Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 12 aprile 2015

Messaggio del Santo Padre Francesco agli Armeni.

Messaggio del Santo Padre Francesco agli Armeni. “Fare memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana”
Sala stampa della Santa Sede


[Text: Italiano, Français, English] 
Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana per il centenario del “martirio” (Metz Yeghern) armeno e la proclamazione a “Dottore della Chiesa” di San Gregorio di Narek, Papa Francesco incontra - nella Cappella della Pietà – S.S. Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni; S.S. Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia; S.B. Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici e S.E. il Signor Serž Sargsyan, Presidente della Repubblica di Armenia. A loro il Papa consegna, in copie autografe, un Messaggio in italiano e nella traduzione in lingua armena. Ne riportiamo di seguito il testo:
Messaggio del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle armeni,
un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo (cfr GIOVANNI PAOLO II e KAREKIN II, Dichiarazione comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001). Non vi è famiglia armena ancora oggi, che non abbia perduto in quell’evento qualcuno dei suoi cari: davvero fu quello il “Metz Yeghern”, il “Grande Male”, come avete chiamato quella tragedia. In questa ricorrenza provo un sentimento di forte vicinanza al vostro popolo e desidero unirmi spiritualmente alle preghiere che si levano dai vostri cuori, dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità.
Ci è data un’occasione propizia di pregare insieme nell’odierna celebrazione, in cui proclamiamo Dottore della Chiesa san Gregorio di Narek. Esprimo viva gratitudine per la loro presenza a Sua Santità Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, a Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, e a Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici.
San Gregorio di Narek, monaco del X secolo, più di ogni altro ha saputo esprimere la sensibilità del vostro popolo, dando voce al grido, che diventa preghiera, di un’umanità dolente e peccatrice, oppressa dall’angoscia della propria impotenza ma illuminata dallo splendore dell’amore di Dio e aperta alla speranza del suo intervento salvifico, capace di trasformare ogni cosa. «In virtù della sua potenza, io credo con una speranza che non tentenna, in sicura attesa, rifugiandomi nelle mani del Potente ... di vedere Lui stesso, nella sua misericordia e tenerezza e nell’eredità dei Cieli» (SAN GREGORIO DI NAREK, Libro delle Lamentazioni, XII).
La vostra vocazione cristiana è assai antica e risale al 301, anno in cui san Gregorio l’Illuminatore guidò alla conversione e al battesimo l’Armenia, la prima tra le nazioni che nel corso dei secoli hanno abbracciato il Vangelo di Cristo. Quell’evento spirituale ha segnato in maniera indelebile il popolo armeno, la sua cultura e la sua storia, nelle quali il martirio occupa un posto preminente, come attesta in modo emblematico la testimonianza sacrificale di san Vardan e dei suoi compagni nel V secolo. Il vostro popolo, illuminato dalla luce di Cristo e con la sua grazia, ha superato tante prove e sofferenze, animato dalla speranza che deriva dalla Croce (cfr Rm 8,31-39). Come ebbe a dirvi san Giovanni Paolo II: «La vostra storia di sofferenza e di martirio è una perla preziosa, di cui va fiera la Chiesa universale. La fede in Cristo, redentore dell’uomo, vi ha infuso un coraggio ammirevole nel cammino, spesso tanto simile a quello della croce, sul quale avete avanzato con determinazione, nel proposito di conservare la vostra identità di popolo e di credenti» (Omelia, 21 novembre 1987).
Questa fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa che «generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo» (GIOVANNI PAOLO II e KAREKIN II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001). Il Papa Benedetto XV, che condannò come «inutile strage» la Prima Guerra Mondiale (AAS, IX [1917], 429), si prodigò fino all’ultimo per impedirlo, riprendendo gli sforzi di mediazione già compiuti dal Papa Leone XIII di fronte ai «funesti eventi» degli anni 1894-96. Egli scrisse per questo al sultano Maometto V, implorando che fossero risparmiati tanti innocenti (cfr Lettera del 10 settembre 1915) e fu ancora lui che, nel Concistoro Segreto del 6 dicembre 1915, affermò con vibrante sgomento: «Miserrima Armenorum gens ad interitum prope ducitur», (AAS, VII [1915], 510).
