Lunedì della IV settimana del Tempo di Pasqua
L'ANNUNCIO |
Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».
(Dal Vangelo secondo Giovanni 10,11-18)
Nel recinto di Cristo per prepararci alla missione
αποφθεγμα Apoftegma
Pascimi, o Signore, e pasci tu con me gli altri,
perché il mio cuore non mi pieghi né a destra né a sinistra,
ma il tuo Spirito buono mi indizzi sulla retta via
perché le mie azioni siano secondo la tua volontà
e lo siano veramente fino all'ultimo.
San Giovanni Damasceno
“Amen, amen, io vi dico”, cioè è degno di fede quello che vi dico: fermi tutti, è lunedì, immagine della nostra vita qui sulla terra, ascoltiamo che cosa vuole dirci il Signore. Innanzitutto appare un “recinto”. In greco il termine non designa mai un ovile, ma è usato sempre per indicare l'atrio davanti al Santuario nel Tempio di Gerusalemme. Gesù, dunque, parla del Tempio, mentre il contesto è quello della festa di Hanukka'h, che celebrava la riconsacrazione del nuovo Tempio ad opera di Giuda Maccabeo, dopo la profanazione di Antioco Epifane. I Greci Siriani avevano promulgato un decreto che mirava a far "dimenticare la Tua Torà e violare i decreti della Tua volontà". Come sempre, la ragione al servizio della superbia e del potere non sopporta che ci sia un Dio al di sopra di lei. Quando non è illuminata dalla fede, la ragione è sempre schiava, e finisce con il trascinare con sé anche il cuore e la carne. Il Tempio di Gerusalemme si ergeva come un segno e un limite di fronte a tutti i popoli e le culture. C'è un solo Dio, e nessun potere, per quanto illuminato, e nessuna cultura, per quanto sviluppata, potevano paragonarsi a Lui. Per questa ragione i Greci contaminarono l'olio nel Santo dei Santi, come uno sfregio a Dio, a dimostrare che non aveva potere su di loro. Di fronte al pericolo della perdita della propria identità, gli ebrei si opposero e organizzarono una resistenza che fondava le proprie basi sull'adesione all'educazione ebraica. E Hanukka'h, significa anche "educare". Gesù, nel mezzo di questa festa, passeggia nel Tempio, sotto il portico di Salomone. Passeggia come Dio nel paradiso, alla ricerca di Adamo. La sua presenza e le sue parole sono, per ciascuno, un interrogativo: "dove sei?". Dove sono le pecore? Dove sei tu? Dove sono io? Chi ci sta educando?
Le pecore di cui parla il Signore, infatti, sono quelle molto speciali che si trovavano nel Tempio, nel quale erano allevati gli agnelli per il sacrificio e l'olocausto. Erano agnelli scelti, senza difetto, immagine dei cristiani rinati nelle acque del battesimo, rivestiti di Cristo, l'Agnello di Dio che ha tolto il peccato del mondo. La cura del “guardiano” era orientata a preparare gli agnelli per il sacrificio. Così è per noi nella Chiesa, che ci nutre e ci ammaestra attraverso i sacramenti e la Parola, perché cresca in noi la fede sino a divenire adulta, capace cioè di spingerci ad offrire, senza condizioni, la nostra vita sull'altare preparato ogni giorno in famiglia, al lavoro, a scuola, ovunque. Nel “recinto” cresce e si fortifica la primogenitura degli agnelli di Cristo, allevati all'ombra del Santo dei Santi, illuminati dal suo amore, nutriti della sua misericordia. Ma, non è successo nella nostra vita che, “da un'altra parte”, diversa dalla “porta”, sono “entrati i ladri e i briganti” a profanare l'olio dello Spirito Santo con cui ciascuna pecora è stata unta? Forse Barabba, il "brigante", ci ha sedotto toccando nel nostro intimo le corde più deboli, quelle che fremono di fronte all'ingiustizia? O la sapienza mondana si è infiltrata in noi "rubandoci" la