L'intervista sul volo di ritorno da Manila
L'intervista sul volo di ritorno da Manila: racconta un episodio accaduto a Buenos Aires, quando gli chiesero una tangente in cambio di fondi per i poveri. Fa l’esempio del gender come «colonizzazione dei popoli» richiamando i tentativi di indottrinamento delle dittature. Annuncia viaggi in Africa e America Latina, torna sull'esempio del pugno. Parla della denatalità ma dice anche che essere cattolici non significa fare figli «come conigli». Racconta la sua commozione per i gesti dei filippini. Consiglia un libro: «Il Padrone del mondo» di Benson
ANDREA TORNIELLIINVIATO SUL VOLO MANILA-ROMA
Con le lacrime agli occhi ha descritto i gesti dei filippini che in questi giorni l'hanno colpito. A chi gli chiedeva che cosa intendesse dire quando ha parlato di «colonizzazione ideologica» della famiglia, ha risposto con un esempio concreto di cui è stato testimone in Argentina, quando la condizione per avere dei finanziamenti per le scuole era legata all'introduzione di libri di testo con la teoria del gender. Nel dialogo con i giornalisti sul volo da Manila a Roma, Francesco è tornato a parlare della libertà di espressione e delle provocazioni, definendo sempre ingiusta la violenza, ma invitando a usare la virtù umana della prudenza. Rispondendo sul tema della corruzione, ha ricordato un episodio vissuto in prima persona. Ha preannunciato viaggi in America Latina e Africa nei prossimi mesi. Ha parlato di contraccezione e paternità responsabile, denunciando il neo-malthusianesimo che vuole il controllo delle nascite, ma sul numero dei figli ha anche detto: «C'è chi crede che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli». Al termine della conferenza stampa, durata più di un'ora, Francesco ha fatto gli auguri di buon compleanno alla decana dei vaticanisti sui voli papali, la giornalista messicana di Televisa, Valentina Alazraki, le ha dato un regalo e ha offerto a lei e a tutti i giornalisti una torta per festeggiare.
I filippini hanno imparato molto dai suoi messaggi. C'è qualcosa che lei ha imparato dal popolo filippino?
«I gesti... I gesti mi hanno commosso, non sono stati gesti protocollari, ma sentiti, gesti del cuore. Quasi fanno piangere (il Papa ha gli occhi lucidi, ndr). La fede, l'amore, la famiglia, il futuro, in quel gesto dei papà quando alzavano i bambini perché il Papa li benedicesse. Alzavano i bambini, un gesto che in altre parti non si vede. È come se dicessero questo è il mio tesoro, questo è il mio futuro, per questo vale la pena lavorare e soffrire. Un gesto originale, nato dal cuore. La seconda cosa che mi ha colpito tanto: un entusiasmo non finto, la gioia, l'allegria, la capacità di fare festa. Anche sotto l'acqua. Mi diceva uno dei cerimonieri di essere rimasto edificato, perché i ministranti a Tacloban, sotto l'acqua, con quella pioggia, mai avevano perso il sorriso. Una gioia non finta, non era un sorriso dipinto, ma un sorriso dietro al quale c'è la vita normale, ci sono i dolori, i problemi. Le mamme che portavano i figli ammalati... Tanti bambini disabili, con disabilità che possono fare un po' di impressione, non nascondevano il loro bambino, lo portavano perché il Papa lo benedicesse: questo è il mio bambino, è così ma è il mio. Tutte le mamme fanno questo, ma è il modo di farlo, è quello che mi ha colpito... Un gesto di maternità e di paternità. C'è una parola che è stata troppo volgarizzata, usata e capita male, ma che sostanzia: la rassegnazione. Un popolo che sa soffrire che è capace di rialzarsi e di andare avanti. Ieri nel colloquio che ho avuto col papà di Krystel, sono stato edificato. Krystel è morta in servizio e lui cercava le parole per accettare questo... Un popolo che sa soffrire, è questo che ho visto».
