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mercoledì 10 giugno 2015

Al-Sayyida Maryam. - La prima moschea dedicata a Maria.

Al-Sayyida Maryam

Siria, ecco la prima moschea al mondo dedicata a Maria





Al-Sayyida Maryam è segno di una venerazione che parte dal Corano



MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA TRENTO






Proprio in uno dei paesi dove la libertà religiosa, secondo ogni rapporto, appare più che seriamente minacciata è stato inaugurato sabato scorso nella cittadina costiera di Tartous, secondo porto della Siria, il primo luogo di culto del mondo islamico dedicato alla Vergine Maria. Secondo quanto riferiva ieri il Daily Star di Beirut, che rilancia l’agenzia siriana Sana, la nuova moschea è chiamata «Al-Sayyida Maryam», uno dei diversi nomi arabi della Madre di Gesù, come ha ricordato alla cerimonia il ministro per i Beni religiosi e culturali, Mohammad Abdel-Sattar al-Sayyed, indicandola come un segno dell’«apertura dell’islam, quello lontano da deviazioni ed estremismi». Presente anche un delegato del Patriarcato maronita di Tartous e Lattakia, Antoine Dib, che dichiarandosi «orgoglioso per l’iniziativa», ha auspicato che possa rappresentare una speranza di pace per ogni angolo del Paese.


Se in occidente la discussione verte perlopiù sulla costruzione di luoghi di culto islamico, a fronte di una presunta assenza di chiese cattoliche in paesi musulmani (ma le cose spesso stanno diversamente se pensiamo che in Marocco, dove i cattolici sfiorano appena l’1% della popolazione, esistono tre cattedrali e 78 chiese), la dedicazione di una moschea alla Madonna potrebbe sembrare anacronistica.

Eppure, a leggere il Corano, è un’autentica venerazione quella attribuita dal Libro Sacro dell’islam alla Vergine Maria. Su questo tema uno dei maggiori studiosi cattolici contemporanei è stato il francescano fiorentino Giulio Basetti-Sani (1912-2001, discepolo a Parigi del grande orientalista Louis Massignon), che ha dedicato la sua vita alla diffusione della conoscenza sulla religione islamica, da lui sentita come «fede sorella». Tra i suoi numerosi libri - pubblicati nel periodo di insegnamento all’Istituto di Scienze religiose di Trento (1980-1994) uno dei più suggestivi è proprio «Maria e Gesù figlio di Maria nel Corano». Muovendosi nel solco del fondatore Francesco d’Assisi e del suo programma missionario volto all’incontro con i musulmani, aveva lavorato per far emergere le figure di Gesù e Maria all’interno del Corano dopo secoli di incomprensioni e pregiudizi.

La teologia musulmana non concepisce Dio come persona, così nei suoi 99 nomi manca quello di «Padre»: impensabile quindi un «figlio di Dio». Tuttavia la Vergine Maria viene presentata come «prescelta da Dio» ed «eletta su tutte le donne del creato» (Sura 3, 42). Gesù non è figlio di Dio («Non si addice a Dio prendersi un figlio!»), ma «figlio di Maria» («Isa ibn Maryam») si legge ai versetti 34-36 della Sura 19 dove si racconta la vicenda di una vergine che, allontanatasi dalla famiglia, partorì poi un figlio («Masîh», l'«Unto», uno dei nomi tradizionali di Gesù), «dono» di Allah che «crea ciò che vuole».
A questo riguardo appare estremamente significativo che da qualche anno in Libano il 25 marzo, che la Chiesa cattolica ricorda come il giorno dell’Annunciazione, sia stato proclamato, dopo lunghe trattative condotte dal Comitato islamo-cristiano, festa nazionale.

Per trovare, in epoca preconciliare, un avvicinamento cattolico all’islam, proprio sulla figura di Maria, occorre tornare a uno dei maggiori filosofi italiani dell’Ottocento, il beato Antonio Rosmini-Serbati (Rovereto 1797-1855) fondatore dell’Istituto della Carità e una delle voci più autorevoli del pensiero cattolico liberale dell'epoca, autore «Delle cinque piaghe della Santa Chiesa» (1832) uno che Manzoni definisce «una delle sei-sette grandi intelligenze dell'umanità».
Quando per la Chiesa di Roma i seguaci di Maometto venivano ancora annoverati tra gli infedeli, aderenti a «una falsa religione», Rosmini, su commissione del cardinale Castruccio Castracane degli Antelminelli, pubblica il testo «Sulle testimonianze rese dal Corano a Maria Vergine» (poi solo tardivamente attribuito a lui). Uno scritto che, se allora era apparso precorrere i tempi per la scelta ardita di commentare solo un credo diverso e non un’eresia, oggi riveste un ruolo anche nel dialogo interreligioso a partire dal comune riconoscimento della maternità di Maria (sancita da Concilio di Efeso del 431) che per Rosmini rappresentava l’avverarsi delle parole del Magnificat «d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48).
fonte: Kairos

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