Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 8 marzo 2014

L'annuncio "Seguimi..."


"Lui è Figlio, non ha mai smarrito la sua identità"

QUI il commento al Vangelo della I Domenica di Quaresima - Anno A

Takamatsu,  (Zenit.orgDon Antonello Iapicca

http://www.zenit.org/it/articles/lui-e-figlio-non-ha-mai-smarrito-la-sua-identita

"Lui è Figlio, non ha mai smarrito la sua identità"

Commento al Vangelo della I Domenica di Quaresima - Anno A
Inizia la quaresima, tempo forte e favorevole per allenarci a vivere. I quaranta giorni che ci attendono, infatti, sono immagine della vita terrena, mentre i cinquanta del tempo Pasquale lo sono di quella celeste.
Per giungere al Cielo occorre vivere bene sulla terra. Ma che significa vivere bene? significa vivere autenticamente, essendo quello che siamo. Al contrario, vivere male significa vivere ipocritamente, essendo quello che non siamo.
Già, ma chi siamo? Molti sono convinti di conoscersi ma non è così. Per diradare la brina della menzogna e la nebbia dell'illusione è necessario andare in un luogo "asciutto", tanto secco da non esserci acqua.
Il deserto, ecco il posto adatto. È qui che questa domenica la chiesa ci conduce con amore, per riportarci alla realtà nella quale viviamo. É nostra madre e ci conosce perché è l'unica ad avere un' antropologia autentica, quella rivelata da Dio.
Questa ci dice che l' uomo vive nel deserto perché ha perduto il Paradiso. Insinuando nel cuore il dubbio sull' amore di Dio, il serpente ha ingannato Adamo ed Eva spingendoli a cercare se stessi e la propria realizzazione tagliando con Lui.
Cedendo all'orgoglio sollecitato dalla menzogna del demonio si sono ribellati a Dio credendo così di autodeterminarsi. Ma non erano diventati come Lui, anzi. Tagliando con la fonte della vita hanno invece sperimentato la morte. E si sono accorti di essere nudi, il segno che avevano perduto la propria identità.
Per questo si sono nascosti, stretti dalla paura. Erano precipitati nell'assurdo che capovolge l'esistenza di ogni uomo: avevano paura di Dio e del suo amore. Ma così non si può vivere.
Ecco, scacciati dal Paradiso erano finiti in un "deserto". Non sapevano più chi fossero, condannati a faticare e sudare nell'illusione di poter "trasformare le pietre in pane"; obbligati dall'incapacità di accettare la realtà di dolore e sacrificio, a cercare "pinnacoli" da cui gettarsi, qualcosa di straordinario che cambi la storia; "prostrati" davanti al demonio perché schiavi delle concupiscenze che cercano negli idoli del mondo la sazietà.
È la nostra vita di ogni giorno, un deserto inospitale. E quella voce maligna che continua a sibilare quel "se" che ci infilza il cuore: "Se sei figlio di Dio". È proprio qui, nel deserto, che l'avversario continua a tentarci. D'altronde è il suo territorio, lontano da Dio, senza vita.
E non c'è nulla da fare, continuiamo a soccombere. Non possiamo resistergli, "se" vivessimo da figli di Dio non staremmo qui ma a casa di nostro Padre. Nel deserto vivono i figli di questo mondo, schiavi del peccato e, per questo, incapaci di amare oltre la carne.
Si, perché se non è per amore, non si può pazientare e rispettare l'altro. Le "pietre" devono diventare pane, anche il cuore della moglie che è adirato e non ne vuole sapere di donarsi. Anche il carattere del figlio indurito dallo sforzo di crescere. Anche la testa del capo ufficio che ce l'ha con noi e non ci vuol dare queste ferie che ci spettano.
Tutto deve saziarci, subito. La storia che non ci soddisfa non può restare com'è,  deve cambiare. Per questo ci issiamo sui "pinnacoli" sperando che, facendo qualcosa di speciale, gli altri si accorgano di noi, cosi da imprimere finalmente una svolta in famiglia, al lavoro, a scuola. Quanti ragazzi si deturpano il corpo e si spingono al limite con alcool e droghe, pur di sfuggire alla monotonia.
Non viviamo come figli di Dio, e per questo ci prostriamo al nostro patrigno, il demonio, che, in cambio di piaceri effimeri che sfuggono in un baleno senza saziarci, ci obbliga a servirlo nelle malvagità. I giudizi, le gelosie, i rancori, la lussuria e l'avarizia sono i liquami che sboccano da un cuore ridotto a cloaca perché inquinato dalla menzogna.
Ebbene proprio qui, in questo deserto nel quale abbiamo smesso d'essere quello che siamo, è sceso Gesù. E scende ancora, oggi e in questa Quaresima. Lui è Figlio, non ha mai smarrito la sua identità, neanche sulla Croce e nella tomba. Per questo è risorto e viene a consegnarci di nuovo la dignità e la natura di figli che abbiamo perduto.  
Abbiamo bisogno di Cristo, che ci doni di partecipare alla sua vittoria sul peccato. Solo così potremo attraversare questa vita come un esodo verso la terra promessa. La quaresima ci aiuta proprio a convertirci, a lasciare il peccato per unirci a Cristo, attraverso le armi che ci offre la Chiesa, digiuno, preghiera ed elemosina.
Così le insinuazioni del demonio non saranno più comandi a cui dover obbedire, ma torneranno ad essere "tentazioni", ovvero le "prove" attraverso le quali saremo purificati, perché risplenda in noi l'immagine e la somiglianza con il Padre.
Affrontate con Cristo, le tentazioni ci dischiudono di nuovo le porte del Paradiso. Sono come i metal detector degli aeroporti. Se in noi è vivo Cristo potremo passare senza che scatti alcun allarme; nessuna arma impropria come l'orgoglio sarà nascosta nel cuore.
Al contrario, la natura divina plasmata in noi dallo Spirito Santo ci farà combattere e resistere. Per questo, "se siamo figli di Dio", il peccato e la morte non hanno più potere su di noi. Potremo amare senza esigere nulla da nessuno, "vivendo" in pienezza anche nel deserto, saziandoci "di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".
Non avremo bisogno di piegare gli eventi alle nostre voglie, perché un figlio "non tenta" suo Padre, ma lo conosce e obbedisce alla sua volontà, che ha sperimentato come l'unica buona per lui. E saremo finalmente liberi di vivere senza lacci agli idoli di questo mondo, "servendo e adorando solo Dio", perché Lui ha cura di noi, ci ama e provvede per i suoi figli sempre e solo il meglio.