Lei è andato già a due volte in Asia. I cattolici in Africa non hanno ancora ricevuto la sua visita, sa che ci sono fedeli che soffrono per la povertà e per il fondamentalismo. Visiterà l'Africa?
«Rispondo ipoteticamente. Il piano è andare nella Repubblica Centroafricana e in Uganda, credo che sarà verso la fine dell'anno, per il tempo, perché non sia brutto con le piogge che rendono più difficili le cose. È un po' in ritardo questo viaggio perché c'è stato il problema dell'Ebola. È una grande responsabilità fare grandi riunioni per il rischio di contagio. Ma in questi due paesi non c'è problema»
A Manila, eravamo in un albergo bello, però appena si usciva si veniva aggrediti moralmente dalla povertà dei bambini in mezzo ai rifiuti... In Sri Lanka abbiamo visto favelas, baracche appoggiate agli alberi, dove vivono soprattutto i tamil discriminati. Dopo i fatti di Parigi ha parlato di terrorismo di Stato. Si può applicare anche a queste situazioni di povertà?
«I poveri sono le vittime di questa cultura dello scarto. Oggi non si scarta solo quello che avanza. Si scartano le persone, mi viene in mente l'immagine delle caste... E anche oggi sembra normale lo scarto. Lei parlava dell'albergo lussuoso e poi delle baracche... Nella mia diocesi di Buenos Aires c'era tutta la zona nuova che si chiama Portomadero e subito dopo cominciano le villas miserias. Nella prima parte ci sono 36 ristoranti di lusso, di qua c'è la fame. Una attaccata all'altra. Noi avremmo la tendenza ad abituarci a questo... Qui siamo noi e lì stanno gli scartati. Questa è la povertà e la Chiesa deve dare esempio ogni volta di più nel rifiutare ogni mondanità. Per noi consacrati, vescovi, preti, suore, laici il peccato più grave è la mondanità. È tanto brutto vedere un consacrato, un uomo di Chiesa, una suora mondani. Questa non è la strada di Gesù, la Chiesa di Gesù. È una ONG che si chiama Chiesa, un'altra cosa. Quando diventa mondana la Chiesa diventa una ONG. La Chiesa è Cristo morto e risorto per la nostra salvezza e la testimonianza dei cristiani che seguono Cristo... A volte scandalizziamo noi preti o laici, è difficile la strada di Gesù. È vero, la Chiesa deve spogliarsi... Sul terrorismo di stato, non ci ho pensato, lei mi ha fatto pensare che anche questo scarto possa essere terrorismo di stato. Davvero non sono carezze: è come dire, no tu no, fuori... Qui a Roma un barbone aveva un dolore di pancia, quando andava all'ospedale gli davano un'aspirina. Lui è andato da un prete, che ha visto, si è commosso, ha detto: io ti porto all'ospedale, ma quando io inizio a spiegare quello che tu hai, fai finta di svenire. Così è caduto, un artista, l'ha fatta bene... C'era una peritonite. Questo se andava da solo era scartato e moriva. Quel parroco era furbo e ha aiutato bene, era lontano dalla mondanità. Si può pensare che è un terrorismo questo? Si può pensare...».
Nell'incontro con le famiglie ha parlato della «colonizzazione ideologica». Ci può spiegare meglio questo concetto? E poi ha citato Paolo VI sull'Humanae vitae e il fatto che era misericordioso con i casi particolari nelle famiglie. Ci può dire se si può allargare il corridoio di questi casi particolari?
