Martedì della IX settimana del Tempo Ordinario
Il sangue di Cristo purifica in noi l'immagine del Padre perché possa risplendere nell'amore
αποφθεγμα Apoftegma
Siamo tutti in pericolo di vivere
come se Dio non esistesse,
ma Dio ha mille modi,
per ognuno ha il suo di farsi presente nella nostra anima,
di mostrare che ci conosce e ci ama
e vuol farci attenti a quei segni coi quali Dio ci tocca.
Benedetto XVI
L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Marco 12,13-17.
Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso.
E venuti, quelli gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. E' lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda».
Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare».
Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui.
Ahi le tasse... Chi di noi non si scontra con il problema delle tasse? Certo, molte di esse sono davvero ingiuste, ne parla con chiarezza la Dottrina sociale della Chiesa. Ma nella domanda che sorge dalla bocca di farisei ed erodiani - "dobbiamo dare o no il contributo a Cesare" - si sente il sapore rancido dell'ipocrisia. Le tasse, infatti, sono un'infallibile liquido di contrasto iniettato nel nostro intimo: quando dobbiamo stilare la dichiarazione dei redditi, infatti, emerge la verità del nostro cuore. Non c'entra nulla l'onestà. C'entra la reazione che abbiamo di fronte all'obbligo di pagare una qualsiasi tassa, una multa o la quota condominiale. E' sempre una stilettata che ci fa sanguinare... E sale in noi un senso di ingiustizia patita, e di conseguenza l'ira e la mormorazione. "Ipocritamente" il mondo pone l'economia al centro dello sviluppo di una società, di una nazione e dell'individuo, sino a fare del sistema di tassazione la madre di tutte le felicità o infelicità, e nella questione del loro pagamento l'indice con cui giudicare moralmente le persone. Attenzione fratelli, perché in tutta questa valanga di notizie economiche che aprono i telegiornali, nell'indignazione feroce verso gli evasori fiscali, si nasconde la stessa ipocrisia che c'è in noi. Ehi, ehi, che dici? Ti metti a far politica? Vuoi dire che non pagare le tasse non è un peccato grave? No, sto dicendo che quando si parla e discute di "tasse", nove volte su dieci c'è l'ipocrisia che denuncia Gesù: ipocrita è colui che vive una doppiezza di fondo, che fa di tutto per apparire per quello che non è. La domanda di quei "farisei" ed "erodiani" che si erano avvicinati a Gesù è ipocrita perché falsifica la realtà del loro cuore. Innanzitutto perché è posta "per coglierlo in fallo nel discorso". E poi perché, leggendo la risposta di Gesù come fosse il negativo di una foto, scopriamo che essi "avevano dato a Cesare quello che è di Dio e a Dio quello che è di Cesare". Usando come trappola la questione delle tasse che bruciava sul vivo ogni ebreo che si sentiva vessato ingiustamente dai balzelli dei romani, rivelano cioè che il loro cuore era avvelenato. Esattamente come accade a noi quando, sollecitati dalle notizie economiche che ci propongono i media e i politici, ci sentiamo oltremodo coinvolti, o perché ci adiriamo contro gli evasori alzando il vessillo dell'onestà dietro il quale pretendiamo di poterci accomodare, o perché ci sentiamo, come gli ebrei contemporanei di Gesù, vessati ingiustamente con tasse che ci tolgono il denaro che ci siamo sudati. Già, il denaro, perché è di questo che Gesù sta parlando, pur senza nominarlo. Il rapporto che abbiamo con il denaro, infatti, è l'immagine più fedele di quello che abbiamo con Dio nostro Padre. Se è malato, cioè idolatrico, è perché ne abbiamo uno pessimo con Lui. Il denaro, infatti, è un feticcio che ci rappresenta il potere, la solidità, la forza, il prestigio, l'autorità. Il denaro significa autonomia, certezze, libertà, affetto e, spesso, amore. No non c'entra solo il sesso che si può comprare in mille modi, dalle più turpi alle più eleganti. C'entrano le nostre relazioni, per la maggior parte basate e intrecciate su di esso. Non illudiamoci, il denaro è ben ancorato nei nostri cuori, e l'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali. Sia quando ci indigniamo contro le