Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 14 settembre 2013

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo





Commento al Vangelo della XXIV domenica del Tempo Ordinario

Takamatsu, 13 Settembre 2013 (Zenit.org) Don Antonello Iapicca
"Bisognava far festa". Ma dov'è la festa nella nostra vita? Shows televisivi, discoteche, e alcool e droghe, e fine settimana sulla neve, e le liturgie delle domeniche allo stadio, e …leggi tutto








Altissimo glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio
e damme fede retta, speranza certa e carità perfetta,
senno e conoscimento,
Signore, che io faccia lo tuo santo e verace comandamento.


San Francesco. Preghiera davanti al Crocifisso










Dal Vangelo secondo Giovanni 3,13-17



Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.




Il commento


La nostra salvezza, la pienezza della nostra vita, la gioia e la pace sgorgano da una sola fonte: la Croce del Signore Gesù Cristo. Non si tratta di dire molte parole. E' una semplice questione di amore. Innanzi tutto del suo amore. Se oggi, contemplando la Croce, non ci sentiamo amati, se non cominciano a scendere rivoli di lacrime per una profonda compunzione, significa che non abbiamo ancora compreso e sperimentato l'amore di Dio. E la Croce non è altro che un segno tra tanti, che ci lascia poco più che indifferenti. Proviamo oggi a fermarci dinanzi ad un crocifisso. In silenzio, fissare quel Legno, e aspettare che ci parli. Lasciare che l'amore infinito che ha innalzato il Signore percuota il nostro cuore, ci mostri senza sconti la nostra realtà, la povertà e la debolezza, i peccati e la morte che portiamo dentro. Lasciamoci accompagnare sui sentieri della verità, umilmente, senza difese.


E lì, al fondo della verità su noi stessi conosceremo l'amore di Dio. E' nella verità che parla Cristo Crocifisso. Quella Croce è il nostro specchio. Ma è anche ed ancor prima, l'immagine più fedele e perfetta di Dio. E' questa la notizia capace di toglierci il fiato, di spezzarci il cuore. Come un diamante incastonato nella roccia il suo amore appare luminoso e puro tra le nostre debolezze, al fondo dei nostri peccati. I chiodi inflitti nella carne del Signore sono i nostri peccati concreti, ma quel sangue benedetto che ne è scaturito li trasforma in segni splendenti della sua misericordia. Così la corona di spine, così le battiture, i flagelli, le frustate, così quel Legno assassino. Tutto reca impresso il nome dei nostri peccati, ma, nel folle amore di Dio, tutto porta inciso anche il suo Nome, che è misericordia, tenerezza, pazienza, dolcezza, riscatto, dono, Vita, pace, felicità. Laddove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la Grazia. Laddove concupiscenze e menzogne, furti ed omicidi, invidie e maldicenze hanno solcato e ferito a morte la carne benedetta del Signore, come un fiume di misericordia il suo sangue ha bagnato e cancellato. 


Questa è l'esaltazione della Santa Croce, il perdono, la misericordia. Lui innalzato oggi dinnanzi a ciascuno di noi, straziato dai nostri peccati è offerto al nostro sguardo, agli occhi del nostro cuore come il segno del puro amore di Dio. Guardarlo, fissarlo e credere che non c'è peccato che possa vincere il suo amore. Accettare e riconoscerci peccatori significa accogliere il suo amore e lasciare che il suo sangue scorra a purificare il nostro cuore, la nostra mente, le nostre membra, come ha purificato ed esaltato nella Gloria quel Legno che da maledizione è trasformato in benedizione.