Takamatsu,  (Zenit.orgDon Antonello Iapicca

"Seguimi"

L'ANNUNCIO

Tutto era accaduto proprio lì, dove Matteo era in quell'istante, immerso nel suo impuro lavoro di esattore e taglieggiatore. Lì, in quel vomito di vita sfuggito da tutti, si è posato un raggio di luce, lo sguardo di Gesù; Lui, l'unico ad amarlo così com’era, al punto di volerlo con sé. Nessuna preparazione, probabilmente Matteo neanche se lo aspettava; nessuna buona disposizione, solo l’amore infinito di Cristo che lo aveva raggiunto. L'assoluta eccezionalità di questa esperienza ha generato in Matteo l'eccezionale: "la conversione". Come non cambiare vita e “seguire” l'Unico che lo aveva guardato con misericordia strappandolo all'inferno? Lui,il reietto, chiamato ad essere apostolo, che cosa inaudita. Convertirsi e “lasciare tutto” era la libertà perché in Cristo aveva già ricevuto tutto ciò che il suo cuore desiderava, altro che rinuncia! Così, il perdono inaspettato e gratuito ha acceso in Matteo la gratitudine. Per questo lo ha invitato a casa sua per offrirgli “un grande banchetto” di ringraziamento e benedizione, immagine di ogni eucarestia. E “con loro” - con Gesù e Matteo ormai uniti intimamente - “era seduta una grande folla di pubblicani e di altra gente (pagani)”. Ovunque giunge un cristiano, ovvero chi ha sperimentato l’amore di Cristo che lo ha “alzato” (stesso verbo che designa anche il risorgere), appare una nuova creazione. La presenza anche solo di un discepolo di Gesù genera il miracolo della Chiesa che benedice Dio per la sua misericordia, l’assemblea festosa dei "malati" guariti dal "Medico" e dei "peccatori" accolti, perdonati e convertiti. Anche per noi è preparato l’incontro decisivo con Gesù. Lui è vicino, giungerà di certo in questa Quaresima, unica e diversa da tutte le altre, forse l’ultima, non sappiamo. Non importa se non lo stiamo aspettando, ancora oggi intenti ai nostri loschi traffici con cui taglieggiamo e ricattiamo marito, moglie, figli, amici e colleghi per spremergli sino all’ultima goccia l’affetto. Importa il suo amore capace di generare in noi lo stupore, la porta regale della conversione. Importa non "mormorare" come gli "scribi e i farisei" ciechi sui loro peccati; e farci curare quando, con una liturgia, con la parola di un fratello, nella preghiera, lo sguardo di compassione e misericordia del nostro "Medico" planerà su di noi. E sarà un cortocircuito folgorante, il perdono capace di sradicarci dai vizi e dai peccati. Che il Signore ci conceda di accoglierlo come Matteo, e di lasciarci trasformare completamente; che in questa Quaresima possiamo convertirci davvero, e obbedire alla chiamata di Gesù “lasciando tutto”, ma proprio tutto. Ne va della salvezza di nostro figlio, del collega, dell’amico! Stanno aspettando la nostra conversione per “sedersi con noi e Cristo” alla mensa della misericordia.

Nessun commento:

Posta un commento