Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 8 marzo 2014

“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”

"Lui è Figlio, non ha mai smarrito la sua identità"

QUI il commento al Vangelo della I Domenica di Quaresima - Anno A

Takamatsu,  (Zenit.orgDon Antonello Iapicca

Sabato dopo le ceneri



Sono rotti i miei legami
pagati i miei debiti
le mie porte spalancate
me ne vado da ogni parte.
Essi accovacciati nel loro angolo
continuano a tessere la pallida tela delle loro ore;
o tornano a sedersi nella polvere
a contare le loro monete
e mi chiamano perché torni indietro
Ma già la mia spada è forgiata,
già ho messo l'armatura
già il mio cavallo è impaziente
e io guadagnerò il mio Regno.

Tagore




Lc 5,27-32 

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”. Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla di pubblicani e d’altra gente seduta con loro a tavola.
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?”.
Gesù rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”

Il commento


Matteo, un peccatore intento a peccare. Le mani ancora incollate al denaro estorto senza scrupoli. E una voce come un diamante incastonato in uno sguardo: "Seguimi". Di certo più che il "segui" ha fatto il "mi". Solitamente tendiamo ad enfatizzare il fatto di seguire e perdiamo di vista Chi seguire. Una voce, uno sguardo, e una parola. Il tutto accaduto proprio lì, dove Matteo era in quell'istante, immerso nel suo impuro lavoro di esattore e taglieggiatore. Un mafioso più o meno. Basta pensare cosa evochi in noi questa parola per capire che vita conducesse Matteo. Mafioso e collaborazionista, peggio di un kapò in un campo di concentramento. Da vomitare. E lì, in quel vomito di vita, un raggio di luce, come ha inimitabilmente dipinto Caravaggio.
Un raggio di luce, lo sguardo di Gesù. L'unico Dio perchè l'unico che si sia chinato su quel relitto d'uomo, pubblicano, venduto. L'unico a cercarlo, guardarlo, chiamarlo. Gesù, l'unico ad amarlo. Così, senza moralismo, senza giudizio alcuno. Amarlo al punto di volerlo con sè. E chi si prenderebbe ora, così su due piedi, un mafioso, un traditore in casa.... Solo il Signore. Chiamare Matteo è stato come consegnare l'amministrazione d'una banca ad un ladro. Gesù ha consegnato i suoi tesori, le sue cose più preziose a Matteo, ladro.
L'assoluta eccezionalità di questa esperienza ha generato in Matteo l'eccezionale. La conversione. La Grazia ha acceso la gratitudine. Perchè la conversione sgorga sempre dalla gratitudine. Come non seguire l'unico che lo aveva amato, l'unico che lo aveva guarito e strappato all'inferno? Matteo ha toccato un amore più grande d'ogni altro, qualcosa di mai visto, sentito, vissuto, che ti prende fin dentro nel più profondo di te stesso e ti trascina con sè, in un amore celeste. Lasciar tutto allora è stato per Matteo conquistare la libertà, altro che una rinuncia! Lasciar tutto è, semplicemente, avere trovato l'unico necessario per cui vivere è bello. E vero. E santo. Lasciare tutto è essere rapiti dall'amore che è impossibile anche sognare, ma al quale tutto, in ogni uomo, tende invincibilmente. Lasciare tutto è avere ormai Lui, Gesù. Lasciare tutto subito perchè già si è ricevuto tutto. E nel tutto di Gesù è donata anche ogni altra cosa, persona, affetto, lavoro. Trasfigurato. Tutto nuovo.
Seguire Gesù è infatti, prima d'ogni altra cosa, invitarlo alla nostra vita, alla nostra storia. Come Matteo. Per lui il primo frutto dell'incontro con Cristo è stato trasmettere l'eccezionalità di tale esperienza ai suoi amici. Come in una sorta di pellegrinaggio sin dentro le profondità della propria vicenda, Matteo conduce Gesù proprio ai luoghi, alle persone, alle cose che un istante prima aveva lasciato. Con Cristo non si perde nulla della nostra vita! Il seguimi di Gesù lo aveva coinvolto completamente, tutto di lui era ormai di Cristo. "Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui - paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita cosi' bella? Non rischiamo di trovarci poi nell'angustia e privati della libertà? no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest'amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest'amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Si', aprite, spalancate le porte a Cristo, e troverete la vera vita" (Benedetto XVI, Omelia di inizio pontificato, 24 aprile 2005).
Matteo Aveva lasciato tutto, era libero e per questo poteva donarsi. Come San Paolo, libero da tutti, s'era potuto fare tutto a tutti. La chiamata inaspettata e gratuita di Gesù incammina Matteo in un pellegrinaggio della memoria a scoprire che ogni istante, ogni rapporto della sua vita è stato guarito. Il Medico ha guardato, amato, chiamato, curato. La parola di misericordia lo ha rigenerato, ed ora Matteo può guardare a se stesso e alla sua storia con occhi nuovi. Laddove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la Grazia. L'indegno ha riacquistato dignità, e quello che era stato messo a servizio dell'iniquità è ormai offerto per la Giustizia. I rapporti sanati, gli sguardi purificati, i pensieri illuminati, ogni azione santificata. Nell'amore di Gesù il passato non lo schiaccia, il presente non lo avvelena, il futuro non lo angoscia. E' vivo Matteo, è un uomo, è di Cristo.
E' grande da lasciare senza fiato il mistero racchiuso in questa pagina evangelica. V'è coagulato l'intero cristianesimo. Un incontro inaspettato. Un amore, gratuito. E la vita salvata, ridestata. Nessuna preparazione, nessuna buona disposizione, solo un infinito amore. Chi lo ha incontrato non ne può più fare a meno. Scriveva Ugo di San Vittore che “chi trova dolce la propria patria è solo un tenero dilettante. Chi trova dolci tutte le patrie s’è già avviato sulla strada giusta. Ma solo è perfetto chi si sente straniero in ogni luogo”. Liberato da un amore che varca ogni frontiera, chi ha conosciuto l'amore di Cristo è già cittadino del regno di Dio, un' icona vivente del Cielo. I suoi passi d'ogni giorno, sulle orme di Gesù, disegnano le tracce di speranza per il mondo.
La Quaresima è proprio questo incontro preparato per noi. E' Cristo che scende alla nostra vita, dentro i nostri peccati. Non importa se non lo stiamo aspettando, se siamo intenti ai nostri loschi traffici. Importa il suo amore. Importa l'esperienza, vera e reale, del suo perdono. Importa la libertà. Essa è per noi, è incastonata negli occhi misericordiosi e compassionevoli di Gesù, nel suo sguardo posato oggi su ciascuno di noi. Nella sua parola, nella chiamata che risuona oggi, e ogni istante, negli angoli dove ci perdiamo accovacciati nei nostri pensieri. Amore e libertà, pace e gioia, i frutti del suo amore che anche oggi ci viene incontro. Preghiamo perchè si compia in ciascuno di noi una quaresima di stupore, gli occhi di Matteo folgorati dallo sguardo del Signore.

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