Santa Maria,

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mercoledì 10 giugno 2015

Sostenere ...Francesco!

Enzo Bianchi: Francesco ha bisogno di sostegno

ENZO BIANCHI, Jesus, giugno 2015 
A mio avviso, oggi c'è troppo ottimismo nella Chiesa legato all'attuale  pontificato. Papa Francesco  rappresenta per molti cattolici — e non solo,  ma anche per cristiani di altra confessione, per non  cristiani, credenti o non  credenti in Dio — un uomo divenuto Papa affidabile, al quale si può  guardare con fiducia e speranza. In un mondo dove fiducia e speranza si sono indebolite  e,  comunque, sono diventate rare per mancanza di guide capaci di "in-segnare",  di dare un  orientamento, questa presenza è un evento straordinario.  A papa Francesco si guarda innanzitutto  per  la sua capacità di farsi sentire vicino a ogni uomo,  a ogni donna, ma anche a ogni gruppo sociale e a  ogni popolo. La sua semplicità evangelica, la sua  trasparenza, la sua parresia di fronte a tutti, il  suo sapersi decentrare rispetto a Gesù Cristo il Signore, il suo rifiuto di presentarsi come chi  sostituisce o rappresenta un Assente, hanno creato nel cuore di molti un'attesa, una percezione di lui come pastore buono perché pieno di amore e pastore "bello" (secondo l'espressione evangelica)  perché capace di attirare al Vangelo chi l'aveva sentito tradito o non l'aveva mai ascoltato.Certo, quando converso con quelli della mia generazione, la generazione di papa Giovanni e del  Concilio, sento i loro cuori ardere per questa primavera della Chiesa, e posso testimoniare che molti — a quell'epoca ferventi nella fede, ma allontanatisi negli anni Ottanta — oggi ritornano a dirsi  cristiani, a sentire la Chiesa come la loro casa. È opinione comune che a due anni dall'inizio del  pontificato il clima della vita ecclesiale sia molto mutato, le paure a lungo vissute sembrano  appartenere a un passato lontano, c'è una ripresa della parola "libera e franca", anche se vediamo  che molti che fino a ieri esultavano per l'incoraggiamento del tradizionalismo e denunciavano  coloro che volevano restare fedeli al Concilio e a Paolo VI oggi sono tra quelli che applaudono papa Francesco in modo ostentato e chiassoso. Ma è noto che l'arte di salire sul carro dei regnanti è  sempre stata molto praticata, soprattutto nella Chiesa italiana. Già il Siracide ammoniva: «C'è chi  come un cavallo beffardo, nitrisce sotto chiunque lo cavalca». Ma questo consenso così largo a volte mi turba, conoscendo dai Vangeli i mutamenti della folla nei  confronti di Gesù!Così mi turba vedere che è iniziata da parte di alcuni uomini di Chiesa una certa  delegittimazione di papa Francesco: lo si fa oggetto non solo di critiche ma di manifesta sufficienza  fino al disprezzo. In modo ossessivo si ripete che Francesco va capito bene, che il suo linguaggio va reinterpretato attraverso una salda teologia, che le sue intenzioni di riforma sono ventilate ma non  motivate, che questa stagione è un tempo breve da vivere resistendo perché presto tutto tornerà  come prima... Specularmente c'è chi, di fronte a queste "mormorazioni", assicura che non si potrà  tornare indietro, che ci saranno alcune riforme che non potranno essere contraddette. Parole, queste, a mio vedere, molto ingenue e troppo ottimistiche.Chi in questi ultimi decenni in Italia si appellava  al Concilio è stato sistematicamente censurato, gli si è negata la parola in contesti ecclesiali  ufficiali, si è arrivati alle calunnie cercando di collocarlo su posizioni eretiche. Un giorno qualcuno  scriverà la storia di queste persone che sono state tacitate e hanno fatto obbedienza, e che avevano  la colpa di parlare con franchezza. Lo vado ripetendo dalla fine del Concilio: dove si fa strada al Vangelo, si patisce di più, e su ogni  primavera evangelica dobbiamo attendere gelate repentine. Il tempo della vita «bella, buona, beata»  è quello del Regno che viene, quando scompariranno le istituzioni ecclesiastiche perché sposa del  Signore sarà l'umanità redenta.