Fare memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana. Anche oggi, infatti, questi conflitti talvolta degenerano in violenze ingiustificabili, fomentate strumentalizzando le diversità etniche e religiose. Tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle Organizzazioni internazionali sono chiamati ad opporsi a tali crimini con ferma responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi. Questa dolorosa ricorrenza diventi per tutti motivo di riflessione umile e sincera e di apertura del cuore al perdono, che è fonte di pace e di rinnovata speranza. San Gregorio di Narek, formidabile interprete dell’animo umano, sembra pronunciare per noi parole profetiche: «Io mi sono volontariamente caricato di tutte le colpe, da quelle del primo padre fino a quello dell’ultimo dei suoi discendenti, e me ne sono considerato responsabile» (Libro delle Lamentazioni, LXXII). Quanto ci colpisce questo suo sentimento di universale solidarietà! Come ci sentiamo piccoli di fronte alla grandezza delle sue invocazioni: «Ricordati, [Signore,] … di quelli che nella stirpe umana sono nostri nemici, ma per il loro bene: compi in loro perdono e misericordia (...) Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro» (ibid., LXXXIII).
Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh. Si tratta di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace. Per noi cristiani, questo sia soprattutto un tempo forte di preghiera, affinché il sangue versato, per la forza redentrice del sacrificio di Cristo, operi il prodigio della piena unità tra i suoi discepoli. In particolare rinsaldi i legami di fraterna amicizia che già uniscono la Chiesa Cattolica e la Chiesa Armena Apostolica. La testimonianza di tanti fratelli e sorelle che, inermi, hanno sacrificato la vita per la loro fede, accomuna le diverse confessioni: è l’ecumenismo del sangue, che condusse san Giovanni Paolo II a celebrare insieme, durante il Giubileo del 2000, tutti i martiri del XX secolo. Anche la celebrazione di oggi si colloca in questo contesto spirituale ed ecclesiale. A questo evento partecipano rappresentanze delle nostre due Chiese e si uniscono spiritualmente numerosi fedeli sparsi nel mondo, in un segno che riflette sulla terra la comunione perfetta che esiste tra gli spiriti beati del cielo. Con animo fraterno, assicuro la mia vicinanza in occasione della cerimonia di canonizzazione dei martiri della Chiesa Armena Apostolica, che avrà luogo il 23 aprile prossimo nella Cattedrale di Etchmiadzin, e alle commemorazioni che si terranno ad Antelias in luglio.
Affido alla Madre di Dio queste intenzioni con le parole di san Gregorio di Narek:
«O purezza delle Vergini, corifea dei beati,
Madre dell’edificio incrollabile della Chiesa,
Genitrice del Verbo immacolato di Dio, (…)
rifugiandoci sotto le ali sconfinate di difesa della tua intercessione,
innalziamo le nostre mani verso di te,
e con indubitata speranza crediamo di essere salvati».
(Panegirico alla Vergine)
Dal Vaticano, 12 aprile 2015
FRANCISCUS
Francese
Chers frères et soeurs Arméniens,
Un siècle s’est écoulé depuis l’horrible massacre qui fut un véritable martyre de votre peuple, dans lequel beaucoup d’innocents sont morts en confesseurs et martyrs pour le nom du Christ (cf. JEAN-PAUL II ET KAREKIN II, Déclaration commune, Etchmiadzin, 27 septembre 2001). Il n’y a pas de famille arménienne, encore aujourd’hui, qui n’a pas perdu un être cher dans ces évènements : ce fut vraiment le «Metz Yeghern », le « Grand Mal », comme vous avez appelé cette tragédie. En cette occasion, j’éprouve un sentiment de grande proximité envers votre peuple et je désire m’unir spirituellement aux prières qui s’élèvent de vos coeurs, de vos familles, de vos communautés.
Une occasion favorable nous est donnée de prier ensemble dans cette célébration d’aujourd’hui, au cours de laquelle nous proclamons saint Grégoire de Narek, Docteur de l’Église. J’exprime ma vive gratitude, pour leur présence, à Sa Sainteté Karekin II, Patriarche Suprême et Catholicos de tous les Arméniens, à Sa Sainteté Aram Ier, Catholicos de la Grande Maison de Cilicie, et à Sa Béatitude Nerses Bedros XIX, Patriarche de Cilicie des Arméniens Catholiques.
