Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 16 marzo 2014

«Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo»

II Domenica del Tempo di Quaresima. Anno A


Nella seconda domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù viene trasfigurato sul monte Tabor davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni. Una nube luminosa li copre con la sua ombra. E una voce dalla nube dice: 

«Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 

Dal deserto – il luogo della prova, della ribellione, dove abita il tentatore, l’accusatore (I domenica di Quaresima) – al monte della trasfigurazione, al luogo della manifestazione di Dio, della sua rivelazione, della sua santità: ecco il cammino che questa seconda domenica di Quaresima apre davanti a noi. Il Signore Gesù porta con sé i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, per prepararli al mistero della Pasqua e renderli suoi testimoni. E viene trasfigurato davanti a loro: il suo Volto si illumina della gloria divina, le sue vesti splendono del segno della vittoria pasquale. Sono presenti anche Mosè ed Elia a dichiarare il compimento delle promesse fatte da Dio nell’Antico Testamento. Gli apostoli “vedono” la gloria del Figlio di Dio e Pietro esclama: “Signore, è bello per noi essere qui!” e contemplare il Volto di Dio. È la somma felicità dell’uomo: noi siamo stati voluti e creati da Dio per stare con lui, nella sua casa, per godere del suo volto. È un istante, poi la Nube ricopre tutto con la sua ombra e la voce rivela: “Questi è il Figlio mio, l’amato, in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. Un “ascolto” che è obbedienza, che è desiderio di seguirlo fino alla croce, fino alla risurrezione e alla gloria. La rivelazione che lo Spirito del Padre fa del Figlio è un dono che viene a noi dall’”eccesso sovrabbondante della divina Bontà” (T. Federici), che oggi ci fa Chiesa, sposa del Verbo, e ci prepara a partecipare al mistero della sua Pasqua per entrare nell’intimità di Dio.

(don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)

Di seguito i testi della Liturgia e i commenti.
*
II DOMENICA DI QUARESIMA - A
(Domenica della Trasfigurazione)
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 26, 8-9
Di te dice il mio cuore: «Cercate il suo volto».
Il tuo volto io cerco, o Signore.
Non nascondermi il tuo volto.
Oppure:  Sal 24,6.3-22
Ricorda, Signore, il tuo amore e la tua bontà,
le tue misericordie che sono da sempre.
Non trionfino su di noi i nostri nemici;
libera il tuo popolo, Signore,
da tutte le sue angosce.
Ricorda, Signore, il tuo amore e la tua bontà,
le tue misericordie che sono da sempre.
Non trionfino su di noi i nostri nemici;
libera il tuo popolo, Signore,
da tutte le sue angosce.
Colletta
O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito perché possiamo godere la visione della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio ...
Oppure:
O Dio, che chiamasti alla fede i nostri padri e hai dato a noi la grazia di camminare alla luce del Vangelo, aprici all'ascolto del tuo Figlio, perché accettando nella nostra vita il mistero della croce, possiamo entrare nella gloria del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  Gn 12, 1-4a
Vocazione di Abramo, padre del popolo di Dio.
Dal libro della Gènesi
Vocazione di Abramo, padre del popolo di Dio.
Dal libro della GènesiIn quei giorni, il Signore disse ad Abram:
«Vàttene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò,
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra».
Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.
«Vàttene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò,
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra».
Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.
    
Salmo Responsoriale   Dal Salmo 32
Donaci, Signore, la tua grazia: in te speriamo.Retta è la parola del Signore

e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.


Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame.


L’anima nostra attende il Signore:

egli è nostro aiuto e nostro scudo.

Su di noi sia il tuo amore, Signore,

come da te noi speriamo.
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.
Seconda Lettura   2 Tm 1, 8b-10
Dio ci chiama e ci illumina. 
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Dio ci chiama e ci illumina. 
Dalla lettera di san Paolo apostolo a TimòteoFiglio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.
  
Canto al Vangelo    Cf Mc 9,7
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio diletto: ascoltatelo».
Lode e onore a te, Signore Gesù.   
   
Vangelo  Mt 17, 1-9
Il suo volto brillò come il sole.
Il suo volto brillò come il sole.
Dal vangelo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
*
La vita trasfigurata è una vita illuminata dalla Buona Novella
Commento al Vangelo della II Domenica del Tempo di Quaresima. Anno A







Siamo incamminati verso la Pasqua, per celebrare e vivere la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. “Gesù è risorto, è il Signore!” è il grido inesausto che, inviata ad ogni angolo della terra, la Chiesa fa risuonare nella storia.




La Pasqua è il suo cuore, l’evento che la muove alla ricerca della pecora perduta, le schiude le labbra alla lode che si fa liturgia, le infonde forza e tenacia nelle persecuzioni. La Pasqua è il grembo da cui nasce l’annuncio del Vangelo.




Senza la Pasqua non ha senso una sola parola, fosse anche la più ragionevole, un solo gesto, fosse anche il più nobile. Senza la Pasqua nulla ha senso nella nostra vita. Il mondo, infatti, si dimena cercandone uno, ma è come vincolato a un elastico, più cerca di allontanarsi dal muro della morte, più violentemente ne è risucchiato per sbattervi rovinosamente.