Così ogni croce che nel cammino d'ogni giorno ci inchioda e ci fa piccoli è esaltata nello stesso amore e nella stessa misericordia. L'esperienza del perdono, la contemplazione della Croce di Gloria del Signore è la stessa contemplazione della nostra Croce. Ed è possibile oggi, ed ogni giorno, fare l'esperienza di San Francesco, sentirci abbracciati dall'amore infinito di Cristo, diamante incastonato in ogni evento, in ogni dolore, in ogni fallimento. Contempliamo oggi la Croce del Signore e contempliamo la nostra Croce, senza paura, con umiltà e nella verità, per scoprire glorioso il Legno che ha innalzato Cristo come quello che, ogni giorno, innalza nella Gloria la nostra esistenza. Perché la sua Croce è la nostra Croce, la sua esaltazione è la nostra esaltazione.











Questo comando è necessario 
in modo speciale a quelli 
che hanno la missione di insegnare agli altri. 
Se infatti saranno buoni e solerti, 
dando con la propria condotta 
una testimonianza autentica della vita evangelica, 
allora potranno più liberamente rimproverare 
chi rifiuta di comportarsi allo stesso modo.


San Cirillo d'Alessandria



Dal Vangelo Luca 6,39-42. 

Disse loro anche una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?
Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?
Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. 




Il commento


Nessun “cieco può guidare un altro cieco”. Eppure anche oggi ci accingeremo a prendere per mano moglie e figli per accompagnarli a “cadere nelle buca”, immagine nelle trappole del demonio. Esse, infatti, non si vedono a occhio nudo, quello di chi crede di vedere perfettamente e invece non è capace di riconoscere “la trave” infilata nella pupilla. La carne, il mondo e il suo principe, il demonio, impediscono il discernimento, che è la vista chiara di cui parla il Signore. Come Sansone al quale sono stati cavati gli occhi, anche noi siamo incapaci di vedere l’amore di Dio nella nostra vita e per questo non possiamo guardare con amore il prossimo.


Siamo ciechi perché abbiamo dimenticato lo sguardo d’amore con il quale Gesù ci ha trovati mentre giacevamo morti nel sepolcro. Siamo ciechi perché i nostri occhi hanno lasciato di contemplare il volto di Cristo e hanno cercato di saziarsi con immagini avvelenate. La concupiscenza ci ha spinto a desiderare l’irreale, l’impossibile, la felicità macabra della carne. Un gas fatale ha infiammato gli occhi, e ora non possiamo guardare nulla senza sentire dolore. I contorni sono sfumati, nulla più ci appare per quello che è. La moglie e il marito, i figli e i parenti, gli amici e i colleghi, il lavoro, la scuola, i fatti di ogni giorno sono solo pagliuzze che ci pungono gli occhi, imprevisti dolorosi, carattere e parole che ci tolgono gioia e pace.


Non vediamo più la “trave” della Croce sulla quale abbiamo crocifisso il Signore perché abbiamo dimenticato i nostri peccati. Il demonio ci ha ingannato, e ora non sappiamo più credere all’impossibile dell’amore di Dio che perdona senza giudicare. Se non crediamo all'amore di Dio per noi, se abbiamo cancellato dalla memoria la nostra realtà e rimosso i nostri peccati, non potremo che essere esigenti, legalisti e moralisti con gli altri. E, senza misericordia, cominciamo a distruggerli parlando male di loro: "E su questo punto, non c’è posto per le sfumature. Se tu parli male del fratello, uccidi il fratello. E noi, ogni volta che lo facciamo, imitiamo quel gesto di Caino, il primo omicida della Storia" (Papa Francesco).


Per questo il Signore dice che un "discepolo non è da più del maestro". Se Lui non ci ha giudicato, come puoi giudicare tu? Se Lui ha lasciato libero tuo figlio, chi credi di essere tu? Più di Dio? Ebbene, proprio questo è il problema, ci crediamo più di Gesù Cristo: noi si che sappiamo come si deve fare. Noi si che abbiamo capito tutto. A casa, in famiglia, al lavoro, ovunque... Sappiamo tutto così bene da guidare ogni giorno le persone nelle buche: quante giornate rovinate a chi ci sta intorno, quante menzogne inculcate... Quanta "criminalità delle chiacchiere" come dice Papa Francesco...


