di Costanza Miriano
Carissimi Chiara, Francesco, Maria e Maddalena Elisa, come tutte le mamme che vi conoscono, o che sentono parlare della vostra famiglia (la vostra storia sta facendo il giro del mondo), ho il cuore stretto per voi. Non faccio che pensare a voi in questi giorni. Anche al vostro babbo, certo, ma lui è grande e forte, e poi io sono una mamma, non posso fare a meno di preferire i più piccoli. Vorrei correre da voi ad abbracciarvi e baciarvi, ma so che non servirebbe a niente, perché non sono i baci di una mamma qualsiasi quelli di cui avete nostalgia. Vorrei venire a cucinarvi una torta, ma immagino che ci sia chi lo fa per voi, e poi la vostra mamma era una cuoca bravissima, mentre io sono una schiappa. Vorrei prendermi il dolore al posto vostro, ma purtroppo neanche questo adesso è possibile. Vorrei fare qualcosa per voi, ma che, mi chiedo. L’unica cosa che so un po’ fare è scrivere (niente di che, per carità, ma sempre meglio di come sono capace di cucire, cucinare, cantare e un sacco di altre cose). Allora questo, volentieri, posso provare a farlo per voi.
Voglio raccontarvi di quello che la vostra mamma mi ha lasciato in eredità, perché anche a me, come a tante persone che ha incontrato, mamma Elisa ha lasciato qualcosa di buono. Innanzitutto mi ricordo, non vi arrabbiate, che prima che la incontrassi mi stava un po’ antipatica. Don Luca Castiglioni, il vostro don Luca – che anche se ora deve stare un po’ lontano vi vuole sempre un bene tremendissimo – mi parlava spesso dei vostri genitori e di voi. Di voi tre “grandi”, perché la sorellina ancora non c’era. Mi diceva che voi eravate simpaticissimi, e un po’ casinari (si dice anche da voi a Orvieto? Da noi a Perugia sì) e che i vostri genitori erano davvero una coppia di meravigliosi sposi che si volevano un bene profondo e vero, e che volevano tantissimo assomigliare a Gesù, e che ce la mettevano tutta per riuscirci. Voi mi chiederete perché la mamma mi stesse un po’ – ma giusto un pochino – antipatica. Ma, a dire la verità solo perché don Luca ne parlava troppo bene, e noi femmine grandi a volte siamo un po’ strane, ci piace sentirci le più brave e le più belle, e questa è una di quelle cose che chi vuole assomigliare a Cristo deve combattere (infatti io sono indietro rispetto ai vostri genitori).
Comunque una volta don Luca mi ha proposto di incontrarci, a Roma, e allora io vi ho invitati a casa che con tutti i bambini era più semplice. Non so se voi vi ricordiate, immagino di no, o forse Chiara e Francesco sì (i miei Tommaso, Bernardo si ricordano di voi, Lavinia e Livia solo vagamente). Mi ricordo che ho cucinato per voi il mio menù base, detto menù uno (pasta alle olive e pinoli, arrosto con patate) poi siamo andati in giardino – giardino è una parola grossa per noi umbri, da usare per quella striscia di spazio tra i palazzi, ma insomma siamo andati fuori – dove il nostro babbo (che quel giorno era al lavoro) aveva gonfiato la piscinetta, riempita con l’acqua tiepida, e così avete un po’ sguazzato tutti insieme. Intanto io chiacchieravo con i grandi, soprattutto con la vostra mamma che, ve lo dico subito, non ha fatto in tempo a entrare in casa che già mi era diventata simpaticissima (anche se un po’ troppo bella per i miei gusti, con quel suo fisico da ballerina). Il fatto è che – non vorrei esagerare e farne un ritrattino troppo benevolo solo perché è morta, ma vi assicuro che non è così -proprio non era possibile trovarla antipatica. Il suo sorriso, la sua dolcezza disarmante ti conquistavano in due nanosecondi. Ho abbassato ogni difesa e ho pensato subito “questa deve diventare mia amica”.