Il mondo non conosce la Pasqua, se non travestita da Pasquetta, sci in spalla o gita fuori porta. Una beffarda caricatura, l’evasione al posto della risurrezione, la notte dell’illusione invece della luce della certezza. 




Il collega, il cugino, il compagno di scuola, forse anche il coniuge o la figlia, sono tutti in fuga, sperando una vacanza, un aumento di stipendio, la vincita a qualche lotteria, un bagliore che rischiari l’esistenza e le dia senso e sostanza. 


E nel mondo, placcati dai suoi tentacoli, viviamo anche noi. Spesso ci lasciamo andare e diventiamo suoi. Il cammino è troppo duro, con la moglie rintanata nelle sue crisi, con il marito sepolto nel lavoro e nelle preoccupazioni, con i figli che hanno chiuso qualunque canale di comunicazione; con la salute che se ne va, la pensione ridotta all’osso e i conti in rosso, con la morte, aspra, inesorabile, che ci visita in tutte le fogge. 


Il deserto è secco accidenti, meglio tornare in Egitto, cipolle e aglio a volontà; sempre quelli ma che importa, meglio di quest’arsura. E’ vero che la carne ogni volta più affamata e insoddisfatta esige sempre gli stessi peccati, ma sembrano cibo gustoso; poi ci accorgiamo che sono veleno, e che fetore in bocca e che lacrime sul viso. 


Forse in questo tempo, oggi chissà, il mondo ci ha spento la luce, e brancoliamo nel buio. Per questo ci viene incontro la Quaresima, il deserto dove ritrovare la vita. Un paradosso, non c’è vita dove regna la morte. Eppure è nella tomba che esplode la Pasqua. 


Come già il Popolo di Israele sul Monte Sinai, il Signore ci prende per mano e ci «conduce in alto», sul Monte elevato, «in disparte». I Padri della Chiesa hanno letto in questo evento l’inizio della via nuova in Cristo. Un’esperienza fondamentale per poter vivere nel mondo senza essere del mondo, la partecipazione alla sua vittoria sulla morte. 


Saliamo sul Tabor con Gesù allora. Lassù ci vuol donare la fede adulta, che guarda la terra dalla sommità di un monte, il punto più vicino al Cielo. Il mondo e la carne, invece, cercano di vedere e capire il Cielo dalla terra, con i limitati parametri umani. 


Da "un alto monte” si abbraccia un insieme che a terra non si può. Se restiamo incollati al suolo, chi ci è accanto e i fatti della vita restano schiacciati su una prospettiva angusta. L’altro sarà solo quello che appare e cade immediatamente sotto i nostri sensi. Un fallimento resterà circoscritto alla frustrazione del momento. E avranno il potere di ferire la nostra anima. 


Ma da lassù è tutta un’altra luce! Come "Pietro, Giacomo e Giovanni", gli intimi di Gesù, anche noi siamo chiamati a contemplare un candore mai visto, così intenso da diventare "luce", e sfolgorare proprio lì, da dentro la carne di Gesù, identica alla nostra. 


Nel cuore della Quaresima è preparata per noi la visione di Cristo “trasfigurato”, un lampo della Pasqua nel buio del deserto. Senza questa esperienza non possiamo essere cristiani; il Mistero Pasquale di Gesù ci resterebbe estraneo, un dogma da credere senza però parteciparne. 


Abbiamo bisogno di vedere trasfigurata la carne, che, concretamente, significa sperimentare di avere dentro di noi, peccatori e fragili, la stessa vita di Cristo. Egli «fu trasfigurato»,metamorphósi, letteralmente "mutò forma". Ebbene, la fede adulta è proprio questo: cambiare forma di entrare nella storia, mentre la sapienza umana cerca di cambiare forma alla storia. 


Ma è una Grazia che il Padre ci dona rivelandoci Gesù nella sua Gloria risplendere nella nostra vita, dissipando le false idee che abbiamo su di Lui. Diciamocelo, Lo pensiamo come un eroe dei film, ma non crediamo ancora che Gesù è Dio e ha vinto la morte. Non lo crediamo dinanzi alla Croce, dalla quale fuggiamo impauriti. 


Per questo Gesù ci lascia intravvedere dalla sua carne lo splendore della vita immortale. Ma come? Facendoci passare concretamente dalla morte alla vita, dal peccato alla Grazia. La trasfigurazione del Signore si compie in noi mentre la sua vittoria ci accompagna a chiedere perdono, a riconciliarci, ad entrare nella precarietà senza mormorare, ad accogliere un altro figlio, ad accettare la malattia e la morte. 


E’ proprio nel deserto dove vediamo issarsi la Croce che il Padre ci parla. E’ nella paura della morte che la sua "nube", immagine della sua presenza, ci "avvolge". E’ qui che, crocifissi con Cristo sul Monte, possiamo ascoltare la notizia che cambia la vita: “E’ Lui il mio Figlio, l’eletto!” E’ Lui e sei tu in Lui. Proprio lì, incastrato nell’angoscia, sei Figlio, non resterai nella tomba. 


