24 giugno. Natività di San Giovanni Battista
L'ANNUNCIO |
Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei. All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui. Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Insieme al Signore e alla Vergine Maria, Giovanni Battista è l'unico "Nato di donna" del quale la Chiesa celebra la natività. Significa che nella sua nascita vi è qualcosa che riguarda tutti noi. Giovanni, infatti, il "nome nuovo" scelto da Dio, significa "Dio fa grazia ora" per una storia nuova che può cominciare ora. La tua e la mia, e quella di ciascun uomo "battezzato" nelle viscere d’amore a cui tutti aneliamo. Che cos' è la nostra vita se non una continua ricerca di misericordia? Di un amore che ci accolga nel suo grembo senza condizioni, così come siamo, che non presenti conti da pagare, per il quale non doversi acconciare? Un amore che ci faccia liberi d’essere esattamente quel che siamo. "Nessuno nella nostra parentela porta il nome" di questo amore, la carne non la prevede. I rapporti, infatti, si infrangono tutti sul limite severo della debolezza carnale. E ciascuno di noi è il frutto di una storia concreta di debolezze, come quella del Popolo di Israele, l’eletto incapace di reggere la prova della libertà. Una storia di schiavitù e liberazioni, di adulteri e perdoni, simile a una strada sconnessa e piena di buche, ma che segue un percorso certo e diritto sulle orme di una promessa: l'avvento del Messia, il Salvatore, il Figlio che compirà, con la sua carne, la Legge impossibile per la nostra carne. In questa storia, Giovanni è la soglia della speranza, l’uscio socchiuso sul compimento di ogni promessa. La sua nascita dal grembo sterile di Elisabetta, immagine di Israele sterile vigna senza frutto, ne è il segno. Tutta la storia si coagulava in quel grembo, come oggi anche la nostra giunge a questo giorno come una "contrazione" nel grembo di una madre. Tutto ciò che ha reso infeconda la nostra vita può diventare il segno dell'amore che trasforma la morte in vita. Come accadde al principio della storia con Isacco, figlio insperato di Abramo e di Sara, gli avvizziti patriarchi. Una storia di salvezza iniziata con il miracolo che ne profetizzava il compimento. Anche il nostro apparire nel mondo è stato un miracolo d'amore; ma poi, di fronte alle sofferenze, il demonio ha avuto ragione della nostra debolezza, e, ingannandoci, ci ha chiuso nel grigio dell'egoismo sterile di chi ha smesso di credere all'amore di DIo. Per strapparci alla deriva del mondo occorreva un miracolo: Giovanni, la misericordia di Dio, la sua Grazia proprio ora, quando forse tutto sembra remarci contro. Non l’abbiamo conosciuta nella carne, non v’è n’è traccia nella storia del mondo. E’ un nome nuovo, l'assoluta novità di uno sguardo posato su Cristo, il Messia capace di salvarci e far bella la nostra vita di oggi: famiglia, lavoro, amicizie, tutto rinnovato perché compiuto nell'amore. Giunge oggi Giovanni, la Parola di Dio per noi. Parla al nostro cuore e ci annuncia la buona notizia che è finita la nostra schiavitù. Ai rapporti malsani inchiodati ai compromessi, al dare e avere d’ogni nostra relazione, ai padri che vorrebbero fare dei propri figli il prolungamento di se stessi, e ai figli schiacciati dall'eredità carnale dei propri genitori, anche quella di peccato e violenza. Ecco oggi la buona notizia per le nostre storie sterili che sembrano non aver nulla di nuovo da dire, per gli anziani ormai rassegnati, per i giovani cui il mondo ha sottratto la speranza; per le coppie sedutesi sulla routine, quando il volto del marito e della moglie appaiono ormai come un soprammobile in più; ai preti e religiosi infilatisi, senza accorgersene, nell'accidia che dà spazio ai compromessi e inaridisce lo zelo; ai tanti presi al laccio dell'insoddisfazione che li schiaccia in una continua, sterile, rivendicazione di diritti; a chi non riesce più a vedere la propria vita, e quella di chi è accanto, come un prodigio. Attraverso Giovanni è annunciata oggi a ogni uomo la buona notizia: come "la mano di Dio era su di lui", sigillo della nuova ed eterna alleanza, così la mano del Padre è su di noi, per realizzare qualcosa di assolutamente nuovo, e fare, della nostra vita, una porta spalancata verso il Signore Gesù. Oggi possiamo guardare la nostra vita con occhi diversi. Dio, infatti, "ha esaltato anche in noi", come in Elisabetta, "la sua misericordia". Si è chinato sulla nostra sterilità e ne ha fatto un prodigio di fecondità. Giovanni è immagine del nostro cuore assetato d’amore, il segno dell’intimo di noi che anela a Cristo. La misericordia attesa e bramata bussa oggi al nostro cuore, Giovanni ce la offre gratuitamente a nome del Messia. Oggi si compiono "i nostri giorni del parto", e tutto di noi brilla di luce nuova: ogni istante del passato trasfigurato nel miracolo d’amore del Signore. Nulla è impossibile a Dio, non vi è sterilità che non possa essere trasformata in fecondità, nessun peccato che non possa essere perdonato. La nostra storia ci ha condotto a quest’oggi di Grazia e di gioia. Tutto in noi, ogni evento e ogni persona apparsi della nostra vita, come doni di Dio, hanno preparato l’incontro con la sua misericordia. Lasciamoci "meravigliare" di fronte all'amore di Dio, ai dettagli che lo avvicinano alle nostre giornate. Come Giovanni, "cresciamo e rafforziamoci nello Spirito", perché ci attende una missione meravigliosa, quando e come Dio vorrà, dove Lui ha già pensato: Annunciare il Messia, l’atteso delle genti. Fin dal grembo materno ci ha chiamati, oggi ce lo rivela. Siamo amati, salvati, redenti, perdonati, e la nostra vita è un vaso attraverso il quale Dio offre al mondo la sua misericordia; per questo, tutto di noi è un prodigio, il più grande, le braccia distese nella consegna di noi stessi per gli altri. Che timore, che gioia! Davvero, “che sarà mai questo bambino?”, che sarà mai la nostra vita? E quella di tuo figlio, anche se in questo tempo sembra seppellito tra grugniti e ira. Il Signore, giorno dopo giorno, ce lo rivelerà, ma sappiamo già che giungerà esattamente dove è approdata la vita di Giovanni: a divenire, nel martirio, un segno, una luce che indichi la salvezza, l'Agnello che toglie il peccato del mondo. In famiglia, al lavoro, a scuola, ovunque, questa vita concreta è un prodigio, il segno autentico ed efficace dell'amore che salva ogni "ora", che fa di ogni istante il principio di una novità che riscatta e infonde pace e felicità. Gettiamoci allora, senza paura, nell’avventura che Dio ci ha preparato.Il Vangelo del giorno
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