Lo sapete la cosa che mi ha colpito più di lei? Elisa ascoltava. Stava lì, davvero, mentre parlavi sembrava che per lei esistessi solo tu. Ti guardava e ti ascoltava veramente. Mi ricordo che appena ho saputo che faceva la psicologa le ho parlato di un ragazzino a me molto caro. E lei non mi ha dato soluzioni: qualche suggerimento, una strada da tentare. Ma soprattutto mi aveva colpito quanto mi avesse ascoltata, prendendomi sul serio, cercando di farsi carico della mia preoccupazione, preoccupandosi anche lei per questo ragazzino.
La seconda cosa che ho notato è che la vostra mamma era una persona riposante. Ti faceva venire voglia di metterti vicino a lei e di prenderti una vacanza dalla fatica. Questo è l’effetto che fanno le donne accoglienti: ti dicono “vai bene così, per me è una cosa buona che tu ci sia”. Non so se anche con voi ci riuscisse, mi è sembrato proprio di sì, anche se per una mamma è più difficile dire sempre al figlio “vai bene così”, perché un po’ noi vi dobbiamo dire che ci andate bene, che siete meravigliosi, ma un po’ vi dobbiamo anche correggere e insegnare delle cose. Insomma, secondo me tante persone la cercavano, la vostra mamma, perché era molto bello sentirsi guardati così come faceva lei.
La terza cosa che ho notato era quanto il vostro babbo le vuole bene, e quanto lei ne voglia a lui. Forse voi ora non vi rendete conto perché ci siete cresciuti in questa abbondanza di amore, e lo avete respirato come l’aria, forse vi è sembrata una cosa normale, ma dovete sapere che non è affatto così. Non è così in tutte le coppie, in tutte le famiglie. Anzi, la vostra è un po’ speciale. Direi che il segreto di mamma e papà era Gesù, loro lo avevano incontrato e lo avevano messo al centro. Per questo sentivano l’urgenza di andare a invitare altre persone, altre famiglie, a questa festa che è la vita con Gesù. Per questo cercavano di stare insieme a Lui, e magari a volte è successo che vi abbiano lasciati un po’ di tempo per fare i ritiri e gli incontri, ma, se vi è dispiaciuto un briciolino qualche volta, sappiate che lo facevano per aiutare tutte quelle famiglie che facevano tanta fatica perché non avevano fatto questo incontro fondamentale. I vostri genitori sono speciali, Dio li ha preparati da lontano per una grande missione, per essere un segno per tante famiglie, la testimonianza di quanto ci si possa amare con la grazia di Dio, di quanto il mistero grande che è il matrimonio – l’unione di due persone diversissime – sia possibile. Così la bellezza della vostra mamma è potuta diventare così splendente perché vicino a lei c’è sempre stato il vostro babbo, che è un uomo veramente eccezionale, un vero uomo come ce ne sono pochissimi in giro.
La quarta cosa che ho notato è stata la pazienza della vostra mamma. Cambia costume, cambia maglietta, asciuga i capelli, non ti rituffare, va bene sì l’ultima volta, non tirare supereroi in aria, non spingere tua sorella… le cose normali di ogni mamma, ma fatte con calma, come se il tempo fosse da vivere in ogni secondo, al presente. Anche io cambio costumi e magliette e asciugo capelli e faccio saggissime raccomandazioni, solo che io ogni tanto urlo come una strega (vi prego, ditemi che succedeva anche a lei, ogni tantissimo, su, ditemelo anche se non è vero). Ecco, mi era sembrata una donna che stava esattamente al suo posto in quel momento, come se quello fosse proprio il posto giusto dove stare, non una che facesse qualcosa di fretta per scappare via da un’altra parte. Anche questa è una cosa che si impara a forza di ginocchia, cioè pregando. L’adesione alla realtà, l’obbedienza alla circostanza presente, in ogni istante.
Sono state poche ore quelle che ho passato con voi, e la vostra mamma mi ha insegnato così tanto! Chissà quanto amore ha potuto dare a voi tre in questi anni. Alla piccola Maddalena Elisa non ha potuto dare anni di amore, ma le ha dato tutto quello che aveva, la vita.