sapienza della Croce? Chiunque, quando si avvicina a noi per parlarci, consigliarci, persuaderci, non "entra" attraverso la Croce, e' “ladro e un brigante”, ci dice menzogne e sofismi, per ingannarci e farci rinnegare Cristo e la sua Croce. E sappiamo che il nemico della Croce è il demonio. Allora vediamo, con sincerità, se nella tua vita, oggi, tu sei un agnello. Di fronte a tua moglie o a tuo marito, ai figli e ai parenti, offri te stesso oppure reagisci, ti ribelli e cerchi di offrirti gli affetti per saziare la tua fame di piacere e tranquillità? Dinanzi alla malattia, all'umiliazione, alla solitudine, al disprezzo, al fallimento, quali sono le tue reazioni? Di fronte alle ingiustizie patite sul lavoro o a scuola, lotti e cerchi di farti giustizia? Ammettiamolo, Barabba e il mondo "sono venuti" e sono "entrati" nel "recinto". Abbiamo aperto al demonio che, con le menzogne camuffate in mezzo alla verità, ci ha sedotto come fece con Eva nel Giardino. Già, ma che ci faceva il serpente nel Paradiso? Che ci fa nel nostro "recinto"? Serve la libertà! Perché se il "recinto", il Tempio, la Chiesa, non ci educa alla libertà non serve a nulla! Si trasforma in una caserma dove imparare a eseguire gli ordini senza un'adesione autentica del cuore e della mente. E ora siamo nudi, incapaci di offrirci per amore. Schiavi dei nostri appetiti, da pecore ci siamo trasformati in lupi che, come i ladri e i briganti, immolano invece di immolarsi (secondo l'originale greco reso con "uccidere"). Il demonio ci sta obbligando a un culto idolatrico, quello della rivolta sanguinaria di Barabba e quello della sapienza carnale dei greci; abbiamo rinnegato la primogenitura, per vivere contro la natura di figli di Dio donataci nel battesimo, quella che ci fa immagine del Servo sofferente che offre la sua vita.
Per questo oggi appare Cristo dinanzi a noi, e possiamo riconoscere in Lui la nostra immagine “rubata e distrutta” dai “ladri e dai briganti” che “sono venuti prima di Lui” alla nostra vita. Solo “ascoltando la sua voce” possiamo scoprire che la nostra vita ha sempre e solo cercato Lui, carne della nostra carne, ossa delle nostra ossa. E così “fuggire via dagli estranei” che non hanno il nostro sangue, in loro non scorre quello di Cristo; non lo hanno versato per noi, non ci hanno amato... Solo Cristo, infatti, é il Pastore che ci parla con una voce inconfondibile, l'unica che il nostro intimo "conosce" come vera. E' il Pastore proprio perché é Agnello, e sa cosa significhi vivere e offrirsi come un agnello. Per questo ci può educare alla libertà: ci conosce “uno ad uno”, le schiavitù, le debolezze, le nevrosi, i complessi, anche i peccati. E, nonostante non siamo senza difetti, è l'unico che sa riconoscere in noi la primogenitura di agnelli scelti per il sacrificio, ed è capace di ridestarla perché abbia compimento nella nostra vita. E' Lui che riconsacra il suo tempio, la nostra vita: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.” (1 Pt. 2,24-26). Gesù è risorto, solo Lui è il Pastore che può passare, anche oggi come nel Cenacolo la sera di Pasqua, attraverso la "porta" che avevamo sprangato per paura di morire come Lui. Gesù è vivo oggi, e di nuovo "entra nel recinto per la porta", e ci mostra le piaghe che ci fanno liberi di “vivere per la giustizia” della Croce. Le sue piaghe sono la Parola fatta carne nell'unica "voce" che il nostro cuore e la nostra ragione "conoscono". Dio ci ama così come siamo, lo possiamo vedere e sperimentare in Cristo crocifisso per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione.