Saint Grégoire de Narek, moine du Xème siècle, a su exprimer plus que tout autre la sensibilité de votre peuple. Donnant une voix au cri, qui devient prière, d’une humanité souffrante et pécheresse, opprimée par l’angoisse de sa propre impuissance mais illuminée par la splendeur de l’amour de Dieu et ouverte à l’espérance de son intervention salvifique, capable de transformer toute chose. « Dans l’attente certaine de sa puissance, je crois avec une indubitable espérance, me confiant dans la main du Tout Puissant… que je le verrai, Lui en personne, grâce à sa miséricorde et à sa pitié, et que j’hériterai du Ciel » (SAINT GRÉGOIRE DE NAREK, Livre des Lamentations, XII).
Votre vocation chrétienne est très ancienne et remonte en 301, année où saint Grégoire l’Illuminateur a conduit l’Arménie à la conversion et au Baptême, la première parmi les nations qui, au cours des siècles, ont embrassé l’Évangile du Christ. Cet événement spirituel a marqué de manière indélébile le peuple arménien, sa culture et son histoire dans lesquelles le martyre occupe une place prééminente, comme l’atteste de manière emblématique le témoignage sacrificiel de saint Vardan et de ses compagnons du Vème siècle.
Votre peuple, illuminé de la lumière du Christ et avec sa grâce, a surmonté beaucoup d’épreuves et de souffrances, animé par l’espérance qui vient de la Croix (cf. Rm 8, 31-39). Comme vous l’avait dit saint Jean-Paul II : « Votre histoire faite de souffrance et de martyre est une perle précieuse dont l’Église universelle est fière. La foi au Christ, rédempteur de l’homme, vous a infusé un courage admirable sur le chemin, souvent semblable à celui de la croix, sur lequel vous avez avancé avec détermination, dans le but de conserver votre identité de peuple et de croyants » (Homélie, 21 novembre 1987). Cette foi a accompagné et soutenu votre peuple également dans le tragique événement d’il y a cent ans « que l’on considère généralement comme le premier génocide du XXème siècle» (JEAN-PAUL II ET KAREKIN II, Déclaration commune, Etchmiadzin, 27 septembre 2001). Le Pape Benoît XV qui condamna comme « inutile massacre » la Première Guerre Mondiale (AAS, IX [1917],429), s’efforça jusqu’au bout de l’empêcher, reprenant les efforts de médiation déjà accomplis par le Pape Léon XIII face aux « funestes événements » des années 1894-96. Il écrivit pour cela au sultan Mahomet V, implorant que tant d’innocents soient épargnés (cf. Lettre du 10 septembre 1915), et ce fut encore lui qui, lors du Consistoire secret du 6 décembre 1915, affirma dans un vibrant désarroi : « Miserrima Armenorum gens ad interitum prope ducitur » (AAS, VII [1915], 510).
Faire mémoire de tout ce qui est arrivé est un devoir, non seulement pour le peuple arménien et pour l’Église universelle, mais aussi pour toute la famille humaine, afin que l’avertissement qui vient de cette tragédie nous évite de retomber dans des horreurs semblables qui offensent Dieu et la dignité humaine. Aujourd’hui également, en effet, les conflits dégénèrent parfois en violences injustifiables, attisées par l’instrumentalisation des diversités ethniques et religieuses. Tous ceux qui sont placés à la tête des Nations et des Organisations internationales sont appelés à s’opposer à de tels crimes avec une ferme responsabilité, sans céder aux ambiguïtés ni aux compromis.
Que cette douloureuse occasion devienne pour tous un motif de réflexion humble et sincère, et d’ouverture du coeur au pardon qui est source de paix et d’espérance nouvelle. Saint Grégoire de Narek, interprète formidable de l’âme humaine, semble prononcer pour nous des paroles prophétiques : « Je me suis volontairement chargé de toutes les fautes, depuis celle de notre premier père jusqu’à celles du dernier de ses descendants, et je me suis considéré comme responsable » (Livre des Lamentations, LXXII). Combien ce sentiment de solidarité universelle nous touche ! Comme nous nous sentons petits face à la grandeur de ses invocations : « Souviens-toi, [Seigneur,]… de ceux aussi qui, parmi la race humaine sont nos ennemis, mais pour leur faire du bien : accorde leur pardon et miséricorde (…) N’extermine pas ceux qui me mordent, mais change-les ! arrache-leur la mauvaise conduite terrestre, enracine la bonne et en moi et en eux » (ibid. LXXXIII).
