Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 8 settembre 2013

XXIII Domenica del Tempo Ordinario. Anno C

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Parco Querini - Domenica, 8 settembre 1991









Sempre dove è Gesù c’è umiltà, mitezza, amore e Croce. 
Mai troveremo un Gesù che non sia umile, mite, 
senza amore e senza Croce.


Papa Francesco




Dal Vangelo secondo Luca 14,25-33. 

Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse:
«Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?
Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo:
Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?
Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.
Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. 


Il commento



Gesù “si volta” anche oggi per guardare chi lo segue, e come … “Si volta” verso la sua Chiesa per scrutarne il cuore, e il suo sguardo giunge anche a noi. Forse la nostra vita è disciolta in quella della folla; abbiamo diluito l’identità e la personalità nel pensiero mondano. Gesù “si volta” e cerca un volto e una persona in mezzo alla folla di avatar e nickname di evanescenti figure virtuali. Gesù ci cerca per strapparci all’anonimato di chi si nasconde spaventato dal dover essere. E’ la paradossale situazione della maggior parte dei giovani: desiderano affermare se stessi e urlare al mondo che ci sono, ma finiscono per lasciarsi omologare in una trasgressione teleguidata che è tutta apparenza. In realtà li vediamo tutti tristemente uguali: s-vestiti come marketing comanda, avvolti nello stesso fumo, rapiti dagli stessi spinelli, storditi dalle stesse bottiglie, incapsulati in un identico pensiero, assordati dagli stessi rumori e sfregiati dagli stessi tatuaggi, nascosti nelle stesse chat.


Ma, seppure in forme diverse, è lo stesso che capita anche a noi. Non è forse troppo spesso una folla anonima la nostra famiglia? Non lo siamo noi stessi, nel groviglio di pensieri e nevrosi , complessi e gelosie, scrupoli e fraintendimenti che ci prendono per il collo e ci trascinano nel caos? Gesù “si volta” e cerca te e me in mezzo alla menzogna e all’ipocrisia. In fondo non sappiamo neanche noi chi realmente siamo, il senso autentico e non effimero della nostra vita, di ciò che facciamo e diciamo. Che significa essere “padre o madre, marito o moglie, figlio o figlia, fratello e sorella”? E in ufficio? Qual è la nostra vera identità, che ci stiamo a fare, che parole dire, che atteggiamenti assumere? Che significa essere un impiegato, un dirigente o un professore?


E Gesù “si volta” e ci cerca, perché “molta gente andava con Lui”; questo significa anche che ciascuno di noi “va con Gesù” in “molte” forme. Dissipati e adulteri, idolatri e ipocriti, per non soffrire, ci adeguiamo alle condizioni e alle situazioni; ci mimetizziamo per non essere sorpresi in qualche debolezza ed essere mangiati dagli altri. Abbiamo paura di morire, e per questo viviamo schiavi dell’immagine, nell’illusione che essa ci protegga. “Andiamo con Gesù” in compagnia di mille noi stessi, tanti sono i volti che presentiamo durante il cammino.


E proprio per questo Gesù “si volta” e posa lo sguardo sulla verità. Le sue parole, infatti, disboscano e tagliano le erbacce, per arrivare alla radice autentica, dove siamo quello che realmente siamo. Anche se “andiamo con Lui” e vorremmo seguirlo, “non possiamo”, come un malato che non può mangiare quello che vuole. E' inutile, se abbiamo le transaminasi alte, il fritto ci fa male, molto male. Accade a volte che non resistiamo, e ci abbuffiamo di calamari e gamberi buonissimi. E poi? Che dolori... Così, dopo tanti anni, ma spesso anche da giovani, ci accorgiamo che il rapporto con “madre, moglie, figli, fratelli, sorelle, con tutti i nostri averi" e perfino quello "con la nostra vita” è così malato che ci impedisce di essere “discepoli” di Gesù. Se non li “odiamo” - come dovremmo odiare il fritto che fa male al nostro fegato per "poter" stare bene - "non possiamo" essere discepoli di Gesù. Se continuiamo a nutrirci dei rapporti schiacciati sulla carne, nonostante l'esperienza ci abbia insegnato che la morbosità e la schiavitù degli affetti ci fa male, "non potremo" prostrarci ai piedi del Maestro, ascoltarlo e dargli fiducia, imparare da Lui e obbedirgli. “Non possiamo” amarlo perché il nostro cuore è impegnato ad amare con concupiscenza i familiari e i soldi, sperando da loro ricompensa e sazietà. Ma “non si può amare due padroni”, se amiamo unoodieremo l’altro… Per questo Gesù dice di "odiare" il padrone che non è Lui! Per amare Lui!!! Ma Gesù è un Padrone che ci fa liberi, mentre il demonio, il padre della carne e della concupiscenza, è un padrone che ci tiene schiavi...