Noi vi vogliamo tanto bene. Sappiate che ci siamo per voi, sempre, in qualsiasi momento, se volete fare un bagno in una piscinetta minuscola piena di moccio e sassi e moscerini, se volete fare una passeggiata a Roma, se volete mangiare pasta alle olive (ma posso anche fare altro, dai, non ascoltate quei brontoloni dei miei figli) o giocare. Quella degli amici di Gesù è una vera famiglia, per cui qualsiasi cosa vi possa servire fateci un fischio, e se non possiamo aiutarvi noi, chiederemo ad altri amici. Siamo tanti, tantissimi, e non vi lasceremo soli.
***
Esequie di Elisa Lardani,
di don Luca Castiglioni
Duomo di Orvieto, 2 marzo 2015
Elisa non avrebbe voluto testimonianze al suo funerale: Luca me l’ha comunicato, perché più volte ne avevano discusso, preparando quel momento fin nei dettagli. Strani discorsi fra giovani innamorati, eppure indispensabili. Non ne voleva perché temeva l’esagerazione che interviene facilmente in questi frangenti; soprattutto, non voleva che le parole sulla sua persona distogliessero l’attenzione dall’abbraccio al Signore della vita cui ritornava, nella gioia.
Prendendo la parola, quindi, siamo avvertiti che potremmo dispiacerle; se corriamo il rischio, non è solo per l’insopprimibile bisogno del cuore: è per cercare di corrispondere proprio al suo desiderio di dare gloria a Dio. Questa celebrazione, oso dire, sarebbe piaciuta a Elisa: è stata “traboccante”, come la “buona misura versata nel grembo”, ma senza esaltazioni troppo facili della sua persona. La santità efficace, del resto, non è esclusivamente quella proclamata e, a ben vedere, non c’è bisogno di dire tutto immediatamente. Niente esaltazioni, dunque, niente “santa subito”. Semmai, “senza fretta”.
Tanti fra noi, in effetti, hanno conosciuto questa giovane donna riconciliata con le urgenze, consapevole del dono del tempo e quindi solerte nel darsi da fare, ma paziente nell’attendere, tutta compresa nell’attimo presente. Con questa fiducia nella fecondità del seme che cresce silenziosamente, trasmetteva pace.
Se avremo un po’ della sua serenità, affiorerà in ciascuno l’immagine della donna vera che Elisa ha saputo essere. Scopriremo la fragranza della sua testimonianza, cadute, debolezze, esitazioni e paure comprese. Ecco l’eredità di valore inestimabile e duraturo: è la certezza, per la sua famiglia e per noi tutti, di non avere a che fare con un mito irraggiungibile del passato, ma con una compagna di strada nel presente, che attesta a ciascuno “anche tu ce la puoi fare”.
Luca, hai visto? Ce l’ho fatta ad esserti fedele sempre, ad amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. La mia assenza ti strazierà, non sai come mi dispiace, però è il segno che ce l’hai fatta anche tu. Abbiamo mantenuto la promessa fattaci davanti a Dio e in lui quasi 12 anni fa. Sei un uomo di parola, sposo mio. Questa è fatta: missione compiuta. Proseguiamo con la prossima, adesso: io dal cielo, tu dalla terra. Che il nostro amore sia fecondo e generi figli liberi e capaci di amare; loro parleranno anche di noi e per noi.
Chiara, Francesco, Maria, ascoltate la mamma: io ho visto che Gesù è vincitore della morte. Io l’ho visto vivo oltre la tomba. L’ho visto vivo quando mi ha liberato dalle schiavitù della mia giovinezza, dal rischio di sprecare la mia vita. Anche voi potete vivere senza perdere tempo, facendo il bene senza stancarvi mai. L’ho visto vincitore quando mi ha liberato dall’egoismo, per rendermi capace di vivere per voi. Io ho visto Gesù vivo quando tutto il sangue, tutta la vita usciva dal mio corpo: la sua presenza – e accanto a lui c’era la mia amica Chiara Corbella – mi ha fatto trasalire. In quell’istante il sangue e le lacrime hanno smesso di scappare, e io ho visto che siamo nati e non moriremo mai più.
Famiglia mia carissima, mamma, papà, Alessandro, amici tutti: io ho fatto l’esperienza che l’ultima parola non è morte, ma vita in Dio, e così ve la trasmetto, con la mia ultima parola: Maddalena. Lei è annuncio di Risurrezione.
