Giovedì in Albis
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La Pasqua è l'accadere dell'impossibile nelle nostre giornate. E l'impossibile è la pace. "Pace a voi!", oggi. Shalom, il modo attraverso il quale la risurrezione di Gesù giunge a ciascuno di noi. Shalom, le prime parole di Gesù risuscitato, l'incipit della nuova creazione. Non siamo nel regno dell'utopia, popolato e agitato da sogni e chimere, ideali e fantasmi, siamo entrati nella nuova creazione irradiata dalla "splendore del re che ha vinto le tenebre". Il combattimento scatenatosi nei discepoli all'apparire di Gesù è quello che sconvolge i nostri cuori ogni giorno. La stessa parola "dubbi" traduce in italiano l'originale greco che è letteralmente "pensieri", quelli che ci assalgono di continuo; essi sono i veri dominatori di questo mondo, le traspirazioni della carne, vestigia di tutto quello che è destinato a corrompersi. Diceva un Padre del deserto: "Un fratello interrogò un anziano: ‘Che devo fare poiché molti pensieri mi combattono e io non so come combatterli?’.
Gli disse l’anziano: ‘Non combattere contro tutti, ma contro uno solo, perché tutti i pensieri del monaco hanno un capo. ‘E' necessario osservare chi sia questo capo e di che genere, combatterlo e così si umiliano anche gli altri pensieri’” (Nau 219)". Ogni pensiero che combatte e toglie la pace nasconde il volto del nemico più pericoloso: la philautia, l’amore di sé che ci trasforma in ‘amici di sé contro sé stessi’ (S. Massimo il Confessore). E' l'orgoglio che imprigiona la carne e la rende impotente, ne umilia la capacità di aprirsi e accogliere lo Spirito di Vita che la può condurre a compiere l'impossibile. Per questo i Padri dicevano anche: "Sii il portinaio del tuo cuore, affinché lo straniero non entri, chiedendo ad ogni pensiero che ti assale “Sei dei nostri o vieni dall’Avversario?”. Te lo dirà certamente! ‘Poni alla porta del tuo cuore un cherubino con la spada infuocata” (Nau 99). Antonio il Grande raccomandava ai suoi monaci: “Qualunque immagine appaia, colui che la vede non cada in trepidazione, ma piuttosto interroghi con sicurezza dicendo dapprima: “Chi sei tu e da dove vieni?… Se si tratta di una potenza diabolica, subito si indebolirà vedendo un animo sicuro e vigoroso. La domanda “chi sei tu e da dove vieni?” è infatti segno di un animo non turbato. Così Giosuè di Nun imparò interrogando; e il nemico non rimase nascosto a Daniele che interrogava” (Vita Antonii, 43, 1-3). Nel Vangelo di oggi è adombrato questo combattimento decisivo; nella vita appaiono sempre le due vie sulle quali ci si può incamminare: il bene e il male, la verità o la menzogna. I dubbi sono i pensieri che attaccano al cuore la purezza capace di discernere per scegliere, liberamente, la via buona, quella della volontà di Dio. I dubbi-pensieri si ergono come nemici della croce di Cristo, del suo amore che vince la morte. Appare Cristo risorto e sorgono i dubbi-pensieri che non credono alla risurrezione del Signore e lo identificano con un "fantasma". L'apparizione del Signore nel Cenacolo è' il momento nel quale attaccare l'orizzonte che si apre davanti. Un pochino come diceva Guardiola, il famoso allenatore di calcio: "il nostro centravanti è lo spazio". Non restare fissi su schemi obsoleti, i pensieri e dubbi che scaturiscono dalla carne, che vogliono nella vita un centravanti vecchia maniera, il centravanti boa, il terminale d'attacco dove far convergere ogni pallone nella speranza che lo metta in gol. No, si tratta di abbandonare la certezza che resta comunque incertezza per lasciare libertà alla fantasia e alla creatività dello Spirito Santo, come le squadre di Guardiola, che attaccano dalle fasce e dal centro, aggredendo lo spazio come fosse il centravanti; la novità è proprio questo entrare senza indugio nei fatti che la storia preparata da Dio ci pone dinanzi, facendo di essi il "centravanti" capace di infilzare la porta dell'avversario. E' la storia, infatti, lo "spazio" dove il Signore appare vittorioso nella partita con il demonio, con la fitta rete di dubbi da lui insinuati e i peccati nei quali spesso inciampiamo, interrompendo così l'azione verso il gol. Ogni giorno si presentano momenti decisivi nei quali Gesù appare risorto nella nostra vita, e siamo chiamati a discernere se i pensieri che ci assalgono sono dei nostri o del nemico, se sono dei "sì" o dei "no" all'amore e alla pace che Gesù ci offre. Discernere, infatti, deriva dal latino cernere, da cui la parola cernita o scelta tra diversi elementi. Senza discernimento non si può attuare. Discernere è distinguere, scoprire, tra molti, il pensiero di Dio. Il Signore conosce i nostri limiti, e ci viene in aiuto mostrandoci le sue ferite, il segno del suo Amore. In quelle ferite vi è scritto il racconto dei nostri fallimenti, la mappa della via di morte che lo ha crocifisso. Nelle sue ferite vi è ciascuno di noi con il suo carico di peccati e l'amore sino alla fine che li ha presi e distrutti. In quelle ferite vi è la garanzia del perdono, che cioè il suo amore ha vinto il peccato. Attraverso le sue