Certo non si tratta di una competizione tra affetti diversi, dove un contendente arrivi a sbaragliare l’altro. Tra Gesù e tutto il resto vi è, infatti, una differenza sostanziale: Lui, e solo Lui, è Dio… Lui, e solo Lui, dà la vita, la pace, la felicità. Lui, e solo Lui, può colmare il cuore e dare senso alla vita. Lui, e solo Lui, ama sino alla fine che non ha mai fine. Un padre e una madre, per quanto persone di fede e buonissime, non ci daranno mai quello di cui la nostra anima ha bisogno. Possiamo ingannarci e confondere l’affetto con la Vita; allora sarà necessario “odiare” e “rinnegare” perfino la propria vita, la parte più intima dove si è infilato l’affetto che usurpa il posto di Cristo. Nessun altro può entrare in noi e comunicarci amore e vita eterni. Per questo l’uomo vero e realizzato al quale nulla manca perché ascolta Gesù e lo segue, è il “discepolo” che “odia” il nemico di Cristo e ne difende il posto dentro di lui. Costui è sapiente, misericordioso, generoso, paziente, allegro, sereno. Può amare! Essere “discepolo” di Gesù e “andare dietro di Lui” significa proprio questo: amare e dare la propria vita; essere crocifissi con Lui bruciando di zelo per ogni anima.


Un “discepolo” del Signore “alza la propria croce”, secondo l’originale greco, e lo segue sul cammino che conduce al Calvario. Gesù si riferisce, infatti, all’istante nel quale il condannato a morte doveva sollevare l’asse orizzontale della croce per poi caricarselo sulle spalle e incamminarsi verso il luogo del supplizio. E’ il momento nel quale il Signore ci attende per donarci di essere noi stessi. E’ il momento nel quale siamo pienamente liberi, per accoglierla o rifiutarla. E’ il momento più importante nelle giornate dei nostri figli, quando la difficoltà e l’umiliazione li mette davanti alla libertà di accettare o rifiutare di diventare adulti e imparare a soffrire per amore.


Quando Dio ci consegna la Croce, infatti, sperimentiamo di appartenere a Lui che ci ha riscattati a prezzo del suo sangue. Ogni relazione che tradisca questa è un adulterio, e ci consegna alla morte. Attraverso di essa iniziamo ad essere autentici e a scoprire la nostra identità. E’ la Croce che ci sgancia dalla folla come un ciclista che vada in fuga lasciandosi dietro il gruppo. Come lui, proprio all’inizio della salita decisiva, abbiamo la possibilità di staccarci e vivere secondo la volontà di Dio, come un “discepolo”. Il Legno che ci segna e ci stringe a Lui è già preparato: forse la parolina pugnace di nostro marito, proprio quella che non ci saremmo mai aspettate; forse la notizia che tuo figlio è stato bocciato e non lo avresti immaginato; forse la morte del tuo migliore amico; forse la ragazza che ha deciso di lasciarti; forse i lavori del condominio che ti impediscono almeno una settimana di vacanze.