Coraggio allora, nascosta nel dolore vi è una bellezza che gli occhi della carne non sanno percepire. Occorre “ascoltare” Gesù, attraverso la sua Parola profetizzata da “Mosè ed Elia”, nella liturgia e nella predicazione della Chiesa. 


"Shemà Israel, Ascolta Israele!": è questa la chiave che apre il sipario sulla Verità. "Ascoltare", infatti, In ebraico, infatti, ascoltare e obbedire sono una medesima parola: ascoltare per obbedire, obbedire per amare, amare per passare oltre la morte. Ascoltare per entrare nella Pasqua. 


La nostra vita trasfigurata, infatti, è una vita evangelizzata, illuminata dalla Buona notizia. Una vita “bella”, perché, come aveva sperimentato Pietro, “è bello stare con Gesù”. Con Lui ogni situazione diviene un frammento di Paradiso, ogni persona un riverbero del suo volto. 


Per questo, come Israele durante la festa di Succot che ricordava la permanenza di Israele nel deserto, con Pietro desideriamo issare e dimorare nelle “tende”. Nella precarietà di una tenda si può vivere felici, gustando una bellezza che ci parla della Pasqua, illuminando la meta verso la quale camminiamo. 


Con amore il Signore ci prende per mano e ci dice "Alzatevi, non abbiate paura”; "Risuscitate" e non temete la morte che vi sta ghermendo; è salario del peccato, e chi ha conosciuto il perdono e vive trasfigurato con Cristo non la gusterà in eterno. 




*


II DOMENICA DI QUARESIMA 


COMMENTO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO 


Oggi nel Vangelo ci viene presentata una scena molto articolata. Mentre Gesù conversa con Mosè ed Elia, il Padre tuona dai cieli, rivolto agli attoniti discepoli presenti. A questa scena, avvolta di luce radiosa, la Chiesa collega la vicenda di Abramo, che la prima lettura pone alla nostra attenzione. 


Tutti questi sono stati testimoni di una teofania e “tipi” di Cristo, in vista della rivelazione dell’io più profondo di Dio; davanti ai tre divini ospiti, nel roveto ardente e sul Monte Oreb. Ognuno ha testimoniato l’assoluta priorità della fede nell’unico Dio: nel sacrificare anche il frutto della promessa, nel rendere testimonianza anche davanti al Faraone e nel percorre le terre del popolo di Israele. E ancora, ognuno si è seduto ed ha mangiato il pane al cospetto di Dio: nel banchetto preparato per i tre divini ospiti, nella manna e nella focaccia della vedova. 


C’è un’altra possibile connessione con la teofania sul monte della Trasfigurazione, richiamato con precisione nel pellegrinaggio di Gesù a Gerusalemme. Abramo, nostro padre nella fede, è chiamato a lasciare la sua terra, la sua famiglia e la casa di suo padre, per amore della promessa di Dio. Egli è stato chiamato a lasciare davvero tutto, a rinnegare se stesso. Così anche Gesù, colui che ha portato a compimento la fede in Dio e che ha sigillato con il suo sangue la promessa di Dio. Egli è l’altare, il sacerdote e l’agnello sacrificale per portare a compimento la promessa di redenzione, per far nascere con la sua grazie l’infinita famiglia dei credenti. 


Mosè abbandona la vita di benedizione che Dio aveva donato a lui e accetta l'invito ad annunciare: “Io Sono” al popolo sofferente di Israele. Allo stesso modo, Gesù mette da parte le consolazioni di questo mondo e proclama Dio, nella pienezza della verità e della misericordia. Egli lascerà la sua posizione per condurre l'umanità dalla schiavitù alla libertà. 


Elia abbandona l’approvazione dei profeti e diviene inviso ad Israele, per portare testimonianza del Dio di Israele in una terra straniera, in mezzo a popoli ai quali Dio non si è ancora rivelato. Cristo annuncia la luce della divina misericordia a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero. Egli è la luce delle nazioni, la voce della pace. 


La trasfigurazione allora è un momento da “prendere o lasciare”, come ogni chiamata, un momento intenso, in cui Gesù inizia a porsi di fronte alla croce. Si tratta di un momento in cui risplende la tremenda maestà di Dio. 


La nostra tentazione potrebbe essere quella di considerare questo momento di Vangelo, restando impermeabili alla sua grandezza, al suo travolgente effetto di luce e di gloria. Qualcuno potrebbe tentare di presentare una spiegazione poetica o razionale del momento, così inusuale rispetto all’intera vita di Gesù. Dove i miracoli potrebbero essere suscettibili di una spiegazione razionale, la Trasfigurazione è davvero il contatto con un altro mondo. S.Pietro ha pensato di richiamare espressamente alla memoria questo momento, a distanza di anni (2Pt 1, 16-18). Deve essere stato il ricordo di esso che lo ha spinto a saltare dalla barca da pesca, in Galilea, dopo essere tornato alle sue reti e ai suoi compiti umili, confuso e sconfortato, dopo i giorni duri e terribili di Gerusalemme, quando le tenebre del dubbio avevano tentato di avvolgere anche Colui che aveva rivelato lo splendore della sua gloria (Gv 12,24-30; 21,7). Peter ha riconosciuto la voce che lo aveva confortato sul monte santo, “Alzati, non avere paura”. 