Que Dieu accorde que soit repris le chemin de la réconciliation entre le peuple arménien et le peuple turc, et que la paix advienne aussi au Nagorno Karabakh. Ce sont des peuples qui, par le passé, malgré les divergences et les tensions, ont vécu de longues périodes de cohabitation pacifique, et même dans le tourbillon des violences ont connu des cas de solidarité et d’aide réciproque. C’est seulement dans cet esprit que les nouvelles générations pourront s’ouvrir à un avenir meilleur et que le sacrifice de beaucoup pourra devenir semence de justice et de paix.
Pour nous, chrétiens, que ceci soit surtout un temps fort de prière, pour que le sang versé, par la force rédemptrice du sacrifice du Christ, opère le prodige de la pleine unité entre ses disciples. Qu’il renforce en particulier les liens d’amitié fraternelle qui déjà unissent l’Église Catholique et l’Église Arménienne Apostolique. Le témoignage de tant de frères et soeurs qui, sans défense, ont sacrifié leur vie pour leur foi, rapproche les diverses confessions : c’est l’oecuménisme du sang qui a conduit saint Jean-Paul II à célébrer ensemble, durant le Jubilé de l’an 2000, tous les martyrs du XXème siècle. La célébration d’aujourd’hui également se situe dans ce contexte spirituel et ecclésial. Des représentants de nos deux Églises participent à cet événement ; et de nombreux fidèles dispersés partout dans le monde s’unissent spirituellement, en un signe qui reflète sur la terre la communion parfaite qui existe entre les esprits bienheureux du ciel. Avec un coeur fraternel, j’assure de ma proximité, à l’occasion de la cérémonie de canonisation des martyrs de l’Église Arménienne Apostolique qui aura lieu le 23 avril prochain en la cathédrale d’Etchmiadzin, et des commémorations qui se tiendront à Antelias en juillet.
Je confie à la Mère de Dieu ces intentions avec les paroles de saint Grégoire de Narek :
« O pureté des Vierges, reine des bienheureux,
Mère de l’édifice indestructible de l’Église,
Mère du Verbe immaculé de Dieu, (…)
nous réfugiant sous la défense des ailes immenses de ton intercession,
nous levons les mains vers toi,
et avec une invincible espérance nous croyons que nous serons sauvés ».
(Panégyrique à la Vierge)
Du Vatican, 12 avril 2015
FRANCISCUS
Inglese
Dear Armenian Brothers and Sisters,
A century has passed since that horrific massacre which was a true martyrdom of your people, in which many innocent people died as confessors and martyrs for the name of Christ (cf. JOHN PAUL II and KAREKIN II, Common Declaration, Etchmiadzin, 27 September 2001). Even today, there is not an Armenian family untouched by the loss of loved ones due to that tragedy: it truly was “Metz Yeghern”, the “Great Evil”, as it is known by Armenians. On this anniversary, I feel a great closeness to your people and I wish to unite myself spiritually to the prayers which rise up from your hearts, your families and your communities.
Today is a propitious occasion for us to pray together, as we proclaim Saint Gregory of Narek a Doctor of the Church. I wish to express my deep gratitude for the presence here today of His Holiness Karekin II, Supreme Patriarch and Catholicos of All Armenians, His Holiness Aram I, Catholicos of the Great House of Cilicia, and His Beatitude Nerses Bedros XIX, Patriarch of Cilicia of Armenian Catholics. Saint Gregory of Narek, a monk of the tenth century, knew how to express the sentiments of your people more than anyone. He gave voice to the cry, which became a prayer, of a sinful and sorrowful humanity, oppressed by the anguish of its powerlessness, but illuminated by the splendour of God’s love and open to the hope of his salvific intervention, which is capable of transforming all things. “Through his strength I wait with certain expectation believing with unwavering hope that… I shall be saved by the Lord’s mighty hand and… that I will see the Lord himself in his mercy and compassion and receive the legacy of heaven” (SAINT GREGORY OF NAREK, Book of Lamentations, XII).
Your Christian identity is indeed ancient, dating from the year 301, when Saint Gregory the Illuminator guided Armenia to conversion and baptism. You were the first among nations in the course of the centuries to embrace the Gospel of Christ. That spiritual event indelibly marked the Armenian people, as well as its culture and history, in which martyrdom holds a preeminent place, as attested to symbolically by the sacrificial witness of Saint Vardan and his companions in the fifth century.