Luca mio, coi nomi dei figli abbiamo fatto un centro perfetto, non trovi?!
A noi, che abbiamo conosciuto e voluto bene a Elisa, l’incarico di ricordare alla sua bambina e ai suoi che hanno ottime ragioni per non piangere e che, anzi, possono esultare – senza fretta – di avere una donna così ad attenderli alla meta verso cui tutti pellegriniamo.
Un ultimo pensiero: questo è fra te e me, Elisa. Me lo hai a chiare lettere che mi amavi. Bellezza travolgente. Non ho avuto la tua prontezza, la tua libertà e la tua intensità perché tu potessi ascoltarlo dalla mia voce, ma anch’io ti amo, amica mia vera. Come un prete può e deve amare una donna sposata, una mamma. Ora non lo tacerò e, nel tempo che mi è donato, voglio che la tua famiglia senta che è vero. Come te, voglio amare, in Cristo; grazie a te, sono persuaso che ho anch’io – veramente – questo potere. Grazie di averlo liberato, amica mia vera. A presto: ci vediamo.
Don Luca
***
Elisa canta con il fratello
Lunedì in Albis.
Commento audio al Vangelo
Più una notizia è importante, più si fa urgente il suo annuncio. Quanto più si è coinvolti in essa, tanto più si fa impellente trasmetterla a chi ci è vicino e amiamo. Il Signore è risorto! C'è una notizia più grande? L'ascolto di questa notizia, e l'esperienza della sua veridicità nell'incontro con Gesù vivo, spinge prepotentemente le donne nella fretta di trasmetterla. La stessa fretta della Vergine Maria: anche Lei, con l'annuncio fecondo appena accolto nel grembo, si reca in fretta a sperimentarne l'autenticità, a vedere l'impossibile che si stava compiendo in sua cugina Elisabetta. Gesù risorto sul cammino delle mirofore, Elisabetta in cinta sulla soglia di casa ad accogliere la Piena di Grazia, incinta dello Spirito Santo. Così, tra l'aurora e il compimento della vicenda di Gesù Salvatore, come un arcobaleno tra la terra e il Cielo, si stende il miracolo dell'impossibile divenuto possibile. Il Vangelo è questa Buona Notizia: è vero che "nulla è impossibile a Dio". Non vi è nulla che possa qualcosa di fronte al potere di Dio: non la morte di un grembo sterile, non la verginità sigillata sulla fecondità biologica, non una pietra adagiata dinanzi ad un sepolcro: "Grida la pietra stessa, gridano i sigilli che avete messo, aggiungendo guardie per sorvegliare il sepolcro: Cristo è veramente risorto e vive nei secoli!" (S. Andrea di Creta). Grida la gioia! La "gioia grande" delle donne incontra la Gioia infinita, Colui che, vincendo la tristezza e il dolore, è divenuto Egli stesso gioia pura, sottratta alla contaminazione della fine, alla corruzione del sepolcro. Gesù viene incontro alle donne, ed è un cortocircuito esplosivo: "Rallegratevi!", lo stesso invito rivolto dall'Arcangelo Gabriele alla Vergine Maria investe ora loro, le prime testimoni della risurrezione, - secondo il verbo usato da Gesù rivolgendosi alle donne nell'originale greco identico a quello dell'Annunciazione -. E lo stesso stupore e timore dinanzi a quelle parole e a quell'evento inaspettato. Non conosceva uomo Maria, e ha generato l'Uomo. Nessuno a ribaltare la pietra del sepolcro, e una vittoria che rovescia ogni lapide e fa di ogni sepolcro la porta spalancata sulla vita che non muore. Di fronte a tutto questo non poteva essere che la gioia l'unica risposta delle donne, esattamente come è stata quella di Maria. Gioia che non si può contenere e che si fa, naturalmente, fretta e corsa per annunciare il prodigio che cambia, definitivamente, il corso della storia e dell'esistenza di ogni uomo: la morte è vinta! Così anche per ciascuno di noi, immerso nell'incertezza di fronte alle tante pietre che sigillano i nostri sepolcri. La pietra che gravava sul nostro cuore è stata rovesciata da Cristo! La Chiesa ce lo ha annunciato nella notte delle notti, e, nutriti nel sacramento di quella carne e di quel sangue liberati dalla morte, siamo ritornati di corsa alla nostra vita, "con gioia e timore grandi", ad annunciare il miracolo avvenuto in noi.
