci nella melma di letame nella quale il prossimo è caduto per prenderlo sulle nostre spalle. Non possiamo perché dimentichiamo che proprio i nostri peccati e le loro conseguenze ci hanno resi «unici» agli occhi di Dio... Il demonio riesce a rubarci la memoria dell'amore di Dio per noi, strappandoci la gratitudine per la sua misericordia. 

Ma senza misericordia no party... Senza l'esperienza di essere stati cercati dal Signore e presi sulle sue spalle perché incapaci di tutto, e accolti nelle viscere rigeneratrici della Chiesa, saremo esigenti e moralisti; disprezzeremo gli altri perché schiavi del disprezzo di noi stessi. Senza "gioia" perché obbligati a lavorare con sudore senza conoscere il riposo della misericordia. Ma coraggio, ancora una volta proprio le ferite che ci ha inferto il demonio agli occhi di Dio sono il segno che ci assomiglia a suo Figlio! Credilo, anche se è assurdo per un cuore abituato all'esigenza. Credilo che Gesù si è lasciato ferire e sfigurare, sino a diventare un rifiuto degli uomini, per assomigliare a te. Noi non avremmo potuto far nulla per tornare ad essere immagine e somiglianza di Dio. Per questo, Dio si è infilato nella sporcizia che ci ha sfigurato per prenderci e tirarci fuori, lavarci nel suo sangue e farci assomigliare a Lui. Credilo, Lui è l'unico Pastore che ama tanto una pecora perduta come te e me da diventare come lei per farla diventare come Lui! Nella pecora smarrita della parabola, infatti, è adombrato Lui, l’Agnello di Dio, l’unico «perduto» nella morte per riscattare le altre novantanove che si credevano «giuste», mentre invece vagavano «sperdute» nel «deserto». Nel sepolcro il Padre ha «ritrovato» suo Figlio, lo ha risuscitato «prendendolo sulle sue spalle» e lo ha riportato «a casa»; qui, nella gioia straripante e coinvolgente della Pasqua, è apparso agli «amici» che lo avevano tradito con il perdono di ogni peccato nella carne, e li ha inviati ad annunciare ai «vicini» lo stesso perdono e la «conversione», la gioia di lasciarsi amare. Così la Chiesa è chiamata ogni giorno a «cercare» la «dramma perduta», il fratello più debole e difficile, che la carne vorrebbe dimenticare. Con la «lucerna» della fede accesa nelle tenebre della menzogna, possiamo «cercarlo con cura» e pazienza, senza temere di scendere dove lui è caduto, e sporcarci della stessa terra impura, per «spazzare» via la polvere e l’immondizia che il tempo perduto nei peccati ha lasciato in lui, perché Cristo possa far risplendere il suo volto. 



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