tasse inique, sia quando ostentiamo la nostra onestà in contrasto con la disonestà altrui, si manifesta evidente la nostra "ipocrisia" che vorrebbe millantare una falsa libertà dal denaro mentre esso regna sovrano nei nostri cuori. Ed è il segno di un'ipocrisia ben più profonda: ci professiamo figli di Dio mentre camminiamo con la sua maschera perché da quando abbiamo accolto il denaro come signore e padrone pensiamo, parliamo e ci comportiamo da orfani. Fratelli, lasciamoci scrutare da questo Vangelo e scopriremo che stiamo vivendo contro natura, e stiamo trasmettendo ai nostri figli e ai lontani dalla Chiesa una fede avariata che si è inchinata a mammona, tipica di chi adora il vitello d'oro. Portiamo in noi inscritta l'immagine celeste del Padre e viviamo come se Egli non esistesse e non provvedesse alla nostra vita. Questa è la grande ipocrisia madre di tutte le altre, più o meno meschine con cui cerchiamo di tappezzare la nostra esistenza. Madre soprattutto di quella con cui ci avviciniamo a Cristo, fingendo di pregare che ci spieghi cosa fare, mentre abbiamo già deciso quale sia l'unica giusta. E ciò significa cercare di "coglierlo in fallo" per essere autorizzati a fare secondo la nostra ragione avvelenata dal demonio. Ma anche oggi Gesù ci annuncia una buona notizia. Proprio perché è "veritiero, non si cura di nessuno" e "non guarda in faccia" con timore difronte alla nostra ipocrisie, ci "insegna la via di Dio", la sua volontà per noi "secondo verità". E la prima verità è che il demonio ha usurpato il posto di nostro Padre. E, orfani del vero Padre, siamo caduti tra le braccia di quello falso, che si è rivelato nostro nemico e padrone. Allora, quella moneta tra le mani di Gesù è l'immagine di tutti noi schiavi del demonio, a cui obbediamo per appellarci a Cesare per uccidere Dio, la sua immagine in noi. Per farci giustizia, per rosicchiare un po' di denaro in più, per sentirci vivi e importanti, amati, mentre ciò che cresce è l'uomo vecchio che si corrompe e ci fa soffrire. Esattamente come è avvenuto durante il processo a Gesù, quando è stato "consegnato" a Pilato che nel nome di Cesare ha approvato la decisione del Sinedrio e del popolo; era Lui la moneta autentica che ha preso su di sé l'infamia che gli ha fatto perdere ogni sembianza d'uomo, come uno davanti al quale ci si copre la faccia. E ha lasciato che l'immagine di Dio scritta in ogni uomo fosse consegnata sino in fondo a Cesare, perché fosse crocifissa. Ma proprio lì, il suo sangue ha lavato definitivamente l'immagine falsa del mondo e di satana che in ciascuno di noi si era sovrapposta a quella originaria che giaceva nascosta nel suo corpo inchiodato alla Croce. Il suo sangue ha lavato il fango e il peccato e ha ridato lucentezza a quello che in noi sembrava perduto, e ci ha ricreati come figli dell'unico e vero Padre. Si fratelli, lasciamoci giudicare da questo vangelo, e lasciamo che anche oggi il sangue di Cristo giunga a noi attraverso la Chiesa perché lavi e cancelli sino al fondo del nostro cuore l'ipocrisia generata in noi dall'inganno del demonio. Allora, in Cristo, potremo vivere come figli di Dio; è Lui, infatti, che risorgendo con noi nel perdono dei peccati e nel dono della vita nuova, disseppellisce in noi l'immagine che ci ha chiamati alla vita. Crocifissi con Lui possiamo oggi dare a Dio quello che gli appartiene, ovvero tutta la nostra vita. Ogni istante, ogni pensiero, parola, gesto. I beni che ci affida per amare, i doni e i carismi con cui compiere la missione unica alla quale il padre ci chiama. Anche le sofferenze, i fallimenti, le umiliazioni, le ingiustizia, le malattie.
Tutto purificato perché ogni istante della nostra esistenza divenga un segno della bellezza nella quale ogni uomo è stato creato, la bellezza che salverà il mondo. Altro che denaro, tasse, altro che chiacchiere e talk-shows inconcludenti, non siamo più orfani, per questo la nostra economia si fonda sul dono totale di noi stessi: con i conti in rosso di una vita "perduta" per amore quaggiù, ma con un attivo infinito lassù, il guadagno di una vita che non muore.
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