Originally posted on il blog di Costanza Miriano:
Abbiamo il desiderio del bene, ma non la capacità di compierlo
Quello che segue è (più o meno) il testo dell’intervento di Costanza al Pontificio Consiglio per i Laici, GIORNATA DI STUDIO VOCAZIONE E MISSIONE DEI LAICI. A CINQUANT’ANNI DAL DECRETO APOSTOLICAM ACTUOSITATEM
di Costanza Miriano
Innanzitutto, Sua Eminenza, vorrei consegnarle questo biglietto da parte delle mie bambine. Come sa stamane ero qui, ma a pranzo sono andata a casa da loro e dai fratelli. C’è scritto: “Scusa se la mamma non è rimasta a pranzo, ma doveva studiare geografia con noi. Se vuole può venire lei a cena da noi, in via… “ C’è il mio numero di telefono e il disegno di un dolce e di un cucchiaio…Quanto a me, io vorrei semplicemente raccontare la mia esperienza. Sono una giornalista che ha cominciato a scrivere per caso. Non lo avevo infatti deciso, né mi ero mai posta direttamente o consapevolmente il problema dell’apostolato. Anzi, ormai che non potete più cacciarmi confesso che fino a qualche tempo fa ignoravo anche l’esistenza stessa della Apostolicam Actuositatem. Ero una mamma di quattro bambini piccoli, lavoravo, già mi sembrava sufficiente come carico. Ma vedevo, vedo, tanta infelicità nelle donne intorno a me. C’è anche fra gli uomini ma io, non so perché, ero particolarmente in pena per quella femminile, perché alla donna sta il compito di tenere accesa la luce per tutti quelli che ha intorno. Mi sembra che le donne della mia generazione si siano perse: abbiamo perso la nostra identità e la consapevolezza della grandezza della nostra missione, e il mio grande desiderio è di aiutarle, aiutarci a ritrovarci. Non so se sia perché come molte donne non riesco a farmi i fatti miei, oppure perché la nostra vocazione femminile, come dice Luce Irigaray, è “questo continuo riparare la vita”.Così, non potendo occuparmi di questo da giornalista – ero infatti alla redazione economica del tg3 – facevo più un lavoro, diciamo così, porta a porta: telefonavo a tutte le mie amiche ancora sole per convincerle a sposarsi. Per un caso davvero singolare queste mie telefonate sono diventate un libro, una raccolta di lettere alle amiche. Avevo voglia di raccontare qualcosa che per me stava funzionando, e cioè l’incontro che aveva cambiato la mia vita, e che io stavo cercando di fare nel matrimonio, ma attraverso questo con Cristo. Non so se fosse apostolato: il fatto è che noi laici, che non dobbiamo obbedire a una regola, possiamo anche noi vivere un monachesimo interiorizzato, se con la parola monaci intendiamo essere unitari, in Cristo, e così far entrare in contatto con lui tutto quello che viviamo. Questa è la nostra ricchezza ma anche a volte la nostra croce: provare a tenere tutto insieme nella consolazione che ci dà l’essere nel mondo, ma anche le contraddizioni che dobbiamo continuamente ricomporre, per esempio ricordare che Cristo c’entra con la borsa, con lo smalto, con la cura del corpo. Tra parentesi sono molto orgogliosa anche del fatto che tante amiche che si sono incontrate grazie ai miei libri, e che hanno intessuto fra di loro legami profondi e amicizie con le quali io non entro neanche più molto, si scambiano consigli spirituali e diete, e ce ne sono diverse dimagrite un sacco, e molto più belle di prima! Desideravo anche, quando ho cominciato a scrivere, parlare di quanto noi donne abbiamo perso separando la sessualità dalla possibilità di accogliere la vita: con l’aiuto di noi laiche anche la Chiesa può riprendere coraggio nell’annunciare la bellezza dell’Humanae Vitae, il cui tradimento ha lasciato tanta solitudine e tristezza dietro di sé, soprattutto fra le donne. Io ho cercato di dirlo, facendo una ricerca nel linguaggio, che fosse comprensibile anche ai lontani (non mi ci è voluto un grande sforzo, ad abbassarmi, che sia chiaro).Il successo di Sposati e sii sottomessa mi ha travolta, ho cominciato ad andare in giro per l’Italia a parlarne, e mi sono resa conto di quanto bene stessi innescando senza accorgermene (direi mio malgrado), e di quale rete di amicizie stesse nascendo. Così, senza pormi il problema, è cominciata la mia apostolica actuositas. O meglio, è continuata, ma semplicemente su più larga scala, non più al telefono. Credo che i laici debbano mettersi a disposizione del regno obbedendo alle circostanze, proprio come i religiosi obbediscono alla regola. Io ho cercato di rispondere alla realtà che mi si stava presentando. L’importante è che io non dimentichi mai l’urgenza di portare Cristo agli altri, nella certezza che sia lui l’unica felicità possibile.Sono poi venuti il secondo e il terzo libro, e i viaggi, tanti viaggi in giro per l’Italia (ora cominciano gli inviti all’estero, vedremo, perché non so quale figlio portare). Parallelamente allo scrivere si è creata una compagnia di amici