«Parlando di colonizzazione ideologica farò soltanto l'esempio che ho visto io. Venti anni fa, nel 1995, una ministra della Pubblica istruzione aveva chiesto un prestito forte per costruire scuole per i poveri (nelle zone rurali, ndr). Gli hanno concesso il prestito a condizione che nelle scuole ci fosse un buon libro per i bambini di un certo livello. Un libro scolastico, preparato bene didatticamente, dove si insegnava la teoria del gender. Questa donna aveva bisogno dei soldi e quella era la condizione... Lei, furba, ha detto di sì, e ha fatto fare anche un altro libro (il secondo di diverso orientamento teorico, e i due testi sono stati distribuiti insieme, ndr). Questa è la colonizzazione ideologica: entrano in un popolo senza avere niente a che fare con quel popolo, o solo con dei gruppi di quel popolo ma non con il popolo, e lo colonizzano con un'idea che vuole cambiare una mentalità o una struttura. Durante il Sinodo vescovi africani si lamentavano del fatto che certi prestiti vengono concessi a certe condizioni. Prendono proprio il bisogno di un popolo per l'opportunità di entrare e farsi forti con i bambini. Ma non è una novità. Lo stesso hanno fatto le dittature del secolo scorso, non è una novità, sono entrate con la loro dottrina: pensate ai "balilla", pensate alla "gioventù hitleriana"... hanno colonizzato il popolo, ma quanta sofferenza. Il popolo non deve perdere la sua libertà, ogni popolo ha la sua cultura, la sua storia. Quando vengono imposte idee dagli imperi colonizzatori si cerca di far perdere ai popoli la loro identità. Questa è la globalizzazione a forma di sfera, con tutti i punti equidistanti dal centro. Ma la vera globalizzazione è il poliedro, cioè che ogni popolo conservi la propria identità senza essere colonizzato ideologicamente. C'è un libro che forse ha uno stile un po' pesante all'inizio, scritto a Londra nel 1903, è "Il Padrone del mondo", l'autore è Benson: ve lo consiglio, leggendolo capirete bene ciò che voglio dire. A proposito di Paolo VI: è vero che l'apertura alla vita è condizione per il sacramento del matrimonio. Un uomo non può dare il sacramento alla donna e la donna a lui, se non sono d'accordo sull'essere aperti alla vita. A tal punto che si può provare che questo o questa si è sposato con l'intenzione di non essere cattolica, quel matrimonio è nullo e causa di nullità matrimoniale, l'apertura alla vita. Paolo VI ha studiato questo con la commissione sulla vita, come fare per aiutare, tanti casi, tanti problemi... i problemi importanti che toccano l'amore della famiglia. Problemi di tutti i giorni. Tanti, tanti. Ma c'era qualcosa di più, il rifiuto di Paolo VI non era legato soltanto ai casi personali (dirà ai confessori di essere comprensivi e misericordiosi), lui guardava al neo-malthusianesimo universale che è in corso e che cercava un controllo della natalità da parte delle potenze: meno dell'uno per cento delle nascite in Italia, lo steso in Spagna. Questo non significa che il cristiano deve fare figli in serie. Ho rimproverato una donna che era all'ottava gravidanza e aveva avuto sette parti cesarei: vuole lasciare orfani i suoi figli? Non bisogna tentare Dio... Ma volevo dire che Paolo VI è stato un profeta».
Nel volo dallo Sri Lanka alle Filippine, parlando di libertà di espressione e insulti alle religioni lei ha mimato il gesto del pugno verso Alberto Gasbarri. Ha creato confusione e non è stato capito da tutti, come se giustificasse un reazione violenta. Che cosa intendeva dire?
«In teoria possiamo dire che una reazione violenta davanti a un'offesa, a una provocazione, non si deve fare, non è buona e non si deve fare. Possiamo dire quello che il Vangelo dice, dobbiamo porgere l'altra guancia. In teoria possiamo dire che noi capiamo la libertà di espressione. Questo è importante, nella teoria siamo tutti d'accordo. Ma siamo umani e c'è la prudenza che è una virtù della convivenza umana. Io non posso provocare, insultare una persona continuamente, perché rischio di farla arrabbiare, rischio di ricevere una reazione non giusta… ingiusta. Ma è umano. Dico che la libertà di espressione deve tener conto della realtà umana e per questo dico che deve essere prudente, una maniera di dire che si deve essere educata. La prudenza è la virtù umana che regola i nostri rapporti, io posso arrivare fino a qui... etc. In teoria siamo tutti d'accordo, c'è libertà di espressione, una reazione violenta non è buona, è cattiva sempre. Ma fermiamoci un po', perché siamo umani, rischiamo di provocare gli altri. Per questo la libertà deve essere accompagnata dalla prudenza».