È ancora Pietro, impetuoso e franco, che, intimorito dalla vista della Trasfigurazione, di fronte a questa scena, si esprime in maniera inopportuna, ma a suo modo profetica: « Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne…». Era bello in effetti essere lì, e dove la tenda del convegno era stata la dimora dell'Altissimo; Cristo stesso è il nuovo Tempio, la Nuova Alleanza e il suo Spirito la nuova legge, in Lui Dio è adorato in Spirito e Verità. Egli ci nutrirà con se stesso, e ci inviterà a sederci a mangiare con Lui. 


L’intervento goffo e “barcollante” di Pietro ci ricorda che possiamo facilmente coltivare il desiderio di “addomesticare” il divino, di “riordinarlo”, di porlo all’interno di un contesto più agevole per la nostra comprensione. È vero, Dio ha infatti ha umiliato se stesso, assumendo la condizione di servo ed è divenuto, come tutti gli uomini sono (Fil 2,7). La trasfigurazione, però, ci riporta a quella realtà globale che riguarda tutto il mistero di Cristo: Deus semper maior. Abbiamo bisogno di cogliere l’onnipotenza di Dio, lo splendore della sua gloria, la “terribilità” della sua voce, e lo splendore della sua Parola. La luce deve precedere ogni oscurità, la gratia preveniens ogni atto di conversione. In qualche modo, la liturgia odierna della Chiesa accumula con forza questa miscela inebriante di “senso religioso”, che è alla base di ogni altro atteggiamento di fede: Dio esiste! Egli deve essere al primo posto ed essere adorato prima di tutti gli dèi. Noi siamo chiamati a servire Lui, e Lui solo. Dobbiamo lasciarci sopraffare da Dio e lasciarci “stordire” dalla luce della sua gloria. Dobbiamo essere rapiti dalla bellezza di Dio. Egli è al di là di noi! Questa tremenda luce tocca la nostra spalla tremante, solleva le nostre facce terrorizzate e ci dice: “Alzati…non temere”. E alzando lo sguardo lo vediamo addormentato sulla Croce. Qual è la più forte vista? La luce della sua gloria o del suo amore? San Giovanni mantiene uniti entrambi i misteri, il Golgota è per lui il monte della trasfigurazione, il luogo dove l’amore di Cristo lo trasfigura nella gloria (Gv 17, 1-5). 


Gesù cammina con noi, nella nostra vita. Lo ascoltiamo predicare. Lo vediamo guarire. Egli prega, mangia, dorme. Stupito come siamo a causa Sua, dobbiamo ammettere che si muove come se fosse nascosto ad occhi senza fede. Possiamo dubitare del nostro senso religioso, il senso della nostra fede, che è Colui del quale è stato detto che Dio consolerà il suo popolo (cf. Is 40,1). Quanto abbiamo bisogno di questa consolazione! Ma guardando il suo corpo ferito sull’albero della nostra vita, dopo aver preso su di sé le nostre ferite, aver condiviso le nostre debolezze, lo vediamo raggiante nella gloria del suo amore con gli occhi della fede. Cerchiamo di essere stupito dal fulgore del suo essere divino. Sì, dobbiamo lasciarci scuotere dalla sua Parola. Cerchiamo di cogliere quella verità semplice e più profond,a che Cristo proclama in ogni momento e in ogni azione: Dio c’è, e vi ama di un amore eterno. “Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo”. 


Vediamo davvero la luce della sua gloria? Possiamo chiedercelo. Potrebbe quel momento di trasfigurazione sopravvivere alle lunghe notti delle tenebre, alla crudeltà degli uomini, alla nostra debolezza e alle nostre ripetute cadute? In ogni cuore la luce della gloria di Dio vuole splendere. In alcuni diventa un incendio possente. In alcuni altri resta una piccola brace. Ma se il nostro cammino di fede permette allo Spirito di Dio di soffiare sulle braci divine, esse divengono una fiamma. Occorre che ricordiamo il momento o i momenti in cui Dio ha attraversato la nostra vita e l’ha alimentata.. Guardiamo con attenzione e vediamo la luce radiosa dell’amore brillare di Dio anche nel momento più cupo, quando il buio è profondo e minaccia di eclissare ogni cosa ed ogni slancio vitale: ma Dio c’è. Con le parole della orazione colletta di oggi, preghiamo “…purifica gli occhi del nostro spirito perché possiamo godere la visione della tua gloria”. 




