Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 5 aprile 2015

Niente mi fa più impressione di quelle ore prima della Pasqua, quando il tabernacolo si svuota, e non è chiaro se Gesù sia uscito per sempre, o per tornare...

Dio e la sua abitazione
DI EMANUELEFANT
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 di Emanuele Fant
Niente mi fa più impressione di quelle ore prima della Pasqua, quando il tabernacolo si svuota, e non è chiaro se Gesù sia uscito per sempre, o per tornare.
Solo allora, chi crede, crede davvero. Perché avverte la dolorosa sensazione che il fluire del tempo si sta avvolgendo inutilmente come vento nella tromba delle scale; che il sole potrebbe sorgere o meno, senza nessuna implicazione; che il motore del diorama di cui siamo statuine ha interrotto la sua corsa, obbligando i meccanismi di precisione a interrogarsi.
I sacri arredi sono già in mano a un rigattiere, i paramenti lividi a lavare, nessuno ha più il coraggio di sacrificare i fiori. Ecco come ci riduciamo quando strizziamo il Padre immenso perché non superi il profilo delle nostre persone. La Chiesa è fatta di un prezioso materiale detto “uomo“, ma ora avverto quanto conti la presenza del Fondatore: regna una atmosfera nuova e strana, come se ognuno non sapesse in che direzione camminare, e se può scommettere davvero sulla collaborazione del vicino.
Dio non è dappertutto, dicono il falso gli altoparlanti delle finte religioni. Non sta nel sasso, nel ruscello, nel nostro mondo interiore. Dio ha una abitazione. Ce lo conferma il disorientamento che ci assale di fronte all’uscio spalancato della sua stanza d’oro. Dio si fa uomo, ma non rinuncia alle distinzioni. Sono così importanti le chiese, compresi i muri.
E allora evviva i campanili, piantati come bandierine, perché ogni quartiere abbia la sua altissima occasione di ricordarsi cosa formicola a fare. Evviva pure le loro campane, che mi svegliano troppo presto i bambini, ma mi confermano insieme che ne vale la pena. Evviva la canonica, il battistero, il ripostiglio dietro l’organo che non lo ringrazia mai nessuno. Evviva il sagrato come camera di decompressione per tornare al marciapiede dal cielo.
E infine evviva la Pasqua, e sua nipote, la primavera. La sproporzionata metafora di ressurrezione tirata in piedi per consolarci dopo una tale paura.
fonte: Credere

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