ferite giunge agli apostoli e a ciascuno di noi la luce capace di aiutarci a considerare e a discernere, a rifiutare ogni pensiero del nemico, ad uscire dall'incredulità e a lanciarci sul cammino della Vita. Le sue ferite ed il suo corpo, risorto, trasfigurato, ma così vicino a noi, così intimo da prendere cibo con noi, di nutrirsi del nostro stesso alimento, sono un segno inequivocabile della concretezza della sua risurrezione; Gesù mangia, Gesù non è un fantasma, si può acconsentire, sentire con Lui perché Lui, risorto dai morti, sente con noi, acconsente a farci suoi fratelli, carne della sua carne e sangue del suo sangue. Si può credere, rigettando ogni dubbio, ogni pensiero come menzogna subdola e velenosa che ci spinge alla morte. Incastonata nelle sue ferite, sigillata dalla sua carne che ha oltrepassato le barriere della morte, giunge agli apostoli la pace; shalom, secondo la Scrittura, è il dono del Messia, di Gesù, ed è la primizia del Regno eterno, il respiro della vita immortale; la pace dolce e succosa come il grappolo d'uva che Cristo ci porta quale segno della Terra promessa, la vera, l'eterna, che ha esplorato per noi entrandovi con la nostra stessa carne, dove ci ha preparato un posto; la pace di Gesù è tutt'altro che un pensiero. "Penso dunque sono" è l'approdo moderno del cammino all'emancipazione inauguratosi nel giardino dell'Eden davanti all'albero del bene e del male. Pensare non significa essere, ma, semplicemente, scivolare sull'essere, illudendosi di afferrare tutto attraverso il ragionamento, ma con la libertà incatenata, e l'effetto certo d'una sofferenza senza limite, recata dai pensieri raggomitolati sull'io, per quanto intelligente e capace esso sia. Per san Tommaso non è il pensare a decidere dell'esistenza, ma è l'esistenza, l'"esse", a decidere del pensare. L'esistenza nuova inaugurata da Cristo risorto diviene il criterio decisivo di ogni pensiero. Così il pensiero, da veicolo razionale del dubbio, diviene frutto libero della fede. Pensare lo stesso pensiero di Cristo, dimorare nella sua risurrezione che dà consistenza e autenticità ad ogni pensiero. Pensare pensieri di pace, perché Lui è risorto! La pace messianica è semplicità, ordine e sobrietà, pienezza di vita, salute integrale dell'uomo, realizzazione completa d'ogni aspirazione più profonda. La pace è la stessa vita di Dio tradotta nel concreto dipanarsi del tempo. La pace di Gesù è un frammento di Cielo, il lievito eterno che informa di sé ogni grumo di vita. La pace è il gusto dell'eternità in ogni nostro istante. La pace sbriciola le costruzioni del pensiero umano, le torri di Babele dell'arroganza, i monumenti all'orgoglio nei quali ci cimentiamo ogni giorno. La pace è la pietra scartata da noi costruttori di effimere cattedrali al nostro ego. Dostoevskij affermava: "Tutta la legge dell'esistenza umana consiste in questo: che l'uomo possa inchinarsi sempre dinanzi all'infinitamente grande. Se gli uomini venissero privati dell'infinitamente grande, essi non potrebbero più vivere e morrebbero in preda alla disperazione". La pace dunque è un miracolo perch consiste, per grazia, nel lasciare ogni pensiero nella mente di Dio, arrendersi e pensare solo con il pensiero di Cristo. Ed esso ha il sapore della Croce. Non v'è altro pensiero in Gesù, ogni istante, ogni situazione, ogni relazione, ogni persona, tutto è visto, letto, tradotto con la grammatica della Croce. Le mani e i piedi crocifissi, le membra del Signore passate nel crogiolo della morte e trasfigurate nella luce della risurrezione. La Croce è la porta della pace. Gesù giunge a porte chiuse proprio perch la Croce ha scardinato la porta della morte, e nessun altro impedimento ormai lo può distogliere dai suoi fratelli. La pace oltrepassa i muri, ed è vera, reale, concreta, come mangiare un po' di pesce arrostito. Gesù è oggi dinanzi a noi come la via della vita, l'unica verità cui consegnarsi, il fondamento autentico dell'esistenza. La pace che ci annuncia è il frutto di una vita santa; il Signore risorto è la fonte della gioia, l'infinitamente grande cui inchinarsi perchè prenda possesso di noi. Scriveva S. Agostino agli eretici pelagiani: "Questo è l'orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel Suo esempio e non nel dono della Sua Persona" (sant’Agostino, Contra Iulianum. Opus imperfectum). E' Lui la nostra pace, il perdono di ogni peccato, la fine definitiva d'ogni male, la malizia strappata dai cuori, un nuovo sguardo, puro, sul mondo. Lo sguardo di Gesù dentro i nostri occhi, il più bello, il più autentico annuncio del Vangelo destinato, nel suo Nome, a tutte le genti. I nostri occhi testimoni della pace incarnata nel Signore risorto: "Vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello, ma sono ali" (Benedetto XVI). Vedere e riconoscere Cristo risorto significa volare in ogni luogo ad annunciare la sua Pace, il perdono dei peccati nel suo Nome, testimoniato nelle nostre vite.
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.
(Dal Vangelo secondo Luca 24,35-48)
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