COMMENTO DI ENZO BIANCHI 


Ogni anno nella seconda domenica di quaresima la buona notizia è la trasfigurazione, narrata dai tre vangeli sinottici, evento che noi celebriamo come mistero grande per poterlo vivere nella nostra sequela. Nella fatica di ogni giorno per seguire Gesù portando la nostra propria croce (cf. Mt 16,24) abbiamo bisogno di momenti in cui poter dire: “È bello per noi stare qui accanto a te, Gesù, nostro Signore!”; momenti in cui la luce del “Dio-con-noi” (Mt 1,23) si fa evidente, in cui la nostra fede è confermata dalla voce di Dio che ascoltiamo nel cuore: “È lui il mio Figlio amato, ascoltatelo!”. Sono momenti rari, di presenza elusiva, ma ci sono necessari… 


Siamo infatti come Pietro e i discepoli che stavano con Gesù, ma che poco capivano della sua vera gloria, del suo vero potere, della sua vera fame. Non è un caso che il diavolo – l’abbiamo meditato domenica scorsa – abbia tentato Gesù dicendogli: “Se tu sei Figlio di Dio… domina il mondo!” (cf. Mt 4,3.6), e che Pietro poco prima della trasfigurazione, udito da Gesù l’annuncio della sua necessaria passione, gli abbia risposto: “Se tu sei Figlio di Dio, questo non ti potrà mai accadere!” (cf. Mt 16,22). Proprio Pietro che aveva, e lui solo, confessato la vera fede in Gesù – “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16) –, in realtà non sa accettare precisamente questo: che Gesù, in quanto Figlio di un Dio che è amore, non poteva finire per dominare, ma poteva solo dare la sua vita, senza difendersi, e morire come una vittima dei potenti di questo mondo. 


Ma ecco che Dio viene incontro a Pietro e a noi, “per rivelare che la passione che Gesù doveva soffrire era la sua gloria, gloria di resurrezione”, come si esprime il prefazio della liturgia odierna. Sì, il Figlio di Dio, che possedeva la forma di Dio e, venendo nel mondo, aveva preso la forma di uomo, dello schiavo (cf. Fil 2,6-7), ora per un momento, e per quanto era possibile vedere ai tre discepoli, riprende la forma di Dio. 


Pietro, Giacomo e Giovanni, resi testimoni della trasfigurazione, dovranno ricordare questo evento quando saranno testimoni della defigurazione, della sfigurazione di Gesù nell’ora della passione, al Getsemani (cf. Mt 26,36-46). Ma noi sappiamo accogliere questa rivelazione di Dio su Gesù? Sappiamo discernere quella che è la vera gloria di Gesù e, di conseguenza, la gloria del discepolo? 


Ascoltiamo bene questa buona notizia secondo Matteo. Gesù con tre discepoli, da lui scelti, sale su un alto monto, luogo della manifestazione di Dio. Così si mostrava come Mosè al quale Dio sul monte aveva parlato (cf. Es 24,9-18), donandogli anche un volto trasfigurato (cf. Es 34,29). Sul monte “il volto di Gesù brillò come il sole”, riflettendo la gloria divina di cui era avvolto quale Figlio di Dio da sempre; e accanto a lui apparvero Mosè ed Elia, la legge e i profeti, adempiendo la profezia di Malachia (cf. Ml 3,22-24). Ecco i precursori del Signore, e il Signore stesso tra di loro, il Veniente, secondo Malachia; ecco il profeta escatologico riguardo al quale Dio aveva chiesto: “Ascoltatelo!” (cf. Dt 18,15). La voce di Dio rivela che ora, proprio in mezzo a Mosè ed Elia, Gesù è il suo Figlio amato e unico: è lui la sua narrazione definitiva (cf. Gv 1,18), è lui che va ascoltato! E la sua gloria è riflessa su di noi se teniamo lo sguardo fisso su di lui: così anche noi saremo trasfigurati di gloria in gloria, grazie alla forza del Signore che è lo Spirito (cf. 2Cor 3,18). 


Noi andiamo verso la Pasqua, e certo la croce che abbiamo abbracciato dietro a Gesù ci pare schiacciante e soprattutto ingiusta. Vediamo in essa non evidenza, perdita, debolezza, forse anche vergogna. Solo chi “indora” la croce e la riempie di gemme pensa di rimuoverne lo scandalo e la follia (cf. 1Cor 1,22-25; Gal 5,11), e così la porta e la ostenta per non esserne scosso né interrogato. Eppure proprio al discepolo è chiesto di guardare alla realtà, alla verità della croce, per scorgervi con gli occhi della fede l’unica gloria che essa racconta: l’essere a servizio degli altri fino a dare la vita per gli altri. 




Quaresima: esodo di luce e tende di pace 


Lectio Divina per la II Domenica di Quaresima - Anno A 


Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la II Domenica di Quaresima (Anno A). 


*** 


LECTIO DIVINA 


Quaresima: esodo di luce e tende di pace 


Rito Romano – II Domenica di Quaresima – Anno A – 16 marzo 2014 


Gen 12,1-4; Sal 32; 2 Tm 1,8-10; Mt 17,1-9 


In Cristo tutta la realtà è trasfigurata. 


Rito Ambrosiano – II Domenica di Quaresima – Domenica della Samaritana 


Es 20,2-24; Sal 18; Ef 1,15-23; Gv 4,5-42 


L’incontro con Cristo trasfigura chi è sfigurato. 


1) Quaresima: Esodo di penitenza e di luce. 


