Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 7 marzo 2014

“Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?”

 

"Digiuneranno quando lo sposo sarà loro tolto"

Il digiuno dei cristiani è amore e memoria, una novità che esprime il mistero della Chiesa; sposa e vedova allo stesso tempo essa esplode di gioia intorno alla mensa eucaristica, ma al suo culmine erompe in un grido di nostalgia e speranza: maranathà, vieni, ritorna Signore Gesù. Per questo, “mentre i discepoli di Giovanni e i farisei digiunano per purificarsi, i discepoli di Gesù “non possono fare lutto”, ma gioiscono e banchettano celebrando l’amore dello Sposo che li ha perdonati. E digiunano quando, terminata l’eucarestia, si gettano nel mondo ad annunciare il Vangelo. Come accadde dal giorno dell’Ascensione nei “giorni in cui lo Sposo è stato tolto" dopo averli inviati in missione,  e i discepoli hanno cominciato a digiunare della vista carnale del Signore. Per questo, passati "all’altra riva del lago, nella regione dei Gadareni", immagine di ogni terra pagana, gli apostoli digiunano evangelizzando. Digiunano dai propri schemi, dai progetti e dalle aspettative, dalle sicurezze e dai successi, per abbandonarsi all'opera divina che guida e provvede alla missione. La vita degli apostoli è immersa in un digiuno di fama, onore, considerazione; vanno erranti, perseguitati, affamati, rifiutati, all’ultimo posto, come condannati a morte. Digiunano di tutto per amore a Cristo e a ogni uomo, nella memoria costante di Lui. Lo sanno bene i missionari che spesso si trovano nella completa solitudine ad annunciare il Vangelo in terra ostile e indifferente; come lo sanno i genitori alle prese con la crescita ribelle dei propri figli; lo sanno i giovani cristiani chiamati ogni giorno ad affrontare i sofismi e le tentazioni del mondo della scuola; lo sanno gli anziani lasciati soli da una società che di loro non ha più bisogno; lo sanno i malati chiamati al combattimento più arduo sul fronte della sofferenza. Lo sa chiunque è stato afferrato dall'amore dello Sposo e freme della sua stessa compassione dinanzi al mondo che non lo conosce e giace esanime. Per questo il digiuno cristiano è racchiuso nell'immagine della Pietà: il digiuno della Vergine Maria che, con l'anima trafitta dal dolore, contempla colma d'amore e speranza il corpo senza vita del suo Figlio. Lo guarda e vede oltre i sensi il suo ritorno vittorioso. Il digiuno a cui siamo chiamati in questa Quaresima è l’aiuto che la Chiesa ci offre per combattere la carne che non sa aspettare perché non conosce il Cielo, che vuole cambiare le pietre in pane perché di tutto deve saziarsi. E’ l’amore a Cristo e alle persone di un cuore che, in attesa dello Sposo, ne annuncia a tutti il ritorno. 

Venerdì dopo le ceneri


Oggi, che si parla tanto di catecumenato,
non dobbiamo di nuovo riconoscere molto più seriamente
che il tempo del digiuno deve essere un catecumenato universale
in cui noi con la nostra vita ricuperiamo concretamente il nostro battesimo
o piuttosto facciamo in modo che la nostra vita ricuperi le esigenze del battesimo?

Joseph Ratzinger, in "Speranza di un granello di senape"
Mt 9,14-15 


In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva del lago, nella regione dei Gadareni, gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?”.E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno”.

Il commento



I discepoli di Gesù digiunano per amore, nella libertà che chi non ha conosciuto il perdono non può avere. Il digiuno cristiano non è solo una pratica pia, è memoria. Passati "all’altra riva del lago, nella regione dei Gadareni", in terra pagana gli apostoli digiunano evangelizzando, e lo può comprendere solo chi è intimamente unito a Cristo, condividendo sino in fondo il suo zelo per la salvezza delle anime di ogni uomo. Il digiuno dei discepoli di Gesù segna in qualche modo la fatica e i travagli dell'evangelizzazione, che, ricordiamolo, è sempre il frutto della sovrabbondanza dell'amore che inonda il cuore degli "invitati alle nozze", come mostrano profeticamente le sette ceste avanzate dalla moltiplicazione dei pani di Gesù. Il digiuno indica il cammino della Chiesa che ridiscende dal monte Tabor dove ha contemplato il Signore trasfigurato prima, e dal monte delle beatitudini poi, dove il Signore risorto li ha inviati in missione: "L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l'amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio" (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima del 2013). Il Signore asceso al Cielo scompare in una nuvola alla vista carnale dei suoi apostoli, ma è vivo in loro e li accompagna con segni e prodigi sino agli estremi confini della terra dove li invia ad annunciare il Vangelo, come già aveva sperimentato il popolo d'Israele nel deserto, guidato proprio dalla nuvola della presenza di Dio. 
Così, compiendo la propria missione "nei giorni in cui lo Sposo è tolto" dalla visione dei loro occhi, i discepoli digiunano della vista carnale del Signore, seguendo nella fede i moti dello Spirito Santo riversato in loro; e non è cosa da poco: lo sanno bene i missionari che spesso si trovano nella completa solitudine ad annunciare il Vangelo in terra ostile e indifferente; come lo sanno i genitori alle prese con la crescita spesso costellata di ribellioni e dolore dei propri figli; lo sanno i ragazzi cristiani chiamati ogni giorno ad affrontare il mondo della scuola e dell'università pronto a sedurli con sofismi e insinuazioni perverse di facili e false soddisfazioni degli ardori giovanili; lo sanno gli anziani lasciati soli in una società che di loro non ha più bisogno; lo sanno i malati chiamati al combattimento più arduo sul fronte della fede messa a dura prova dalla debolezza e dalle sofferenze che minano il fisico. Lo sa chiunque è stato afferrato dall'amore dello Sposo e freme della stessa compassione dinanzi al mondo che non lo conosce. Il digiuno che si tinge di zelo e crocifigge i discepoli nella storia d'amore che Dio intesse con ogni uomo, è la forma più autentica di rispondere alla chiamata di Gesù: "massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola». Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana" (Benedetto XVI, ibid). I discepoli digiunano sui sentieri della missione per amore di ogni uomo, perché il mondo possa sfamarsi con il pane della Parola da loro annunciata. Essi digiunano dai propri schemi, dai progetti e dalle stesse aspettative, per quanto nobili siano, per abbandonarsi all'Opera divina che guida e provvede alla missione. San Paolo descrive più volte la vita dell'apostolo, ed essa appare immersa in un digiuno continuo, di fama, onore, considerazione; gli apostoli vanno erranti, perseguitati, affamati, rifiutati. Ma proprio questo digiuno è il segreto dell'autentico successo della missione, perché, come lo Sposo che li ha inviati, "mentre essi muoiono, il mondo riceve la vita". Per questo il digiuno cristiano è racchiuso nell'immagine della Pietà: il digiuno della Vergine Maria che, con l'anima trafitta dal dolore, contempla colma d'amore e speranza il corpo senza vita del suo Figlio. Lo guarda e vede oltre i sensi il suo ritorno vittorioso, senza che ciò le risparmi il dolore. Il digiuno a cui siamo chiamati in questa Quaresima è l’aiuto che la Chiesa ci offre per combattere con la carne che non sa aspettare, che vuole cambiare le pietre in pane perché di tutto deve saziarsi. E’ l’amore a Cristo e alle persone che si fa digiuno, un cuore in attesa dello Sposo che ne annuncia a tutti il ritorno.


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