Lei ha parlato del viaggio negli Stati Uniti. Per la beatificazione di Junipero Serra è prevista una tappa anche in California? Entrerà negli Usa passando per la frontiera del Messico? Pensa di fare un viaggio in America Latina per beatificare monsignor Romero in Salvador?
«Comincio dall'ultima. No, no. Ci sarà una guerra (ride, ndr)... tra monsignor Paglia (il postulatore della causa, ndr) e il cardinale Amato (il Prefetto dei santi, ndr) su chi dei due farà la beatificazione. Normalmente i beati li fa il cardinale del dicastero o un altro. Le tre città per il viaggio negli Stati Uniti sono Philadelphia per l'incontro delle famiglie, New York per la visita all'Onu e Washington. Andare in California per la canonizzazione di Junipero mi piacerebbe, ma credo che ci sia un problema di tempo, ci vogliono due giorni in più. Io penso di fare la canonizzazione a Washington, è una figura nazionale. Entrare negli Usa dalla frontiera del Messico sarebbe una cosa bella come segno di fratellanza, ma lei sa che andare in Messico senza andare a visitare la Madonna (di Guadalupe, ndr) è un dramma, scoppierebbe una guerra... Penso che ci saranno solo queste tre città statunitensi. I Paesi latinoamericani previsti per quest'anno sono Ecuador, Bolivia e Paraguay. L'anno prossimo a Dio piacendo, andrò in Cile, Argentina e Uruguay. Manca il Perù e non sappiamo dove metterlo...».
Lei a Manila ha citato il fenomeno della corruzione. Come la definisce quando tocca i governi e può esserci anche nella Chiesa?
«La corruzione oggi nel mondo è all'ordine del giorno e l'atteggiamento corrotto trova subito facilmente un nido nelle istituzioni perché una istituzione ha tanti ruoli, capi e vicecapi ed è facile che faccia annidare la corruzione. Ogni istituzione può cadere in questo. La corruzione è togliere al popolo. La persona corrotta che fa affari corrotti o governa corrottamente o che va ad associarsi con gli altri per fare un affare corrotto, ruba al popolo. Le vittime sono quelli che vivono nella povertà, loro sono le vittime... La corruzione non è chiusa in se stessa: va e uccide. Oggi la corruzione è un problema mondiale. Nel 2001 ho domandato al capo di gabinetto del presidente di quel momento, che era un governo che pensavamo non fosse tanto corrotto (ed era vero): mi dica, degli aiuti che voi inviate all'interno del paese - sia i container che gli aiuti alimentari e vestiario - quanto arriva a destinazione? Subito quest'uomo, che era pulito, mi ha detto: "Il 35 per cento". Era il 2001, nella mia patria.