La Quaresima non è solo un cammino di penitenza di persone addolorate per il loro peccato. Essa è cammino di luce o, meglio, di conversione alla luce. La vittoria sulla tentazione è già fonte di trasfigurazione. 


Il Vangelo di questa domenica ci presenta il fatto della Trasfigurazione di Cristo. E’ un un evento che ha segnato la vita non solo di Gesù, ma anche di Pietro, Giacomo e Giovanni, e deve segnare la nostra esistenza. 


Il contesto è di preghiera, sul monte Tabor. Si tratta di un momento molto particolare e privilegiato. E’ rivelazione della divinità di Gesù. E’ un momento di luce che Gesù ha voluto per prepare i suoi discepoli alla passione e, quindi anche noi perché arriviamo preparati al Venerdì santo. Anche noi dobbiamo entrare nel mistero della Trasfigurazione, farlo nostro. Non dobbiamo solo contemplare Cristo radioso, ma diventare ciò che contempliamo. 


Il primo modo di partecipare al dono soprannaturale della Trasfigurazione è dare spazio alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio, è fissare il nostro sguardo sull’Ostia consacrata. Inoltre, soprattutto in questo tempo di Quaresima, è rispondere all’invito divino della penitenza con qualche atto volontario di mortificazione, al di fuori delle rinunce imposte dal peso della vita quotidiana. 


Un altro modo di vivere il mistero della Trasfigurazione è quello di immaginarci la scena, come il Vangelo cela descrive, e immedesimarsi in uno dei tre apostoli che hanno accompagnato Gesù sul monte Tabor:“E fu trasfigurato davanti a loro (i tre apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni): il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,1-2). Gesù si trasfigura: le vesti candide[1] e il volto splendente ci pongono in direzione del Figlio dell'uomo di Daniele, glorioso e vincitore. In questo modo ci è rivelato che Gesù, che è in cammino verso la Croce, è il Signore e in realtà è in cammino verso la luce della Risurrezione. L’ultimo e penoso pellegrinaggio che Gesù sta percorrendo nasconde un significato pasquale. Ma si tratta di un anticipo fugace e provvisorio: la strada da percorrere è quella della Croce. E difatti i tre discepoli prediletti, chiamati a vedere in anticipo la gloria di Gesù, sono i medesimi che nel Getsemani, saranno chiamati a vedere la sua debolezza. Pietro, Giacomo e Giovanni ( e noi con loro), contemplando la divinità del Signore, sono preparati ad affrontare lo scandalo della croce, come è cantato in un antico inno: “Sul monte ti sei trasfigurato e i tuoi discepoli, per quanto ne erano capaci, hanno contemplato la tua gloria, affinché, vedendoti crocifisso, comprendessero che la tua passione era volontaria e annunciassero al mondo che tu sei veramente lo splendore del Padre”. 


2) Le tende e la Tenda. 


Il Vangelo prosegue narrando che, accanto a Gesù trasfigurato, “apparvero Mosè ed Elia[2] che conversavano con lui” (Mt 17,3); Mosè ed Elia, figura della Legge e dei Profeti. Questi due grandi personaggi biblici ebbero il privilegio di «vedere e ascoltare» Dio sul monte Sinai e sull'Oreb, sono a fianco di Gesù sul monte della trasfigurazione e testimoniano la sua identità. Fu allora che Pietro, estasiato, esclamò: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne[3], una per te, una per Mosè e una per Elia” (Mt 17,4). Credo, però che in questo brano evangelico il dato della tenda/capanna si possa interpretare in riferimento all’esodo. 


I quarant’anni nel deserto furono un tempo di transizione e di prova , ma furono anche un tempo privilegiato. Nel deserto, le tende devono essere montate ogni sera e tolte via ogni mattina, è il luogo dell’orrore e della morte, è il luogo degli scorpioni, dei serpenti, è il luogo della sete e della fame, è il luogo dei razziatori nascosti che piombano all’improvviso sulla carovana. Ma è il tempo, coestensivamente, della forza e della vita; mai come nel deserto il popolo è forte perché è spoglio, è leggero, porta con sé poco bagaglio ma molta vita, molta speranza, molta energia, da farne tesoro in seguito, quando giungerà nella patria[4]


Il deserto e le tende furono e sono un luogo privilegiato, il luogo dove si sta a tu per tu con Dio. Sono anche il luogo e il tempo della dipendenza totale. Già nel deserto dell’esodo le realtà che poi il Nuovo Testamento assumerà come ultime, messianiche ed escatologiche, cioè l’acqua, la manna e la Parola, sono intese precisamente in questo senso della totale dipendenza da Dio. 


Il popolo che vive sotto la tenda non può fare a meno degli elementi vitali come l’acqua e il cibo, la manna, le quaglie del deserto (Es. 16, 1-36 e 17, 1-7). Il Signore manda i beni, ma il Signore vuole che il popolo abbia totale disponibilità e dipendenza e le dimostri, perché il Signore non fa mancare nulla a nessuno. 