Gioia e timore costituiscono il fondo della missione della Chiesa. Lo stupore deve sedimentare, scendere, passare ad essere consapevolezza e certezza; per questo lo stupore necessita un cammino, anzi, si può dire che proprio questo è il "timore", il balbettare dei passi alla ricerca delle orme che sigillino nel cuore quanto visto e udito; il timore è la necessità di un appoggio, dei fratelli ai quali annunciare e dai quali ascoltare; la Chiesa, nella quale camminare per incontrare ogni giorno il Signore. Gesù, infatti, appare sulla via della missione a indicare la Galilea, il più in là dell'evangelizzazione. Non ci si può fermare, pena la putrefazione. La Galilea delle genti, i lontani, coloro che non conoscono lo stupore e la gioia, che non hanno visto Cristo vivo. La nostra personale Galilea di ogni giorno, alla quale siamo inviati ad andare per vedere il suo volto. Anche se in apparenza nulla è cambiato, nulla è più come prima! Possiamo "cingere i suoi piedi", come la peccatrice perdonata, e possiamo "adorarlo": ciò significa concretamente che nella Galilea dove appare Cristo si schiudono per noi le porte del Tempo Pasquale, immagine e primizia della Vita celeste. Dove, sui sentieri di ogni giorno, appare Cristo risorto, è già Regno dei Cieli, e noi vi siamo accolti come suoi cittadini. Oggi il Signore appare a casa e al lavoro, a scuola e nel condominio: per questo possiamo perdonare ciò che è stato sino ad oggi imperdonabile; possiamo servire e umiliarci davanti a coloro di cui ci siamo sentiti superiori; possiamo caricarci dei peccati di chi abbiamo sempre giudicato; possiamo aprirci alla vita, essere sinceri, obbedire; possiamo adorare Cristo in Spirito e Verità perché, finalmente, possiamo amare.
Ma contemporaneamente inizia anche la persecuzione. Essa segna l'alba della risurrezione, è orientata a spingere la Chiesa ogni giorno di più tra le braccia del suo Signore risorto, ad attingere, istante dopo istante, la fede e la certezza dell'evento udito, visto e sperimentato. Essa deve essere provata nel crogiolo della tentazione e della persecuzione, perché non si corrompa, e la missione non divenga mestiere. Soprattutto, perché la gioia della risurrezione non evapori come rugiada del mattino. Per questo il Signore, entrando nella sua passione, aveva rincuorato i suoi apostoli dicendo loro di non temere di fronte alle persecuzioni che avrebbero sofferto nel mondo; quando la ragione sarà attaccata dai sofismi di satana, per indurre al dubbio. Ogni persecuzione e tentazione, infatti, prende avvio dalla goffa menzogna inventata dai sommi sacerdoti e dagli anziani. Le guardie "annunciano" ai sommi sacerdoti "quanto era accaduto": che cosa descrivono? Dopo che Gesù è stato deposto nella tomba, i sommi sacerdoti "andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia". Questo è il fatto precedente la mattina di Pasqua. Racconta poi Matteo che, all'alba di Pasqua, mentre le donne si stavano recando al sepolcro, "vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve". E qui descrive quanto è occorso alle guardie: "Per lo spavento che ebbero "di lui" le guardie tremarono tramortite". Dunque le guardie hanno visto l'angelo scendere dal cielo, lo hanno visto rotolare la pietra assicurata dai capi del popolo e sedervi sopra. Hanno tremato tramortite, forse non sono riuscite a cogliere le parole dell'angelo alle donne, ma hanno di certo visto l'evento eccezionale che fugava ogni possibilità di furto del corpo di Gesù da parte dei discepoli. E questo hanno annunciato ai sommi sacerdoti! Un annuncio dunque è giunto anche a loro, ma avevano il cuore indurito, come quello del faraone. E un cuore indurito può solo partorire la menzogna già architettata. Non avevano creduto alle parole di Gesù circa la sua identità, lo avevano creduto un impostore quando annunciava la sua risurrezione, e lo hanno condannato come bestemmiatore. Così, di fronte all'evidenza del fatto annunciato loro dalle guardie, l'unica preoccupazione è quella di far tacere sul nascere la verità. Il dubbio non li sfiora neppure, anzi; forse addirittura hanno creduto alle guardie, schiavi di se stessi e delle proprie convinzioni, per difenderle a dispetto di ogni smentita,continuano a mentire,e "corrompono", come il lievito vecchio. Corrompono la verità con il denaro, ferendola con la cupidigia. Non solo, si impegnano e si fanno carico di persuadere il governatore che le cose erano andate proprio come essi avevano inventato, facendosi missionari della menzogna. Accanto alla Verità infatti appare sempre la menzogna. Perché la testimonianza sia credibile e perché ogni uomo possa essere davvero libero nell'accoglierla o nel rifiutarla, è necessaria la menzogna, come accadde nel paradiso ai progenitori.