che si riconosce nella stessa umanità, e così è nata con Padre Maurizio Botta, Mario Adinolfi e Marco Scicchitano l’avventura deiFalsi miti di progresso, che partendo dalle periferie romane è confluita nel Comitato difendiamo i nostri figli, che, almeno per il momento, portando un milione di persone in piazza è riuscita a fermare la legge che avrebbe aperto all’utero in affitto anche in Italia. Qui devo fare una piccola parentesi. Innanzitutto sottolineando il valore dell’amicizia. Questa battaglia politica – nel senso più alto del termine, non partitica ma politica – non è nelle mie corde, non mi appartiene come modalità né come linguaggio. Ma ancora una volta ho risposto alle circostanze, come mi erano presentate dai miei amici. Una sera ci siamo visti noi quattro a Chiesa Nuova, e Mario mi ha chiesto cosa facessi il 13 giugno. Io affettando la torta che avevo portato per festeggiare la fine della nostra avventura insieme ho risposto che non sapevo, era Sant’Antonio, era l’anniversario della morte di Chiara Corbella Petrillo, sarei andata a messa come sempre… Lui ha risposto che aveva affittato un posto per fare uno dei nostri incontri, un altro, solo che questa volta invece che 500 potevano starci 15mila persone, perché aveva preso il Palalottomatica, per dire bello chiaro, in modo che in tanti sentissero, che I figli non si pagano.Poi questa cosa per una serie di eventi che adesso sarebbe troppo lungo ricostruire è diventato, grazie all’imprescindibile impegno di Kiko Arguello, l’evento di Piazza San Giovanni, il 20 giugno. Io, mentre mi chiedevo ancora se fosse giusto o meno mi sono imbattuta in una lettera dell’allora Cardinale Bergoglio che, a proposito di una manifestazione analoga indetta a Buenos Aires dalla commissione episcopale per i laici, dava la sua esplicita benedizione, dicendo che la “manifestazione contro la possibile approvazione di una legge sul matrimonio fra persone dello stesso sesso, che riaffermi la necessità che ai bambini sia riconosciuto il diritto ad avere un padre e una madre” aveva “il mio (cioè il suo, di Bergoglio) appoggio come espressione di responsabilità del laicato”. E così la lettera ha vinto tutti i dubbi, e ho obbedito alla circostanza, pur essendo consapevole che io avevo cominciato a scrivere solo per convincere la mia amica a sposarsi, e non mi sentivo, né mi sento tagliata per questo tipo di esposizione… Infatti quando Kiko chiedeva alle persone se volessero parlare io mi sono nascosta dietro al muretto, anche perché pensavo che non sarei neanche stata a Roma quel giorno…Ma la parte più importante del mio apostolato io credo di farla nel testimoniare la differenza tra maschile e femminile e nell’annunciare come questa possa diventare feconda, nel generare la vita e nel quotidiano pur spesso faticoso, in un momento storico in cui tutto ciò che rimanda alla differenza viene percepito come negativo, opprimente. Credo che di questo ci sia grande bisogno: annunciare la ragionevolezza della famiglia, che è il progetto di Dio sul mondo, a partire dal ruolo femminile che è decisamente cruciale.Infine, lo so che il tempo sta scadendo, però questo è troppo importante. Volevo dire qual è secondo me il cuore dell’annuncio che noi laici dobbiamo portare al mondo, e di cui il mondo ha tanto bisogno. Oggi la buona notizia che può davvero scuotere i cuori e cambiare le vite prima ancora dell’annuncio della morte e risurrezione di Cristo è la scoperta che Lui ci guarisce dalla nostra schizofrenia, dalla nostra doppiezza. Tutti noi che siamo qui dentro probabilmente sappiamo benissimo come dovremmo vivere, siamo preparati, sulla teoria, ma proprio come dice Paolo in Romani 7 e 8 facciamo il male che non vorremmo, siamo deboli e schiavi, abbiamo il desiderio del bene, ma non la capacità di compierlo. Gesù è l’unico possibile medico di questa malattia che ci affligge tutti. Lui può trasformare il nostro inconscio, che è una palude, in una cattedrale. Ma dobbiamo incontrarlo davvero, uscire da una religione formale ed entrare in una fede che ci trafigga il cuore, che ci faccia mettere tutto in discussione, che ci spinga a mettere i due spicci della vedova tra le offerte del tempio, giocarci quello che abbiamo di più caro.Noi abbiamo il compito urgente di dire questo – che questo incontro è possibile – alla gente che non viene qui in questi luoghi. Dobbiamo raggiungerli nella metro, alle cene di classe, in piscina per strada, dove la gente è in un dualismo che spacca, che uccide, che fa soffrire e perdere la speranza. Noi monaci delle strade abbiamo un compito che nemmeno voi sacerdoti potete portare a termine. E poi volevo dire molte altre cose, ma già mi sono presa quaranta secondi in più… grazie!***
Gli altri interventi saranno presto disponibili su laici.va
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