Ma occcorre parlare anche della Tenda con la T maiuscola. In effetti, già Sant’Agostino commenta la frase di San Pietro sul monte della Trasfigurazione, dicendo che noi abbiamo una sola dimora: Cristo; Egli “è la Parola di Dio, Parola di Dio nella Legge, Parola di Dio nei Profeti”[5]. Il Signore ha stabilito la sua Tenda in mezzo alle tende; queste tende diventano il luogo dove si vive una vita vera per il fatto che il Signore è presente, è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, Dio tra noi, sempre. 


Questa Tenda fra le tende implica un farsi come gli uomini da parte di Dio, un Dio che si abbassa, quasi si distrugge, per abitare in mezzo alle tende degli uomini. 


Un esempio di tende accanto alla Tenda sono le Vergini consacrate. Queste donne sono chiamate a vivere la loro esistenza con disponibilità e dipendenza piena. Nella Chiesa queste donne sono chiamate a donarsi totalmente al Signore col proposito di Verginitàcontinuando a vivere nel mondo. La loro consacrazione manifesta l’importanza di una “totalità” gioiosa nel dono di sé e, di conseguenza, la ricerca costante del primato della contemplazione pur nella totale disponibilità per il servizio nella Chiesa, con e per i fratelli. In tale modo queste donne tesitmoniano che la luce di Dio trasfigura l’umanità e che Cristo è sempre luce della vita e bellezza dell’umanità. 




NOTE 




[1] San Massimo il Confessore afferma che “le vesti divenute bianche portavano il simbolo delle parole della Sacra Scrittura, che diventavano chiare e trasparenti e luminose” Ambiguum 10: PG 91, 1128 B.


[2] Mosè ed Elia sono personaggi particolarmente qualificati a discorrere con Gesù nel suo cammino. Mosè guidò il popolo di Dio nel passaggio dall'Egitto alla terra promessa e, chiamato da Dio a guidare la marcia di Israele verso la libertà, provò ripetutamente l'amarezza della contestazione e dell'abbandono. Infine morì alle soglie della terra promessa, senza la soddisfazione di entrarvi, non venne mai meno nella sua fede. Elia - profeta fra i più tenaci, insofferente a ogni forma di idolatria e della corruzione del governo - conobbe la via della fuga, del deserto e della solitudine, ma anche la gioia della presenza del Signore e il conforto della sua parola. 
Gesù è incamminato verso la Croce, ma è il profeta definitivo, l'ultima parola di Dio: «ascoltatelo». L'atteggiamento fondamentale del suo discepolo è l'ascolto.


[3] La nuova traduzione del Vangelo traduce la parola greca “skene” con “capanne” invece che “tende” in riferimento alla festa delle Capanne. La traduzione latina usa la parola “tabernaculum”. La festa di Sukkoth inizia il 15 del mese di Tishrì (settembre-ottobre, perché l calendario ebraico, a differenza del calendario cristiano, è lunare, segue cioè il ciclo della luna: per essere più precisi, si basa sull'intervallo di tempo che passa da un novilunio all'altro). Sukkoth in ebraico significa “capanne” e sono appunto le capanne a caratterizzare questa festa gioiosa che ricorda la permanenza degli ebrei nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù dall'Egitto: quaranta anni in cui abitarono in dimore precarie, accompagnati da “nubi di gloria”. Penso, però, che scrivere queste riflessioni usando la parola “tenda” ci aiuti a capire meglio il fatto di essere pellegrini e di non avere stabile dimora su questa terra.


[4] E’ utile ricordare che i primi monaci, verso la fine del III sec. e l’inizio del IV, “tornarono” nel deserto. Di solito si dice che sono scappati per paura della civiltà e per disprezzo delle realtà del mondo, ma non è che un luogo comune. In realtà i primi monaci “fuggirono” nel deserto per contestare la vita comoda dei cristiani del loro tempo, che stavano diventando degli uomini del comodo, della sazietà, gli uomini della vita definitiva, non pellegrinante. I cristiani avevano perduto quello che per i primi tre secoli era il vero istinto del deserto, quello di procedere, di far procedere anche gli altri, di contribuire a che anche gli altri, che non fanno parte del popolo di Dio, “vadano” comunque “in avanti”. Quindi i primi monaci hanno fatto un immenso atto di coraggio, un atto di “tornare indietro”, che in realtà è un “andare ancora in avanti”: ritornare ai tempi privilegiati del deserto, della tenda.


[5] Sant’Agostino, Sermo De Verbis Ev. 78,3: PL 38, 491.
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COME LO SLANCIO DELL'IRA. 

(Ode VII di Salomone)

Barrè al III tasto

 
     Do                  La-       Re-     
C.  Come lo slancio dell'ira sul nemico,
                Sol                     Do
    come lo slancio dell'amore verso l'amato,
      La- La7                     Re-
    così è il mio slancio verso di te,
     Sol                             Do
    tu l'immortale, la pienezza dei mondi.
 