E oggi ci chiama di nuovo: siamo liberi, come il Popolo di Israele che "uscì" dall'Egitto. Il verbo greco "condurre - far uscire" usato da Giovanni è infatti quello che, nell'Antico Testamento, è utilizzato per indicare la fine della schiavitù di Israele. Come Mosè, Cristo "cammina innanzi a noi" attirandoci per “seguire le sue orme” che ci "conducono" a vivere, ogni giorno, lo stesso mistero Pasquale. Con Lui possiamo "uscire" dal "recinto" per "entrare" in questa nuova settimana e "uscirne" vittoriosi, ovvero amando e consegnando la nostra vita per ritrovarla piena e "abbondante". Gesù ci attende oggi sulla Croce sulla quale è divenuto per noi “la porta” sempre aperta verso la “vita in abbondanza”, e ci chiama ad "entrare attraverso di Lui", ovvero ad essere crocifissi con Lui per essere "salvati" dal demonio. Da quel giorno sul Golgota, infatti, la Croce è divenuta la "porta della vita"! Ciò significa che gli "atri" - il "recinto" - del Tempio che è la nostra vita - ovvero la nostra carne, gli occhi, la bocca, le mani, i piedi, il cuore e la mente - sono, ogni giorno, in attesa della Pasqua, di Cristo che venga e ci faccia passare oltre la morte che ci ghermisce: che “ci spinga fuori dal recinto”, anzi, secondo il greco originale, che ci "cacci" fuori! Nonostante le nostre resistenze, la forza della carne che ci vorrebbe far rintanare in noi stessi per offrirci cose e persone. Che cosa ti fa paura? Guarda che proprio quello è il “pascolo” dove puoi sperimentare la vita più forte della morte, e la "salvezza" per te e per i fratelli! Il matrimonio è il "pascolo", il lavoro, lo studio, così come ogni fratello. La vita eterna che gustiamo nel recinto la possiamo sperimentare compiuta solo “fuori” dal "recinto"! In esso, attraverso le celebrazioni, l'ascolto della Parola di Dio e il nutrimento dei sacramenti ci prepariamo per salire al sacrificio, perché la nostra vita ha senso solo se è tanto “abbondante” da offrirla senza misura a chi ne ha bisogno. E in questa settimana ne incontreremo tanti, a cominciare da tua moglie e dai tuoi figli.
QUI IL COMMENTO COMPLETO E TANTI APPROFONDIMENTI
Non si scappa: le pecore sono comunque destinate a servire, sino al macello. Ma ci sono due modi per essere macellate: o come l'Agnello di Dio che ha offerto la sua vita in sacrificio per amore, o costrette e vendute dai "mercenari". Comunque vada la nostra vita è destinata ad essere sacrificata: o per ingrassare quanti ci ingannano, gli amici ad esempio, che trascinano tanti a drogarsi, a darsi piacere, a far parte del branco, per poi "fuggire" dinanzi al "lupo", ai pericoli e ai fallimenti; oppure liberamente, per salvare chi ci accanto, seguendo le orme del Servo di Yahwè che ha consegnato se stesso in riscatto dell'umanità. Tutti noi, scelti per far parte del gregge di Cristo, apparteniamo a Lui, e a Lui soltanto. Ma viviamo come ostaggi di "mercenari", ed è questa la radice di tante nostre sofferenze e frustrazioni. Siamo stati creati in Lui, per questo nel nostro cuore risuona come adeguata, perfettamente rispondente all'aspirazione profonda e autentica, solo la voce di Cristo. Non conosciamo nessun altro, eppure viviamo soggiogati dai "mercenari" che ci usano per guadagnare sulla nostra pelle, consegnandoci poi all'inferno. Non sono un inferno tante nostre relazioni? Non è un inferno il lavoro, lo studio? Non lo è il mondo, con la sua politica, con l'economia in mano all'avidità, con le guerre che, spesso in nome di Dio, insanguinano la terra? Lo sono perché ci siamo trasformati anche noi in "mercenari". Rubiamo, ci appropriamo, leghiamo le persone sperando ed esigendo guadagni affettivi, compensi esosi per aver dato qualcosa di noi. E le relazioni appaiono per quello che purtroppo sono, mercimoni di affetti, mercati dove non esiste gratuità. Infatti, "il mercenario scappa davanti al lupo", al male, alla sofferenza, ai peccati. Quando il prodotto si rivela diverso da quello pubblicizzato si rispedisce al negozio; quando la moglie, il fidanzato, l'amico si rivelano diversi da quello che avevano lasciato intuire di essere, quando appaiono i lati oscuri del carattere, quando emergono i limiti, le debolezze, i peccati, quelli che proprio non si adeguano alle nostre capacità di accoglienza e accettazione, rifiutamo e "scappiamo". Merce avariata venduta da mercenari, questo è, spesso, l'amore. E "il lupo", il demonio che muove le fila delle nostre relazioni, "rapisce e disperde", ed è la nostra esperienza quotidiana. Quante volte assistiamo al naufragio di un fidanzamento, di un'amicizia, di un matrimonio, inciampati tutti nella debolezza e nei peccati! Ogni giorno sperimentiamo la precarietà dei nostri rapporti, cerchiamo di blindarli con una serie di compromessi, ma alla fine, all'apparire della verità, scopriamo quanto effimeri siano i nostri maldestri tentativi di rabberciare le cose. E tutto si disperde, come si disperde il seme quando usiamo della sessualità chiudendoci alla vita, sia con la masturbazione, sia con i rapporti prematrimoniali, sia con i rapporti matrimoniali ingabbiati nei metodi anticoncezionali; come quando si disperdono le parole, le azioni, i progetti faticosamente legati insieme da un laccio carnale, che è sempre egoistico, il laccio del mercenario. Il "lupo", infatti, è sempre in agguato; per questo occorre riconoscere a chi apparteniamo, e a chi appartiene chi ci è vicino, le persone che ci sono care. Siamo di Cristo, perchè Lui è l'unico che ci ama sino in fondo, che conoscendo perfettamente tutto di noi, ci ama senza riserve, senza esigere nulla, senza aspettarsi cambiamenti, non cerca neppure la nostra gratitudine. Cristo è, secondo l'originale greco, il "Pastore vero e bello" che "espone la sua vita" perché il "lupo" non ci sbrani. Ah, sono queste dunque la bellezza e la verità! In esse e per esse siamo stati creati! La bellezza di Colui che non aveva bellezza né splendore da attirare gli sguardi; la bellezza del Servo davanti al quale ci si copre la faccia, tanto era sfigurato appeso alla Croce. La Verità fatta carne in Cristo, che appariva castigato e fallito, mentre portava il peccato di tutti e intercedeva per i peccatori; la Verità che risplende nella Croce. Con quale bellezza, invece, ci ha sedotto il "mercenario"? Quale "verità" ci ha insinuato? Entrambe effimere, perché nemiche della Croce, dell'amore che non ruba ma "espone, dispone e depone" la propria vita per gli altri, secondo il senso dell'originale greco reso con "offre". Gesù è il "pastore bello e vero", perché, a differenza del "mercenario", ha "interesse" delle pecore; ciò significa che ha le pecore in sé, dentro al cuore, perché questa è l'etimologia del termine "interesse". Sa che Gli appartengono, le porta nella sua carne, "conosce le sue pecore". Conoscere - ghinôskô - nel linguaggio biblico, significa molto più di una conoscenza razionale; conoscere è donarsi, offire la propria vita, ed è anche una forma per indicare l'unione sessuale, come troviamo nelle parole della Vergine Maria rivolte all'angelo: "non conosco uomo". Cristo, dunque, è il "Pastore vero" perché ci conosce nella "verità" che non esclude nulla, di sè e di noi; ci conosce amandoci, "deponendo la vita", come il seme nella terra, nella nostra carne corrotta. Gesù ci conosce per quello che siamo anche in questo istante. Niente di "mercenario", ipocrita e falso; non una relazione superficiale che non fa mai entrare l'altro in sé, basata sull'apparenza; come accade a noi quando appare l'assoluta incompatibilità, e abbandoniamo anche colui per il quale abbiamo fatto di tutto, persino follie mascherate d'amore. Con Cristo, invece, tutt'altra cosa, una relazione che ha origine e compimento nella realtà di ciascuno. Lui è Dio sempre, anche quando noi siamo peccatori. Lui non ci respinge, non ci abbandona, mai. Attenzione che qui Gesù dice qualcosa di immensamente grande: "conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre". Come Gesù conosce il Padre? E come il Padre conosce Gesù? In un amore infinito, nel quale l'uno compie i desideri dell'altro; tra i due non vi è nulla di segreto, e tutto dell'uno appartiene all'altro. Così Gesù conosce ciascuno di noi, e così siamo chiamati a conoscerlo. In una comunione che supera ogni limite, in una confidenza che non viene mai meno, in un abbandono sereno anche nelle "valli oscure" della vita. Capite? Apparteniamo a Cristo, in una conoscenza che ci depone nel cuore e nella vita stessa di Dio. Non ci sono più segreti, la storia, con i suoi Getsemani e i suoi Golgota, sono per noi già illuminati dalla luce della Pasqua. Possiamo vivere nella vita divina, amando senza riserve, oltrepassando gli steccati dell'egoismo e della concupiscenza. Possiamo essere sinceri perché nulla è segreto tra noi e Cristo, e in Lui, tra noi e il Padre. Gesù è per ciascuno il vino buono, il vino vero delle nozze di Cana, nel cui passo non a caso è usato "kalos", lo stesso termine che si riferisce al Pastore: è Lui che infonde la gioia, il gusto, il senso e la pienezza alla nostra vita, trasformando l'acqua delle relazioni sterili ed egoistiche, nel vino nuovo della vita che abbonda al punto d'essere donata. E' il Pastore "bello", altro significato di "kalos", che fa bella la vita, che illumina la storia di ciascuno rivelando, nel suo amore crocifisso, che con Lui "non manchiamo di nulla (cfr. Sal 23). E ciò significa l'esatto contrario di ciò che fa il "lupo" al quale ci consegna il "mercenario", che "disperde". Per questo, solo riconoscendo la sua voce, sperimentando la nostra appartenenza a Lui possiamo conoscere l'amore autentico, e con esso la libertà. Appartenendo a Lui possiamo appartenere alla moglie, al marito, ai figli, al fidanzato, all'amico. Ogni appartenenza umana è inscritta in un'appartenenza più grande, che non si esaurisce, che non scappa e sfilaccia di fronte alla prova: "da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1 Gv 3,16). Perchè anche le persone più intime prima di appartenerci appartengono a Cristo, ed ogni rapporto vive solo in questa comune appartenenza a Cristo. Sino a vedere ogni persona come una sua pecora: "Anche altre pecore ho che non sono di questo recinto. Anche quelle bisogna che io conduca. E ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo Pastore". Confessiamolo, pochissime volte abbiamo guardato così agli altri, quelli fuori da "questo recinto", sia esso la Chiesa o, più spesso, quello dei nostri criteri. I lontani della Chiesa, quelli che divorziano e abortiscono, il vicino che ci vuol far causa, il figlio che fa quello che vuole, il marito entrato in crisi che non ne vuol più sapere di Dio e dei preti, i parenti, i colleghi, i