Padre nostro, siamo qui,
nella nostra povertà,
davanti a te.
Tu che di ogni cuore sai
storie luci, lacrime e verità,
dacci il tuo perdono che
ci risana l'anima
con la tua pace.
Padre nostro, tu che puoi,
tutti i nostri debiti
prendili tu:
il ritorno che non c'è,
la ferita e il torto che
brucia di più.
Il perdono che ci dai
ce lo offriamo tra di noi
e lo chiediamo.
Oggi è il tempo di ricominciare,
tempo di perdono,
nella verità.
Per comporre in terra
un firmamento,
stelle sopra il fango
d'ogni povertà.
È l'unità.
(GEN VERDE)
"Padre Nostro"
Alla nostra origine vi è il perdono che ha cancellato il peccato d'origine. Siamo figli della misericordia. Basta alzare gli occhi del cuore e sussurrare "Papà", il perdono è lì. Come ha sperimentato il figliol prodigo che s'era preparato un bel discorso, parole da dire, parole per spiegare, parole per implorare. “Parole sprecate”, mentre il Padre, già da tempo alla finestra, lo aspettava con il cuore pieno di compassione, “sapendo già ciò di cui aveva bisogno”. Per questo gli è corso incontro permettendogli una sola parola: "Padre". L'abbraccio di misericordia, infatti, spegne ogni altra parola. “Padre”, che declina perdono, per ciascun figlio. “Padre”, la preghiera del Figlio crocifisso. Insegnandoci il Padre Nostro, Gesù ci accoglie nella sua intimità e ci dona le parole della sua preghiera. Nella Chiesa primitiva erano un tesoro geloso, riservato a chi aveva ormai una fede adulta. In questa Quaresima ci aiutano a convertirci; vediamo se il nostro è il cuore del figlio che desidera esattamente ciò che il Padre vuole donargli, o se abbiamo dimenticato di “non essere come i pagani”. Pregando con le parole del Padre Nostro, infatti, ci consegniamo a Dio con fiducia e complicità, perché ci dischiuda il forziere delle Grazie riservate ai suoi figli. E' per noi una vita santa nel Nome santo di Dio, separata e diversa: una nuova forma di pensare, di guardare, di studiare, di lavorare, di fidanzarsi, di sposarsi, di vivere la sessualità, il rapporto con il denaro e i beni di questo mondo, con la salute e la malattia. Tutto della nostra vita è come un grembo fecondo di Grazia perché in noi “sia santificato il nome di Dio” e il mondo creda e passi dalla maledizione alla benedizione. E' per noi “il pane quotidiano” imprescindibile per vivere, il cibo di cui si è nutrito il Signore, compiere l'opera del Padre suo. Lo stesso Pane della Croce è oggi il banchetto preparato dal Padre per i suoi figli animati da una fede adulta: solo essa sa riconoscere nella storia un altare dove, per nutrirsi, si è chiamati a donarsi. E' nostra eredità il “suo Regno che viene” ad estendere il dominio sul giorno che ci attende per distruggere il regno del demonio. Rivestiti della dignità regale, anche noi potremo regnare sul peccato e sulla carne, resistere alle “tentazioni” e “perdonare”, caricandoci dei difetti e dei peccati degli altri. E’ per noi, infatti, la “liberazione dal male” che, impedendoci di vedere il bene negli altri e nella nostra storia, ci fa scappare terrorizzati dalla volontà di Dio. Essa invece è un dono che nel Getsemani Gesù ci ha conquistato. “Trascinati dalla sua volontà” (Benedetto XVI) potremo anche noi “fare la volontà di Dio” sulla nostra “terra”: il tinello e il salotto, l’aula e l’ufficio, il banco della frutta e il letto d’ospedale, tutto diviene così un riverbero del Cielo dove l’amore del Padre ècompiuto.
L'ANNUNCIO
Martedì della I settimana del Tempo di Quaresima
Silenzio e contemplazione.
Nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi,
nell’inflazione delle parole,
rendere presenti le parole essenziali.
Nelle parole rendere presente la Parola,
la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio.