E adesso la corruzione nelle istituzioni ecclesiali. Quando parlo di Chiesa mi piace parlare di battezzati, fedeli, e tutti siamo peccatori. Ma quando parliamo di corruzione, parliamo di persone corrotte o di istituzioni della Chiesa che cadono nella corruzione. E ci sono casi, sì. Ricordo una volta, nel 1994, appena nominato vescovo nel quartiere di Flores, sono venuti da me due funzionari di un ministero. E mi hanno detto: "Lei ha tanto bisogno con questi poveri... Noi possiamo aiutare, abbiamo da darle se vuole un aiuto di 400mila pesos (il peso e il dollaro era uno a uno, dunque erano 400mila dollari)... Io ascoltavo perché quando l'offerta è tanto grande sfida anche il santo. Poi mi hanno detto: "Per fare questa donazione, noi facciamo il deposito e poi lei dà la metà dei soldi a noi". In quel momento io ho pensato che cosa fare: o li insulto e do un calcio dove non batte il sole, oppure faccio lo scemo. Ho fatto lo scemo. Ho risposto: ma sapete... che noi nei vicariati non abbiamo il conto, lei deve fare un deposito in arcivescovado, con la ricevuta. Se ne sono andati (Bergoglio da cardinale aveva già raccontato questo episodio nel libro-dialogo con il rabbino Skorka, ndr). Ho pensato: se questi due sono atterrati direttamente senza chiedere pista (espressione in spagnolo che equivale ad "arrivare senza essere chiamato", ndr) - questo è un cattivo pensiero - è perché qualcun altro aveva detto di sì... Ricordiamo questo: peccatori sì, corrotti mai! Dobbiamo chiedere perdono per quei cattolici, quei cristiani che scandalizzano per le loro corruzioni. Ma ci sono tanti santi e santi peccatori, non corrotti. Guardiamo alla Chiesa santa».
Stiamo sorvolando la Cina. Al ritorno dalla Corea lei aveva detto che era pronto ad andarci. Ci può spiegare perché non ha ricevuto in udienza il Dalai Lama e a che punto sono le relazioni con la Cina?
«È abitudine per il protocollo della Segreteria di Stato di non ricevere i capi di stato o i leader di quel livello quando sono a una riunione internazionale a Roma. Nei giorni dell'incontro alla Fao non ho ricevuto nessuno. Non è vero che non ho ricevuto il Dalai Lama per paura della Cina. Ha chiesto un'udienza, siamo in relazione, ma il motivo non era un rifiuto alla persona o la paura della Cina. Noi siamo aperti e vogliamo la pace con tutti. Come vanno i rapporti? Il governo cinese è educato, anche noi siamo educati, facciamo le cose passo dopo passo. Ancora non si sa. Loro sanno che io sono disposto a riceverli o ad andare lì. Loro lo sanno».
Lei nel viaggio in Turchia ha lanciato un appello ai leader islamici dicendo che sarebbe necessario un passo da parte loro molto fermo di condanna del terrorismo. Non sembra che sia stata considerato e accolto. Ci sono paesi musulmani, posso fare l’esempio della Turchia, che hanno un atteggiamento perlomeno ambiguo nei confronti dell'Is. Ha pensato come andare oltre quel suo invito non accolto?
«Quell'appello l'ho ripetuto il giorno stesso della partenza per lo Sri Lanka, nel discorso al Corpo diplomatico, augurandomi che i leader religiosi, politici e intellettuali si esprimano. Anche il popolo moderato islamico chiede questo ai suoi leader. Alcuni hanno fatto qualcosa, credo che bisogna dare un po' di tempo. Ho speranza, c'è tanta gente buona, tanti leader buoni, sono sicuro che arriverà»
Lei ha parlato dei tanti bambini e della sua gioia, ma secondo dei sondaggi la maggioranza dei filippini pensa che la crescita enorme della popolazione sia una delle ragioni della povertà nel paese. Normalmente una donna partorisce più di tre bambini. La posizione della Chiesa sulla contraccezione è una delle cose con cui molta gente qui non è d'accordo con la Chiesa.