nemici. Ma se sperimentiamo davvero che Gesù ha "disposto" la sua vita perché potessimo vivere come sue pecore, beh allora i nostri occhi si aprirebbero e guarderemmo agli altri in modo diverso. Comincerebbero ad "interessarci", ad essere parte di noi, legati al nostro destino, perché il nostro cuore sarebbe lo stesso di Cristo. Smetteremmo di fare, del "recinto" che ci sta gestando per uscire ad amare, come a volte accade nella Chiesa e nelle sue comunità, un muro invalicabile pieno di giudizi e pregiudizi. "Conoscendo Cristo come da Lui siamo conosciuti" sapremo anche noi "esporci" ai pericoli per salvare la vita del prossimo; "disporre" il nostro tempo, gli impegni, il portafoglio, le comodità, per il bene dell'altro; e "deporre" tutto di noi, compreso l'onore e la stima, i criteri e le idee, per uscire con Cristo a "condurre" chiunque ci sia vicino verso il suo amore. Attraverso la sua Pasqua fatta carne e vita in noi tutti, potranno "ascoltare" l'annuncio del Vangelo come dalla bocca del "Pastore bello e vero", perché "diventino un solo gregge, un solo pastore". Come ha scritto Silvano Fausti, "nel testo greco non si dice un solo gregge e un solo Pastore con la congiunzione; neppure un solo ovile e un solo Pastore, ma si dice: un solo gregge virgola un solo Pastore. Cosa vuol dire quella virgola? Che Pastore e gregge sono la stessa cosa; non c’è bisogno di una “e” che li congiunga come fossero due cose, non c’è bisogno di metterli insieme perché sono distinti, sono un’unica realtà". Le persone che ci sono accanto appartengono già a Cristo, come noi. Hanno solo bisogno della sua Parola che li "conduca", "bella e vera" nella carne della Chiesa inviata sino ai confini della terra. Ciò significa, concretamente, che, con Cristo, nell'altro possiamo ritrovare e riconoscere sempre un fratello, anche quando la ragione, il sentimento, e l'esperienza ci spingono a chiuderci e a lasciar perdere. Perchè nell'altro vive Cristo, che ha "deposto la sua vita" per lui; per Lui è santo, da Lui è amato, ed è proprio "questo il comando" che Gesù ha "ricevuto dal Padre", amore allo stato purissimo. Nessuno, né noi, né chiunque altro, fosse anche il più grande peccatore, "ha tolto la vita" a Gesù: è Lui che, per amore di tutti, per l'amore del Padre che vibrava in Lui, "ha deposto la sua vita da se stesso" in un sepolcro. Ciò non significa minimizzare i peccati, ma solo far risplendere il suo amore, infinitamente più grande del più grande peccato. Per riscattarci dalla menzogna che ci ha ingannato su Dio, doveva apparire questo amore infinito, che si getta tra le braccia assassine senza riserve, prima ancora che si fossero mosse per uccidere. Un amore che ha armato la mano del nemico perché "spurgasse" sino in fondo tutto il male e lo raggiungesse. Gesù si è "esposto" al peccato per poterlo distruggere nel suo amore. Questo, infatti, è infinitamente più "potente" del demonio, e per questo Gesù, che è Dio, ha ha avuto il "potere di riprendersi" la sua vita, e con essa, anche quella di ogni uomo "rapito" dal "lupo". Anche tu ed io, come ogni altro uomo; per questo, una volta "ripresi" da Gesù, siamo inviati, ad "esporre" con Lui la nostra vita per "riprenderla" insieme a quella di quanti sono già pescati dalla sua Croce, ma ancora non lo sanno. A far risuonare la "sua voce", perché chi la ascolta cammini insieme a noi nell'unico gregge che si dirige verso il Cielo.
APPROFONDIMENTI
CONCORDANZE
Concordanze di Gv. 10, 1-10
Percorso esegetico per scrutare il Vangelo della IV Domenica di Pasqua, anno A.