Per questo, contemporaneamente alla corsa delle donne e degli apostoli sulle strade della missione, corre anche la menzogna, che spesso si fa persecuzione sanguinaria. Accanto all'annuncio del vangelo corre un altro annuncio, persuasivo, subdolo, falso. Per questo, al fatto della risurrezione che si compie ogni giorno nella Chiesa e nei suoi figli, nelle famiglie, nei posti di lavoro, ovunque arrivino e vivano i cristiani, si oppone sempre la menzogna architettata dal demonio, sui giornali come nei nostri cuori: il fatto non esiste, anche se è lì, autentico, visibile. E' un'impostura dei discepoli, è il tentativo della Chiesa di fare adepti, di conquistare denaro e potere, è l'oppio dei popoli. E' l'attacco del demonio al cuore degli apostoli: se cadono di fronte alle menzogne, se il dubbio corrompe anche i loro cuori è fatta. Ma essi hanno la certezza incrollabile che Cristo è risorto! Essi sono uniti perché stretti a Cristo risorto nel Cenacolo della comunità, suo corpo vivo! La stessa certezza che viene offerta anche a noi: mangiare e bere con Cristo, vederlo all'opera nei fratelli, sperimentare la sua presenza nel cammino di ogni giorno! La differenza è tutta in questa esperienza: gli apostoli l'hanno sigillata nel cuore e la rinnovano ogni giorno; i nemici di Cristo no, anche davanti ai segni e ai fatti non possono che opporre la propria carne malata e cieca d'orgoglio. Non possono credere, anche se la menzogna mostra tutti i suoi limiti: come è possibile credere a delle guardie che, esercitate e formate proprio per vegliare e custodire, dormano tutte insieme nello stesso momento... E' grottesco, eppure... Negli inganni del demonio, in quelli grandi che si traducono in grandi persecuzioni, come in quelle che soffriamo ogni giorno, vi è sempre una falla, una crepa che svela la menzogna. Come credere a delle guardie che si addormentano? Eppure la diceria ha preso piede. Così come il mondo crede più facilmente alle menzogne del demonio che alla verità di Cristo. Per questo occorre essere astuti come serpenti e semplici come colombe, e, come la Vergine Maria, correre ogni giorno da Elisabetta, ovvero ai fatti reali della nostra vita dove Dio ha compiuto l'impossibile, per certificare in noi l'autenticità della resurrezione di Cristo, il suo amore e il suo perdono. E per esultare di gioia come Lei, in un magnificat che sembra proprio la colonna sonora della Risurrezione. Maria, infatti, esclama tra l'altro: "Ha disperso i superbi nei pensieri dei loro cuori". Il greco originale ha "dianoia cardias", che è qualcosa di diverso dai semplici pensieri: sono piuttosto i propositi, le trame del cuore, gli stessi che albergavano nel cuore dei giudei avversari di Gesù, e da Lui smascherati. La sua risurrezione ha disperso e frantumato le trame di menzogna che vogliono vanificare l'annuncio del Vangelo. Uniti a Lui, sperimentando il suo potere nella nostra vita, possiamo vedere anche noi dileguarsi le tentazioni per correre sulle strade della missione che ci è affidata, annunciare a tutti la gioia della Pasqua.
QUI GLI APPROFONDIMENTI
L'ANNUNCIO |
Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi.
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