                La-              Mi
A.  TU SEI IL CAMMINO, COM'È MERAVIGLIOSO!
                                  La-
    TU SEI IL CAMMINO, TU SEI L'AMORE.
                Sol              La-
    TU SEI IL CAMMINO, TU SEI LA VIA.
                Sol              La-
    TU SEI IL CAMMINO, TU SEI LA VITA.
                Sol               Fa
    TU SEI IL CAMMINO, TU SEI LA VERITÀ,
              Mi
    TU SEI LA VITA.
     Do                 La-                    Re-     
C.  Ti sei fatto come me perché imparassi a conoscerti
                          Sol                   Do
    nell'aspetto pure come me, perché potessi riceverti.
      La- La7                                Re-
    Ti sei fatto peccato per me, pieno di misericordia,
        Sol                                       Do
    perché i peccati non mi allontanassero mai da te.
 
A.  TU SEI IL CAMMINO...
 
    Do        La-             Re-     
C.  Dio che mi creò quando non ero
                Sol            Do
    conosceva quanto io avrei fatto,
    La-  La7                                     Re-
    per questo ebbe pietà di me e nella sua misericordia
        Sol                             Do
    ha disposto che io gli chieda la sua natura.
 
A.  TU SEI IL CAMMINO...



Barrè al IV tasto La- Re-
A. COME STILLA IL MIELE DAL FAVO DELLE API Mi La- E FLUISCE IL LATTE DALLA DONNA CHE AMA I SUOI BIMBI, Re- COME EFFONDE LA SORGENTE LE TRANQUILLE ACQUE Mi La- COSÌ IL MIO CUORE EFFONDE LA SUA LODE. Re- Mi
C. E le mie labbra fanno scaturire una lode per lui Re- Mi e la mia lingua è piena della dolcezza del suo nome Re- Mi e le mie membra si saziano con i suoi canti. Fa Mi Poiché la sua luce pacifica il mio male, Fa perché il suo sguardo semplice d'amore Mi guarisce il mio cuore. Fa
A. PERCHÉ LA VITA IMMORTALE Mi HA PRESO DIMORA DENTRO DI NOI. Fa Mi ALLELUJA, ALLELUJA, ALLELÙ, ALLELÙ, ALLELUJA, Fa Mi ALLELUJA, ALLELUJA, ALLELÙ, ALLELÙ, ALLELUJA. La- Re- COME STILLA IL MIELE DAL FAVO DELLE API Mi La- E FLUISCE IL LATTE DALLA DONNA CHE AMA I SUOI BIMBI, Re- COME EFFONDE LA SORGENTE LE TRANQUILLE ACQUE Mi La- COSÌ IL MIO CUORE EFFONDE LA SUA LODE. Re- Mi
C. E si allieta il mio viso nella sua gioia Re- Mi e il mio spirito gioisce nel suo amore Re- e il mio cuore pieno della sua luce serena Mi sente il suo sguardo amoroso. Fa Mi Perché il timore in lui si affida Fa Mi
A. PERCHÉ IL TIMORE IN LUI SI AFFIDA, Fa Mi
C perché la salvezza in lui è sicura Fa Mi
A. PERCHÉ LA SALVEZZA IN LUI È SICURA, Fa PERCHÉ LA VITA IMMORTALE Mi HA PRESO DIMORA DENTRO DI NOI. Fa Mi ALLELUJA, ALLELUJA, ALLELÙ, ALLELÙ, ALLELUJA, Fa Mi ALLELUJA, ALLELUJA, ALLELÙ, ALLELÙ, ALLELUJA.

Debora - Kiko Argüello


DEBORA. (Gdc. 5, 1 ss) Re7

C. Quando Israele raduna l'assemblea, quando il popolo si offre volontario: Mi- Fa Mi
A. BENEDITE JAHVÈ, BENEDITE JAHVÈ, Mi- Fa Mi BENEDITE JAHVÈ, A JAHVÈ VOGLIO CANTAR. La- RISVEGLIATI, DEBORA, Fa RISVEGLIATI, DEBORA, Mi E INTONA IL CANTO. La- RISVEGLIATI, DEBORA, Fa RISVEGLIATI, DEBORA, Mi SORGI BARAC. Re7
C. Nei giorni di Samgar figlio di Anat, Re7 nei giorni di Jael, Re7 già non c'eran carovane, Re7 non si poteva andare per le strade, Re7 perché Israele si era cercato altri dèi Re7 e la guerra era alle porte. Re7 Non si trovava un salvatore in Israele, Re7 non si trovava una lancia tra diecimila. Mi- Fa
A. BENEDITE JAHVÈ... Re7
C. Quando uscivi da Seir, Jahvè mio Dio, Re7 quando avanzavi per i campi di Edom, Re7 tremò la terra, si commossero i cieli, Re7 le nubi in acqua si sciolsero, Re7 davanti a te i monti saltellarono, Re7 davanti a te, Dio d'Israele. Re7 Dall'alto dei cieli lottarono le stelle, Re7
A. DALL'ALTO DEI CIELI LOTTARONO LE STELLE. Re7
C. Dall'alto dei cieli lottaron contro Sisara, Re7
A. DALL'ALTO DEI CIELI LOTTARON CONTRO SISARA. Re7
C. E il torrente Chison, Re7 il sacro torrente li travolse. Mi- Fa
A. BENEDITE JAHVÈ...

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