Gesù “si volta”, ci cerca e ci consegna il Legno sul quale essere “discepoli” e seguirlo. Certo ci aspettano difficoltà, derisioni e incomprensioni; sulla via del Calvario, come su ogni cammino che conduceva alla Croce, si riversavano folle esaltate che dovevano insultare i condannati. Se “alziamo la Croce” perdonando un tradimento e accettando l’ingiustizia, saremo insultati pesantemente, proprio da chi ci è più vicino. Sulla via crucis quotidiana siamo chiamati ad “affrontare” con Gesù la “guerra” per strappare al “re” nemico i prigionieri della sua menzogna. Ma, è ovvio, non possiamo combatterlo senza “odiarlo”, altrimenti finiremo con l’odiare Dio per “accordarci” con il nemico, anche se “lontano”; le sue tentazioni, infatti, sono subdole e difficili da smascherare. Quante volte, scoprendo la nostra debolezza, invece di ricorrere a Dio ci disperdiamo a firmare armistizi estremamente sfavorevoli... Come è accaduto al Popolo di Israele che, invece di dar ascolto ai Profeti che lo invitavano a non temere e a lasciarsi "perfino" catturare dai nemici, ma confidando però in Dio, si affidavano con cuore adultero ad alleanze che si rivelavano poi disastrose. Ci sono momenti in cui solo se si "odia la propria vita" la si può salvare. Solo perdendo tutto agli occhi del mondo si può sperimentare la vita che tutto colma di pace: la presenza di Dio ci avvolge proprio quando siamo catturati e portati nell'esilio di un matrimonio che non sopportiamo, di in un quartiere e una casa che non ci piace, inchiodati a un lavoro o a una malattia che vorremmo evitare. 


Per questo, non si può essere “discepoli” del Signore se non “odiamo” la superbia che ci fa pensare di saper affrontare la vita senza il Signore. Le nostre "truppe" sono inferiori a quelle del demonio, "diecimila contro ventimila"! Il demonio è infinitamente più forte e astuto di noi. Solo se il Signore ha preso possesso della nostra vita, e la sua Parola nutre la nostra anima, potremo come Davide affrontare Golia, e vederlo sconfitto, nonostante la nostra debolezza. Solo con il pensiero di Gesù, nella selva degli affetti carnali, potremo discernere come nemici di Cristo, la madre, il padre o la persona più vicina; quando questi tentano di opporsi alla volontà di Dio con criteri e parole mondane che sembrano così logiche e convincenti: chi prende in odio la propria carne? Chi può andare a Gerusalemme per farsi uccidere, vero Pietro? Chi si lascia insultare, deridere e derubare? Ma come, se la mamma è sempre attenta se porti o no la maglia di lana, come potrà lasciare che ti spoglino senza dir nulla? 

Non a caso Gesù cita affetti "naturali" come quelli della famiglia proprio per mostrare che è necessario un cambio di natura; Gesù parla del Battesimo, e delle condizioni che erano richieste per riceverlo al tempo della Chiesa Primitiva. Si tratta di una Nuova Alleanza per entrare in un nuovo Regno: siamo chiamati a entrare ogni giorno nel fonte battesimale dove morire alla carne e all'uomo vecchio per rinascere figli di Dio capaci di relazioni nuove e celesti. Nel fonte si entra nudi, come Adamo ed Eva vivevano prima del peccato: non avevano bisogno di difendersi, di legarsi morbosamente, erano semplici e liberi, senza malizia perché figli grati e felici di Dio. Ma noi, che siamo rivestiti di carne e concupiscenza, abbiamo bisogno di sperimentarne il peso e l'inutilità, oltre che il rischio mortale che comportano. Occorre che sperimentiamo il bruciore dentro, per spogliarcene e odiarle, e così immergerci nell'acqua che ci rigenera. Da essa possiamo ogni giorno risorgere vittoriosi con Cristo, e vivere ogni relazione in modo nuovo: potremo dire a chi ci è più caro lo stesso che Lui disse a Pietro: "Vattene dietro satana, tu mi sei di inciampo!". Sappiamo dirlo a nostro figlio quando reclama alimento per saziare la sua carne? O al marito, alla moglie, alla fidanzata, agli amici, a noi stessi? Abbiamo occhi per riconoscere satana quando si veste da Gesù, e Gesù quando la carne ci dice essere Belzebul? Questo significa "odiare" così come ci annuncia Gesù, e resistere alle tentazioni che il demonio ci recapita attraverso le persone più amate. Ma per amare le persone con un amore autentico, libero e puro, dobbiamo saper “odiare” peccati e inganni del demonio! 


Abbiamo bisogno dello Spirito Santo che ci fa figli della luce, e ci doni il discernimento per “calcolare” prima “le spese” che comporta essere figli di Dio. O si hanno i soldi per costruire o non si hanno. O si ha l’amore o non lo si ha. O si può amare nella libertà o non si può… Non si tratta di una gerarchia di affetti e valori, secondo la quale dobbiamo amare Gesù più di chiunque. No, perché chi non ama Cristo di amore assoluto e incorruttibile, non ama nessuno. E’ schiavo di legami che strangolano lentamente: quanti fidanzati vivono spersonalizzati e pronti a tutto pur di non perdere il partner; per poi ritrovarsi svuotati, senza dignità, con il solo disprezzo per se stessi; quanti figli vivono nell’incubo di dover dimostrare al padre di essere meglio del fratello o della sorella; quanti amici cancellano tutto di se stessi per incastrarsi nel “branco” e sentirsi vivi perché in nulla diversi dagli altri.