COMMENTI
RATZINGER - Benedetto XVI: Omelie sul Buon Pastore
Giovanni Paolo II. Omelie sul Buon Pastore
P. R. Cantalamessa: IL BUON PASTORE
Josemaria Escrivà. IL BUON PASTORE
Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Daniel-Rops. La vita del buon pastore in Palestina ai tempi di Gesù
L'INIZIAZIONE CRISTIANA, IL BATTESIMO E IL BUON PASTORE
J Danielou. Il Sal. 23 e il Buon Pastore figure dell'iniziazione cristiana
ESEGESI
Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Schnackemburg. Gesù Buon Pastore
S. A. Panimolle. La porta delle pecore e il Buon Pastore
R. Fabris. Il pastore e le pecore
IL buon pastore... la porta... entrare.. uscire...
L'annuncio del buon pastore
COMMENTI PATRISTICI
Sant'Agostino. Il buon Pastore e i mercenari. (Giov. 10, 11-13)
Sant'Agostino. Omelia sul Buon Pastore
Sant'Agostino. Il buon Pastore dà la vita.
San Gregorio Magno. Cristo, il buon pastore
San Beda il Venerabile. Dall’Omelia II sul Buon Pastore
S. Cirillo di Gerusalemme. Dal Commento al Vangelo di Giovanni sul Buon Pastore
Concordanze di Gv. 10, 1-10
Percorso esegetico per scrutare il Vangelo della IV Domenica di Pasqua, anno A.
COMMENTI
Benedetto XVI. Io sono il Buon Pastore
Ratzinger - Benedetto XVI. Il Pastore (da Gesù di Nazaret)RATZINGER - Benedetto XVI: Omelie sul Buon Pastore
Giovanni Paolo II. Omelie sul Buon Pastore
P. R. Cantalamessa: IL BUON PASTORE
Josemaria Escrivà. IL BUON PASTORE
Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Daniel-Rops. La vita del buon pastore in Palestina ai tempi di Gesù
L'INIZIAZIONE CRISTIANA, IL BATTESIMO E IL BUON PASTORE
J Danielou. Il Sal. 23 e il Buon Pastore figure dell'iniziazione cristiana
ESEGESI
Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Schnackemburg. Gesù Buon Pastore
S. A. Panimolle. La porta delle pecore e il Buon Pastore
R. Fabris. Il pastore e le pecore
IL buon pastore... la porta... entrare.. uscire...
L'annuncio del buon pastore
COMMENTI PATRISTICI
Sant'Agostino. Il buon Pastore e i mercenari. (Giov. 10, 11-13)
Sant'Agostino. Omelia sul Buon Pastore
Sant'Agostino. Il buon Pastore dà la vita.
San Gregorio Magno. Cristo, il buon pastore
San Beda il Venerabile. Dall’Omelia II sul Buon Pastore
S. Cirillo di Gerusalemme. Dal Commento al Vangelo di Giovanni sul Buon Pastore
ARTE E LITURGIA
Immagini del Buon Pastore nell'arte
Io sono il buon pastore. Da "la Passione di Cristo" di Mel Gibson
RADICI NELL'EBRAISMO
Hanukkah, la festa che fa da sfondo al Vangelo del Buon Pastore
Daniel-Rops. La vita del buon pastore in Palestina ai tempi di Gesù
TERMINI NOTEVOLI
Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
AMBIENTE BIBLICO
Daniel-Rops. La vita del buon pastore in Palestina ai tempi di Gesù
αποφθεγμα Apoftegma
Siete pecore di Cristo, acquistate a prezzo del suo sangue.
Riconoscete il vostro prezzo,
che non è versato da me,
ma da me è annunciato.
Se altri hanno dato la vita per il gregge,
non l'han potuto fare senza il buon Pastore,
il quale solo ha potuto fare questo senza di loro.
Sant'Agostino
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