Il Signore ci chiama oggi ad essere "ben preparati" per diventare come Lui, misericordiosi sempre. La "preparazione" di cui Gesù parla è il catecumenato con il quale la Chiesa primitiva preparava le persone a ricevere il battesimo. Ma è anche il cammino di purificazione e conversione che Dio ha preparato per noi, suoi "discepoli". Ogni giorno, attraverso i fatti e le persone della nostra vita, illuminati con la predicazione e la Parola di Dio, alimentati dai sacramenti, ci possiamo "preparare" per "togliere" dagli occhi degli uomini la "pagliuzza" che impedisce loro di vedere l'amore di Dio. E la preparazione consiste nello scoprire di avere una "trave" nell'occhio. Sì, proprio perché chiamati ad essere "discepoli" siamo i peggiori, i più poveri e deboli. Noi abbiamo la "trave" negli occhi, mentre gli altri hanno solo una pagliuzza! Fino a che non avremo la consapevolezza di questo non saremo "discepoli ben preparati come il Maestro". Il cammino di conversione ci illuminerà sulla trave per poter poi illuminare gli altri sulla pagliuzza. Un padre potrà aiutare con amore suo figlio solo se è consapevole della trave che ha chiuso i suoi occhi; così un marito o una moglie, così con chiunque è accanto a noi. 


La certezza di San Francesco, l'umiltà che lo condusse a conoscersi e a conoscere il Signore. Per questo ha potuto aprire gli occhi a tante persone che lo seguivano: "frate Masseo disse a san Francesco: Perchè a te? perchè a te? perchè a te? san Francesco risponde: Che è quello che tu vuoi dire? Disse frate Masseo: Dico, perchè a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti, ed udirti, ed ubbidirti? tu non se’ bello uomo del corpo, tu non se’ di grande scienza, tu non se’ nobile: donde dunque a te che tutto il mondo ti vegna dirieto? Udendo questo san Francesco, tutto rallegrato in ispirito, rizzando la faccia al cielo, per grande spazio istette colla mente levata in Dio; e poi ritornando in sè, s’inginocchiò e rendette laude e grazie a Dio; e poi con grande fervore di spirito, si rivolse a frate Masseo e disse: Vuoi sapere perchè a me? vuoi sapere perchè a me? vuoi sapere perchè a me? che tutto ’l mondo mi venga dirieto? Questo ho io da quelli occhi dello altissimo Iddio, gli quali in ogni luogo contemplano i buoni e i rei:imperocchè quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li peccatori niuno più vile, nè più insufficiente, nè più grande peccatore di me: e però a fare quella operazione maravigliosa la quale egli intende di fare non ha trovato più vile creatura sopra la terra, e perciò ha eletto me, per confondere la nobiltà e la grandigia e la fortezza e la bellezza e sapienza del mondo: acciocchè si cognosca, ch’ogni virtù e ch’ogni bene è da lui, e non dalla creatura, e nessuna persona si possa gloriare nel cospetto suo; ma chi si glorierà, si glorii nel Signore, a cui è ogni onore e gloria in eterno" (Fioretti di San Francesco).


Quando avremo questa certezza saremo "ben preparati" e potremo vedere con occhi puri in ogni persona l'amore di Dio. La certezza di avere una trave, come l'aveva Francesco, e non era falsa umiltà. Solo avvicinadosi e sperimentando l'amore di Dio si può comprendere, come San Paolo, la grandezza della propria debolezza, e il peso dei propri peccati. E' la luce della misericordia che illumina la realtà senza causare disperazione. E' la Pasqua fatta carne, che cammina con noi nel cammino di "preparazione" ad accogliere la vittoria di Cristo, che apre gli occhi, come accadde ai discepoli di Emmaus. E, a partire dalla nostra esperienza, potremo aiutare gli altri ad aprire gli occhi per contemplare il volto di Cristo. "

Nessun commento:

Posta un commento