«Io credo che il numero di tre figli per famiglia che lei menziona, secondo quello che dicono i tecnici, è il numero importante per mantenere la popolazione. Quando scende sotto questa soglia, accade l'altro estremo, ciò che avviene in Italia, dove nel 2024 - ho sentito, non so se è vero - non ci saranno i soldi per pagare i pensionati... La parola chiave per rispondere, che usa la Chiesa e anch'io uso, è paternità responsabile e ogni persona nel dialogo col suo pastore cerca come fare quella paternità. L'esempio che ho menzionato poco fa di quella donna che aspettava l'ottavo figlio e ne aveva sette nati con parto cesareo, questa è una irresponsabilità: "No, ma io confido in Dio..." diceva. Sì, Dio ti dà i mezzi, ma, scusatemi eh, c'è chi crede che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli, no? Paternità responsabile: per questo nella Chiesa ci sono gruppi matrimoniali, gli esperti in queste questioni e ci sono i pastori, e io conosco tante e tante via di uscita lecite, che hanno aiutato per questo. E un'altra cosa: per la gente più povera il figlio è un tesoro, è vero che si deve essere anche qui prudenti, ma il figlio è un tesoro. Paternità responsabile ma anche guardare alla generosità di quel papà o di quella mamma che vede nel figlio o nella figlia un tesoro».
Quale è stato per lei il momento più forte di questa visita? Ieri lei ha fatto storia, 6-7 milioni di persone, superando il record di Giovanni Paolo II. Come vive l'aver superato questo record?
«Il momento più forte è stata la messa di Tacloban: vedere tutto il popolo di Dio lì a pregare dopo questa catastrofe, pensare ai miei peccati e a quella gente è stato forte, un momento molto forte. Alla messa lì mi sono sentito come annientato, quasi non mi veniva la voce, non so che cosa mi è successo, forse l'emozione. E poi momenti forti sono stati i gesti, il grazie dei papà che alzavano i figli e a loro bastava una benedizione... E pensavo che io che ho tante pretese, che voglio questo, che voglio quello. Quanto alla grande presenza: mi sono sentito annientato, era il popolo di Dio, il Signore era lì, Dio ci dice: pensate bene che voi siete i servitori di questi eh... questi sono i protagonisti. Poi il pianto: una delle cose che si perde quando c'è troppo benessere, nella cultura dello scarto è questa capacità di piangere. C'è una bella preghiera nel messale antico che diceva: "O Signore, tu che hai fatto sì che Mosè col suo bastone facesse uscire acqua dalla roccia, fai che dalla roccia del mio cuore esca l'acqua del pianto". Noi cristiani dobbiamo chiedere la grazia di piangere, soprattutto i cristiani benestanti: piangere sulle ingiustizie e sui peccati. Perché piangere ti apre a nuove realtà. È quello che ho detto ieri alla ragazza. Lei (Glyzelle Palomar, che domenica ha chiesto perché i bambini soffrono, ndr) è stata l'unica a fare quella domanda a cui non si può rispondere. Il grande Dostoevskij se la faceva questa domanda. Lei con il suo pianto, di donna che piangeva... Quando dico che è importante che le donne siano più considerate nella Chiesa non è soltanto per dare loro una funzione, come per esempio segretario di un dicastero... no, perché loro ci dicano come sentono e guardano la realtà, perché le donne guardano da una ricchezza differente, più grande.... E poi quella risposta che ho dato all'altro ragazzo: non bisogna dimenticare che noi dobbiamo essere mendicanti, se noi togliamo i poveri dal Vangelo non possiamo capire il messaggio di Gesù. Vai a evangelizzare i poveri, ma lasciati evangelizzare da loro, hanno valori che tu non hai».
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Papa: Filippini mi hanno commosso.
Forse in Africa a fine anno...
Un bilancio dell’intensa visita nelle Filippine e una serie di considerazioni su temi di grande rilievo pubblico: dalla corruzione nelle istituzioni civili ed ecclesiali al problema della “colonizzazione ideologica”, dalla teoria del gender al tema della contraccezione. E poi una serie di possibili mete per i prossimi viaggi apostolici, Africa e America Latina entro il 2015. Tutto questo ha occupato l’incontro di Papa Francesco con i giornalisti sul volo da Manila a Roma, durato poco più di un’ora.