Troppo ottimismo su papa Francesco




 “Jesus”

(Enzo Bianchi) A mio avviso, oggi c'è troppo ottimismo nella Chiesa legato all'attuale  pontificato. Papa Francesco  rappresenta per molti cattolici — e non solo,  ma anche per cristiani di altra confessione, per non  cristiani, credenti o non  credenti in Dio — un uomo divenuto Papa affidabile, al quale si può  guardare con fiducia e speranza. In un mondo dove fiducia e speranza si sono indebolite  e,  comunque, sono diventate rare per mancanza di guide capaci di "in-segnare",  di dare un  orientamento, questa presenza è un evento straordinario.  A papa Francesco si guarda innanzitutto  per  la sua capacità di farsi sentire vicino a ogni uomo,  a ogni donna, ma anche a ogni gruppo sociale e a  ogni popolo. La sua semplicità evangelica, la sua  trasparenza, la sua parresia di fronte a tutti, il  suo sapersi decentrare rispetto a Gesù Cristo il Signore, il suo rifiuto di presentarsi come chi  sostituisce o rappresenta un Assente, hanno creato nel cuore di molti un'attesa, una percezione di lui come pastore buono perché pieno di amore e pastore "bello" (secondo l'espressione evangelica)  perché capace di attirare al Vangelo chi l'aveva sentito tradito o non l'aveva mai ascoltato. Certo, quando converso con quelli della mia generazione, la generazione di papa Giovanni e del  Concilio, sento i loro cuori ardere per questa primavera della Chiesa, e posso testimoniare che molti — a quell'epoca ferventi nella fede, ma allontanatisi negli anni Ottanta — oggi ritornano a dirsi  cristiani, a sentire la Chiesa come la loro casa. È opinione comune che a due anni dall'inizio del  pontificato il clima della vita ecclesiale sia molto mutato, le paure a lungo vissute sembrano  appartenere a un passato lontano, c'è una ripresa della parola "libera e franca", anche se vediamo  che molti che fino a ieri esultavano per l'incoraggiamento del tradizionalismo e denunciavano  coloro che volevano restare fedeli al Concilio e a Paolo VI oggi sono tra quelli che applaudono papa Francesco in modo ostentato e chiassoso. Ma è noto che l'arte di salire sul carro dei regnanti è  sempre stata molto praticata, soprattutto nella Chiesa italiana. Già il Siracide ammoniva: «C'è chi  come un cavallo beffardo, nitrisce sotto chiunque lo cavalca». Ma questo consenso così largo a volte mi turba, conoscendo dai Vangeli i mutamenti della folla nei  confronti di Gesù! Così mi turba vedere che è iniziata da parte di alcuni uomini di Chiesa una certa  delegittimazione di papa Francesco: lo si fa oggetto non solo di critiche ma di manifesta sufficienza  fino al disprezzo. In modo ossessivo si ripete che Francesco va capito bene, che il suo linguaggio va reinterpretato attraverso una salda teologia, che le sue intenzioni di riforma sono ventilate ma non  motivate, che questa stagione è un tempo breve da vivere resistendo perché presto tutto tornerà  come prima... Specularmente c'è chi, di fronte a queste "mormorazioni", assicura che non si potrà  tornare indietro, che ci saranno alcune riforme che non potranno essere contraddette. Parole, queste, a mio vedere, molto ingenue e troppo ottimistiche. Chi in questi ultimi decenni in Italia si appellava  al Concilio è stato sistematicamente censurato, gli si è negata la parola in contesti ecclesiali  ufficiali, si è arrivati alle calunnie cercando di collocarlo su posizioni eretiche. Un giorno qualcuno  scriverà la storia di queste persone che sono state tacitate e hanno fatto obbedienza, e che avevano  la colpa di parlare con franchezza. Lo vado ripetendo dalla fine del Concilio: dove si fa strada al Vangelo, si patisce di più, e su ogni  primavera evangelica dobbiamo attendere gelate repentine. Il tempo della vita «bella, buona, beata»  è quello del Regno che viene, quando scompariranno le istituzioni ecclesiastiche perché sposa del  Signore sarà l'umanità redenta.

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