C’è una sola salvezza, quella che oggi ci annuncia il Signore: essere suo “discepolo” e seguirlo. Mentre il mondo con i suoi affetti e i suoi beni ci inducono a seguire un’idea di felicità, il Signore ci chiama a seguire Lui, una persona, per essere finalmente noi stessi. In Lui siamo stati creati, e solo in Lui potremo essere felici e liberi dai legami morbosi pieni di aspettative e di esigenze, di ricatti e di gelosie. Una famiglia è santa solo se Cristo vi è amato con tutto il cuore, con tutta l’anima e tutte le forze, senza compromessi. Un matrimonio è compiuto solo nella libertà dei coniugi che si “odiano” ogni qualvolta il demonio li vorrebbe in competizione e antagonisti di Cristo: nella sessualità, nel rapporto con il denaro e i figli, nella vita spirituale e nello svago. I figli saranno vivi e potranno crescere e maturare solo “seguendo” Cristo, e “odiando” tutte le idee che lo vorrebbero scalzare.


Per seguire Gesù occorre quindi “rinunziare a tutti i nostri averi”. E’ una necessità, non un obbligo o la condizione per far parte di un club esclusivo. Bisogna rinunciare a tutti i beni, nessuno escluso: essi servono per costruire qualcosa solo se si donano. Il denaro è utile solo se trafficato per amore, altrimenti è una zavorra, dinamite che fa saltare tutto. Il denaro è buono solo per costruire effimere e fallimentari "torri" di Babele. Sembra una follia, magari Gesù pensava ai frati e alle suore di Madre Teresa di Calcutta. Ma in quel tempo ancora non esistevano, mentre vi erano solo i “discepoli”, i cristiani… Allora si tratta di una Parola di Gesù per ciascuno di noi oggi altro che clericalismo ipocrita... “Rinunciare a tutto” perché non si possono fare compromessi, non si può avere il cuore strabico e schizofrenico, altrimenti si morirebbe dilaniati. Come succede a tanti, anche noi quando ci industriamo per salvare la nostra vita e la dobbiamo lasciare andar via. “Rinunciare a tutto” perché per essere “discepolo” di Gesù e salvare il mondo dobbiamo avere “tutto” il suo amore e “tutta” la sua Grazia. Mischiare i beni del Cielo con le risorse infette della carne significherebbe rendere tutto inservibile. Se non lasciamo spazio a Cristo, Egli non potrà essere tutto per noi. Siamo chiamati a “rinunciare a tutti gli averi”, dal denaro sino alla propria volontà, per lasciare campo libero alla volontà di Dio e allo Spirito Santo.



Seguire il Signore significa, infatti, “costruire” con Lui una “torre” come quelle che si ergevano nei campi per raccogliere e difendere il raccolto. Occorre “calcolare la spesa”, ovvero essere attenti a tutto quello che serve per amare, ad ogni occasione, senza sprecarne nessuna. E discernere i “mezzi” con cui portare la missione a compimento, ovvero lo Spirito Santo che ci spinge a donarci. Iniziare a “fondare” un rapporto, un matrimonio, un fidanzamento o un’amicizia con i “mezzi” sbagliati e insufficienti conduce alla “derisione” riservata ai falliti. Non si ama per la carne ma attraverso di essa, in virtù di un amore che ci viene donato. Altrimenti la “torre” verrà giù alla prima difficoltà. Ma il Signore ci ha amati senza condizioni sulla “torre” della Croce, “odiando” perfino il suo essere Dio, la sua relazione umana con Maria, i suoi discepoli, l'amato Pietro, pur di raggiungerci laddove giacevamo lontani dal Padre. Lui ha "odiato" tutto pur di amare te, così come sei... Come non odiare allora la vita antica e tutti i legami e i beni effimeri che ci hanno condotto alla morte, per ricevere la vita vera ed eterna nella quale spenderci in attesa del Cielo?

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