Your people, illuminated by Christ’s light and by his grace, have overcome many trials and sufferings, animated by the hope which comes from the Cross (cf. Rom 8:31-39). As Saint John Paul II said to you, “Your history of suffering and martyrdom is a precious pearl, of which the universal Church is proud. Faith in Christ, man’s Redeemer, infused you with an admirable courage on your path, so often like that of the Cross, on which you have advanced with determination, intent on preserving your identity as a people and as believers” (Homily, 21 November 1987).
This faith also accompanied and sustained your people during the tragic experience one hundred years ago “in what is generally referred to as the first genocide of the twentieth century” (JOHN PAUL II and KAREKIN II, Common Declaration, Etchmiadzin, 27 September 2001). Pope Benedict XV, who condemned the First World War as a “senseless slaughter” (AAS, IX [1917], 429), did everything in his power until the very end to stop it, continuing the efforts at mediation already begun by Pope Leo XIII when confronted with the “deadly events” of 1894-96. For this reason, Pope Benedict XV wrote to Sultan Mehmed V, pleading that the many innocents be saved (cf. Letter of 10 September 1915) and, in the Secret Consistory of 6 December 1915, he declared with great dismay, “Miserrima Armenorum gens ad interitum prope ducitur” (AAS, VII [1915], 510).
It is the responsibility not only of the Armenian people and the universal Church to recall all that has taken place, but of the entire human family, so that the warnings from this tragedy will protect us from falling into a similar horror, which offends against God and human dignity. Today too, in fact, these conflicts at times degenerate into unjustifiable violence, stirred up by exploiting ethnic and religious differences. All who are Heads of State and of International Organizations are called to oppose such crimes with a firm sense of duty, without ceding to ambiguity or compromise.
May this sorrowful anniversary become for all an occasion of humble and sincere reflection, and may every heart be open to forgiveness, which is the source of peace and renewed hope. Saint Gregory of Narek, an extraordinary interpreter of the human soul, offers words which are prophetic for us: “I willingly blame myself with myriad accounts of all the incurable sins, from our first forefather through the end of his generations in all eternity, I charge myself with all these voluntarily” (Book of Lamentations, LXXII). How striking is his sense of universal solidarity! How small we feel before the greatness of his invocations: “Remember, [Lord,]… those of the human race who are our enemies as well, and for their benefit accord them pardon and mercy… Do not destroy those who persecute me, but reform them, root out the vile ways of this world, and plant the good in me and them” (ibid., LXXXIII). May God grant that the people of Armenia and Turkey take up again the path of reconciliation, and may peace also spring forth in Nagorno Karabakh. Despite conflicts and tensions, Armenians and Turks have lived long periods of peaceful coexistence in the past and, even in the midst of violence, they have experienced times of solidarity and mutual help. Only in this way will new generations open themselves to a better future and will the sacrifice of so many become seeds of justice and peace.
For us Christians, may this be above all a time of deep prayer. Through the redemptive power of Christ’s sacrifice, may the blood which has been shed bring about the miracle of the full unity of his disciples. In particular, may it strengthen the bonds of fraternal friendship which already unite the Catholic Church and the Armenian Apostolic Church. The witness of many defenceless brothers and sisters who sacrificed their lives for the faith unites the diverse confessions: it is the ecumenism of blood, which led Saint John Paul II to celebrate all the martyrs of the twentieth century together during the Jubilee of 2000. Our celebration today also is situated in this spiritual and ecclesial context. Representatives of our two Churches are participating in this event to which many of our faithful throughout the world are united spiritually, in a sign which reflects on earth the perfect communion that exists between the blessed souls in heaven. With brotherly affection, I assure you of my closeness on the occasion of the canonization ceremony of the martyrs of the Armenian Apostolic Church, to be held this coming 23 April in the Cathedral of Etchmiadzin, and on the occasion of the commemorations to be held in Antelias in July.
I entrust these intentions to the Mother of God, in the words of Saint Gregory of Narek:
“O Most Pure of Virgins, first among the blessed,
Mother of the unshakeable edifice of the Church,
Mother of the immaculate Word of God, (…)
Taking refuge beneath your boundless wings which grant us the protection of your intercession, we lift up our hands to you,
and with unquestioned hope we believe that we are saved”.
(Panegyric of the Theotokos)
From the Vatican, 12 April 2015
 FRANCISCUS 

FONTE: Kairos

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