Benedetto XVI
Mt 6, 7-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
Il commentoChiacchieriamo e ci piace intrattenerci con le parole. Talk-show e salotti, il piacere della parola. Soprattutto gridata, brandita come un'arma, la regina di questa società travestita come uno show, apparenza pura spacciata per "reality". Mentre la Scrittura ci rivela che il reale nasce sì da una Parola, ma dall'unica autentica, la Parola di Dio. "Sia la luce". E la luce fu. Una Parola che si compie, fatta carne nella pienezza dei tempi. Una Parola, l'unica, che salva smascherando le vuote parole di tutti noi, quelle mai pensate, sempre buttate.Purtroppo le infiliamo spesso alla rinfusa anche nelle preghiere che sembrano sgorgare da cuori impazziti di orfani senza certezze. Per pregare davvero occorre una certezza. Una sola. Che siamo figli. «Per sperare, bimba mia, bisogna essere molto felici, bisogna aver ottenuto, ricevuto una grande grazia» (Charles Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù, in I Misteri). Per sperare e pregare senza dubitare è necessaria l'esperienza di avere un Padre nel Cielo che ci ama infinitamente, e sa tutto di noi. “Niente è più decisivo in una vita delle proprie origini. Per questo il padre rappresenta molto di più di un uomo in carne e ossa che ci ha generati. Ci dà un nome.[...] La nostra individualità, così concreta, è legata al nome che riceviamo da nostro padre, per noi sigillo, segno distintivo. Prima che esseri di ragione o di coscienza, d’istinto o di passione, siamo infatti figli" (Maria Zambrano, Verso un sapere dell’anima).Alla nostra origine vi è il perdono che ha cancellato il peccato d'origine. Siamo figli della misericordia, e questo è il nome che ci distingue, il nome stesso di Dio sigillato in noi, sorgente inesauribile della nostalgia di Lui. Perchè Dio è Padre soprattutto perdonando. Basta alzare gli occhi del cuore e sussurrare "Papà", il perdono è lì. Come ha sperimentato il figliol prodigo che s'era preparato un bel discorso, parole da dire, parole per spiegare, parole per implorare. E il Padre, già da tempo alla finestra, aspetta suo figlio con il cuore traboccante di compassione, sapendo già ciò di cui il figlio aveva bisogno, il suo perdono gratuito e rigenerante. Il Padre che gli corre incontro, lo accoglie in un abbraccio e gli permette una sola parola: "Padre". L'abbraccio spegne ogni altra parola. Padre, che declina perdono, per ciascun figlio."Amare un essere è sperare da esso qualcosa di indefinibile, di imprecisabile, e, nello stesso tempo, è dargli, in certo modo, il modo di rispondere a tale aspettativa" (Gabriel Marcel). Attraverso la preghiera del Padre nostro Gesù ci insegna ad offrire a Dio il modo di rispondere alle nostre aspettative più profonde. Più dell'aria che respiriamo abbiamo bisogno d'amore, di misericordia e di perdono. Nostro Padre attende uno sguardo per donarci quanto ci appartiene per natura, quella nuova conquistataci dal Figlio, l'eredità che spetta ai figli. Sì, la preghiera del Padre Nostro ci svela quale sia l'immensità della nostra elezione, i tesori di Grazia preparati per i figli di Dio. E' per noi la santità del nome di Dio, la vita celeste, divina che si incarna nella nostra vita terrena, povera, fragile: ogni istante ci è dato perchè in esso sia santificato il nome di Dio, perchè ogni aspetto della nostra vita sia strappato alla corruzione e rivestito di incorruttibilità, separato dal mondo pur essendo nel mondo. E' per noi il pane quotidiano imprescindibile per vivere, la croce ricolma dell'amore di Dio, il cibo della fede adulta, la storia trasformata in un altare dove donarsi per la salvezza del mondo; il cibo sconosciuto di cui si è nutrito il Signore, compiere l'opera del Padre suo, consegnarsi per amore senza difendere nulla, nella certezza che al di là della croce vi è il cuore di Dio, l'intimità eterna con Lui. E' nostra eredità il suo Regno che giunge tra noi, il suo potere su ogni demonio, sul peccato, sul regno del male; è per noi la dignità regale, una nuova forma di pensare, di guardare, di studiare, di fidanzarsi, di sposarsi, di vivere la sessualità, il rapporto con il denaro e i beni di questo mondo, con la salute e la malattia: il Regno di DIo viene ad estendere il suo dominio sul giorno che ci attende oggi, perchè la nostra vita sia un frammento di Cielo, perchè passa la scena di questo mondo. Così è nostra eredità di figli il compiersi della volontà di Dio in noi, che fa della terra il Cielo: la casa, la famiglia, la scuola, il lavoro, l'ospedale, ogni angolo di questo mondo nel quale siamo chiamati a vivere trasfigurato nel compimento dell'originaria volontà del Padre, note di amore che compongono la sinfonia celeste anticipo della contemplazione eterna; è nostra parte di eredità la liberazione dalla tirannia del maligno; è nostra sorte deliziosa il perdono; è nostra proprietà la forza capace di abbattere la tentazione. Come i leviti siamo nati per non possedere nulla in questo mondo, per vivere nella precarietà totale che spinge ad alzare lo sguardo e chiedere a nostro Padre la nostra eredità, la vita celeste, l'intimità con Lui, il suo Figlio: è Lui la nostra eredità, la parte che ci è riservata; è Cristo nascosto in ciascuna domanda del Padre Nostro, il Figlio nel quale si compie ogni pensiero del Padre. Quando preghiamo non sprechiamo parole solo quando imploriamo di vivere con Gesù, di essere in Lui, per Lui, con Lui. E' vera e autentica solo la preghiera che bussa al cuore di Dio, di un Padre con le viscere di madre. Abbà, papà era l’invocazione con la quale i piccoli bambini ebrei si rivolgevano al loro padre, come ricorda il Talmud: "quando un bambino gusta il sapore del grano (cioè, quando comincia a farfugliare le prime parole), impara a dire Abbà e imma, (mamma)". Papà, si compia in me il tuo volere, è la preghiera del Figlio nel Giardino dell'angoscia, l'obbedienza fatta amore confidente. Il Padre nostro ci conduce nella stessa obbedienza del Figlio, la consegna di tutto noi stessi alla Verità che ci fa liberi. "Castificantes animas nostras in oboedentia veritatis (1 Pt. 1,22). L'obbedienza alla verità dovrebbe "castificare" la nostra anima, e così guidare alla retta parola e alla retta azione" (Benedetto XVI, omelia nella messa con i membri della Commissione Teologica Internazionale, 6 aprile 2006). Il Padre Nostro è la preghiera che ci fa casti nel cuore, nella mente e nella carne, per vivere rettamente, quali figli di Dio che rimangono sempre nella casa di loro Padre, liberi nel suo amore.
APPROFONDIMENTIBenedetto XVI: Il Padre Nostro. Da 'Gesù di Nazaret'Emiliano Jimenez. Il Padre NostroCharles Péguy. Chiedete a un padre....Beata Teresa di Calcutta. La preghiera dei figli di Dio
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