Soprattutto “i gesti”. E l’amore genuino che li accompagnava. Alla domanda su cosa porti via dalle Filippine, Papa Francesco dice e poi ripete ancora “i gesti”: quelli lo hanno commosso, perché non erano “protocollari”, perché erano espressioni di un “entusiasmo non finto”. Mi ha “commosso” soprattutto, aggiunge, quando vedevo un papà sollevare il figlio sulla folla per farlo benedire dal Papa ed essere felice di quella benedizione, come se loro volessero dire: “Questo è il mio tesoro, il mio futuro, il mio amore”:
"Il gesto della paternità, della maternità, dell’entusiasmo, della gioia (...) Un popolo che sa soffrire, e che è capace di alzarsi e andare avanti. Ieri, nel colloquio che ho avuto con il papà di Crystal, la ragazza volontaria che è morta a Tacloban, sono stato edificato (da quello che mi ha detto – ndr.): “È morta in servizio”. E cercava parole per conformarsi, per accettare questo”.
I gesti che hanno scavato nel cuore di Francesco sono anche quelli dei sopravvissuti del tifone a Tacloban. “Vedere – dice – tutto quel popolo di Dio pregare dopo quella catastrofe”, mi ha fatto sentire “come annientato, quasi non mi veniva la voce”.
E’ evidente che il rievocarlo lo commuove ancora un po’, ma il tono di Francesco cambia quando un giornalista gli chiede a quali viaggi apostolici pensi per i prossimi mesi. Come d’abitudine il Papa non risponde glissando, anzi spunta mentalmente dalla sua agenda, precisando però che si tratta di ipotesi “in bozza”:
“Rispondo ipoteticamente. Ma il piano è andare nella Repubblica Centrafricana e in Uganda. Questi due. Quest’anno. Credo che sarà verso la fine (…)i tre paesi latinoamericani sono previsti per quest’anno – tutto è ancora in bozza – l’Ecuador, la Bolivia e il Paraguay. Questi tre. L’anno prossimo, Deo volente, vorrei fare – ma ancora non è previsto niente – Cile, Argentina e Uruguay”.
Francesco esclude per ragioni logistiche la California nel caso della Canonizzazione di Junipero Serra in settembre – avverrà “al santuario di Washington”, precisa – e per motivi analoghi esclude anche di entrare negli Usa dal Messico, pur riconoscendo il valore di un gesto di “fratellanza” verso gli emigranti.
Quando una domanda lo sollecita sul tema mille volte denunciato della corruzione, Papa Francesco ribadisce che questo male, e il malaffare che ne consegue, sono “un problema mondiale” che “trova subito facilmente il nido nelle istituzioni”, oltre che nei singoli, e che fa le sue vittime preferite tra i “poveri”. In modo non dissimile avviene quando i corrotti sono della e nella Chiesa e qui Francesco racconta di un episodio al tempo del suo ministero episcopale a Buenos Aires, quando due funzionari governativi vennero a proporgli un cospicuo versamento in denaro per le sue “Villas miserias”, a patto di intascarne la metà, e furono rispediti indietro con elegante scaltrezza:
“Credo che la Chiesa debba dare esempio ogni volta di più di questo, di rifiutare ogni mondanità. A noi consacrati, vescovi, preti, suore, laici che credono davvero, la minaccia più grave è la mondanità. Ma è tanto brutto guardare quando si vede un consacrato, un uomo di Chiesa, una suora, mondano. È brutto. Questa non è la strada di Gesù. È la strada di una Ong che si chiama Chiesa. Ma questa non è la Chiesa di Gesù, quella Ong”.
Un paio di giornalisti domandano al Papa di chiarire due considerazioni espresse nella conferenza stampa sul volo da Colombo a Manila. Una è la questione del “pugno” – come etichettata da giorni sui media – cioè quali siano i limiti della libertà di espressione. Francesco riafferma che “in teoria” tutti sono d’accordo col porgere l’altra guancia in caso di provocazione, ma la realtà è che “siamo umani” e dunque un’offesa ripetuta può scatenare una reazione sbagliata. Per cui, afferma il Papa, non è male “essere prudenti”.
Il secondo argomento torna sull’espressione usata da Francesco, quella della “colonizzazione ideologica”. Anche qui il Papa racconta un episodio di 20 anni fa in cui un ministro della Pubblica istruzione, che aveva chiesto un forte prestito “per costruire le scuole per i poveri”, si vide porre come condizione l’introduzione nelle scuole di un libro che insegnava la teoria del gender:
“Questa è la colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che niente ha da fare col popolo; sì, con gruppi del popolo, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura (...) Ma non è una novità questa. Lo stesso hanno fatto le dittature del secolo scorso. Sono entrate con la loro dottrina. Pensate ai Balilla, pensate alla Gioventù Hitleriana. Hanno colonizzato il popolo, volevano farlo. Ma quanta sofferenza. I popoli non devono perdere la libertà”.
Altro tema è quello della contraccezione connesso al falso mito che i cristiani debbano fare molti figli. Papa Francesco ricorda che la Chiesa ha sempre promosso il principio della paternità e maternità responsabili, contenuto nell’“Humanae vitae” di Paolo VI, definito “un profeta”, non un Pontefice “chiuso”:
“Lui guardava al neo-Malthusianesimo universale che era in corso (...) Quel neo-Malthusianesimo che cercava un controllo dell’umanità da parte delle potenze. Questo non significa che il cristiano deve fare figlie in serie. Io ho rimproverato alcuni mesi fa una donna in una parrocchia perché era incinta dell’ottavo, dopo sette cesarei: ‘Ma lei vuole lasciare orfani sette?’. Questo è tentare Dio. Si parla di paternità responsabile”.
Sul suo appello ai Paesi islamici perché prendano posizione contro le frange terroristiche, Francesco si dice fiducioso che col tempo la molta “gente buona” del mondo musulmano riuscirà a incidere maggiormente. Il Papa ha poi precisato che la mancata udienza al Dalai Lama non è stata concessa perché “è abitudine nel protocollo della Segreteria di Stato” non ricevere capi di Stato o di quel livello quando sono impegnati a Roma in un incontro internazionale:
“Ma il motivo non era il rifiuto alla persona o paura per la Cina. Sì, noi siamo aperti e vogliamo la pace con tutti. E come vanno i rapporti? Il Governo cinese è educato. Anche noi siamo educati e facciamo le cose passo passo, come si fanno le cose nella storia, no? Ancora non si sa, ma loro sanno che io sono disposto a ricevere o andare. Lo sanno”. Radio Vaticana
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Crux
(John L. Allen Jr.) Pope Francis on Monday ruled out a trip to Mexico prior to his September arrival in the United States, as well as a stop at the US/Mexico border, saying both would add too much time to the outing. Although it’s long been an open secret, the pontiff confirmed that he will be visiting three American cities, all on the East Coast: Philadelphia, for a Vatican-sponsored meeting of families; New York, “for the visit to the U.N.,” and Washington, D.C. (...)
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NC Reporter
(Joshua J. McElwee) Pope Francis has obliquely but sharply criticized how financially stable nations lend aid to developing countries, saying they sometimes require concessions that strike echoes of 20th century dictatorships. The pontiff has also made what appears to be an unprecedented statement that Catholics may have a moral responsibility to limit the number of their children, while reaffirming Pope Paul VI’s ban on artificial means of birth control. (...)
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La Croix
(Sébastien Maillard) Répondant aux questions de la presse dans le vol retour de Manille, lundi 19 janvier, le pape François a rappelé l’importance d’une «paternité responsable», tout en dénonçant un «néo-malthusianisme en cours» et en réaffirmant le danger d’une «colonisation idéologique» dans les pays pauvresTesto (...)
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